Vedi CICLADICI, Vasi dell'anno: 1959 - 1994
CICLADICI, Vasi
Questa è la denominazione più usata, e certamente la più sicura e comprensiva, per designare i vasi prodotti nelle isole Cicladi, tanto nell'Età del Bronzo quanto nell'Età del Ferro. Per i vasi dell'Età del Bronzo v. cicladica, arte.
Le fabbriche di ceramiche dell'Età del Ferro furono variamente attive, dalla metà del X alla fine del VII sec. a. C., nelle diverse isole, e risentirono di differenti influenze a seconda dei rapporti con gli altri centri del continente greco, di Creta e della Ionia. Ne risulta una produzione che - pur mostrando caratteristiche comuni, tali da giustificare, almeno allo stadio presente degli studî, una comune denominazione - varia sensibilmente da isola a isola. Gli studiosi che si sono occupati di questa ceramica (H. Dragendorff, E. Pfuhl, Ch. Dugas, E. Buschor, H. Payne, Ch. Karousos, J. K. Brock, N. M. Kondoleon) hanno cercato di seguire queste differenze per giungere a identificare le diverse fabbriche locali. I gruppi che si possono ora definire con una certa sicurezza - ma non è escluso che essi potranno in seguito venir sottoposti a revisioni e modifiche - sono quattro, localizzabili nelle isole di Thera, Paro, Nasso e Milo.
Poiché la ceramica riflette fedelmente il corso del commercio e l'origine dei commercianti, ed è un indice preciso dei rapporti fra regione e regione, conviene osservare in quale area si sono rinvenuti i vasi c.: essa si estende a E fino a Cipro e alla costa orientale del Mediterraneo (Palestina, Siria, Cilicia) e a O fino alle colonie greche dell'Italia meridionale e della Sicilia. Si tratta però di uno o due esemplari per ogni luogo, di casi isolati quindi che non indicano una vera diffusione e un'esportazione su larga scala - come quella, ad esempio, dei vasi protocorinzî in Magna Grecia e Sicilia, o dei vasi attici a figure rosse in Etruria. I vasi c. furono utilizzati principalmente sul luogo dove furono prodotti, o al più portati da un'isola all'altra, e soprattutto alla Piccola Delo, l'isola sacra, centro religioso degli Ionî insulari, i cui santuari assorbirono gran parte della produzione dei centri vicini. A Delo appunto si sono rinvenuti in gran copia vasi c., come pure nell'isola vicina, Rhenea, o Grande Delo, nella quale - come dice Tucidide (i, 8; iii, 104) - fu portato il contenuto delle tombe di Delo al tempo della grande purificazione dell'isola ordinata dagli Ateniesi nel 426-425: una grande fossa, contenente ossa e frammenti di vasi, fu infatti rinvenuta alla fine del secolo (scavi Stavropulos, 1898-99) a piena conferma del racconto dello storico greco.
Protogeometrico. - È merito del Desborough aver cercato di stabilire i caratteri della prima produzione dell'Età del Ferro cicladica fiorita, contemporaneamente a quella attica e a quella degli altri centri del continente greco, nei secoli X-IX a. C. Per ora è nota soprattutto la ceramica protogeometrica delle Cicladi settentrionali (Andro, Tino, Delo, Rhenea), che rivela stretti legami con quella delle Sporadi (Skyros) e della Tessaglia. Le forme variano dalla brocca a bocca trilobata, all'anfora ad anse verticali, allo sköphos e alla coppa (che pare abbia avuto una notevole diffusione tanto che si sono trovati esemplari anche a Tarsos, in Cilicia e ad al-Mina, in Siria). La decorazione è limitata a uno o due motivi posti nella parte superiore del vaso: prevalgono i cerchi e i semicerchi concentrici, disegnati col compasso.
Geometrico e Orientalizzante. - Thera. La ceramica geometrica di Thera (750-650 circa a. C.) forma il gruppo c. più omogeneo e meglio definibile: gli esemplari sono stati rinvenuti quasi esclusivamente nelle necropoli dell'isola (vi sono inoltre pochi frammenti provenienti dall'acropoli di Atene e da Perachora): si tratta dunque di un'industria ripiegata su se stessa, che non lavorò che per l'uso locale. L'argilla di natura vulcanica, rosa mattone, piuttosto grossolana, in cui sono visibili piccole particelle bianche, è ricoperta uniformemente da un bagno d'argilla (ingubbiatura) giallo crema, di grana abbastanza grossa. Le forme sono poco variate: la più diffusa è l'anfora di grandi dimensioni, a collo più o meno alto, corpo ovoidale, anse in genere orizzontali impostate diritte sulla spalla, in alcuni casi verticali, aderenti al collo e variamente traforate: vi sono inoltre stàmnoi, pissidi e piatti. La decorazione, eseguita in vernice nero-bruna, ricopre interamente di motivi lineari il collo e la spalla, a contrasto con la parte inferiore del corpo, ornata soltanto da gruppi ampiamente spazieggiati di linee orizzontali: ne consegue un effetto di severa semplicità. Fra i motivi preferiti sono il meandro, la falsa spirale e lo zig-zag in fasce alternate, come ad esempio sull'anfora del Museo Naz. di Atene 824 b. A volte la monotonia di questa decorazione è interrotta da due o più larghi cerchi con un disegno iscritto (rosetta, stella, ruota), come su un'anfora di Copenaghen e su una della Collezione Nomikòs in Thera, oppure da una serie di uccelli dalle lunghe gambe, simili a gru, quali li troviamo su una bella anfora di Boston. Uno degli esempi migliori della classe è forse l'anfora della Bibliothèque Nationale di Parigi, dove all'eleganza delle proporzioni del corpo si unisce l'armoniosa disposizione dei motivi decorativi (il cerchio con rosetta, al centro della spalla, fra due riquadri recanti un uccello).
Paro. Si tratta di un gruppo di vasi classificati dapprima come beoti (H. Dragendorff, S. Wide), o euboici (E. Pfuhl, F. Poulsen), o in genere cicladici ("Linear Island Style" di H. Payne), che furono localizzati in Paro da E. Buschor (1929). L'argilla è rosa, ricca di mica come quasi tutte le argille cicladiche, ricoperta da un'ingubbiatura color crema più o meno consistente. La forma caratteristica è l'anfora ovoide su alto piede cilindrico, con largo collo diritto, anse orizzontali impostate a cestello stilla spalla. Nella fase più antica (ultimo venticinquennio dell'viii sec. a. C.) la decorazione partisce la zona della spalla in pannelli che sono riempiti da motivi geometrici: predominano i cerchi concentrici, come sull'anfora del Museo Naz. di Atene 895 e su quella di Baltimora; ben presto però si tenta di introdurre un motivo tratto dal mondo animale: ad esempio uno o più uccelli come sulle due anfore in Thera (Dragendorff, "böotische Amphoren", Nr. 6, 8), ancora disegnati secondo il gusto tardo-geometrico. Il nuovo soggetto decorativo appassiona i pittori di Paro. Si hanno così i più begli esemplari della serie in genere, ornati con un solo animale sulla spalla, di chiara ispirazione ionica (675-625 a. C.): l'anfora di Stoccolma, che conserva sul lato posteriore i cerchi, ma presenta sulla faccia principale, nel campo libero da riempitivi, una magnifica figura di cervo pascente, dal corpo dipinto a silhouette piena, la testa ed alcuni particolari disegnati a contorno, senza uso di incisione; i due esemplari di Leida e di Parigi (Bibliothèque Nationale), con figure di leone accosciato; la brocca del British Museum, dalla curiosa imboccatura a testa di grifo, insolita per forma e decorazione accessoria, ma vicina alle altre nello stile delle figure di animali che ornano i tre riquadri sulla spalla: un leone che azzanna un cerbiatto fra due stambecchi pascenti.
Nasso. Più variati dei precedenti nelle forme e più ricchi di motivi decorativi sono i vasi di Nasso. Essi rappresentano, insieme a quelli di Milo, l'aspetto più caratteristico di quello stile orientalizzante insulare, fiorito nelle Cicladi durante il sec. VII a. C., in seguito ai contatti con il vicino mondo orientale (Asia Minore, Siria, Palestina). Uno dei gruppi più antichi (primo venticinquennio del VII sec. a. C.) attribuiti a Nasso è quello delle "anfore araldiche", così dette dal motivo di animali rampanti in schema araldico che decora il collo. La forma è quella slanciata preferita nelle Cicladi, dall'alto collo cilindrico e dal corpo ovoidale allungato; l'argilla, rosa micacea, è tutta ricoperta da una spessa ingubbiatura gialla: uno degli esemplari più belli è l'anfora del Museo Naz. di Atene 11.708. A queste si ricollega il gruppo di anfore panciute, ad anse verticali, e di hydrìai, decorate di preferenza con una testa di animale (leone o cavallo) che occupa il riquadro centrale sulla spalla e, a volte, una zona del collo. Il pittore ha tracciato con mano sicura, a punta di pennello, il contorno del muso e certi particolari e riempito a larga pennellata le parti che intende presentare piene. Ricchi e disposti con gusto sono i motivi di riempitivo, soprattutto di origine vegetale (ampie palmette, fiori, stelle) ravvivati dalla policromia (bianco e rosso porpora). Con l'introduzione della figura umana, nel secondo ventinquennio del VII sec. a. C., la tecnica a contorno raggiunge il suo pieno sviluppo: fra gli esemplari migliori sono l'anfora rinvenuta a Nasso, attribuita alla classe da Ch. Karousos, che ci offre una delle più antiche rappresentazioni dello sposalizio di Afrodite ed Ares, e l'anfora del museo di Mikonos, con cavalli e sfingi affrontate sul corpo, e sul collo, da un lato una divinità femminile che solleva per le zampe due leoni ("πότνια ϑηρῶν" o "signora delle belve"), e dall'altro una figura femminile che consegna le armi ad un guerriero, forse Tetide e Achille.
Milo. La piena fioritura dell'orientalizzante cicladico, con tutta la sua esuberanza decorativa, si ha con i vasi melici (o delico-melici) - cioè fabbricati probabilmente in Milo, ma rinvenuti per la maggior parte oltre che a Milo, a Delo e a Rhenea - che continuano, durante la seconda metà del VII sec. a. C., la tradizione nassia. Lo stile è illustrato soprattutto dalle grandi anfore funerarie a corpo ovoide, largo collo cilindrico, alta base tronco-conica e doppie anse orizzontali, sotto le quali sono spesso disegnati due grandi occhi, probabile stilizzazione della maschera gorgonica con funzione apotropaica. L'argilla è rosa micacea, ricoperta da una pallida ingubbiatura giallina; la tecnica del contorno è usata per la figura umana; a tinta bruna sono dipinti i corpi degli uomini, a tinta bianca quelli delle donne. La decorazione figurata è disposta in un riquadro metopale sul collo e in un fregio che occupa tutto il corpo del vaso. Il motivo fondamentale della decorazione accessoria è la grande spirale che forma le combinazioni più svariate, mentre il ricco ornamento di riempitivo (rosette, svastiche, fiori stilizzati) copre ogni centimetro del fondo tra le figure. Le scene figurate sono di preferenza riunioni funebri, contese per le armi dei morto, processioni di carri. Compaiono anche le scene mitologiche : notevole è l'anfora del Museo Naz. di Atene, con l'incontro di Apollo e Artemide nell'isola di Delo (650 a. C.). Per risolvere il problema della rappresentazione del tiro a quattro cavalli alati del cocchio di Apollo, il pittore ha dipinto a silhouette piena il corpo dell'animale che si trova in primo piano e si è limitato a suggerire la presenza degli altri tre per mezzo di una duplice e triplice linea che segue il contorno del corpo del primo; le quattro teste sono invece disegnate separatamente e disposte l'una presso l'altra in ordine geometrico. La figura di Artemide che solleva per le corna un cerbiatto è una variante del tipo della "signora delle belve". Più recente (620 circa a. C.) è l'anfora del Museo Naz. di Atene con Eracle e Deianira su cocchio tirato da cavalli alati. Mentre il gusto della decorazione nell'insieme (serie di grandi spirali, abbondanza di riempitivo, ecc.) è ancora orientalizzante, lo stile delle figure risente già dell'influenza della ceramica corinzia e protoattica della fine del VII sec. a. C. I dettagli del nudo (mani, profili) sono resi con maggior aderenza alla realtà; i movimenti sono più variati e liberi; quanto alla rappresentazione delle teste dei cavalli in secondo piano, il pittore le ha disegnate in modo da dar l'impressione della diversità fortuita dei movimenti.
L'ultimo venticinquennio del VII sec. a. C. vede il declino delle fabbriche meliche, le uniche forse rimaste attive nelle Cicladi fino a quest'epoca; la ceramica corinzia e, più tardi, quella attica prendono intanto il sopravvento sul mercato di Delo e degli altri centri insulari. Agli inizi del VI sec. a. C. i vasi c. sono completamente scomparsi.
Principali rinvenimenti. Grecia: Delo, Rhenea, Paro, Milo, Nasso, Sifno, Thera, Kimolos, Andro, Tino, Keos, Amorgo, los, Syros, Cipro, Egina, Eretria. Oriente: al-Mina, Tarso. Occidente: Cuma, Gela, Megara Hyblaea, Siracusa, Selinunte, Milazzo.
Principali collezioni di vasi c.: Grecia: Delo, Mikonos, Thera, Paro, Nasso, Milo, Syros, Tino, Andro, Kimolos, Atene (Museo Nazionale); altri paesi europei: Roma (Musei Vaticani), Napoli, Siracusa, Palermo, Monaco, Berlino, Würzburg, Heidelberg, Mosca, Copenaghen, L'Aia, Leida, Stoccolma, Parigi (Bibliothèque Nationale, Louvre), Sèvres, Londra (British Museum); Stati Uniti d'America: Boston, Baltimora, New York (Metropolitan Museum).
Bibl.: Dati di scavo riguardanti la "fossa della purificazione" di Rhenea: K. A. Romeos, ῾Η κάϑαρσις τῆς Δήλου καὶ τὸ εὔρημα τοῦ Σταυροπούλου, in ᾿Αρχ. Δελτ., XII, 1929, p. 181 ss. Vasi rinvenuti a Delo e a Rhenea: Fouilles de Délos, X, Les Vases de l'Héraion, Parigi 1928; XV, Les Vases Préhélleniques et Géometriques, Parigi 1934; XVII, Les Vases Orientalisants de Style non mélien, Parigi 1935.
Protogeometrico: C. Albizzati, Vasi antichi dipinti del Vaticano, Roma 1925-39, pp. 1-2, tav. I, 1-4 (vasi di Tino); D. Levi, La Necropoli di Kardiani a Tinos, in Annuario Atene, VIII-X, 1925-26, p. 203 ss.; E. Kunze, Eine Protogeometrische Amphora aus Melos, in Österr. Jahresh., XXXIX, 1952, p. 53; V. R. d'A. Desborough, Protogeometric Pottery, Oxford 1952, pp. 126 ss., 212 ss., 291 ss.; M. A. Hanfmann, On Some Eastern Greek Vases Found at Tarsus, in The Aegean and the near East, St. presen. to H. Goldman, New York 1956, p. 173 ss.; F. Cassola, La Ionia nel mondo miceneo, Napoli 1957, p. 136 ss.
Geometrico e Orientalizzante: A. Conze, Melische Thongefässe, Lipsia 1862 (ceramica di Milo); S. Wide, Altgriechische Vase im Nationalmuseum zu Stockolm, in Jahrbuch, XII, 1897, p. 195 ss. (anfora paria con cervo); Geometrische aus Griechenland, in Jahrbuch, XIV, 1899, p. 28 ss. (ceramiche di Thera e Milo), p. 78 ss. (gruppo "beota", cioè pario); J. H. Hopkinson - J. Baker-Penyore, New Evidence on the Melian Amphora, in Journ. Hell. Stud., XXII, 1902, p. 46 ss. (ceramica di Milo); E. Pfuhl, Der archaische Friedhof am Stadtberge von Thera, in Ath. Mitt., XXVIII, 1903, p. 96 ss. (elenco vasi di Thera), p. 183 ss. (gruppo "euboico", cioè pario); H. Dragendorff, Thera, II, Berlino 1903, p. 134 ss. (gruppo "euboico", cioè pario); H. Dragendorff, Thera, II, Berlino 1903, p. 134 ss. (gruppo "euboico", cioè pario); H. Dragendorff, Thera, II, Berlino 1903, p. 134 ss. (elenco vasi di Thera), p. 198 ss. (gruppo "beota", cioè pario); F. Poulsen, Fragment d'un grand Vase Funéraire découvert à Délos, in Mon. Piot, XVI, 1909, p. 25 ss. (frammento nassio da Delo); F. Poulsen - Ch. Dugas, Vases archaïques de Délos, in Bull. Corr. Hell., XXV, 1911, p. 350 (vasi c. da Delo); L. D. Caskey, Two Geometric Amphorae from Thera, in Am. Journ. Arch., XVIII, 1914, p. 297 ss. (due anfore di Thera al museo di Boston); Th. Sauciuc, Andros, Vienna 1914, passim; B. Schweitzer, in Ath. Mitt., XLIII, 1918, p. 39 ss. (geometrico c.); E. Pfuhl, Mal. u. Zeich., Monaco 1923, p. 84 ss., 130 ss. (geometrico e orientalizzante c. con bibliografia precedente); Ch. Dugas, La Céramique des Cyclades, Bibliothèque des Écoles Françaises d'Athènes et de Rome, 129, Parigi 1925 (ceramica c. dell'Età del Bronzo e dell'Età del Ferro: su quest'ultima v. p. 107 ss.); E. Buschor, Kykladisches, in Ath. Mitt., LIV, 1929, p. 124 (gruppi di Paro e di Nasso); H. Payne, Cycladic Vase-Painting of the Seventh Century, in Journ. Hell. Stud., XLVI, 1926, p. 203 ss. (critica alla classificazione del Dugas); Ch. Karousos, Eine naxische Amphora des früheren siebenten Jahrhunderts, in Jahrbuch, LII, 1937, p. 166 ss. (anfora con Afrodite ed Ares, e gruppo di Nasso); N. Kondoleon, Γεωμετρικὸς ᾿Αμϕορεὺς ἐκ Νάξου, in ᾿Αρχ. ᾿Εϕνμ., 1945-47, p. i ss. (geometrico di Nasso e revisione geometrico c.); J. K. Brock, Excavations in Siphnos, in Ann. Brit. Sch. Athens, XLIV, 1949, p. 33 ss., 74 ss. (rinvenimenti di Sifno e cronologia ceramica c.); F. Matz, Geschichte der griechischen Kunst, I, Francoforte sul Meno 1950, pp. 69 ss., 261 ss.; Ch. Mustakas, Kimolos, in Ath. Mitt., LXIX-LXX, 1954-55, p. 153 ss. (vasi in Kimolos attribuibili al gruppo di Sifno di Buschor); D. Kent Hill, in Am. Journ. Arch., LX, 1956, p. 40 ss. (anfora paria in Baltimora).
Diffusione. Oriente: M. Robertson, Excavations at Al Mina, IV, The Early Greek Vases, in Journ. Hell. Stud., LX, 1940, p. 2 ss.; M. A. Hanfmann, v. sopra bibliogr. protogeometrico; T. J. Dunbabin, The Greeks and their Eastern Neighbours, in Journ. Hell. Stud., Suppl. 8, Londra 1957, passim. Occidente: Mon. Ant. Lincei, XXII, 1913, col. 272 (Cuma); A. Blakeway, Prolegomena to the Study of Greek Commerce with Italy, Sicily and France in the Eighth and Seventh Centuries B.C., in Ann. Brit. Sch. Athens, XXXIII, 1932-33, p. 170 ss.; T. J. Dunbabin, The Western Greeks, Oxford 1948, passim; G. Vallet, Rhegion et Zancle, Bibliothèque des Écoles Françaises d'Athèenes et de Rome, 189, Parigi 1958, p. 33 ss. Sicilia: Mon. Ant. Lincei, XVII, 1906, col. 148, fig. 111 (Gela); XXXII, 1927, tavv. 79-81 (Selinunte); F. Villard - F. Vallet, in Bull. Corr. Hell., LXXVI, 1952, pp. 331, 333, 340, n. 1 (Siracusa, Megara Hyblaea); Mélanges École Franåaise de Rome, LXVIII, 1956, p. 18 s. (Megara Hyblaea); Bull. Corr. Hell., LXXXII, 1958, p. 21 (framm. "melio" da Selinunte); L. Bernabò Brea, in Ampurias, XV-XVI, 1953-54, p. 204 (Milazzo).