valutazione
In economia, funzione preliminare allo scambio dei beni e dei servizi, che può essere fatta in termini di prezzo, di costo e nominali. In generale, giudizio sul valore di un oggetto: beni e servizi, performance (➔) di imprese private o istituzioni pubbliche, interventi di politica economica, qualità della ricerca e della didattica universitaria eccetera. Il valore attribuito all’oggetto della v. può corrispondere a diversi criteri, tra cui quelli economici, sociali, morali e culturali.
In tale ambito, a partire dalla fine degli anni 1970, le operazioni di auditing di bilancio hanno profondamente influenzato la gestione aziendale (➔ anche revisione contabile). Da pratica inizialmente adottata dalle aziende anglosassoni per avere un più elevato controllo sull’andamento delle attività, si è poi estesa alla maggior parte delle funzioni aziendali per verificare il raggiungimento degli obiettivi e i livelli di efficienza. A tal proposito, M. Power distingue tra la v. programmatica, o normativa, e le tecniche di v. che costituiscono la parte operativa del processo. Nella prima categoria rientrano i valori e gli obiettivi, ovverosia il sistema di riferimento per stabilire i criteri di v., mentre nella seconda sono contenuti i metodi per un’efficace misurazione degli obiettivi.
Accanto al dominio prettamente aziendale, sempre negli stessi anni, la v. e l’utilizzo delle tecniche a essa associate hanno cominciato ad affermarsi anche nelle amministrazioni pubbliche, soprattutto grazie all’emergere del paradigma del New Public Management. In un trend generalizzato di deregolamentazione e privatizzazione, iniziato con il governo di M. Thatcher in Gran Bretagna, si è simultaneamente affermata con forza l’esigenza di stabilire un controllo e, quindi, di valutare la performance delle amministrazioni pubbliche, adattando criteri tipicamente elaborati per le imprese private.
Parallelamente, ha assunto rilievo la v. delle azioni dei governi, e quindi delle politiche pubbliche, sia come insieme di tecniche valutative sia come pratica istituzionale promossa a fini politici. In questo ambito è l’esperienza degli Stati Uniti a essere considerata di riferimento. Fin dalla presidenza J.F. Kennedy e a seguire durante le successive, inclusa quella di R. Reagan, si è assistito alla crescita di agenzie e organizzazioni di valutazione. Pur cambiando il grado di utilizzo dei risultati e le tecniche valutative adottate, tali agenzie avevano fondamentalmente il compito di indagare gli effetti dell’uso dei fondi pubblici in programmi di sviluppo nazionale e di prevenire i cosiddetti fallimenti di governo (E. Barbieri, E. Santarelli, La valutazione delle politiche industriali, in Le politiche industriali alla prova del futuro, a cura di P. Bianchi, C. Pozzi, 2010). Nel dibattito sulla v. dell’efficacia delle politiche è fondamentale il concetto di ‘controfattuale’, ovvero di «ciò che sarebbe successo senza l’intervento della politica» (A. Martini, M. Sisti, Valutare il successo delle politiche pubbliche, 2009). Si possono individuare 3 principali approcci all’identificazione della situazione controfattuale. Il primo è quello sperimentale che consiste nel suddividere la popolazione target di una politica pubblica in un campione beneficiario e in uno di controllo statisticamente equivalente, monitorando nel tempo i comportamenti dei due gruppi. Il secondo utilizza strumenti statistici ed econometrici per ricostruire a posteriori la situazione controfattuale. Il terzo prevede di chiedere direttamente ai beneficiari degli interventi, attraverso questionari e interviste strutturate, come si sarebbero comportati se non avessero usufruito degli interventi pubblici.
L’Italia ha iniziato ad adottare misure di v. in ritardo e con modalità diverse rispetto ad altri Paesi europei, facendo passi avanti solo a partire degli anni 1990 con la creazione di uffici, nuclei e centri di v., sia pubblici sia privati. Questi sono stati creati principalmente a seguito del recepimento dei regolamenti dei Fondi strutturali europei.