Vedi APULI, Vasi dell'anno: 1958 - 1994
APULI, Vasi (v. vol. I, p. 502)
La conoscenza della ceramica apula è aumentata enormemente in seguito alla ricchezza del nuovo materiale portato alla luce negli scavi condotti in varí siti dell'Apulia (in part, ad Arpinova, Ascoli Satriano, Canosa, Ceglie del Campo, Conversano, Ginosa, Gioia del Colle, Gravina, Rutigliano, Salapia) e al contributo di nuove pubblicazioni sull'argomento. Di conseguenza, sono necessari cambiamenti sostanziali e aggiunte alle vecchie liste della ceramica protoapula, che erano servite come base alla prima parte dell'articolo di A. Stenico, mentre uno studio più approfondito dell'ultima fase della produzione ha permesso di identificare molti nuovi pittori.
Si è definita con maggiore chiarezza la distinzione tra i due stili della ceramica apula, quello chiamato «semplice» (plain) e l'«ornato». Il primo è costituito essenzialmente da crateri a campana e a colonnette, da hydrìai, anfore e pelìkai, decorati con composizioni relativamente semplici, che contengono da una a quattro figure, spesso in associazione con Dioniso. Il secondo comprende vasi molto più grandi, che talvolta superano il metro di altezza - crateri a volute, anfore, loutrophòroi, ecc. - caratterizzati da una decorazione molto più complessa, da un abbondante uso di colori aggiunti e da composizioni che si dispongono su piani diversi e comprendono sino a venti o più figure, rappresentanti soggetti mitologici o scene funerarie. Dalla seconda metà del IV sec., i ceramografi decorano i propri vasi in entrambi gli stili (Pittore dell'Ilioupersis, Pittore di Atene 1714, Pittore Varrese, ecc.), ma prediligendo l'uno oppure l'altro. Col passare del tempo lo stile «semplice» tende a. un disegno più simile a quello dello stile «ornato», per un maggiore uso del bianco e del giallo come colori aggiunti e di una decorazione più complessa; la distinzione sostanziale tra i due stili si mantiene sino all'esaurimento delle figure rosse, intorno al 300 a.C.
Possiamo ritrovare l'origine di entrambi gli stili nei vasi di due dei primi artisti apuli, il Pittore della Danzatrice di Berlino e il Pittore di Sisifo. La lista delle opere del primo pittore si è accresciuta grazie ai ritrovamenti effettuati a Rutigliano (tomba 24) nel 1976, che hanno dimostrato come la sua attività non fosse meno significativa di quella del secondo. Lo stile «semplice» continua nei vasi del Pittore di Tarporley e nei suoi seguaci: questi ultimi si suddividono in tre gruppi principali, in ciascuno dei quali sono stati identificati molti nuovi artisti. Nel primo gruppo rientrano il Pittore di Adolphseck, il Pittore del Prigioniero, di Schiller e Rainone (che si distingue per i suoi vasi fliacici), oltre a quelli già noti in precedenza, come il Pittore delle Lunghe Falde, il Pittore di Eton-Nika e la loro cerchia; al secondo gruppo, formato sostanzialmente dal Pittore di Hoppin, dal Pittore di Truro e dal Pittore di Lecce, possiamo ora aggiungere il Pittore del Museo Rohan e il Pittore di Iride; del terzo fanno parte il Pittore di Karlsruhe Β 9, il Pittore di Digione e la loro cerchia, insieme al Pittore di Graz. Subito dopo viene un ampio gruppo di stretti seguaci, i più significativi dei quali sono il Gruppo di Ginevra 2754, il Gruppo di Chrysler, il Gruppo di Haverford e il Gruppo di Avignone, il Pittore di Atene 1680, il Pittore Schlàepfer, il Pittore di Maplewood, il Pittore di Verona e il Pittore Rueff. Leggermente più tardo è il Gruppo del Giudizio e la cerchia di artisti gravitanti intorno a esso, con i loro seguaci, il Pittore del Tirso e il Pittore della Lampas, la cui opera mostra un improvviso abbassamento di qualità. Da notare che i vasi del Pittore del Ripasso della Parte e del Pittore del B. M. F 181 2 sono stati ora trasferiti alla produzione lucana, perché, a seguito di nuove testimonianze, è emerso con chiarezza che di fatto essi erano prodotti del Pittore di Brooklyn-Budapest: il che fornisce un ottimo esempio degli stretti legami intercorrenti tra le due produzioni nel corso dei primi anni del IV sec., come è attestato anche dal caso del Pittore di Tarporley e del Pittore di Dolone: di quest'ultimo ora sappiamo che aveva una bottega a Metaponto.
Al numero dei primi artisti dello stile «ornato», seguaci diretti del Pittore di Sisifo, si può ora aggiungere il Pittore di Gravina, cosiddetto dalla località in cui furono rinvenuti nel 1974 numerosi vasi a esso attribuibili. Lo stile «ornato» ha un ulteriore sviluppo col Pittore della Nascita di Dioniso e la sua cerchia, di cui molte opere ci sono pervenute soltanto a livello di frammenti. Questi artisti conducono al Pittore di Sarpedon e al Gruppo della Furia Nera e, attraverso il Pittore della Pelìke di Mosca e i vasi a esso accostabili, al Pittore Felton e quindi al Pittore dell'Ilioupersis.
Quest'ultimo è forse il pittore vascolare più significativo del secondo quarto del IV sec. a.C., per il fatto che non solo egli introdusse l'usanza di decorare il collo dei crateri a volute con una testa femminile entro un calice floreale, ma fissò anche la decorazione, destinata a divenire canonica sui grandi vasi funerari (crateri a volute, anfore, ecc.), con le figure del lato principale raggruppate intorno a un naìskos, e con una stele sul lato posteriore (come nel vaso B.M. F 283), benché su quest'ultimo egli preferisca in genere soggetti dionisiaci, usanza questa solo di rado seguita dopo la metà del IV secolo. Egli fece anche un uso maggiore di colori aggiunti (ombre di rosso e di arancione, così come di bianco e di giallo) e di motivi decorativi più elaborati. Si cimentò con la resa della prospettiva e dello scorcio, e preferiva disegnare i volti nella visione di tre quarti, benché ancora privi dell'espressione tormentata così caratteristica del Pittore di Licurgo.
Il Pittore di Atene 1714 (al quale è stato ora assimilato il Pittore di Copenaghen 335) dipingeva vasi in entrambi gli stili, che, attraverso la sua opera, tendono a uniformarsi: quello «semplice» fa un ampio uso di colore aggiunto bianco e giallo, pur mantenendo una preferenza per composizioni più semplici. Nei vasi più grandi del Pittore di Atene 1714 possiamo scorgere le anticipazioni di ciò che può essere considerato l'inizio dello stile barocco della produzione apula, che si ritrova nei vasi del Gruppo del «Suckling-Salting» (dell'allattamento in B.M. F 107 e della pelìke già Salting) e del Gruppo delle Situle di Dublino, che spesso sono decorati con complessi motivi floreali. È possibile che essi siano stati ispirati dall'arte del pittore greco Pausias, famoso per le sue pitture floreali, il quale sembrerebbe aver influenzato la decorazione musiva della metà e del terzo venticinquennio del IV secolo. Tali motivi floreali sono particolarmente frequenti sui colli dèi crateri a volute tardo-apuli, nei quali spesso raggiungono un alto livello di eleganza e bellezza.
Contemporanei al Pittore dell'Ilioupersis, e probabilmente prodotti nella sua bottega, sono numerosi vasi di dimensioni più piccole, per lo più decorati con figure singole da numerosi pittori minori come il Pittore di Zaandam, il Pittore di Monash, il Pittore del Gocciolatoio, il Pittore del Wellcome. Un fenomeno analogo può essere riscontrato nella bottega del Pittore di Dario, dove piccoli vasi di questo genere erano prodotti in gran quantità (Gruppo del Centauro del B.M., Gruppo di Liverpool e Gruppo di Rochester), nella bottega del Pittore delle Patere e del Pittore di Ganimede (Gruppo di Cleveland, Gruppo degli askòi di Trieste e Gruppo di Menzies), e in quella del Pittore di Baltimora e del Pittore dei Sàkkoi Bianchi. Tale produzione di massa, che comprende quasi duemila vasi decorati semplicemente con teste femminili, costituisce una caratteristica della ceramografia apula, dal 360 a.C. circa in poi, momento a partire dal quale la produzione vascolare aumenta enormemente.
Lo stile «semplice» tra il 370 e il 350 a.C. è ben rappresentato dai vasi associati al Pittore dei Nasi Camusi, derivante dal Pittore di Digione. A esso si possono accostare il Pittore di Lecce 660, il Pittore di Woburn Abbey, il Pittore di Laterza e il Pittore «H.A.», e, un poco più tardi, i pittori del Gruppo del Vaticano V 50, del Gruppo di Bari 8010, del Gruppo di Ruvo 512-Roermond, del Gruppo del Vaticano XI, del Gruppo di Ginosa, del Gruppo di Chiesa e del Gruppo di Schulman. Tutti decorano numerosi crateri a campana, anfore e pelìkai, per lo più con composizioni di due o tre figure sul lato principale, in genere a soggetto dionisiaco o funerario, e con due o tre figure di giovani con mantello su quello secondario. Raramente essi si innalzano al di sopra di un livello mediocre.
Il Pittore Varrese peraltro, a essi contemporaneo, è un artista di maggiore importanza. Insieme ai vasi più piccoli, egli decorava numerosi vasi di dimensioni maggiori, tra cui tre nestoridi, con scene mitologiche o dionisiache, e il suo stile influenza in una certa misura un gruppo di pittori attivi intorno alla metà e nel corso del terzo quarto del secolo.
Questi pittori sono i precursori del Pittore di Dario. In questo gruppo va ora inserito il Pittore di Bari 12061, il cui cratere a volute di Ginevra (24692) dimostra come egli si innalzasse al di sopra del livello medio del Gruppo di Ginosa nel quale era stato inserito in RVAp I; è il caso anche del Pittore del Louvre MNB 1148, alla cui mano possiamo ora ascrivere numerosi grandi vasi con scene mitologiche (non ancora noti quando venne pubblicato RVAp II, mentre alcuni sono elencati nel Suppl. I, pp. 98-101 e Suppl. II, pp. 176-178), tra i quali ricordiamo le loutrophòroi con i Tantalidi e con Astrape del J. Paul Getty Museum (82 AE 16 e 86 AE 680), che lo fanno apparire a pieno diritto un artista di prima grandezza, così come una serie di dìnoi con soggetti dionisiaci e di altro genere. Questi due artisti sono contemporanei al Pittore di Gioia del Colle e al Pittore di Copenaghen 4223, la cui opera è strettamente legata a quella del Pittore di Dario agli esordi della sua carriera e funge da collegamento tra quest'ultimo, il Pittore Varrese e il Pittore di Licurgo. Altri due artisti, solo di recente identificati, costituiscono un analogo tramite di collegamento, il Pittore De Schulthess (RVAp, Suppl. II, pp. 130-132), autore della decorazione di uno splendido cratere a volute di Ginevra (HR 44) raffigurante l'arrivo di Elena e Paride a Troia, e di due altri vasi, conservati in collezioni private di New York, uno con le armi di Achille, l'altro con una Gigantomachia. Al medesimo gruppo apparteneva anche il Pittore delle Metope, che decorò una serie di loutrophòroi con scene di naìskoi e una grande anfora al J. Paul Getty Museum (84 AE 996) con la scena della liberazione di Andromeda.
L'opera del Pittore di Dario, forse il più grande e il più innovativo tra i pittori vascolari tardo-apuli, è stata oggetto di una mostra allestita a Ginevra nel 1986, il cui catalogo (Le peintre de Darius et son milieu, poi qui sempre P. de D.) raccoglie numerosi tra i suoi vasi più importanti. Alla lista delle sue opere si possono aggiungere molti altri vasi, i cui soggetti rivelano il suo profondo interesse e la sua conoscenza della mitologia greca. Le figure possono spesso essere identificate dalle iscrizioni di accompagnamento e molti dei soggetti rappresentati fanno la loro comparsa nella pittura vascolare per la prima volta. I più interessanti tra i vasi di nuova attribuzione sono i seguenti: crateri a volute con Frisso (Berlino 1984.81), con Reso (Berlino 1984.39), con il ratto di Persefone (Berlino 1984.40), con la partenza di Anfiarao (Cleveland 88.41); crateri a calice con Alcmena (Boston 1989.100), con le figlie di Anio (Miami, collazione privata), con Adrasto, Tieste e il piccolo Egisto (Boston 1987.53), con Bellerofonte e Iobates (Tampa, collezione privata); anfora con Creusa (Svizzera, mercato antiquario; cfr. RVAp, tav. CLXXIX, 1); loutrophòroi con Leucon, Posidone e Anfitea (Ginevra, collezione privata = P. de D., pp. 124-125), con Niobe (Princeton, University, 1989.29); alta lèkythos con Paride ed Elena (Ginevra HR 134 = P. de D., pp. 136-149); hydrìai con Meleagro e il cinghiale (Tokyo, collezione privata), con Zeus e Io insieme a Hermes e Argo (New York, collezione privata = RVAp, Suppl. I, p. 78, n. 63 c-d), con Niobe (Svizzera, collezione privata = P. de D., pp. 150-157); pelìke con Cassiopea che domanda perdono ad Andromeda (Getty 87 AE 23); dìnos con Eracle e Busiride (New York 1984-11-7). Gli elaborati costumi indossati dalla maggior parte delle figure che compaiono su questi vasi suggeriscono un collegamento con il teatro e di fatto è degno di nota che la maggior parte dei miti rappresentati era effettivamente quella utilizzata dai tragici greci come soggetto per i loro drammi.
Tre alte lèkythoi, misuranti ognuna quasi un metro in altezza, di forma non comune in Apulia, benché una si possa attribuire al Pittore di Dario, segnano il passaggio da questo pittore al suo successore e più stretto seguace, il Pittore degli Inferi. Tutte e tre rappresentano scene di ratto: una quello di Persefone (RVAp, Suppl. I, p. 83, n. 281a), un'altra quello di Cefalo da parte di Eos (ibid., p. 83, n. 781 b = Richmond 81.55) e la terza quello delle Leucippidi da parte dei Dioscuri (ibid., p. 84, n. 281c = 81.162). Quest'ultima è di particolare interesse in quanto mostra la conseguenza del ratto, con Idas che attacca Polluce con la lastra tombale del proprio padre, dopo che questi ha trucidato il fratello Linceo che aveva ucciso Castore: rappresentazione unica nella pittura vascolare. Tra i nuovi crateri a volute recentemente attribuiti al Pittore degli Inferi uno, a Tokyo, raffigura l'apoteosi di Eracle (ibid., p. 85, n. 287a = Tokyo, collezione privata), un altro, conservato nella Collezione Sciclounoff a Ginevra (Ρ. de D., pp. 190-199), ci fornisce un'altra rappresentazione unica, quella del mito di Melanippe, già oggetto di due opere di Euripide, mentre un terzo, attualmente a New York sul mercato antiquario, mostra un Eracle giovanile con Atlante seduto su un trono e Ge accanto a lui, con l'albero delle mele d'oro sulla destra; due altri crateri a Berlino (1984.44-45) rappresentano una Gigantomachia e la separazione tra Ettore e Andromaca (L. Giuliani, Bildervasen aus Apulien, Berlino 1988, figg. 4-9, tav. a colori IV). Un cratere a calice di Melbourne raffigura la punizione di Dirce e di Lykos e, a giudicare dal modo in cui è rappresentata la scena, ha molto probabilmente tratto ispirazione dall'Antiope di Euripide. Tali vasi hanno notevolmente accresciuto la statura artistica del pittore e si possono considerare tra le sue opere migliori. Strettamente connessa per stile con la sua produzione è una serie di pelìkai del Pittore della Sirena Citarista, così denominato per la rappresentazione, che appare su una di esse, di una sirena che suona la cetra (RVAp, Suppl. I, p. 87, n. 334b). Le pelìkai sono ripartite in due registri, su uno dei quali compare una testa inserita in una complessa cornice floreale, simile a quelle che decorano colli dei crateri a volute.
Lo stile «semplice» di questo periodo è rappresentato da numerosi crateri a colonnette e a campana, da pelìkai, anfore, ecc. decorati da artisti minori, appartenenti alla bottega del Pittore di Dario e del Pittore degli Inferi, i più importanti tra i quali sono il Pittore della Pelìke di Truro, il Pittore di Haifa, il Pittore di Lucera e il Pittore di Como, che a loro volta influenzano artisti successivi, come il Pittore di Vienna 751 e il Pittore di Forlì, la cui produzione attesta un sensibile declino nella qualità del disegno. Questi vasi sono solitamente decorati con composizioni di due o tre figure, con scene connesse alla sfera dionisiaca o di vita quotidiana sul lato principale, e giovani ammantati su quello secondario. Un altro folto gruppo è decorato con teste per lo più femminili, anche se un esemplare, un cratere a campana di Liverpool, raffigura la testa di un guerriero greco con elmo, con l'iscrizione APX, che potrebbe indicare Archidamo III, che era stato chiamato da Sparta dai Tarantini per aiutarli nella guerra contro i Lucani e che venne ucciso nella battaglia di Manduria del 338 a.C. Se così fosse, ciò costituirebbe un elemento esterno per la datazione del vaso.
Coincidenti con i vasi della bottega del Pittore di Dario e del Pittore degli Inferi, anche se probabilmente prodotti in una località diversa, sono quelli del Pittore delle Patere; molti esemplari minori a esso associati provengono da Ruvo, per cui è probabile che egli abbia lavorato qui per un certo periodo. I suoi vasi più tardi esercitarono una forte influenza sull'opera del Pittore di Baltimora, dal che si deduce che in tale fase della sua attività egli si era probabilmente stabilito a Canosa, dove quasi certamente era localizzata la bottega del suo seguace, considerato il gran numero di vasi di sua mano o di quella di esponenti della sua cerchia ritrovato in tale centro o nell'immediato circondario. Il Pittore delle Patere è specializzato in scene funerarie sui vasi più grandi, con un naìskos sul lato principale e due donne accanto a una stele su quello secondario. I vasi più piccoli (crateri a campana e a colonnette, anfore, pelìkai) di solito recano scene di genere, nelle quali talvolta compaiono guerrieri oschi. Un suo diretto seguace è il Pittore di Ganimede, notevole per l'elegante decorazione floreale sul collo dei suoi crateri a volute; entrambi i pittori sono associati ad artisti specializzati nella rappresentazione di teste femminili che compaiono come decorazione sussidiaria sul collo di crateri a volute, sulle spalle di anfore o sul coperchio di boccali. Il Pittore delle Anfore è in rapporto con il Pittore delle Patere e il Pittore di Armidale con quello di Ganimede; in realtà non è possibile dire se uno collaborasse con l'altro oppure se, in entrambi i casi, si tratti del medesimo artista. Lo stesso fenomeno si registra nel caso del Pittore di Baltimora e del Pittore di Stoke-on-Trent, e in quello del Pittore dei Sàkkoi Bianchi e del Gruppo del Kàntharos.
Il Pittore di Baltimora è il caposcuola degli artisti di Canosa della fine del IV secolo. Si tratta di un pittore assai prolifico, di grande importanza per l'influenza che esercitò sui suoi seguaci e sugli ultimi artisti apuli. Caratteristico della sua produzione è l'amore per i vasi di grandi dimensioni con una decorazione complessa, per i volti disposti frontalmente o di tre quarti, spesso con occhi sbarrati, per i panneggi marcati e per le composizioni affollate. Molti suoi vasi rappresentano scene di naìskos, altri hanno soggetti mitologici come il giudizio di Adone (2), Anfiarao di fronte a Plutone (3), le armi di Achille, amazzonomachie, la strage dei Niobidi, l'Ilioupèrsis, Andromeda, ecc. Egli ebbe molti seguaci, alcuni di importanza minore, come il Pittore dell'Elmo, la cui opera risente anche dell'influenza del Pittore delle Patere, il Pittore di Berlino F 3383 o il Pittore della Mostra della Virginia. I coperchi di alcuni vasi di quest'ultimo artista hanno prese plastiche decorate nello stile policromo canosino del III sec. di cui costituiscono gli immediati predecessori. Più importante è il Pittore di Arpi, di cui molti vasi vennero ritrovati ad Arpinova e sono attualmente esposti al museo di Foggia: si tratta di un continuatore della tradizione monumentale del Pittore di Baltimora, ma con uno stile più provinciale e una maniera molto più allegra (p.es. nel tema della strage dei Niobidi e del ritorno di Efesto = Foggia 132723 e 132726, o in quello della morte di Semele = Tampa 87.36 = RVAp II, tavv. CCCIX-CCCXII.
Il vero successore del Pittore di Baltimora è comunque il Pittore dei Sàkkoi Bianchi la cui opera è così strettamente modellata su quella del maestro che spesso risulta difficile distinguerle (cfr. RVAp, Suppl. I, pp. 157-159 e 182-183). Egli decorò numerosi vasi con naìskos, scene di genere o mitologiche, tipici esempi dei quali sono i seguenti: crateri a volute con Persefone e Plutone (Kiel Β 585, Getty 77 AE 12, Bari, Collezione Rizzon 51); anfore con il ratto di Crisippo (Bari, Collezione Loiudice), con Pelope e Ippodamia (Boston 1988.431); loutrophòroi con ratto di Crisippo e con scene di genere (New York, mercato antiquario, Sotheby, 2 Dicembre 1988, n. 107, con tav. a colori); anfore a corpo ovoide con scene di genere e fascia con pesci (Tampa 87.37); hydrìai con ratto di Persefone (Londra, mercato antiquario, Sotheby 14 Dicembre 1987, n. 175), col ritorno di Persefone (Amburgo 1982.4 St. 350); altri vasi recano naìskos e spesso presentano sul lato posteriore una testa femminile nello stile di quelle del Gruppo del Kàntharos, con ciò denunciano la stretta parentela tra quest'ultimo e il Pittore dei Sàkkoi Bianchi. Egli fa un ampio uso di colori aggiunti. Dalla sua bottega esce anche una lunga serie di vasi, soprattutto oinochòai, decorati con scene di genere, carri e teste femminili.
È forse il caso di accennare brevemente a un'altra classe di vasi apuli a figure rosse, i piatti da pesce, che sono stati di recente oggetto di uno studio particolareggiato di I. Me Phee e di A. D. Trendall, Greek Red-Figured Fish-Plates (AntK, Suppl. 14, Basilea 1987; v. anche N. Kunisch, Griechische Fischteller, Berlino 1989). I piatti apuli sono elencati a pp. 115-147, tavv. XLII-LXIII, e tavv. a colori C2 e D. Come gli altri vasi, anch'essi si dividono in due gruppi, uno tarantino, collegato con la bottega del Pittore di Dario e del Pittore degli Inferi, l'altro canosino, collegato col Pittore di Baltimora, col Pittore di Arpi e col Pittore dei Sàkkoi Bianchi. In entrambi i gruppi, le anfore e gli altri vasi sono spesso decorati con bande che contengono pesci e conchiglie: da questi ultimi è possibile risalire a pittori conosciuti per l'attribuzione dei piatti da pesce.
Lo stadio finale della produzione apula a figure rosse può essere individuato in alcuni vasi della fine del IV sec. del Gruppo di Tenri e del Gruppo di Foggia-Bassano, nel Pittore di Mignot e, per le teste femminili, nel Pittore del B.M. F 339. Da questo momento in poi la pittura vascolare conosce una profonda decadenza e lo stile a figure rosse non sopravviverà a lungo.
Bibl.: In generale: E. Paribeni, Immagini di vasi apuli, Milano 1964; M. Borda, Ceramiche apule, Bergamo 1966; A. D. Trendall, A. Cambitoglou, The Red-Figured Vases of Apulia, I, Oxford 1978 = RVAp I; iid., The Red-Figured Vases of Apulia, II. Late Apulian, Oxford 1982 = RVAp II; iid., First Supplement to the Red-Figured Vases of Apulia (BICS, Suppl. 42), Londra 1983 = RVAp, Suppl. I; iid., Second Supplement to the Red-Figured Vases of Apulia (BICS, Suppl. 60), Londra 1991 = RVAp, Suppl. II, con bibl. aggiornata. V. inoltre: E. Mayo, Κ. Hamma (ed.), The Art of South Italy: Vases from Magna Graecia (cat.), Richmond 1982, in part. pp. 78-195; Ch. Aellen e altri, Le peintre de Darius et son milieu (cat.), Ginevra 1986; A. D. Trendall, RedFigure Vases of South Italy and Sicily, Londra 1988, pp. 23-28 (proto-apulo), pp. 74-102 (medio e tardo), con bibl. aggiornata.
Edizioni di vasi apuli si trovano in molti fascicoli recenti del CVA, in particolare: Germania, 42 (Magonza 2), 50 (Francoforte 3), 58 (Gottinga 1), 59 (Bonn 3), Italia, 32 (Torino 1), 34 (Verona 1), 43 (Trieste 1), 49 (Milano, Collezione «H.A." 2), 58 (Fiesole, Collezione Costantini 2); Giappone, 1; Polonia, 7-8 (Varsavia 4-5); Svizzera, 5 (Ticino); U.S.A., 20 (Toledo 2), 22 (Filadelfia 1), 26-7 (Malibu 3 e 4); nel volume Megale Hellas, Milano 1983, e nei cataloghi di musei e collezioni della Puglia recentemente pubblicati: E. M. De Juliis (ed.), Archeologia in Puglia, Bari 1983; id., Il museo archeologico di Bari, Bari 1983; B. Fedele e altri, Antichità della collezione Guarini, Galatina 1984; C. Bucci, Museo Jatta in obiettivo, Bari 19862; E. M. De Juliis, D. Loiacono, Taranto Il Museo Archeologico, Taranto 1986; F. Di Palo, Dalla Ruvo antica al Museo archeologico Jatta, Fasano 1987.
Iconografia: Per le rappresentazioni mitologiche: LIMC, voll. I-V, ZurigoMonaco 1981-1990; Helleniki Mythologia, Atene 1987. - Per gli elenchi di questi vasi: F. Brommer, Vasenlisten zur griechischen Heldensage, Elwert 1973 e i numerosi articoli di K. Schauenburg pubblicati in Jdl, RM e altri periodici (una lista in Mythologischer Sachund Künstlerindex zu den Schriften von K. S., Kiel 1984). Per le rappresentazioni dell'oltretomba: M. Pensa, Rappresentazioni dell'oltretomba nella ceramica apula, Roma 1977; H. Lohmann, Grabmäler auf unteritalischen Vasen, Berlino 1979; Κ. Schauenburg, Unterweltsbilder aus Grossgriechenland, in RM, XCI, 1984, pp. 359-387.
Gnathia, Ceramica di. Gli studi di L. Forti, T. B. L. Webster e, soprattutto, di J. R. Green hanno accresciuto notevolmente la nostra conoscenza della ceramica di Gnathia dai suoi esordi, intorno al 360-350 a.C., sino alla sua fine in Apulia, avvenuta probabilmente all'incirca al tempo della conquista romana di Taranto del 272 a.C. Sono stati ormai identificati numerosi pittori con i gruppi a essi relativi; tra questi il Pittore delle Rose (fiorito tra il 350-330 a.C.) emerge come la personalità maggiore nella seconda metà del IV secolo. La sua opera è caratterizzata dall'uso di una vernice nera lucida, da colori vivaci e da un eccellente disegno che dedica una notevole cura ai particolari. Da esso discendono tre gruppi di pittori di Gnathia, attivi nell'ultimo terzo del IV secolo.
Il maggiore esponente del primo gruppo è il Pittore di Lecce 1075, la cui produzione all'inizio risente fortemente dello stile del maestro, ma presto si stabilizza a un livello qualitativo ordinario: i vasi sono decorati soprattutto con teste femminili entro tralci floreali. Alla sua bottega apparteneva il Pittore della Bottiglia del Louvre, al quale si deve l'introduzione della decorazione a nervature che ben presto ricoprì gran parte della superficie del vaso, riducendo lo spazio riservato alla parte dipinta, introducendo così un nuovo modo di decorare i vasi di Gnathia.
Un secondo gruppo, noto come il Gruppo di Dunedin, produsse una lunga serie di vasi decorati con teste femminili o uccelli entro elementi floreali: ne fa parte il Pittore dell'Ambrosiana, specializzato in maschere entro cornici di edera. Il terzo gruppo comprende il Gruppo del Ramoscello di Alloro e quello di Knudsen e, insieme agli altri due, esercita la sua influenza sulla maggior parte della produzione di Gnathia della fine del IV secolo.
Il Pittore della Bottiglia del Louvre ebbe due allievi, uno dei quali, il Pittore di Zurigo 2692, restò in Apulia, mentre l'altro, il Pittore Volcani, emigrò nell'Etruria meridionale, dove decorò i pocola dei quali uno rappresenta un elefante e si deve pertanto datare intorno al 275 a.C., momento in cui tali animali fecero la loro prima comparsa in Italia.
Bibl.: L. Forti, La Ceramica di Gnathia, Napoli 1965; J. R. Green, Some Painters of Gnathia Vases, in BICS, XV, 1968, pp. 34-50; T. B. L. Webster, Towards a Classification of Apulian Gnathia, ibid., pp. 1-33; L. Forti, Una officina di vasi tarantini a Vulci, in RendAccNapoli, XLV, 1970, pp. 233-265; J. R. Green, Gnathia Addenda, in BICS, XVIII, 1971, pp. 30-38; S. Winkelmann, Späte Gnathia Vasen, in ÖJh, L, 1972-73, pp. 150-165; J. R. Green, Gnathia Pottery in the Akademisches Kunstmuseum, Bonn, Magonza 1976; id., More Gnathia Pottery in Bonn, in AA, 1978, pp. 262-272; id., Gnathia Vases by the Toledo Painter, in Museum News (Toledo, Museum of Art), XXII, 2, 1980, pp. 26-36; id., The Gnathia Pottery of Apulia, in Vases from Magna Grecia (Virginia, Museum of Fine Arts) 1982, pp. 252-259; F. Causey Frei, Prometheus Parodied: A Gnathia Hilarotragedy, in Pestschrift Leo Mildenberg, Wetteren 1984, pp. 51-55; J. R. Green, Some Gnathia Pottery in the J. Paul Getty Museum, in Greek Vases in the P. Getty Museum, III, Malibu 1986, pp. 115-138; id., The Beaulien Painter and Provincial Apulia at the End of the Fourth Century B.C., in Festschrift Schauenburg, Magonza 1986, pp. 181-186.
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