CALCIDESI, VASI
. A Calcide di Eubea (v.) è stata ascritta da tempo una serie di vasi a figure nere su fondo giallo-rossastro, rinvenuti quasi tutti in suolo italiano e soprattutto in Etruria, con le iscrizioni designanti i personaggi rappresentati condotte nell'alfabeto proprio di Calcide. Dopo le ricerche del Rumpf (v. bibl.) gli esemplari di vasi calcidesi assommano a 279, e forse qualche aggiunta è ancora possibile.
Si tratta di una produzione ceramica che sembra menzionata nei testi antichi con le parole χαλκιδικὰ ποτήρια (Aristofane, Cavalieri, v. 237). Sono, per lo più, anfore, crateri, idrie; si aggiungono brocche, nappi e tazze. La celebre tazza di Fineo da Vulci, ora a Würzburg nel museo dell'università, e i vasi affini debbono forse essere ascritti a Calcide anziché a Nasso.
L'attività dei ceramisti di Calcide si restringe in un ciclo non ampio di anni, all'incirca dalla metà alla fine del sec. VI a. C. La produzione è suddivisa dal Rumpf in quattordici gruppi, riconoscendo in tal modo l'esistenza di almeno quattordici ceramisti. Il Dugas invece, più prudentemente, sarebbe incline a diminuire il numero di questi ceramisti a cinque o a sei, o forse anche a meno. La ceramica di Calcide non si appoggia a una lunga tradizione di scuola e d'industria, ma è dovuta all'iniziativa individuale. Vi sono punti di legame tra questi vasi calcidesi e i prodotti di Corinto, di Atene, delle Cicladi. Vi è in essi la ionica vivacità, vi è l'abilità decorativa propria della ceramica cicladica e di quella corinzia, ma la caratteristica attica si palesa nella tecnica e nella preminenza data alla figura umana. Il disegno sui vasi calcidesi è scorrevole, sebbene talvolta anche sciatto, ma le scene rappresentate sono nel loro assieme gustose, e hanno una fresca vivacità, anche quando le figure non sono nell'agitazione di azioni violente, ma sono in calma composta; specialmente interessanti sono i quadri mitologici. Vi è in essi una spiccata tendenza decorativa, che si esplica principalmente negli ornati di palmette e di fiori di loto, ma anche mancanza di originalità e di varietà inventiva.
Spiccano nella congerie dei vasi calcidesi due personalità. La prima apre la serie con i prodotti iscritti, veramente insigni, come l'anfora di Eracle e di Gerione della Biblioteca Nazionale di Parigi, l'anfora della battaglia intorno al corpo di Achille, già della collezione Hope, l'idria di Monaco con la lotta di Atalanta e Mopso, lo psykter Castellani con scena dionisiaca. La seconda personalità chiude la serie ed è il maestro della citata tazza di Fineo e dei vasi affini, caratterizzati da eleganza e da grazia un po' manierata; si tratta di una produzione ormai contemporanea alla prima fase della ceramica attica a figure rosse di stile severo. È lecito pertanto supporre che il breve, ma interessante ciclo di produzione ceramica calcidese abbia avuto termine nel 507-6 a. C., quando i Calcidesi, alleati dei Tebani, subirono una dura sconfitta da parte di Atene. (V. tavv. LXXI e LXXII).
Bibl.: P. Ducati, Storia della ceramica greca, Firenze 1923, p. 196 segg.; C. Dugas, Les vases chalcidiens, in Revue des études grecques, Parigi 1928, p. 93 segg.; G. Perrot e C. Chipiez, Histoire de l'art dans l'antiquité, X, Parigi 1914, p. 1 segg.; E. Pfuhl, Malerei und Zeichnung der Griechen, Monaco 1923, I, pagina 196 segg.; A. Rumpf, Chalkidische Vasen, Berlino e Lipsia 1927.