VARIABILITÀ
. Variabilità o anche dispersione è detta - nel linguaggio tecnico delle scienze, in cui si applica il metodo statistico - la proprietà che presenta un fenomeno (o un carattere) di assumere differenti valori o qualità. In tal senso, ad es., i botanici parlano della variabilità dei caratteri delle piante, gli antropologi della dispersione delle stature umane e del colore dei capelli, gli economisti della variabilità dei redditi e dei patrimonî, i meteorologi della variabilità dell'altezza barometrica, i demografi della dispersione dei quozienti di natalità, i fisici della dispersione delle velocità molecolari nella teoria cinetica dei gas. Se i fenomeni o i caratteri sono suscettibili di valutazione si calcolano anche indici idonei a misurare il grado di dispersione.
Se ne noverano parecchi: a) La media aritmetica delle differenze numeriche, o quadratiche, tra ogni valore osservato e tutti gli altri valori sarà nulla, se tutti i valori saranno uguali fra loro, e darà risultati tanto maggiori, quanto maggiore sarà la disuguaglianza media dei valori. Potrà dunque essere assunta come un indice del grado di dispersione. b) Graduando i valori osservati in modo che ognuno di essi sia maggiore o uguale al precedente, chiamando primo e terzo quartile i valori che dividono la successione in due parti, di cui la precedente comprende un quarto e, rispettivamente, tre quarti delle frequenze dei valori, si potrà ottenere un altro indice del grado di dispersione. Infatti la differenza tra il terzo e il primo quartile sarà nulla, se tutti i valori saranno uguali fra loro e sarà in certa misura sensibile alla disuguaglianza media dei valori; lo stesso è da dire per le altre coppie di valori che dividono la successione rispettivamente in un decimo e nove decimi (primo e ultimo decile), ecc. c) Chiamando scarti (scostamenti o deviazioni) le differenze tra ogni valore osservato e la media aritmetica dei valori, la media aritmetica degli scarti numerici o quadratici corrispondenti a quei valori sarà pure nulla, se tutti i valori saranno uguali fra loro, e sarà, tra l'altro, una funzione crescente degli scarti numerici. Poiché misura la disuguaglianza media dei valori rispetto al loro livello medio, potrà anche essere assunta come un indice del grado di dispersione.
Di queste tre classi di indici, la più largamente impiegata è la terza, e precisamente la media aritmetica degli scarti quadratici. Estraendo da essa la radice quadrata, si ha il cosiddetto scarto tipico, espresso dalla formula:
dove con x si denotano gli scarti e con n il numero dei valori osservati. Per render meglio apprezzabili i risultati e possibili i confronti tra fenomeni misurati con unità eterogenee, si sogliono ragguagliare gl'indici di dispersione a una media, in generale alla media aritmetica, dei valori. Il seguente esempio riguarda i quozienti regionali di emigrazione, calcolati per l'Italia nel 1911, dai quali, in base alla formula sopra scritta dello scarto tipico, si ricava come indice di dispersione di quei quozienti il valore 673, e, tenendo presente che il quoziente medio aritmetico è 858, può inferirsi che la dispersione corrisponde a ben 784 per mille del livello medio di quei quozienti.
Sviluppi teorici di grande momento ha avuto il concetto statistico di dispersione. Se un fenomeno si è presentato con le frequenze relative f1/n1, f2/n2, ..., fz/nz, in z serie (ad es., se si sono avute fi nascite su ni abitanti in z anni, dove i = 1, 2, ..., z), si domanda se la dispersione di quei rapporti si possa ritenere normale, ossia uguale a quella dei rapporti tra fi palle bianche estratte e ni estrazioni da un'urna contenente palle bianche e nere, praticamente identiche in tutto, tranne che nel colore, e in proporzione costante tra loro, così che in ogni estrazione una palla bianca abbia costante probabilità di presentarsi. In caso negativo, se la dispersione si possa ritenere maggiore: supernormale, o minore: subnormale. Per rispondere alle precedenti domande, si sogliono seguire due vie: 1. Si fa il rapporto tra il valore dell'indice di dispersione fornito dalla media degli scarti assoluti o, meglio, dallo scarto tipico, tenendo conto del numero delle osservazioni di ogni serie, e il valore dell'indice calcolato teoricamente nell'ipotesi di dispersione normale. Se tale rapporto differisce dall'unità in misura che si possa ritenere accidentale, si può con grande probabilità ritenere che le frequenze osservate presentino una dispersione normale; mentre, se il rapporto risulta sistematicamente minore o maggiore dell'unità, si può ritenere che quelle frequenze siano a dispersione subnormale o, rispettivamente, supernormale. 2. Si confrontano le frequenze relative empiriche, comprese tra dati multipli dello scarto tipico calcolato teoricamente nell'ipotesi di dispersione normale, con i valori teorici (probabilità) a cui quelle frequenze relative dovrebbero tendere in caso di dispersione normale e che si ricavano da appositi prontuarî. Se l'addensamento delle frequenze empiriche differisce da quello teorico in misura che possa ritenersi accidentale, si inferisce anche adesso con grande probabilità che la dispersione delle frequenze è normale; se invece l'addensamento empirico risulta maggiore o minore di quello teorico, si può ammettere il carattere subnormale o, rispettivamente, supernormale di esse.
L'esempio delle estrazioni, poc'anzi addotto come caso teorico di dispersione normale, obbedisce al cosiddetto schema di J. Bernouilli, lo studio del quale ha un'importanza fondamentale e recentemente ha avuto estese applicazioni anche nelle scienze biologiche. Gli schemi subnormali e supernormali più largamente studiati sono quelli che vanno rispettivamente sotto il nome di S. D. Poisson e di W. Lexis; il secondo di essi ha trovato utili applicazioni anche in demografia e nell'economia induttiva.
Bibl.: G. Dormoy, Théorie mathématique des assurances, Parigi 1878; F. Galton, Natural inheritance, Londra 1889; K. Pearson, Contributions to the mathematical theory of evolution, in Phil. Trans. Roy. Soc., 1894; id., Regression, heredity and panmixia, ibid., 1896; W. Lexis, Abhandlungen zur Theorie der Bevölkerungs- und Moralstatistik, Jena 1903; C. Gini, Variabilità e mutabilità, Bologna 1912; F. P. Cantelli, Sullo schema lexiano della dispersione ipernormale, in Memorie della R. Acc. dei Lincei, 1918; C. V. L. Charlier, Vorlesungen über die Grundzüge der mathematischen Statistik, Lund 1920; F. Vinci, Sui coefficienti di variabilità, in Metron., 1920; id., Manuale di statistica, 2ª ed. (vol. I), Bologna 1936; G. Mortara, Statistica metodologica, Padova 1924; id., Lezioni di statistica metodologica, Città di Castello 1922; C. E. Bonferroni, Schemi teorici e dispersione, in Giornale degli economisti, Roma 1924; G. Castelnuovo, Calcolo delle probabilità, Bologna 1927.