vaporabile
Aggettivo, col valore di " atto o disposto a evaporare " (dal tardo latino vaporabilis), che ricorre una sola volta, in senso tecnico, nel passo di Cv IV XXIV 5 dove, per definire la complessione del senio, D. afferma che lo caldo naturale è menomato... e l'umido è ingrossato (non per [ò] in quantitade, ma p[ur] in qualitade, sì ch'è meno vaporabile e consumabile).
Secondo la dottrina aristotelica e la concezione medica del tempo, la nascita e lo sviluppo dell'organismo vivente erano spiegati con l'azione del calor naturalis (v. CALORE) che, per alimentarsi, si nutre dell'humidum radicale (v. RADICALE) facendolo in tal modo evaporare e consumare. Al graduale estinguersi dell'umido radicale sopperisce, onde evitare la morte, una pari quantità di umido intrinseco ma di qualità diversa, assunto per via di nutrimento e detto humidum nutrimentale. Tale integrazione avviene con l'avanzare degli anni e, in particolare, con la vecchiaia, consentendo un ulteriore nutrimento al calore e un conseguente prolungamento della vita.
Nel senio, pertanto, all'azione attenuata del calor naturale (menomato) corrisponde una variazione dell'umido che assume natura più refrattaria all'azione del calore. Tale umido è appunto l'humidum nutrimentale, che risulta ingrossato non già in quantitade ma solo in qualitade: esso infatti è meno sottile ed evaporabile dell'umido radicale, poiché ha natura di humor grossus (o pinguis, crassus, viscosus). Per tale ragione esso è ‛ meno evaporabile ' e, quindi, consumabile da parte del calore vitale che tuttavia, in esso, trova ancora di che nutrirsi (cfr. Alb. Magno De Morte et vita II 6-8, Avicenna Canon I Fen 3, III Fen 18 2 16).
La forma potenziale dell'aggettivo è dunque in riferimento alla disposizione passiva dell'umore umido, atto a ricevere l'azione evaporante del calore naturale.