Vampyr
(Francia/Germania 1930-31, 1932, bianco e nero, 73m); regia: Carl Theodor Dreyer; produzione: Carl Theodor Dreyer, Nicolas de Gunzburg/Tobis-Klangfilm; soggetto: ispirato alla raccolta di novelle In a Glass Darkly di Joseph Sheridan Le Fanu; sceneggiatura: Carl Theodor Dreyer, Christen Jul; montaggio: Carl Theodor Dreyer; fotografia: Rudolf Maté, Louis Née; scenografia: Herman Warm, Hans Bittmann, Cesare Silvagni; musica: Wolfgang Zeller.
La storia dell'"esperienza fantastica di Allan Grey" si svolge tutta in una notte di Luna piena nel villaggio di Courtempierre. Immersosi nello studio dei culti satanici e del vampirismo, il giovane Grey era diventato "un sognatore e fantasticatore che aveva smarrito il confine tra la realtà e il soprannaturale". Nel suo girovagare giunge di sera nell'isolata locanda del villaggio in riva al fiume. Ottenuta una modesta stanza, si mette a letto. Nel sonno vede la chiave girare ed entrare un uomo maturo che parla affranto di una lei che "non deve morire". Costui gli lascia sul comodino, un libro sigillato su cui scrive: "Da aprire dopo la mia morte", poi scompare. "L'Unheimliche si impadronì" di Allan: sente di dover rispondere a un grido di aiuto. Esce, segue un'ombra senza corpo, giunge a una casa abbandonata, dove arriva una vecchia cieca che poi si rivelerà essere il vampiro. Grey incontra un uomo, all'apparenza un medico, che lo mette alla porta, mentre da un'altra porta entra la vecchia che consegna al medico del veleno. Seguendo un'altra ombra Grey giunge al castello dell'uomo apparsogli alla locanda, che veglia una delle sue due figlie, Léone, mortalmente ammalata perché vittima del vampiro. Il castellano è ucciso da un'ombra; intanto Léone, seguendo un richiamo, esce nel parco e si offre alla vecchia. Arriva il medico prima incontrato; Grey dona il proprio sangue per la salvezza di Léone, poi cade in deliquio. Svegliato dal servitore del castello, riesce a impedire a Léone di ingerire il veleno portatole dal medico, ma Gisèle, la sorella minore, è intanto scomparsa. Grey si precipita fuori, cade in un nuovo deliquio, si sdoppia. Il suo "Ego" giunge alla casa diroccata dove Gisèle è prigioniera, vede una bara ‒ dentro cui giace egli stesso ‒ che viene sigillata e traslata al cimitero. Si sveglia, corre al cimitero. Qui il servitore del castello, che ha scoperto nel libro un tempo dato a Grey l'identità del vampiro, scoperchia la tomba della vecchia Marguerite Chopin, morta nella dannazione, e insieme le conficcano un paletto nel cuore. Léone ormai salva può chiudere gli occhi, Gisèle viene liberata, il medico trova un'orribile morte sepolto dalla farina di un mulino dove aveva cercato rifugio; Grey e Gisèle attraversano il fiume e si incamminano mano nella mano nel bosco, all'alba.
Vampyr, presentato a Berlino il 6 maggio del 1932 (poi distribuito anche come Vampyr, der Traum des Allan Grey e, nell'edizione francese, come L'étrange aventure de David Gray), fu un insuccesso di pubblico e di critica, il che è comprensibile se si pensa alla sua disorientante complessità. Realtà e sogno, soprannaturale e naturale scivolano gli uni negli altri senza soluzione di continuità. C'è un'unica dimensione che li comprende entrambi, e chi si attarda a distinguere e ordinare gli eventi seguendo un nesso causale è perduto. A questo si aggiungono alcune incongruenze che trovano spiegazione solo leggendo la sceneggiatura originale (per es. Grey che chiede di un bambino e di cani al medico, alludendo a una scena non montata di un pastorello inseguito da cani). Allo spettatore è richiesto di abbandonarsi senza riserve e di identificarsi nel viaggio agli inferi di Allan Grey. Abbattuta l'opposizione tra reale e onirico, restano solo quelle tra vita e morte, salvezza e dannazione, suggerite fin dall'inizio dal montaggio alternato tra un uomo con la falce in spalla che vuole traversare il fiume e l'insegna con un angelo che sormonta la locanda dove arriva Grey. E tuttavia queste due opposizioni sono incrociate a formare una sorta di chiasma. La salvezza si trova nel poter morire, la dannazione nell'essere condannati a vivere. Il vampiro è tale perché non gli è concessa la morte: perfino nella celebre e inusitata soggettiva di Grey dall'interno della bara si esprime l'orrore di non poter chiudere gli occhi neppure da morti. Di contro è nel morire che Léone approda alla pace senza essere a sua volta costretta a una sopravvivenza vampiresca; e il film stesso, in una riflessione metafilmica, può acquietarsi e trovare il suo scioglimento non in Grey e Gisèle che camminano verso la luce ma negli ingranaggi del mulino che si fermano.
Il disorientamento è dato anche dalla struttura linguistica del film. Carl Theodor Dreyer usa piani-sequenza con panoramiche di interni che, pur suggerendo il senso di esplorazione e di attesa, dovrebbero dare certezza dello spazio filmico. Tuttavia l'effetto è opposto: in parte attraverso l'uso del montaggio incrociato, e soprattutto attraverso la costante ambiguità tra inquadrature soggettive e non soggettive, lo spettatore crede spesso di vedere la scena dal punto di vista del personaggio principale, ma presto si accorge di essere stato ingannato. C'è sempre un ulteriore punto di vista in agguato, che fa perdere ogni chiaro riferimento spaziale e narrativo, obbligando a continui riaggiustamenti percettivi. Celebri sono anche le inquadrature sfumate degli esterni, i dettagli di mani e la soggettiva di un morto: ultimo e irraggiungibile punto di vista.
Vampyr è il primo film sonoro di Dreyer e fu edito in tre versioni, tedesca, francese e inglese. Tutte le scene con dialoghi furono girate tre volte così che gli attori potessero mimare nelle tre lingue. Le tre bande sonore (con musiche, suoni e dialoghi) furono sincronizzate successivamente da Dreyer e dal suo assistente Børge Nielsen. La critica più recente ha riconosciuto nel film il punto di svolta nell'evoluzione di Dreyer, tanto psicologica (M. Drouzy) quanto stilistica e narrativa (D. Bordwell, E. Kau). Vampyr è "a un tempo gioco, thriller psicologico e metafilm" (Kau).
Interpreti e personaggi: Julian West [Nicolas de Gunzburg] (Allan Grey, nella versione francese David Gray), Henriette Gérard (Marguerite Chopin, il vampiro), Jan Hieronimko (Marc, il dottore), Maurice Schutz (castellano), Sybille Schmitz (Léone, sua figlia maggiore), Rena Mandel (Gisèle, sua figlia minore), Albert Bras (Joseph, il servitore), N. Babanini (sua moglie), Jane Mora (infermiera).
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Sceneggiatura: in C.Th. Dreyer, Fire Film, København 1964 (trad. it. Torino 1967); in "L'avant-scène du cinéma", n. 228, 15 mai 1979.