VANTH (VΑΝΘ)
Divinità etrusca dell'Oltretomba. Nelle rappresentazioni figurate accompagna spesso la figura del demone maschile della morte, Charun, ma, a differenza di quanto avviene per quest'ultimo, né il volto né il corpo di V. sono mai deformati così da assumere un aspetto mostruoso. Tipologicamente si presenta come una figura femminile, quasi sempre alata; indossa ora una veste lunga, ora quella succinta tipica delle altre figure demoniache. Suoi attributi frequenti, ma né sempre presenti, né tutti contemporaneamente, sono: il rotolo scritto, la fiaccola, la spada, talvolta il martello, le chiavi (evidentemente della porta dell'Ade) e, soprattutto, uno o due serpenti che vibra tenendoli semiavvolti intorno agli avambracci.
Le scene in cui V. compare si riferiscono, naturalmente, sempre alla morte, e sono localizzabili per lo più sulla terra, qualche volta nell'Oltretomba. Nel primo caso, più frequente, si tratta o di un estremo addio al morente o, assai più spesso di scene di morte violenta: duelli, battaglie, sacrifici umani. Raramente e, forse, solo nelle rappresentazioni più antiche, V. sembra essere solo spettatrice: semplicemente la divinità che invisibile assiste al trapasso. Ma in genere partecipa più direttamente alla azione, nel senso che incita, aizza, con lo sguardo e l'atteggiamento, sembra sollecitare e affrettare la morte. Ma si deve notare che mai colpisce la vittima essa stessa.
Le rappresentazioni di V. (su urne, sarcofagi, tombe dipinte, specchi) sono frequenti dal IV sec. a. C. in poi. Per l'epoca anteriore si potrebbe riconoscere V. soltanto in una statuetta del British Museum (datata dallo Herbig intorno al 400 a. C.): sarebbe questa una delle poche figurazioni a tutto tondo della divinità; si presenta come una dea alata, caratterizzata da una lunga veste e da due serpenti nelle mani; la figura è molto vicina, dal punto di vista iconografico, alla presunta V. su uno dei pilastrini laterali del sarcofago di Torre San Severo da Orvieto.
Da quanto si è detto, risulta chiaro e innegabile un certo rapporto con il tipo delle Keres e delle Erinni della mitologia greca. Gli studiosi non sono però d'accordo sulla natura e l'entità di questo rapporto; e il problema interessa anche per chiarire il significato e la funzione della divinità nel quadro della mitologia etrusca. Alcuni sostengono una integrale trasposizione ideologica e tipologica del demone etrusco dalla Furia greca. Per altri, V. è creazione originaria ed indipendente etrusca, e il suo significato più probabile sarebbe quello di una personificazione, o meglio corporizzazione dell'idea della morte; questo aspetto corrisponderebbe alla figura di V. senza attributi, che semplicemente assiste alla morte. Poi, col tempo, in concomitanza del più generale sincretismo religioso e sotto una diretta influenza delle figurazioni greche ellenistiche, la divinità si va assimilando non tanto all'Erinni greca, ma ad una figura demoniaca che si potrebbe genericamente definire Furia.
Da questa incertezza circa il carattere e l'origine della dea deriva in parte l'errore diffuso di riconoscere e chiamare V. tutte le pur diverse figure di dèmoni femminili che abbiano come attributo una spada o un serpente.
Tuttavia molto numerosi sono i monumenti in cui la identificazione di V. è più probabile anche sulla base della sola testimonianza iconografica. Ma come sicuro punto di partenza per ogni discussione possono essere usate soltanto quelle rappresentazioni dove la figura è indicata dall'iscrizione del nome; e sono fondamentalmente le seguenti: 1) Tomba François di Vulci (ora al Museo Torlonia di Roma): V., insieme con Charun, assiste all'uccisione dei prigionieri troiani; appare subito dietro ad Achille; ha le grandi ali spiegate e non è caratterizzata da nessun attributo (vol. iv, fig. 48). 2) Su due vasi della Collezione Fama: tiene un rotolo in mano e sembra quasi accompagnare il dio dell'Oltretomba. 3) Su un urna etrusca: appare emergente dal suolo in mezzo a due guerrieri duellanti; tiene il rotolo e la fiaccola. 4) Sullo specchio del British Museum 625 (da Bolsena) con la scena dell'uccisione di Troilo: V. regge un'altissima fiaccola accesa e sembra assistere quasi di nascosto all'azione, semicoperta da un pilastro. 5) Sul sarcofago chiusino di Hasti Afunei (a Palermo): è associata ad un altro dèmone femininile chiamato Culsu.
Monumenti considerati. - Statuetta del British Museum: Röm Mitt., LVIII, 1943, tav. II. Tomba François: M. Pallottino, La peinture étrusque, Ginevra 1952, fig. a pp. 115 e 116. Vasi di Orvieto: J. D. Beazley, Etr. Vases Painting, 9, 170, tavv. 4-5. Urna: Brunn-Koerte, I rilievi delle urne etrusche, II, p. 36, 6. Specchio del British Museum: H. P. Walters, Catalague of the Bronzes in the British Museum, p. 95, n. 625; Ram. Mitt., LVIII, 1943, tav. 1. Sarcofago di Hasti Afunei: R. Herbig, Jungeretr. Steinsark., Berlino 1952, n. 76.
Bibl.: C. Pauli-E. Fiesel, in Roscher, VI, 1924-37, c. 163, s. v.; F. De Ruyt, Charun, Démon étrusque de la mort, Roma 1934; R. Enking, Culsu u. Wanth, in Röm. Mitt., LVIII, 1943, p. 48 s.; R. Herbig, in Pauly-Wissowa, VIII A, 1955, col. 349 ss., s. v.
(S. De Marinis)