VALPERGA DI MASINO, Carlo Francesco III
– Nacque a Torino il 26 settembre 1727, primogenito del marchese Amedeo (1675-1744) e di Emilia Doria di Dolceacqua (1710-1752), sposatisi il 4 marzo 1726 a Torino.
Suo padrino fu il vescovo della Moriana, Giacinto Valperga di Masino, mentre sua madrina fu Maria Vittoria Trotti, vedova del marchese Carlo Francesco II (v. la voce in questo Dizionario). In tal modo si stabiliva una connessione diretta fra Carlo Francesco III e gli ultimi esponenti della precedente linea comitale.
Dopo i primi studi in famiglia, nel novembre del 1736 entrò all’Accademia reale di Torino, con il titolo di marchese di Caluso. Vi restò sino all’aprile del 1745 (nel terzo appartamento dal 1736 al 1743, nel secondo fra il 1743 e il 1744, e nel primo fra il 1744 e il 1745). Uscito dall’Accademia, il 26 aprile 1745 sposò Faustina Doria del Maro (1728-1754), che lui stesso aveva scelto come sposa. Nel luglio di quell’anno, assunse la guida della famiglia. Dalle nozze nacquero sei figli (cinque maschi e una femmina), fra cui: Amedeo (1746-1806), detto – vivente il padre – marchese di Caluso, e Alessandro Giovanni, marchese d’Albarey (v. la voce in questo Dizionario).
Nel 1751 fu chiamato a far parte della prima classe del Consiglio decurionale di Torino. Nel marzo del 1752 entrò, poi, a far parte della Società dei cavalieri cui era affidata la gestione del Teatro regio, venendo subito eletto fra i direttori della stessa. Morte la madre nel 1752 e la moglie nel 1754, il ventisettenne compì un lungo grand tour europeo, secondo una consuetudine diffusa nell’aristocrazia sabauda. Il viaggio durò quasi quattro anni: partito da Torino il 10 ottobre 1754, vi fece ritorno il 19 giugno 1758.
Del viaggio è rimasto un attento registro delle spese (Diario di viaggio, in Archivio storico del Castello di Masino, mz. 458, f. 7440), da cui si può ricostruire l’itinerario. Dapprima Valperga si recò a Parigi, dove si fermò tre mesi, poi a Londra, dove fu dal febbraio al giugno del 1755. Dall’Inghilterra si spostò a Rotterdam, visitando poi l’Aja e Amsterdam. Ad agosto si spostò nei Paesi Bassi austriaci (l’attuale Belgio), visitando Bruxelles in agosto. Si recò poi in Germania, fermandosi in Prussia e in Sassonia (fu a Lipsia e Dresda). Con una scelta non così comune, volle visitare Danimarca e Svezia: un modo per avvicinarsi alla Russia, dove volle visitare San Pietroburgo, da cui tornò passando per i Paesi baltici (fu a Riga e Danzica) e poi in Baviera. Attraverso il Brennero giunse a Venezia (dove era nel luglio del 1757). Dalla capitale della Serenissima partì per l’Oriente, e si recò a Costantinopoli. Ritornò in Europa centrale attraverso il Danubio e visitò Austria e Svizzera. Delle conoscenze strette durante tali viaggi emersero echi nei successivi anni piemontesi, quando alcuni personaggi a lui noti arrivarono a Torino. È il caso, per esempio, del conte Kirill Grigorievich Razumovsky, viceré della Piccola Russia, che giunse a Torino nel gennaio del 1766.
Rientrato in patria, Valperga riprese l’attività fra città e corte. Nell’amministrazione urbana fu nominato ragioniere nel 1759 e nel 1762; maestro di ragione nel 1762; chiavario nel 1765 e consigliere nella Congregazione particolare (vero organo di governo della città) nel 1768. Nella Società dei cavalieri divenne «direttore del scenario» dal giugno del 1764 alla fine del 1768. Vedovo, non si risposò, ma iniziò una relazione con Cristina di Saluzzo Miolans Spinola, marchesa di Agliè e San Germano. Fu con lei che organizzò una vicenda destinata a fare scalpore. Nel 1764 i marchesi San Martino avevano venduto il castello d’Agliè ai Savoia, lasciando però nel castello i resti di Arduino, re d’Italia e capostipite sia loro sia dei Valperga. I due considerarono questo gesto come un oltraggio e rubarono nottetempo i resti, portandoli al castello di Masino, dove furono murati nella cappella il 3 luglio 1769. Carlo Emanuele III, che certo ne fu informato, ritenne opportuno tenere nascosta la vicenda.
Nel dicembre del 1768 la Società dei cavalieri rielesse Valperga alla carica di direttore dello «scenario», ma questi rifiutò la nomina. In quello stesso dicembre, infatti, il re aveva annunciato l’intenzione di inviarlo ambasciatore in Portogallo. La notizia fu subito diffusa dalle gazzette (Gazette de France, 1769, n. 2, p. 6). Giovanni Battista Berlendis, ministro veneto a Torino, ne informò il Senato della Serenissima, mettendo in relazione la nomina di Valperga («nipote del famoso favorito di Madama Reale» e «cavaliere di antichissima nobiltà») con i viaggi compiuti in giovinezza, che gli avevano dato «grandissima sapienza» nelle questioni internazionali (Berlendis al Senato di Venezia, 24 dicembre 1768, in Archivio di Stato di Venezia, Senato, Dispacci, Torino, mz. 18).
La nomina ufficiale arrivò solo il 26 novembre 1769. Fu l’inizio di un periodo d’intensa attività diplomatica. Grazie anche all’abilità dimostrata nei negoziati commerciali, il 21 agosto 1773, salito al trono Vittorio Amedeo III, Valperga fu poi nominato ambasciatore in Spagna. Presentò le sue credenziali a Carlo III il 31 ottobre (Gaceta de Madrid, 1773, n. 44, p. 387). Valperga godeva allora di grande fiducia presso il sovrano, da cui il 27 gennaio 1776, mentre era a Madrid, fu nominato gentiluomo di Camera. Molti vedevano in lui il prossimo ambasciatore sabaudo in Francia. Tuttavia, all’inizio del 1779 fu richiamato a Torino. In quegli stessi mesi, l’abate Antonio Codronchi, inviato pontificio a Torino, informava che Valperga aveva avuto una grave perdita finanziaria per la bancarotta del banchiere torinese Court (Codronchi al cardinale Pallavicini, 3 marzo 1779, in Città del Vaticano, Archivio apostolico Vaticano, Savoia, 3 marzo 1779). In ogni caso, Valperga approfittò del viaggio di ritorno per recarsi a Versailles e farsi presentare a Luigi XVI il 23 marzo (Gazette de France, 1779, n. 25, p. 119).
Nel 1780 acquistò dal duca di Broglia un grande palazzo nel centro di Torino, affidandone il ridisegno all’architetto Filippo Castelli (che si avvalse della collaborazione di Carlo Randoni) e per decorarlo si servì di un’équipe che comprendeva fra gli altri Bernardino Galliari, con cui aveva avuto a che fare al Teatro regio.
Il 21 luglio 1780 Vittorio Amedeo III lo nominò viceré di Sardegna. Giunse nell’isola il 28 novembre e giurò il 1° dicembre 1780 (Gazzetta universale, 1780, n. 101, p. 804). Restò in carica sino al 27 novembre 1782. In questo periodo egli organizzò le nozze del figlio primogenito Amedeo con Irene Borromeo Arese (n. 1756), figlia del principe Renato e di Maria Anna Odescalchi.
Rientrato – questa volta definitivamente – a Torino, il 24 ottobre 1783 fu nominato ministro di Stato. Nell’estate del 1784 le gazzette scrissero di una sua prossima nomina a segretario di Stato agli Esteri al posto del conte Baldassarre Perrone di San Martino, ma la voce si rivelò fallace (Notizie del mondo, 18 agosto 1780). In effetti, tornato dalla Sardegna, non ricoprì nuovi ruoli politici attivi. Il 16 gennaio 1789 fu nominato gran conservatore dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro e il 3 maggio 1789 ottenne il titolo di grande di corona. Sin dal 1781 s’era dimesso dalla società dei cavalieri, lasciando spazio al figlio Amedeo («direttore del scenario» fra il 1782 e il 1784). Restò invece attivo nel Consiglio di Torino: fra il 1784 e il 1786 fu consigliere della Congregazione particolare; fra il 1786 e il 1787 chiavario e, infine, il 31 dicembre 1787 fu nominato archivista del Comune, carica a vita. Nel 1795 – a conferma della stima di cui godeva nella Torino del tempo – fu nominato conservatore del Banco di San Secondo, allora istituito per trovare le finanze necessarie alla guerra. «Cavaliere splendidissimo» lo definiva Pietro Gaetano Galli della Loggia nel 1796 (p. 675).
Durante la prima occupazione francese (9 dicembre 1798-26 maggio 1799), la sua ricchezza e la sua vicinanza alla Casa reale fecero di lui uno dei bersagli del nuovo governo. Già il 27 dicembre 1798 (7 nevoso VII) i nomi di «padre e figlio Valperga Mazino» risultano in una nota di condannati alla «deportazione» a Grenoble in quanto «corifei dell’abolita tirannia». Tale ordine, però, non venne eseguito, almeno in relazione a Valperga. All’inizio del maggio del 1799, infatti, egli fu arrestato, condotto prigioniero nella Cittadella di Torino insieme al fratello Giacomo (1736-1812, già elemosiniere di Vittorio Amedeo III dal 1774 e abate di San Benigno di Fruttuaria dal 1785), con l’accusa di complicità con Branda Lucioni. Prigioniero in Francia fu invece il figlio maggiore Amedeo, marchese di Caluso. Successivamente, Valperga raggiunse la corte sabauda allora itinerante in Italia (fra Roma, Firenze e Napoli), mentre la moglie e il resto della famiglia si stabilirono a Siena. Tornato in patria nel 1802, si ritirò a Masino.
Morì l’8 febbraio 1811, lasciando titoli e beni al nipote Carlo Francesco (IV).
Suo erede avrebbe dovuto essere il figlio Amedeo, che però gli era premorto. Dal matrimonio con Borromeo Arese, questi ebbe due figli: Carolina (1785-1813) e Carlo Francesco IV (1788-1844). Durante l’Impero i due cercarono d’inserirsi nelle nuove strutture napoleoniche. Carolina, moglie del conte Filiberto Costa della Trinità, divenne dama del principe Camillo Borghese quando questi era governatore del Piemonte; il fratello accettò la nomina a «chevalier dell’Empire» il 9 ottobre 1813. Dalle nozze nel 1808 con Eufrasia Solaro di Villanova (1790-1848) nacque un’unica figlia, Maria Teresa (1820-1835); per cui il ramo si estinse e i beni passarono alla linea cadetta dei Valperga di Borgomasino.
Fonti e Bibl.: P.G. Galli della Loggia, Dignità e cariche negli stati della Real Casa di Savoia, II, Torino 1796, p. 675 e Appendice I, p. 11; V. Angius, Sulle famiglie nobili della monarchia di Savoia, I, Torino 1841, pp. 351 s.; L. Provana del Sabbione, Studi critici sovra la storia d’Italia a’ tempi del re Ardoino, Torino 1844, pp. 13-15; L. Cibrario, Storia di Torino, II, Torino 1846, p. 684; A. Bertolotti, Passeggiate nel Canavese, III, Ivrea 1869, p. 51; C.A. di Gerbaix di Sonnaz, Relazioni fra i reali di Savoia ed i reali di Portogallo, in Miscellanea di storia italiana, s. 3, XIV (1910), pp. 101 ss., 169 s.; L. Bulferetti, I piemontesi più ricchi nell’ultimo secolo dell’assolutismo sabaudo, in Studi storici in onore di Gioacchino Volpe per il suo 80° compleanno, I, Firenze 1958, pp. 50, 62, 79; G. Vaccarino, Torino attende Suvorov, Torino 1971, pp. 97-99, 117; B. Niccolini, Valperga e Savoia. Due dinastie per un regno, Firenze 1986, pp. 387-402; Il Palazzo di città a Torino, II, a cura di R. Rocci et al., Torino 1987, pp. 323, 332, 337; G.P. Romagnani, Prospero Balbo, intellettuale e uomo di Stato (1761-1837), I, Torino 1988, pp. 198, 204-209, 230, II, 1990, pp. 222, 311; Il Castello di Masino, a cura di R. Mazzoni - M. Magnifico, Milano 1989 (in partic. G. Gentile, L’Archivio, memoria della famiglia, pp. 22-30; F. De Caria, Masino: cenni storici dai recenti studi d’archivio, pp. 36-43; A. Guerrini, Committenti e collezioni. Il Settecento, pp. 81-89); L’insorgenza di Strevi nel 1799, a cura di G.L. Bovio Rapetti della Torre, Acqui Terme 1999, p. 119; Lettere a Faustina. Nove anni di vita di una nobildonna nel ’700 piemontese, a cura di D. Taverna, Torino 2002; M. Contini, Il diario di Emilia Doria di Dolceacqua. Un inedito documento su lingua, cultura e società nel Piemonte settecentesco conservato nell’Archivio Valperga di Masino, in Memorie della Accademia delle scienze di Torino. Classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. 5, XXXIX (2015), pp. 5-84; L. Facchin, Per Bernardino Galliari «prospettivo insigne» e l’attività dei Galliari in Piemonte, in Le teorie, le tecniche, i repertori figurativi nella prospettiva d’architettura tra il ’400 e il ’700, a cura di M.T. Bartoli - M. Lusoli, Firenze 2015, pp. 391-401 (in partic. pp. 393 s.); C. Mossetti, In biblioteca: ricerche per Masino nel fondo di disegni e stampe, in Castello di Masino. Catalogo della biblioteca dello scalone, a cura di L. Levi Momigliano - L. Tos, Novara 2015, pp. 27-38; L. Tos, Il collezionismo librario di Carlo Francesco II Valperga di Masino: primi lineamenti, ibid, pp. 17-25; G.S. Pene Vidari, Note sul settecentesco conte Carlo Francesco II Valperga ed il suo castello di Masino, in Bollettino dell’Associazione di storia e arte canavesana, XVII (2017), pp. 211-223; A. Colturato, I Motetti sacri op. 2 di Simone Coya e altre rarità nella biblioteca dei Valperga di Masino, in Fonti musicali italiane, XXIII (2018), pp. 67-88 (in partic. pp. 70, 72-75, 83 s.).