Heflin, Van (propr. Emmett Evan Jr)
Attore cinematografico e teatrale statunitense, nato a Walters (Oklahoma) il 13 dicembre 1910 e morto a Hollywood il 23 luglio 1971. Raggiunse il successo interpretando numerosi ruoli da protagonista nel cinema hollywoodiano degli anni Quaranta e Cinquanta. Nonostante un fisico possente e poco agile e un viso non particolarmente espressivo, sotto la direzione di registi come Fred Zinnemann, Mervin LeRoy e Delmer Daves seppe tratteggiare una galleria di personaggi dalla spiccata personalità drammatica, una serie di figure attraversate da profondi conflitti interiori, sempre in bilico fra tensioni etiche e laceranti dubbi morali. Esemplare nel western 3:10 to Yuma (1957; Quel treno per Yuma) di Daves, in cui è un povero e onesto mandriano che ha il compito di sorvegliare un pericoloso bandito, la lunga sequenza in cui il suo personaggio resiste ai tentativi di corruzione del mefistofelico rapinatore (Glenn Ford), in un crescendo di suspense narrativa. Nel 1943 ottenne l'Oscar come miglior attore non protagonista per l'interpretazione di un alcolista nel gangster film Johnny Eager (1942; Sorvegliato speciale) di LeRoy. Dopo una lunga attività teatrale a Broadway venne ingaggiato dalla RKO, su segnalazione di Katharine Hepburn, ed esordì nel cinema in A woman rebels (1936; Una donna si ribella) di Mark Sandrich. Durante gli anni Quaranta interpretò numerosi ruoli in drammi a sfondo poliziesco, sociale o postbellico: l'investigatore protagonista di Kid glove killer (1942; Delitto al microscopio), esordio nel lungometraggio di Zinnemann; l'amico d'infanzia che sgretola la complicità di una coppia omicida nel cupo The strange love of Martha Ivers (1946; Lo strano amore di Marta Ivers) di Lewis Milestone, o, ancora, il traditore di guerra braccato da un commilitone nell'amaro Act of violence (1949; Atto di violenza) ancora di Zinnemann. Senza dimenticare le interpretazioni in costume dell'imponente Athos in The three musketeers (1948; I tre moschettieri) di George Sidney, e di Charles Bovary in Madame Bovary (1949) di Vincente Minnelli.
Negli anni Cinquanta il talento drammatico di H. ricevette la consacrazione in alcuni western dal taglio psicologico: oltre a 3:10 to Yuma, anche Shane (1953; Il cavaliere della valle solitaria) di George Stevens, che lo vide in un ruolo di 'fianco' accanto ad Alan Ladd e Jean Arthur, o Count three and pray (1955; Conta fino a tre e prega) di George Sherman, nel quale è uno spaccone rissoso e turbolento che, alla fine della guerra di Secessione, diviene predicatore e si adopera per costruire una chiesa. In questo periodo fu decisiva anche la collaborazione con Joseph Losey che in The prowler (1951; Sciacalli nell'ombra), terzo lungometraggio del regista, affidò a H. il complesso ruolo del protagonista, un poliziotto che sposa l'amante dopo averne ucciso il marito ma viene tragicamente scoperto, che confermò le sue doti interpretative e l'estremo realismo nella recitazione.
Gli anni Sessanta videro il progressivo allontanamento di H. dalle scene hollywoodiane, anche a causa di un carattere indipendente e solitario. Poco significative le esperienze in Italia, tentate in quegli anni, con film come Sotto dieci bandiere (1960) di Duilio Coletti, Il relitto (1961) di Michael Cacoyannis e Giovanni Paolucci o lo spaghetti-western Ognuno per sé (1968) di Giorgio Capitani, in cui ripropose stancamente stereotipi di personaggi già interpretati negli Stati Uniti. La sua ultima apparizione fu nel thriller Airport (1970) di George Seaton nel ruolo di un folle terrorista.
F. Savio, D. Turconi, Heflin Van, in Enciclopedia dello spettacolo, 6° vol., Roma 1975, ad vocem.