VAN'T HOFF, Jacobus Heinrich
Chimico, natto a Rotterdam il 30 agosto 1852, morto a Berlino il 10 maggio 1911. Studiò a Delft, a Leida e quindi a Bonn sotto la direzione di F. A. Kekulé e a Parigi con Ch.-A. Wurtz. Insegnò poi a Utrecht e ad Amsterdam e dal 1894 a Berlino. Nel 1901 conseguì il premio Nohel per la chimica.
È il fondatore della stereochimica dei composti del carbonio: i risultati delle sue speculazioni sono esposti nel libro La Chimie dans l'espace (1873). La concezione dell'atomo di carbonio asimmetrico è stata enunciata quasi contemporaneamente da A. Le Bel e dal Van't Hoff: quest'ultimo però diede anche una rappresentazione geometrica con la concezione dell'atomo di carbonio tetraedrico. Le speculazione di Van't Hoff trovarono immediatamente una documentazione sperimentale negli studî di J. Wislicenus sugli acidi lattici e in seguito nelle magistrali ricerche di Emil Fischer sugli zuccheri.
Ma l'opera per la quale il Van't Hoff è più noto, è la sua geniale teoria delle soluzioni diluite. Il concetto di V.'t H. è stato quello di applicare i principî fondamentali della termodinamica e dell'energetica allo studio dei fenomeni chimici. I fenomeni di diffusione studiati da Th. Graham lo portarono al concetto di pressione osmotica: egli pensò che se si riusciva con un ostacolo opportuno (parete semipermeabile) a impedire la diffusione si sarebbe determinata contro l'ostacolo stesso una pressione ch'egli chiamò osmotica. Egli ha trovato teoricamente che questa pressione non solo doveva obbedire alle stesse leggi di quella dei gas, ma essere identica ad essa, cioè coincidente con quella della sostanza disciolta se essa avesse occupato allo stato gasoso lo stesso volume alla stessa temperatura. La dimostrazione fu fatta dal V.'t H. nel caso particolare d'un gas disciolto nel solvente e che obbedisse alla legge di Henry, ma poi con intuito geniale fu generalizzata a tutte le sostanze disciolte, ciò che fu pienamente confermato dai risultati. Il V.'t H. non si preoccupò troppo del problema della realizzazione sperimentale di pareti semipermeabili; per lui la pressione osmotica era una finzione sperimentale, una grandezza ausiliare, per mettere in relazione il peso molecolare con altre costanti fisiche della soluzione più accessibili all'esperienza.
Egli partì dal concetto che qualunque metodo che consenta di separare il soluto dal solvente implica in sé la possibilità della determinazione del peso molecolare; poiché tale separazione permette di realizzare un ciclo reversibile nel quale il solvente, dopo essere stato separato in un modo qualunque, può di nuovo essere riunito al soluto per via osmotica. Allora la termodinamica consente di stabilire una relazione che permette il calcolo del peso molecolare in funzione di quantità note. Così egli dimostrò che dalla determinazione della tensione di vapore, del punto di congelamento o di ebollizione della soluzione, si può dedurre il peso molecolare della sostanza disciolta. Nel mentre, per es., F.-M. Raoult aveva dato un metodo empirico per determinare il peso molecolare dall'abbassamento del punto di congelamento, egli dedusse delle formule che dànno l'abbassamento o l'innalzamento molecolare proprio del solvente in funzione di costanti fisiche note (temperatura assoluta di fusione e d'ebollizione, calore latente di fusione e vaporizzazione).
V.'t H. applicò anche la termodinamica allo studio degli equilibrî chimici; dimostrò l'equazione dell'equilibrio con un artificio ingegnoso, stabilì l'equazione differenziale (isocora) che mette in relazione tale costante con la temperatura. Studiò anche l'equilibrio eterogeneo di sistemi a varî componenti, e applicò i suoi Principî allo studio delle deposizioni oceaniche e delle saline di Stassfurth.
Bibl.: E. Cohen, J. H. Van't Hoff, Lipsia 1912.