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vanagloria

di Domenico Consoli - Enciclopedia Dantesca (1970)
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vanagloria

Domenico Consoli

La cupidità di vanagloria (Cv I XI 2 e 15) è una delle cinque abominevoli cagioni che inducono li malvagi uomini d'Italia a lodare il volgare altrui e a spregiare il proprio.

L'espressione viene chiarita da D. stesso: Sono molti che per ritrarre cose poste in altrui lingua e commendare quella, credono più essere ammirati che ritraendo quelle de la sua. E sanza dubbio non è sanza loda d'ingegno apprendere bene la lingua strana; ma biasimevole è commendare quella oltre a la verità, per farsi glorioso di tale acquisto (XI 15). La v. è dunque un sentimento vano, un'ambizione di gloria basata su meriti inesistenti.

Della " inanis vel vana gloria " tratta s. Tommaso (cfr. Sum. theol. II II 132) considerandola vitium capitale (a. 4) ma non peccatum mortale (a. 3). In Quaest. disp. de malo 9 ne dà una triplice distinzione, distinguendo tra gloria priva di fondamento, gloria fondata su un bene troppo effimero e gloria non orientata a un retto fine: " tripliciter potest dici gloria vana. Primo quidem, quando aliquis gloriatur falso, puta de bono, quod non habet... Secundo dicitur gloria vana, quando aliquis gloriatur de aliquo bono, quod de facili transit... Tertio modo dicitur gloria vana, quando gloria hominis non ordinatur ad debitum finem. Est enim naturale, quod appetat cognitionem veritatis, quia per hoc perficitur eius intellectus, sed quod aliquis appetat bonum suum ab aliquo cognosci, non est appetitus perfectionis, unde habet quandam vanitatem, prout hoc non est utile ad aliquem finem. Potest autem laudabiliter ordinari ad tria. Primo quidem ad gloriam Dei; per hoc enim, quod bonum alicuius manifestatur, glorificatur Deus, cuius est principaliter illud bonum sicut primi auctoris... Secundo est utile ad proximorum salutem, qui bonum alicuius cognoscentes aedificantur ad imitandum... Tertio modo ordinari potest ad utilitatem ipsius hominis, qui, dum considerat bona sua ab aliis laudari, de his gratias agit et firmius in eis persistit... Si quis ergo appetat manifestationem suorum bonorum, vel etiam in huiusmodi manifestatione delectetur non propter aliquod trium praedictorum, erit gloria vana ". Chiaramente, la v. alla quale allude D. è sia la gloria di un bene che " de facili transit ", sia la gloria di un bene che " non ordinatur ad debitum finem ". Rispetto al bene supremo che è Dio, ogni altro bene gli si commisura in ordine degradante; quanto più un bene è lontano o deviato dal suo fine ultimo, tanto più appare vana la gloria fondata su di esso. Si veda anche Cv I XI 8 Boezio giudica la populare gloria vana, perché la vede sanza discrezione, da riportare a Cons. phil. III VI 6 " popularem gratiam ne commemoratione quidem dignam puto, quae nec iudicio provenit nec umquam firma perdurat ".

In particolare il Busnelli ha creduto di riferire il concetto di v. a quell'inclinazione dell'anima che s. Tommaso definisce praesumptio novitatum: " Finis autem inanis gloriae est manifestatio propriae excellentiae... Ad quod potest homo tendere dupliciter. Uno modo, directe: sive per verba, et sic est iactantia; sive per facta, et sic, si sint vera, habentia aliquam admirationem, est praesumptio novitatum, quas homines solent magis admirari... " (Sum. theol. II II 132 5c). Per Pg XI 91 Oh vana gloria de le umane posse, cfr. GLORIA; VANO.

Vocabolario
vanaglòria
vanagloria vanaglòria s. f. [dalla locuz. lat. vana gloria «vanteria vuota»]. – Sentimento di vanità, di fatuo orgoglio, per cui si ambisce la lode per meriti inesistenti o inadeguati; nella teologia morale cattolica è definita come l’immoderato...
vanaglorióso
vanaglorioso vanaglorióso agg. [der. di vanagloria]. – Pieno di vanagloria: uomo fatuo e v.; anche come s. m. (f. -a): i v. agiscono solo per amore di lode. Fatto, detto per vanagloria: una liberalità v., inopportuna e sciocca (C. Gozzi)....
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