vaneggiare
Come denominale di ‛ vano ' (v.), ne conserva alcuni significati fondamentali.
Per sottolineare il vuoto di un baratro, in If XVIII 5 vaneggia un pozzo assai largo e profondo; ivi ancora, per il vuoto che si apre sotto il ponte che D. e Virgilio stanno attraversando: noi fummo là dov'el vaneggia / di sotto per dar passo a li sferzati (v. 73); indica lo spingersi nel baratro dell'infinito, che non conosce limiti, in Rime CVI 73 Corre l'avaro, ma più fugge pace: / oh mente cieca, che non pò vedere / lo suo folle volere / che 'l numero, ch'ognora a passar bada, / che 'n finito vaneggia!
Il senso di un inane, vuoto passare da un pensiero all'altro, senza fissarsi su alcuno focalizzandolo, è espresso in Pg XVIII 143 quando fuor da noi tanto divise / quell'ombre, che veder più non potiersi, / novo pensiero dentro a me si mise, / del qual più altri nacquero e diversi; / e tanto d'uno in altro vaneggiai, / che li occhi per vaghezza ricopersi, / e 'l pensamento in sogno trasmutai. Anche in Pd X 96 (ripetuto in XI 139) u' ben s'impingua se non si vaneggia, l'idea non è tanto quella di un correre " dietro a vanitadi ", come interpreta l'Ottimo seguito da molti commentatori anche moderni, quanto quella di un non fruttuoso passare da uno in altro pascolo senza fissarsi in alcuno, anziché rimanere in quello indicato da s. Domenico: fuor di metafora la sua regola. Analogamente, non riuscire a focalizzare con la vista un oggetto significa in Pg X 114 Maestro, quel ch'io veggio / muovere a noi, non mi sembian persone, / e non so che, sì nel veder vaneggio, " tanto vana mi torna la vista nel guardare quel che tu mi additi " (Scartazzini-Vandelli). Ha invece il senso di " assecondare un futile, vuoto desiderio ", " inseguire un obiettivo fatuo ", in Vn XXXIX 6, dove si biasima l'amore per la donna gentile, durato alquanti die, e si riafferma quello per Beatrice: E dissi allora: Lasso! per forza di molti sospiri; e dissi ‛ lasso ' in quanto mi vergognava di ciò, che li miei occhi aveano così vaneggiato.