Vedi CORINZI, Vasi dell'anno: 1959 - 1994
CORINZI, Vasi
L'aggettivo c. dovrebbe indicare tutta l'industria ceramica di Corinto (Grecia), dall'inizio di una produzione locale alla fine di questa produzione, ma generalmente è usato in significato più ristretto per la ceramica di Corinto a partire dagli ultimi decennî del VII sec. a. C. È in questo significato che viene usato qui (per la ceramica anteriore v. protocorinzi, vasi). L'attribuzione di questa ceramica a Corinto è resa sicura dall'uso dell'alfabeto corinzio nelle iscrizioni e dallo scavo del quartiere ceramico della città. Lo stile di questi vasi è caratteristico e ben distinto da quello delle altre fabbriche contemporanee, greche e non greche.
I vasi c. ereditarono dal Protocorinzio (v.) l'argilla chiarissima, fine e liscia, l'ottima cottura; la doppia tecnica della linea di contorno e delle figure nere (cioè la silhouette con particolari interni incisi e parziali sopradipinture in rosso e bianco). La silhouette semplice continuò nei vasi geometrizzanti e in quelli rozzi e trascurati, come la pisside firmata da Chares. Cessò invece l'elaborata policromia del Protocorinzio Tardo. Quando la policromia riapparirà, nel secondo venticinquennio del VI sec. avrà tutt'altro carattere. Dal Protocorinzio i vasi c. ereditarono anche i motivi decorativi, cioè il fregio orientalizzante di animali disposti in fila e collegati da motivi di riempimento e, meno frequente, la scena narrativa.
Se per la tecnica la produzione corinzia è all'altezza di quella protocorinzia, il livello artistico è invece assai inferiore. La maggioranza dei vasi c., specialmente degli alàbastra e degli arỳballoi, non ha valore artistico. Si lavorò rapidamente per soddisfare la richiesta dei mercati greci e stranieri; l'esecuzione è spesso frettolosa, meccanica, così trascurata da render talvolta impossibile una datazione. Sono rari i vasi che è possibile assegnare ad una stessa bottega, o ad una stessa mano; rarissimi i pittori di cui si può seguire lo svolgimento. In generale è possibile attribuire ad una stessa mano solo pochi vasi contemporanei fra loro. Le attribuzioni stesse sono spesso discutibili. Sono eccezionali i vasi firmati (v. chares; echekles; timonidas); le fonti scritte ci hanno tramandato il nome di un ceramografo (v. therikles). I recenti tentativi di ampliare i raggruppamenti stilistici fatti dal Payne e di definire meglio le singole figure di pittori non convincono molto. Questi scarsi risultati sono dovuti in parte alla vasta diffusione dei vasi c., la quale rende difficili gli accostamenti e i confronti: per es., i vasi del Pittore della Sfinge (v.) sono stati trovati a Corinto, Perachora, Egìna, Cartagine, Gela, Megara Hyblaea, Caere; quelli del Pittore di Palermo 489 (v.) e del Pittore del Delfino (v.), suoi contemporanei e forse compagni di bottega, hanno avuto una diffusione almeno altrettanto vasta. Ma la causa principale è dovuta alla scarsa individualità dei pittori, al carattere strettamente artigiano della loro produzione (specialmente dei vasi con fregio orientalizzante), alla difficoltà di definire se certi manierismi (per i vasi c. si deve parlare di manierismi più che di differenze di stile) sono caratteristici di un pittore, o di una bottega. I vasi c., specialmente quelli con fregio orientalizzante, sono strettamente legati a schemi fissi che contribuirono a soffocare l'iniziativa individuale, ma al tempo stesso dettero un'impronta inconfondibile alla produzione. È evidente tuttavia che questa solo eccezionalmente supera il livello di un buon artigianato.
Diffusione. - I vasi c. sono stati trovati in tutto il bacino del Mediterraneo (Grecia e isole; Asia Minore; Siria; Egitto; Africa settentrionale; occasionalmente anche sulle coste della Francia e della Spagna e nell'Europa centrale; in Italia sono frequentissimi nella Magna Grecia, in Sicilia e in tutto il versante tirrenico; sono rari nel versante adriatico). I tipi più esportati e popolari furono gli arỳballoi e gli alàbastra. Nel primo venticinquennio del VI sec. a. C. incominciò la concorrenza dei vasi attici. Alla fine del secondo venticinquennio la produzione attica aveva quasi completamente sostituito quella corinzia. Tuttavia vasi c., specialmente pyxides, arỳballoi e alàbastra, continuarono ad essere esportati in Sicilia e soprattutto in Beozia nel terzo venticinquennio del VI sec. e, in numero limitato, anche alla fine del VI e nel V sec. a. C.
Cronologia. - La bassa qualità di gran parte dei vasi c. e il loro numero considerevole ne hanno a lungo ostacolato lo studio e ne rendono discussa la datazione. Il Johansen ha per primo separato i vasi c. dai protocorinzi (che localizza a Sicione). È merito del Payne l'aver dimostrato che Protocorinzio e Corinzio sono due fasi successive della produzione ceramica di Corinto e l'avere stabilito lo sviluppo di questo stile, dandone una cronologia relativa che, per quanto criticata, sussiste ancora con poche modificazioni. Più discussa è la sua cronologia assoluta: Transizione dal Protocorinzio al Corinzio, circa 640-625 a. C.; Corinzio Arcaico, circa 625-600 a. C.; Corinzio Medio, circa 600-575 a. C.; Corinzio Tardo I, circa 575-550 a. C.; Corinzio Tardo II, detto ora Convenzionale, dopo il 550 a. C. Queste date, un poco modificate dallo Hopper (periodo di Transizione dal 630 al 620-615 a. C.; Corinzio Arcaico dal 620-615 al 590 a. C.), sono accettate da buona parte degli studiosi e sono seguite qui. La suddivisione del Corinzio Tardo, data dal Benson, in Corinzio Tardo di Transizione (circa 580-570 a. C.) e Maturo (circa 570-550 a. C.) non cambia le datazioni del Payne. Modificazioni più profonde furono sostenute dal Kübler in base allo sviluppo della ceramica protoattica (v.) e alla cronologia da lui proposta per alcune tombe nel cimitero del Ceramico ad Atene (Transizione dal Protocorinzio, 625-610 a. C.; Corinzio Arcaico, 610-580 a. C.; Corinzio Medio, 580-550 a. C.; Corinzio Tardo, dopo il 550 a. C.) non hanno avuto per ora una dimostrazione sufficiente, ma sono accettate da alcuni studiosi.
Transizione dal Protocorinzio al Corinzio (da circa 630 al 620-615 a. C.). - Le forme e la decorazione del Protocorinzio Tardo subirono graduali, ma rapide trasformazioni. Si nota la tendenza ad aumentare le dimensioni dei vasi e a dare maggiore corporeità agli animali del fregio orientalizzante. Sono ancora frequenti l'òlpe e l'arỳballos a punta; incominciano rari esempi di alàbastra. La decorazione si ispira quasi unicamente al fregio di animali protocorinzio, ma, accanto alla composizione a zone orizzonuli separate da linee, si comincia a trovare animali disposti in gruppo araldico (v. pittori degli aryballoi tebani; del delfino; di palermo 489; del serpente; della sfinge; della sfinge a due corpi). Un'òlpe del museo di Perugia (n. 196) ha una povertà di motivi (quasi unicamente un leone ed un toro alternati), che mostra la decadenza del fregio pro tocorinzio. La tendenza alla corporeità si rivela anche nel nuovo motivo di riempimento, la rosetta piena (cioè macchie di vernice nera con particolari incisi), di origine assira, molto più pesante e voluminosa della rosetta protocorinzia a cerchi di punti o ad anello intorno ad un punto centrale. Quest'ultima, però, continuò eccezionalmente fino al Corinzio Tardo (v. l'arỳballos del Louvre, Corpus Vasor. Antiq., iii Ca, tav. i, 10, e il pittore del fregio di guerrieri). In alcuni pittori (v. pittori della sfinge; del delfino) si può seguire il graduale sviluppo e il passaggio dal Protocorinzio al Corinzio. La maggiore corporeità nel disegno degli animali è stata collegata da alcuni studiosi con il sorgere della scultura monumentale. Il Pittore della Sfinge (v.) è tra i più notevoli e influenti di questo periodo. Ha contatti con i ceramografi del Protocorinzio Tardo e con la maggior parte di quelli della Transizione (v. pittori di palermo 489; delle anatre; di vaticano 73; delle olpai di firenze), ha influito sui più giovani (v. pittori del delfino; di achradina). I rapporti fra questi ceramografi sono stretti e, in conseguenza, sono discusse le attribuzioni a ciascun pittore.
Corinzio Arcaico (da circa 620-615 al 595-590 a. C.). - È un periodo di grande fioritura, testimoniata anche dall'attività edilizia nel quartiere del Ceramico a Corinto. Le forme più comuni sono l'alàbastron, che è la forma tipica di questo periodo e raggiunge oltre cm 34 di altezza, e l'arỳballos a corpo sferico, privo di base. Nuove forme sono il kòthon, il tripode, la tazza a due anse, il piatto, l'oinochòe a bocca tonda, il cratere a colonnette. È incerto se quest'ultimo sia un'invenzione dei ceramisti corinzi o se sia stato introdotto dall'Attica. Nella decorazione prevale il fregio di animali, spesso alternati a dèmoni, guerrieri, carri, cavalieri, ecc. Le scene a soggetto sicuramente mitologico sono rare; solo in pochi casi le iscrizioni mostrano che una scena generica (lotte, cavalieri, ecc.) rappresenta eroi del mito greco. Gli animali derivano da quelli del periodo di transizione, ma nuovi esseri favolosi e fantastici arricchiscono il fregio: l'ispirazione viene soprattutto dall'Assiria. In alcuni pittori (v. pittori dei galli; di louvre a 454; di vulci) la dipendenza dai pittori della Transizione è evidente, ma gli animali sono più vigorosi, si muovono in zone più alte e spesso occupano tutta l'altezza del vaso. La composizione è più complessa: si prediligono i raggruppamenti simmetrici di tre figure in schema araldico (due animali opposti, separati da un animale più piccolo, o da un essere mitico). La rosetta piena riempie gli spazi vuoti, si insinua tra le figure, prende forme irregolari; talvolta il riempimento è così fitto da annullare quasi il motivo figurato (v. pittori dei cigni; di louvre a 454) come vediamo su un gruppo di alàbastra e arỳballoi dello "Stile dei Punti Bianchi" (White-dot Style), fra i quali sono notevoli quelli che il Benson riunisce nel Gruppo di Delo. Il Gruppo del Leone (v. pittore dei leoni araldici) evita invece l'affollarsi di riempitivi. In alcuni vasi, anzi, i motivi di riempimento sono aboliti e le figure hanno forte risalto sul fondo chiaro e unito. Un soggetto caratteristico, non limitato ad un pittore o ad una bottega, è quello dei danzatori panciuti, o comasti (Padded Dancers; Dickbauchtänzer), strane figure di danzatori in corta tunica aderente, con ventre rigonfio, la cui natura è discussa. Appaiono la prima volta, eccezionalmente, su una koiỳle da Egìna (Kraiker, n. 423) del periodo di Transizione; continuano nel Corinzio Medio e, isolatamente, nel Tardo. Il motivo fu imitato in Beozia, in Laconia, in Attica. Accanto ai vasi con fregio di animali, o con soggetto narrativo, continuano, e continueranno nel Corinzio Tardo, quelli con motivi del Protocorinzio Geometrico, o decorati a liste e punti: sono in generale piccoli alàbastra e arỳballoi. La tecnica del Corinzio Arcaico è quella a figure nere. La linea di contorno è rara e quasi unicamente usata per i gorgonèia (v. pittori del gorgoneion; di vulci) e per alcune teste femminili, come su un arỳballos di Corinto (CP 2038), dove si è voluto riconoscere la contesa fra Atena e Aracne. La troviamo estesa anche ai cani e alle klìnai sul cratere del Louvre E 635, detto di Eurythios dalla scena sulla faccia principale, il banchetto di Eracle in casa di Eurythios. Il disegno accurato e sicuro, l'abile alternarsi delle ampie superfici nere e rosse e del fondo pallido dell'argilla, la composizione chiara e grandiosa che concentra l'attenzione sui tre protagonisti, Iole, Eracle e Iphitos fanno di questo cratere uno dei più bei pezzi, forse il capolavoro, della ceramica corinzia. L'alta qualità e la mancanza di confronti ne hanno resa discussa la datazione. Il Payne e i suoi seguaci si basano sul disegno arcaico delle figure e degli animali, sul colore chiaro del fondo e la forma del cratere per datarlo alla fine del Corinzio Arcaico. Altri studiosi lo giudicano molto evoluto e lo pongono alla fine della produzione corinzia, dopo il 550 a. C. A favore di una datazione al 6oo-595 a. C. si possono aggiungere anche la rigida immobilità delle figure, la tecnica a figure nere qui in piena fioritura, la linea di contorno limitata a quanto si usava nel Protocorinzio, l'assenza di ritocchi bianchi: questi caratteri sarebbero inconcepibili alla fine del Corinzio Tardo.
Corinzio Medio (da circa 595-590 al 575 a. C.). - I limiti con il Corinzio Arcaico e con il Corinzio Tardo sono incerti, perché le correnti stilistiche del Corinzio Medio hanno precedenti nel Corinzio Arcaico, o continuano nel Corinzio Tardo. Da questo dipendono le oscillazioni nella datazione dei singoli pittori. Nuove forme incominciano in questo periodo: l'arỳballos a corpo sferico e larga base; la pyxis a lati convessi priva di anse, o con anse ad anello, o con protomi femminili; la pyxis a piede; l'amphorìskos. I vasi decorati con animali orientalizzanti si raggruppano in alcune correnti stilistiche. La prima in ordine cronologico, e la più importante, è quella detta dello "Stile Pesante" (Heavy Style) per i suoi animali massicci, monumentali, talvolta enfatici. Continua la migliore tradizione del Corinzio Arcaico. Appartengono a questa corrente i Pittori di Erlenmeyer (v.) di Louvre E 574 (v.), di Louvre E 565 (v.), dei Leoni Rodî (v.), della Pantera (v.) e, in generale, i tardi vasi del "Gruppo del Leone". Fra i migliori esempî è un grande arỳballos a corpo sferico e larga base, in una collezione privata a Basilea, con una sfinge alata e barbata fra due aquile in volo. Il contrasto fra le superfici nere e rosse e il fondo chiaro e privo di riempitivi, la sicurezza e forza del disegno ne fanno un pezzo notevole. Uno dei più brillanti rappresentanti di questo stile è il Pittore della Chimera (v.): i grandi piatti dipinti da lui e dal suo gruppo hanno già, però, quell'enfasi che rende spesso sgraditi i tardi rappresentanti dello "Stile Pesante". Più rozzi e mediocri sono il Pittore delle Squame (v.) e i mediocrissimi pittori che gli sono vicini: il Gruppo di Louvre E 627, il Pittore del Fregio di Guerrieri (v.) e il Pittore delle Pyxides con ansa ad anello (v.). Una corrente decorativa opposta, forse reazione allo "Stile Pesante", è quella detta dello "Stile Delicato" (Delicate Style). Caratteristico di questa corrente è il Gruppo delle Sfingi Hearst, che ha dipinto varie pyxides con anse a protome femminile. Su queste pyxides gli esseri favolosi e gli animali sono snelli e allungati, con lunghe zampe sottili e code sinuose; sono allineati in atteggiamento grazioso ed elegante, ma anche manierato, monotono ed eccessivamente simmetrico. Tuttavia il disegno chiaro ed esatto, la linea facile, il riempimento moderato a rosette e punti, rendono queste pyxides assai piacevoli. Appartengono allo "Stile Delicato" anche tazze, kotỳlai, crateri, sui quali sono aboliti i motivi di riempimento. Lo "Stile Delicato" continuò, più povero di ispirazione e più manierato, nel Corinzio Tardo. Indipendente da ambedue le correnti è il Pittore di Dodwell (v.), uno dei più notevoli ceramografi del Corinzio Medio. Influenzati da lui, ma qualitativamente inferiori, sono i Pittori di Boston 471 (v.), delle Protomi di Berlino (v.), delle Sfingi Angolose (v.), il Gruppo Kalinderu e tre pittori più giovani, attivi nel 580-570 a. C., i Pittori di Atene 931 (v.), di Geledakis (v.), di Ampersand (v.). Man mano che l'influenza del maestro diminuisce, i lavori della sua scuola divengono più scialbi e si avvicinano allo "Stile Delicato". I vasi con scene narrative sono quasi sempre superiori per qualità a quelli con motivi orientalizzanti. I temi preferiti furono cacce e battaglie (v. pittori della caccia al cinghiale; delle scene di battaglia), la partenza per la guerra, le imprese di Eracle, i banchetti. Hanno scene narrative, oltre i grandi vasi, le kotỳlai e le tazze, eccezionalmente anche alcuni arỳballoi e la bottiglia firmata da Timonidas (v.). La tecnica usata è, in generale, quella a figure nere, ma le teste femminili e i gorgonèia sulle anse degli arỳballoi e nei tondi interni delle tazze sono a linea di contorno e spesso di mano diversa da quella che ha dipinto la scena narrativa. La composizione è buona e vivace, spesso con accenni naturalistici o umoristici. Notevole è un arỳballos di una collezione privata a Basilea con un uomo legato. Due kotỳlai con imprese di Eracle (Louvre MNC 677 e una da Argo) sono dovute ad una stessa mano. Eccezionale per la qualità, il soggetto - una gara di danza - e il largo uso della linea di contorno è un arỳballos a corpo sferico, trovato a Corinto. Forma e decorazione lo datano al Corinzio Medio; per lo stile è vicino al vaso a bottiglia con l'agguato a Troilo, firmato da Timonidas (v.), di cui è contemporaneo. Sui grandi vasi è più esteso l'uso della linea di contorno e del bianco steso direttamente sull'argilla, secondo la tecnica caratteristica dei pittori corinzi, imitata fra il 58o e il 560 dai pittori attici. I pittori di grandi vasi (v. pittori delle tre fanciulle; delle scene di banchetto; delle scene di battaglia) non superano in generale la mediocrità.
Corinzio Tardo (dal 575 al 550-540 a. C.). - Il gruppo che, nel 580-570, lavorò intorno al Pittore di Samo (v.) continuò la tradizione dello "Stile Delicato" e dipinse vasi piacevoli e di effetto, ma altri pittori di vasi con motivi orientalizzanti sono assai più mediocri (v. pittori dei fiori di loto in croce; dell'erzegovina; del fregio di uccelli; delle sirene con barba a punta; dei leoni alati). Gli animali sono eccessivamente esili, privi di individualità. Scadente è anche la pyxis con eroi omerici, firmata da Chares. I motivi orientalizzanti tendono ad esser sostituiti da quelli lineari e floreali, i quali annunziano lo "Stile Bianco" che dominerà nel Corinzio Convenzionale. Maggior sviluppo e importanza hanno i vasi con scene narrative. La concorrenza dell'Attica spinse i ceramografi a imitarne il color rosso dell'argilla per mezzo di un'ingubbiatura rosso-arancio. Adottarono anche una vistosa policromia (nero, rosso-paonazzo, bianco, eccezionalmente il giallo). Il bianco è il colore dominante e fu usato non solo per le carni femminili, ma per gli uomini, le sirene, le sfingi, i motivi floreali. Il miglior pittore di questo periodo è il Pittore di Anfiarao (v.). Il Pittore di Damos (v.) ne segue la tradizione. Inferiori, più freddi, spesso sgraditi per l'eccessiva policromia e per i monotoni contrasti di colori sono i Pittori di Andromeda (v.), del Cratere di Ippolito (v.), dei Danzatori di Bruxelles (v.), della Gorgone Grassa (v.), di Tideo (v.). L'imitazione attica assunse un carattere insolito in tre crateri attribuibili ad una stessa mano: due (a Firenze e a Lipsia) furono avvicinati dal Payne; un terzo, frammentario, è al Louvre. In questi il pittore ha inserito fra la scena narrativa e la zona di animali una zona di palmette e fiori di loto intrecciati, che non esiste su altri crateri e che imita la decorazione dei dìnoi e delle anfore attiche della prima metà del VI sec. a. C. Un cratere in collezione privata (circa 56o a. C.) rimane isolato per l'alta qualità e l'inconsueto soggetto (v. Tav. a colori).
Corinzio Convenzionale. - Il Payne ha riconosciuto per primo i caratteri della produzione corinzia a partire dal 550 circa. Salvo rare eccezioni, il fregio di animali scompare. Il fondo chiaro del vaso è l'elemento dominante. La decorazione è prevalentemente geometrica (meandri, punti, zigzag, separati da linee e liste nere e rosse), o floreale (palmette, bocci di loto, edera, ecc.): è il cosiddetto "Stile Bianco" (White Style). Nel corso del V sec. a. C. si tende a coprire uniformemente il vaso di vernice nera, oppure si hanno vasi grezzi, privi di decorazione. In questo secolo abbiamo un nome di ceramografo, Echekles (v.). La cessata produzione di vasi a decorazione figurata e la cessata esportazione in seguito alla concorrenza attica, a partire dal 550 ca., possono far supporre una decadenza dell'industria ceramica di Corinto. Gli scavi nel Ceramico hanno mostrato che le fabbriche non solo continuarono ad esistere, ma furono fiorenti fino alla distruzione, nel terzo venticinquennio del IV sec. a. C. I ceramografi lavorarono per il consumo locale nello stile Convenzionale, imitarono anche i vasi attici a figure rosse e fabbricarono vasi in miniatura per uso votivo. Volsero anche la loro attività ad altri campi, alle terrecotte architettoniche, ai vasi a rilievo imitanti quelli in metallo, alle figurine e scudi votivi. Pìnakes in terracotta dipinti, come quelli trovati a Penteskouphia, furono dipinti nel Ceramico di Corinto, come mostrano una ventina di pìnakes simili, frammentari, trovati nello scavo; fra questi è uno con Eracle e l'Idra. Si dipinsero are in terracotta (v. pittore degli altari di corinto), da cui forse dipendono quelle trovate in Sicilia.
Vasi a rilievi. - Vasi a decorazione impressa, ottenuta con matrici a placca e a cilindro, furono fabbricati a Corinto fino dalla metà del VII sec. a. C. e forse prima. È stato supposto che questa tecnica decorativa si sia sviluppata sotto l'influsso dei vasi a rilievo cretesi, ma già alla metà del VII sec. la decorazione ha carattere nettamente corinzio e si separa da quella degli altri centri che furon sede di un'industria simile, Creta, Beozia, Rodi, ecc. Da Corinto dipendono i vasi a rilievo della Sicilia e, almeno in parte, il bucchero etrusco, specialmente il cosiddetto "bucchero rosso". Nel tardo VI e nel V sec. a. C. furono imitati vasi e lebeti in metallo. Nel IV sec. a. C. i vasi furono decorati con appliques, cioè con teste e scene in rilievo, lavorate a parte e applicate sul vaso. Si è pensato che i vasi del ceramografo Therikles (v.), ricordato da Ateneo, fossero di questo tipo.
Vasi plastici. - La produzione è più abbondante che nel periodo protocorinzio, ma è inferiore per qualità. Vi è un pezzo notevole, il comasta che regge un cratere, al Louvre: la decorazione dipinta sul cratere lo data al primo venticinquennio del VI sec. a. C.
Imitazioni. - Il favore goduto dai vasi c. favorì il sorgere di imitazioni locali più o meno vicine ai prototipi. Spesso queste imitazioni hanno l'argilla meno chiara e disegno più scadente; l'incisione e i ritocchi rossi o bianchi non seguono la tradizione delle botteghe corinzie. Ma alcune sono così vicine ai modelli da lasciare incerti. Anche in questo campo il Payne ha il merito di aver definitivamente segnalato molte imitazioni. In Grecia, l'Attica e la Beozia sono le due regioni in cui l'influsso corinzio fu più profondo. Nell'ultimo venticinquennio del VII sec. un ceramografo corinzio, allievo del Pittore della Sfinge, lavorò ad Atene. Influsso corinzio si nota nel Pittore di Nesso e nei suoi contemporanei, ma gli elementi di imitazione corinzia sono secondarî: il carattere attico della produzione non lascia dubbi. L'influenza di Corinto è forte ad Atene nella prima metà del VI sec. nei vasi con comasti, nei vasi con fregio di animali impropriamente detti "attico-corinzi", nel Pittore C. Alcuni pittori, fra i quali Sophilos e Klitias, adottarono l'uso corinzio di stendere il bianco direttamente sull'argilla. In Beozia l'imitazione è più stretta: talvolta è difficile riconoscere se un vaso è, o no, una imitazione locale. In altre località le imitazioni sono in numero più limitato. Sarebbero imitazioni locali alcuni vasi da Egina (Kraiker 484, 486-96), e da Andros. Arỳballoi ed alàbastra, in parte riuniti dal Payne, provenienti da Rodi, da Naukratis, da Delo, dal Peloponneso, dall'Attica, imitano le forme corinzie. Una tazza laconica a Heidelberg (n. 30) risente l'influenza del Pittore della Chimera. I più antichi vasi calcidesi (v.) sono influenzati da Corinto. Nella Magna Grecia, nell'Apulia e nella Sicilia è evidente l'influsso sulle fabbriche locali. Uguale influsso è stato notato nei recenti scavi di Smirne.
Un gruppo notevole di imitazioni è costituito dai cosiddetti vasi italo-corinzi, o etrusco-corinzi, forse fabbricati in Etruria, perché sono frequentissimi nelle tombe etrusche. L'argilla è in generale meno fine di quella corinzia, la vernice più opaca e irregolare, i ritocchi rossi e bianchi sono diversamente distribuiti. Gli animali del fregio sono molto stilizzati, ma vigorosi; l'attaccatura della spalla è indicata spesso da uno o due cerchi: caratteristici sono gli animali dalla cui bocca esce una gamba umana. Questi vasi non furono studiati sistematicamente, tuttavia alcuni gruppi sono stati riconosciuti. Un gruppo di vasi che risente l'influsso del Periodo di Transizione fu riunito dal Payne e dal Benson (v. pittore della sfinge barbuta): non è anteriore alla fine del VII sec. a. C. Influsso del Periodo di Transizione e del Corinzio Arcaico è riconoscibile nella decorazione graffita su buccheri, per esempio sull'arỳballos globulare C 560 del Louvre. Un gruppo di vasi, detto Gruppo delle Grandi Rosette, è stato riunito dall'Albizzati e dal Beazley. Vi appartengono oinochòai, piatti, tazze che imitano quelle del Corinzio Medio. Sono decorati da rosette grandi quanto è alto il fregio; nelle tazze, con grande rosetta fra due uccelli, il bordo quadrettato imita i vasi laconici. Influsso corinzio e laconico si riscontra su un arỳballos alla Walters Art Gallery di Baltimora. Il riempimento a punti lo avvicina ad arỳballoi del Corinzio Tardo. Un bell'arỳballos, in una collezione privata a Basilea, fu creduto corinzio, ma l'abbondanza e la distribuzione di ritocchi rossi, l'attaccatura a cerchio della spalla, la stilizzazione delle ali, la tendenza a ridurre le forme naturali a curve calligrafiche e decorative, lo fanno sicuramente etrusco, come sono etruschi i vasi ai quali è stato avvicinato. I vasi che il Boehlau chiamò "eolici" sono etruschi e influenzati dai vasi c.; un altro gruppo, anch'esso riunito dal Boehlau, ha file di animali separati da lunghe foglie. Un'òlpe e una oinochòe del Museo di Villa Giulia a Roma (nn. 56028 e 56029), con animali e scena di battaglia, probabilmente della stessa mano, non sono anteriori alla metà del VI sec. a. C. Un gruppo di grandi anfore a stretto piede, proveniente quasi esclusivamente da Caere, è decorato con alte zone di squame policrome, volte verso l'alto, separate da una o più liste di animali. La datazione proposta, ultimo venticinquennio del VII sec. a. C., è errata: è evidente in questi vasi l'influsso del Pittore delle Squame (v.), perciò dovranno esser portati al secondo venticinquennio del VI sec. a. C.
Bibl.: Fondamentale è H. Payne, Necrocorinthia, Oxford 1931: qui, e in E. Pfuhl, Malerei u. Zeichnung d. Griechen, I, Monaco 1923, pp. 110 ss. e 209 ss., sono elencate le ipotesi più antiche sui vasi c.; D. A. Amyx, Corinthian Vases in the Hearst Collection, in University of California Publ. in Class. Arch., I, 9, 1943; R. J. Hopper, Addenda to Necrocorinthia, in Annual Br. Sc. Athens, XLV, 1949, p. i ss.; J. L. Benson, Gesch. d. korinth. Vasen, Basilea 1953; id., Some Notes on Corinthian Vase-Painters, in Am. Journ. Arch., LX, 1956, p. 219 ss.; id., Corinthian Vase-Painters, in Am. Journ. Arch., LXI, 1957, p. 175 ss.; F. Matz, Geschichte d. gr. Kunst, I, Francoforte 1950 (1953), p. 247 ss.; J. D. Beazley, ῾Ελένης ᾿Απαίτησις, in Proc. Brit. Acad., XLIII, 1958, p. 233 ss. - Scavi di Corinto: S. S. Weinberg, Corinth VII. The Geometric and Orientalizing Pottery, Cambridge Mass. 1943; A. Newhall Stillwell, Corinth XV. The Potter's Quarter, Princeton 1946 e 1948 (la ceramica non è ancora pubblicata); A. Newhall, The Corinthian Kerameikos, in Am. Journ. Arch., XXXV, 1931, p. i ss. - Rapporti con il Protocorinzio: K. F. Johansen, Les Vases Sicyoniens, Parigi 1923; Payne, op. cit. - Datazione: oltre gli autori cit.: K. Kübler, Die Ausgrabungen im Kerameikos, in Arch. Anz., LVIII, 1943, p. 417 ss. La dimostrazione della datazione del Kübler sarà data nella pubblicazione degli scavi del Ceramico. - Segni dipinti sui vasi: Payne, op. cit., p. 352; Record of the Art Museum of Princeton University, XVI, 1957, p. 6 ss. - Comasti: Payne, op. cit., p. 194 ss.; E. Buschor, Satyrtänze, in Sitzungsber. Bayer. Akad. d. Wissensch., Phil. - hist. Kl., 1943, V; P. Amandry, Skyphos corinthien du Musée du Louvre, in Monum. Piot, XL, 1944, p. 43 ss.; E. Bielefeld, Ein Boiotischer Tanzchor des 6. Jh. vor Chr., in Festschrift f. F. Zucker, Berlino 1954, p. 27 ss. - Imprese di Eracle: Amandry, art. cit., p. 23 ss. - Corinto dopo il 550 a.C.: F. Eichler, Korinthische Nachahmungen attischer weissgründiger schwarzornamentierter Lekythen, in Arch. Anz., LVI, 1941, col. 63 ss.; S. S. Weinberg, On Corinthian Terracotta Sculpture, in Am. Journ. Arch., LIII, 1949, p. 262 ss.; P. Devambez, La fin de la céramique corinthienne, in Comptes Rendus Acad. Inscr., 1950, p. 27 ss. - I vasi c. ricordati sono generalmente menzionati da Payne, Amyx, Hopper, Benson. L'arỳballos con Aracne: G. D. e S. S. Weinberg, Arachne of Lydia at Corinth, in The Aegean and the Near East, Locust Valley 1956, p. 262 ss. - Arỳballos con gara di canto: M. C. e C. A. Roebuck, A Prize Aryballos, in Hesperia, XXIV, 1955, p. 158 ss. - Imitazioni: Payne, op. cit., p. 190 ss. - In Attica: T. J. Dunbabin, An Attic Bowl, in Ann. Br. Sc. Athens, XLV, 1950, p. 53 ss.; J. D. Beazley, Development, p. 17 ss. - In Beozia: Payne, op. cit., p. 202 ss.; P. N. Ure, Ring Aryballoi, in Hesperia, 1946, p. 38 ss. - Andros; Corpus Vas. Antiquorum, Heidelberg 1, testo delle tavv. 20, 1-4 e 8; Am. Journ. Arch., LIX, 1955, p. 343. - Tazza laconica di Heidelberg: Corpus Vas. Antiq. cit., tav. 6, 7. - Smirne: E. Akurgal, Bayrakli, p. 66 ss. - Egina: W. Kraiker, Aigina. Die Vasen des 10. bis 7. Jhdts., Berlino 1951, p. 20. - Italo-Corinzio: J. Boehlau, Aus jonischen u. italischen Nekropolen, Lipsia 1898, p. 89 ss.; Payne, op. cit., p. 206 ss.; C. Albizzati, Vasi antichi dipinti del Vaticano, Città del Vaticano 1924, p. 48 ss.; P. Mingazzini, Vasi d. Collez. Castellani, I, Roma 1930, p. 127 ss.; E. Hall Dohan, Italic Tomb-groups in the University Museum, Filadelfia 1942, passim; G. Matteuccig, Poggio Buco, Berkeley 1951, pp. 16 ss., 73 ss.; M. Pallottino, Ceramiche arcaiche di Villa Giulia, in Boll. Arte, XXXI, 1937-38, p. 149 ss.; F. Villard, Vases de bronze grecs dans une tombe étrusque du VIIe siècle, in Monum. Piot, XLVIII, 2, 1956, p. 25 ss.; G. M. F. Hanfmann, in Bull. Fogg Mus. Art., IX, 1940, p. 44 ss. - La Tav. a colori qui data si riferisce al vaso pubblicato in Proc. Brit. Acad., XLIII, 1958, p. 233 (Beazley).