Vedi CALENI, Vasi dell'anno: 1959 - 1994
CALENI, Vasi (v. vol. II, p. 271)
Il termine vasi c. ha acquistato nel corso del tempo un'accezione sempre più ampia, finendo per indicare in maniera affatto indiscriminata tutte le produzioni ceramiche a vernice nera con decorazione a rilievo dell'Italia, ovvero del Mediterraneo occidentale. Tali produzioni sono in realtà molto numerose e diverse tra loro, a partire dal gruppo assai articolato dei gutti con decorazione a rilievo - che pone di per sé varí problemi di estrema complessità (p.es. i gutti apuli sono nettamente differenti da una piccola serie di gutti attestata a Palermo, e né gli uni né gli altri sono assegnabili alla ceramica c.) - fino al gruppo etrusco di Malacena, oppure alla primissima Campana A, le cui coppe a vasca profonda sono talvolta ornate da medaglioni a rilievo. Di qui la necessità di utilizzare in maniera più restrittiva un termine che - seguendo in questo un'evoluzione parallela a quella del termine «ceramica di Gnathia» - finisce per non significare niente di preciso; di qui l'esigenza di una distinzione di produzioni analoghe, ma appartenenti a correnti artigianali diverse, come è stato fatto per i gutti e gli askòi apuli ed etruschi a rilievo (Jentel, 1976), e il bisogno di limitare il termine «ceramica c.» a prodotti a vernice nera fabbricati nella stessa Cales, o derivanti dalla medesima tradizione artistica e tecnica.
Con la rapida evoluzione degli studi sulla ceramica c., benché ridotto, in questa maniera, al nucleo essenziale, il problema non resta meno vasto e complesso. Se le ricerche recenti non hanno apportato novità fondamentali per quel che concerne le decorazioni, la loro origine e il loro significato, i contributi più rilevanti riguardano le forme (i profili pubblicati da R. Pagenstecher sono stati riconosciuti come falsi risultanti da ricostruzioni di fantasia) e soprattutto la fabbricazione e la diffusione di queste ceramiche. È stato posto in evidenza in particolare lo spinoso problema della bipolarità della ceramica c. tra Campania ed Etruria, sostituendo in parte all'idea tradizionale di una circolazione di oggetti la nozione di trasferimento di modelli e di mano d'opera.
È chiaro che i vasi c., quali che siano i loro legami - incontestabili - con l'ellenismo, rappresentano una produzione che si potrebbe definire «etruschizzante» per le caratteristiche tecniche e l'aspetto visibile dell'argilla e della vernice, per la forma di alcuni vasi come le patere ombelicate o le coppe a listelli interni, imitanti il profilo e la tecnologia dei vasi metallici, e, infine, per il gusto e l'esecuzione delle decorazioni a rilievo ottenute mediante procedimenti diversi. Tutto ciò compete alla tendenza toreutica propria dei ceramisti etruschi. È inoltre ben chiaro che i vasi c. sono stati, almeno in parte, eseguiti a Cales, come dimostrano i nuovi rinvenimenti in questo sito (in particolare nelle località Pezzasecca e Ponte delle Monache) di matrici per patere ombelicate (trionfo di Eracle, scene navali dell'Odissea, fregio di Vittorie che sorreggono una corona) e per medaglioni di coppe o gutti e, più recentemente, la scoperta di uno scarico di gutti a vernice nera, tutti rinvenimenti ancora pressoché inediti.
Questa duplice certezza ricorda immediatamente altri legami intrecciati tra l'Etruria e Cales nel campo della ceramica (Campana Β etrusca, imitata dalla «B-oide» di Cales; pseudoaretina di fabbrica c., talvolta con bollo aretinv; essa obbliga a formulare l'ipotesi che tra le due regioni siano avvenuti scambi di artigiani e di modelli, a spese (almeno in parte) della vecchia teoria di una corrente di esportazione privilegiata che avrebbe convogliato verso l'Etruria gli assai numerosi vasi c., qui rinvenuti. Risulta convincente, p.es., la proposta (Sanesi, 1982) di stabilire una distinzione tra 1) le patere ombelicate «c.» di origine etrusca, fabbricate sicuramente a Volterra, il cui ruolo, all'occorrenza, sembra essere stato considerevole (e ciò non sorprende affatto, data la parentela tecnica e artistica tra ceramica c. e ceramica di Malacena), ad Arezzo (dove si conserva una matrice) e in altri siti e 2) le patere eseguite a Cales, la cui produzione ebbe inizio probabilmente per imitare le precedenti: questo fatto pone dunque il problema della possibile origine etrusca di una parte dei coloni della colonia latina di Cales. Sembra che le officine di Cales abbiano a loro volta generato nuovi germogli e fondato succursali in Etruria.
Questa bipolarità etrusco-campana (in cui i gutti e le coppe con medaglione a rilievo basso ricondurrebbero piuttosto, ma non in maniera esclusiva, alla Campania e le coppe con medaglione a rilievo alto all'Etruria, mentre le patere ombelicate sarebbero divise tra le due regioni, presentando talora, quelle etnische, una maschera sull'ombelico o in sostituzione di questo) ben renderebbe ragione dell'alternanza sui bolli di vasaio della ceramica c. dei termini Calebus («fatto a Cales») e Calenus («fatto da un caleno» fuori di Cales). Essa si riflette fedelmente anche sui rinvenimenti di ceramica c. sul suolo italiano.
In effetti, trovamenti di vasi c. e in particolare di patere ombelicate continuano a essere segnalati in Etruria e nelle regioni limitrofe, dove vanno ad aggiungersi a rinvenimenti di vasi interi effettuati in tombe e già da tempo segnalati. Ciò che si rivela invece come la maggior novità è il moltiplicarsi di rinvenimenti di vasi c. a rilievo nell'Italia meridionale e centro-meridionale (nella Campania stessa e nelle regioni vicine), man mano che la ricerca archeologica si dimostra più attenta agli oggetti frammentari provenienti dagli abitati e dai depositi votivi: oltre che dalla stessa Cales se ne conoscono da Fregellae, Aquino, Teano, Capua, Pompei, Paestum, Vastogirardi.
L'Etruria, infine, non può essere la sola a venir chiamata in causa per l'origine della ceramica calena. Il sito di Teano, così vicino a Cales, può aver giuocato un ruolo importante: a Teano non solo va attribuita almeno una parte delle «Arethusaschalen», abitualmente annesse alla ceramica di Cales, ma questo centro ha prodotto anche una serie di piccole patere con ombelico centrale conico circondato da un fregio a rilievo; la forma delle «Arethusaschalen» e la tecnica di queste piccole patere trovano paralleli in una coppa con anse a voluta e ombelico centrale conico decorata da una zona a rilievo e firmata da L. Canoleius Calenus.
Grazie all'eventuale presenza di iscrizioni e alla complessità delle sue raffigurazioni, la ceramica c. getta una luce interessante sulla società artigianale in Italia agli inizî dell'età ellenistica. Essa permette di individuare la coesistenza nelle officine, almeno per quel che riguarda le firme, di uomini liberi, di schiavi e forse di liberti (quest'ultimo è un punto controverso), e di porre in evidenza l'orgoglio di artigiani che hanno la cura di segnalare, a seconda dei casi, la propria nascita da uomini liberi da due generazioni, la località di origine, la loro mansione nel processo di produzione, il luogo di lavoro. Profondamente sentiti sono i legami tra una colonia come Cales e la sua metropoli, Roma: i nomi degli artigiani (fra i quali ricorre con una relativa insistenza il raro prenome Kaeso, senza dubbio in onore del principale fondatore della colonia, Kaeso Duillius), la menzione di un vicus Esquilinus a Cales, l'interesse verso Eracle, eroe oggetto di un culto privilegiato nelle colonie d'Italia, e perfino un medaglione rinvenuto a Cales raffigurante la lupa romana, tutto contribuisce a definire quello che potrebbe esser chiamato un artigianato «coloniale».
La cronologia della ceramica c. è certamente il campo in cui sarebbe più necessario compiere progressi. Il periodo 250-180 a.C., comunemente proposto a partire da R. Pagenstecher, resta in parte valido ma deve essere allargato fino agli inizî del III sec. a.C. (se non, per certi esemplari volterrani, alla fine del IV sec.). Questa ceramica potrà avere un miglior inquadramento cronologico solo attraverso uno studio più accurato delle sue associazioni nei corredi funerarî e nelle stratigrafie, dal momento che finora l'evoluzione stilistica risulta poco percettibile.
La diffusione oltremare interessa le regioni costiere della Gallia (Olbia, Marsiglia, Lattes, Montlaurès) e della Spagna (Ampurias, Bagur, la miniera Diógenes di Ciudad Real, La Alcudia de Elche, Cartagena), nonché Cartagine. Confermata dal rinvenimento di vasi c. in un relitto nelle acque della Sardegna, questa esportazione è limitata a quantità minime. L'interesse artistico, artigianale e anche storico della produzione non deve pertanto far parlare di processi «industriali», né far dimenticare il numero assai ristretto degli esemplari prodotti, almeno se si attribuisce al termine «ceramica c.» l'accezione restrittiva che sembrerebbe da preferirsi.
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(J. P. Morel)