Vedi CORINZI, Vasi dell'anno: 1959 - 1994
CORINZI, Vasi (v. vol. II, p. 846)
Negli ultimi decenni sono stati compiuti notevoli progressi nel campo della conoscenza dei vasi corinzi. Se da un lato infatti la pubblicazione di una rilevante quantità di materiale (proveniente, p.es., da Corinto, Perachora, Tocra, Smirne, Taranto, Megara Hyblaea) ha fornito nuovi elementi di giudizio riguardo a questa classe di ceramiche, dall'altro un'intensa attività di studio, svolta in primo luogo da D. A. Amyx e da J. L. Benson, ha consentito di distinguere botteghe e figure di pittori: un quadro complessivo della loro successione e dei rapporti che uniscono le singole personalità è presente nel nuovo lavoro di D. A. Amyx.
Malgrado i progressi appena segnalati, ancora oggi i vasi per i quali è possibile avanzare un'attribuzione a un pittore o a una bottega sono pochi; a questo si aggiunge il fatto che, di regola, il numero dei pezzi assegnabili a un unico decoratore è esiguo e che nella maggior parte dei casi si tratta di esemplari appartenenti a una stessa forma. L'impiego di iscrizioni è frequente, ma le firme di pittori conosciute fino a questo momento sono soltanto cinque e si riferiscono a tre personaggi: Timonidas, Milanidas e Chares; di questi, soltanto due hanno firmato anche pìnakes, una categoria di oggetti documentata a partire dal Protocorinzio Medio (F. Lorber, 1979, nn. 40-41, 114). Come dimostra la quantità stessa del materiale, una parte consistente di vasi c. rappresenta una produzione standardizzata, tale da non offrire elementi sufficienti per formulare attribuzioni adeguate, mentre il numero dei pezzi che si distinguono per un'esecuzione particolarmente accurata è relativamente limitato. Tuttavia, per quanto gli studiosi abbiano rivolto il loro interesse principalmente alla classificazione degli esemplari di buon livello artistico, anche in questo caso non sempre si registrano opinioni concordi circa l'opera di determinati pittori. Come ha rilevato L. Banti, ciò è dovuto a una serie di difficoltà derivanti dalle caratteristiche stesse dei vasi corinzi.
Datazione. - La cronologia relativa della ceramica corinzia si basa tuttora sull'opera fondamentale di H. Payne. Recentemente sono state avanzate alcune proposte di modificazione, riguardanti non tanto la suddivisione in Periodo di Transizione, Corinzio Antico e Corinzio Medio, quanto l'articolazione del Corinzio Tardo in tre fasi (CT I, CT II, CT III) al posto delle due già riconosciute dalla critica precedente. La cesura tra le diverse fasi stilistiche non è netta, e la definizione delle singole figure di ceramografi ha rivelato che non sempre l'arco dell'attività di questi ultimi è compreso in un solo periodo (cfr. p.es. il Pittore di Dodwell).
La datazione assoluta resta ancora oggetto di pareri discordanti; a parte la scarsità di capisaldi cronologici, anche le date alle quali si usa fare riferimento non forniscono altro che termini approssimativi per inquadrare le singole fasi. Per l'età di transizione dal Protocorinzio al Corinzio non disponiamo di date tramandate dalle fonti letterarie. La fine del Corinzio Antico, invece, viene comunemente ricollegata con l'orizzonte di distruzione di Smirne (c.a 590 a.C.); un ulteriore termine di riferimento per la datazione di questo periodo è considerata la distruzione di Meṣad Ḥašavyahu, avvenuta intorno al 610-605 a.C., mentre un terminus post quem è offerto dalla fondazione di Tocra, posta dopo il 630 a.C. Ragioni di ordine metodologico sconsigliano infine, diversamente da quanto avveniva in passato, di utilizzare ai fini della cronologia dei vasi c. la data di fondazione di Selinunte (Ducat, Dehlvon Kaenel). La presenza di ceramica attica in alcuni contesti (C. W. Blegen, H. Palmer, R. S. Young, 1964; Descoeudres, 1986) e, entro certi limiti, le date di fondazione tramandate dalle fonti a proposito di Camarina (c.a 598 a.C.) e di Agrigento (c.a 585-580 a.C.), forniscono indicazioni di massima per l'inquadramento del Corinzio Medio e Tardo. In conclusione, perciò, la datazione di una larga parte della ceramica corinzia deve ancora fondarsi su criteri di ordine stilistico e su valutazioni soggettive delle singole fasi.
Forme. - Per quanto il repertorio delle forme vascolari prodotte a Corinto sia ampio, in ciascuna fase si osserva una netta predilezione per alcune di esse. Mentre nel Periodo di Transizione, se si esclude l'introduzione dell'a/bastron, si riscontra una continuità con le forme attestate nel Protocorinzio Tardo, nel Corinzio Antico ha inizio una graduale trasformazione: diverse forme protocorinzie, innanzitutto l’arỳballos ovoide, cessano di venire prodotte, mentre altre, come l’oinochòe a corpo conico e la pisside a pareti concave, vedono diminuire la loro importanza; analogamente a quanto avverrà in seguito per altre forme, la maggior parte degli esemplari attardati presenta una semplice decorazione lineare.
Già nel corso del Corinzio Antico assistiamo all'affermarsi di una decorazione piuttosto standardizzata. Lasciando da parte il caso dei vasi a decorazione lineare, che facevano pensare a una produzione in serie già durante il Protocorinzio, nel Corinzio Antico questo fenomeno si riscontra anche su arỳballoi e alàbastra con decorazione figurata: p.es. sui numerosi arỳballoi raffiguranti un uccello in volo, o sugli alàbastra con cigni. La produzione in massa di vasi figurati è resa ancora più evidente, nel Corinzio Medio e Tardo, dal numero ingente degli arỳballoi con parata di guerrieri o con quadrifoglio, nonché dalle kotỳlai con fregio di animali. Anche se ciò non è dimostrabile, appare lecito chiedersi se vasi fabbricati in quantità così rilevanti non avessero un'importanza secondaria rispetto alle sostanze che erano destinati a contenere.
La tecnica dei vasi c., quasi sempre buona, in qualche caso si rivela eccellente; tuttavia tranne, forse, un esempio isolato costituito dalla firma di Echekles su uno skỳphos databile nel V sec. a.C., non conosciamo firme di ceramisti. Lo studio dell'evoluzione tipologica delle singole forme, che forse potrebbe aiutare a individuarne le officine di produzione, è ancora agli inizi; d'altro canto l'enucleazione di varie mani, avvenuta negli ultimi anni, ha messo in evidenza che, particolarmente nel Corinzio Medio, numerosi pittori e botteghe erano specializzati nella decorazione di un numero limitato di forme ben precise (cfr., p.es., le opere assegnate ai Pittori del Delfino e di Dodwell e alle rispettive botteghe).
Sviluppo del Corinzio. - Grazie alla conoscenza di un elevato numero di officine e di pittori, è oggi possibile tentare una ricostruzione dello sviluppo della ceramica corinzia più articolata di quella presentata a suo tempo da L. Banti. Tuttavia, nonostante l'edizione di nuovi, importanti contesti come, p.es., quelli di Taranto e di Corinto, essa deve ancora tener conto soprattutto di criteri stilistici. Conoscenze più dettagliate si segnalano anche riguardo alla produzione riferibile al V e al IV sec. a.C., ordinata cronologicamente da H. Palmer nell'edizione del materiale proveniente dalla necropoli settentrionale di Corinto, nonché da A. Newhall Stillwell, J. L. Benson (1984) e E. G. Pemberton (1989).
Periodo di Transizione (640/630-620 a.C.). - La posizione cronologica del Periodo di Transizione dal Protocorinzio al Corinzio è incerta; il materiale a esso comunemente assegnato non è molto (cfr. T. J. Dunbabin e altri, 1964; A. Newhall Stillwell, J. L. Benson, 1984), di conseguenza anche la sua durata viene considerata piuttosto breve (v. vol. VI, p. 507, tabella delle periodizzazioni). La datazione di H. Payne (640-625 a.C.) è stata recentemente ripresa da Benson. Gli stretti rapporti che collegano il Periodo di Transizione con il Protocorinzio sono testimoniati dalle forme vascolari, già tutte documentate in quel periodo con una sola eccezione, l’alàbastron; allo stesso tempo, le opere assegnate a vari decoratori e i legami intercorrenti tra questi ultimi dimostrano anche le connessioni tra il Protocorinzio Tardo e il Corinzio Antico, nonché il carattere intermedio della fase in questione (si pensi a due personalità strettamente affini come il Pittore del Vaticano 73 e il Pittore della Sfinge, la cui attività si estende dal Protocòrinzio Tardo al Corinzio Antico).
Corinzio Antico (620-600/590 a.C.). - Nonostante la quantità del nuovo materiale di cui si dispone, i punti di riferimento cronologici sono ancora troppo scarsi per consentire conclusioni capaci di raccogliere un generale consenso da parte degli studiosi. Le posizioni attuali si riassumono sostanzialmente in due proposte, peraltro non molto diverse tra loro e dipendenti entrambe dalla datazione assegnata all'orizzonte di distruzione di Smirne: secondo la prima il Corinzio Antico si porrebbe fra il 625 e il 600 a.C. (Cook, Furtwängler, Benson), secondo l'altra fra il 620/610 e il 590 a.C. (Descoeudres). Le datazioni in epoca più avanzata proposte da H. P. Isler (610-585 a.C.) e da E. Walter-Karydi (600-575 a.C.) non sono state accettate.
Un importante risultato degli studi degli ultimi decenni è costituito dalla definizione di pittori e di officine finora poco noti, se non del tutto sconosciuti, ai quali si devono soprattutto vasi di notevoli dimensioni e che risultano ancora in attività durante il Corinzio Medio (tra questi, il Pittore della Reale Biblioteca di Bruxelles). Nel caso degli arỳballoi e degli alàbastra, fabbricati in quantità massicce fin dagli inizi del Corinzio Antico e caratteristici di questa fase, l'identificazione di mani o gruppi (possiamo citare, p.es., il Gruppo dei Guerrieri, oppure il Pittore del Delfino e la sua bottega) ha registrato soltanto successi parziali. Come già nel corso del Protocorinzio, nel quartiere ceramico di Corinto venivano prodotti anche pìnakes e vasi plastici, ma il loro rapporto con la ceramografia coeva è ancora da chiarire.
Corinzio Medio (c.a. 600/590-570 a.C.). - Anche la cronologia del Corinzio Medio, come quella del Corinzio Antico, è soggetta a oscillazioni. Come indicano i trovamenti avvenuti ad Atene nel Ceramico, nel Corinzio Medio fu prodotta una quantità di vasi e di vasi plastici assai più elevata che nel periodo precedente; anche il numero delle figure di pittori registra un aumento. Sarà perciò necessario accordare al Corinzio Medio lo spazio di un'intera generazione. Di pari passo con l'intensificarsi della produzione, la qualità della decorazione va incontro a un progressivo declino; questo contribuirà certamente a determinare un aumento delle personalità pittoriche, dato che per gran parte dei vasi riferibili a questo periodo i criteri stilistici estremamente dettagliati sui quali si è soliti basare le attribuzioni possono venire impiegati soltanto in misura limitata. Anche l'ipotesi secondo la quale le scene narrative e i fregi animalistici dipinti sui crateri sarebbero stati eseguiti da mani diverse, per il momento non può venire confermata. La maggior parte dei vasi del Corinzio Medio, dipinta in maniera trascurata, presenta uniformi fregi di animali. I vasi di più alto livello qualitativo spettanti alle varie correnti stilistiche, come quella detta del delicate style, oggi vengono in larga misura attribuiti a pittori (p.es. al Pittore di Honolulu, al Pittore di Stobart, al Pittore di Hearst SSW 9500) o a officine. Su queste ceramiche, particolarmente nelle affollate composizioni dei crateri, spesso troviamo iscrizioni, che tuttavia differiscono da quelle del Corinzio Antico sia nell'esecuzione che nella loro disposizione sulle pareti del vaso. Già verso la fine del Corinzio Medio cominciano i vasi decorati con motivi floreali, almeno in parte prodotti dalle stesse officine da cui provengono i vasi con fregi animalistici, nonché gli esemplari del c.d. white style, che rappresenteranno la produzione tipica del Corinzio Tardo.
Corinzio Tardo I (570 c.a-550 a.C.) e Corinzio Tardo II (550-500 a. C.). - Il passaggio dal Corinzio Medio al Corinzio Tardo I e da questo al Corinzio Tardo II è poco chiaro, sia dal punto di vista contenutistico che in termini di cronologia assoluta. A differenza di quanto scriveva L. Banti, attualmente il concetto di Corinzio Tardo II viene applicato soltanto ai vasi della seconda metà del VI sec. a.C., mentre per la produzione del periodo classico è invalsa un'altra definizione, Corinzio Tardo III (ν. oltre).
Come ha messo in evidenza la pubblicazione della ceramica trovata a Corinto, durante questa fase possiamo segnalare soltanto pochi decoratori, ma anche la quantità complessiva del materiale è esigua. La maggior parte della produzione presenta una decorazione floreale o con motivi lineari, ed è dipinta in «white style»; i vasi con fregi animalistici sono rari e le figurazioni a carattere narrativo sono concentrate su pezzi di grandi dimensioni, per lo più a fondo rosso. Anche la gamma delle forme vascolari si modifica: mentre si affermano nuove forme (p.es. le oinochòai a corpo globulare), la produzione di altre (fra cui gli alàbastra, i vasi plastici, forse anche i pìnakes) subisce una flessione oppure cessa del tutto. Tale tendenza continua a manifestarsi anche nella seconda metà del secolo; a partire da questo periodo, a Corinto non risultano documentati né l’arỳballos, la forma guida del Corinzio Antico e Medio, né vasi con fregi animalistici.
Corinzio Tardo III (V-IV sec. a. C.). - La distinzione del Corinzio Tardo III dal Corinzio Tardo II si basa sulla classificazione del materiale raccolto nella necropoli settentrionale di Corinto (C. W. Biegen, H. Palmer, R. S. Young, 1964, p. 65 ss.); un panorama dei vasi c. spettanti a questa fase ci viene offerto dai corredi funerari di questa necropoli, databili grazie al materiale attico concomitante, ai quali vanno aggiunti i rinvenimenti del Ceramico e varí complessi riferibili all'area urbana.
Le differenze dei vasi cori decorazione floreale (0 lineare) del Corinzio Tardo III rispetto a quelli del Corinzio Tardo II sono minime; accanto ai prodotti appena ricordati, tuttavia, s'incontrano numerosi vasi coperti uniformemente di vernice o privi di qualsiasi decorazione. Le forme caratteristiche sono l’oinochòe a bocca tonda e la lekanìs, quest'ultima documentata soprattutto nelle sepolture. Per quanto la ceramica attica risulti imitata a Corinto a partire dal secondo quarto del VI sec. a.C., la quantità dei vasi c. che si rifà a modelli attici aumenta in maniera sensibile soltanto con la cessazione delle importazioni dall'Attica a causa della guerra del Peloponneso.
Sulla base dei pochi contesti tombali della necropoli settentrionale di Corinto, non è possibile distinguere nettamente i prodotti del IV da quelli del V sec. a.C.; malgrado ciò i vasi, pur non numerosi, e con questi le anfore da trasporto, la coroplastica, le terrecotte architettoniche e i numerosi laterizi di copertura, testimoniano che il Ceramico di Corinto fu attivo anche in quegli anni.
Diffusione. - L'aumento del materiale, oggi documentato in quantità ingente in tutto il bacino del Mediterraneo, permette di delineare un quadro più articolato della diffusione dei vasi corinzi. Diversamente da quanto accadeva nel Protocorinzio, gli esemplari con decorazione figurata venivano messi in circolazione nella stessa quantità di quelli dipinti in stile lineare. Le forme esportate sono le stesse che troviamo a Corinto, e questo vale anche a proposito delle officine e dei pittori. Specialmente nel Corinzio Medio, tuttavia, in alcune località risultano prevalenti le attestazioni di determinate officine, come documenta, p.es., l'abbondante materiale proveniente dal Santuario della Malòphoros a Selinunte. Mentre nel Corinzio Antico erano diffusi anzitutto arỳballoi e alàbastra, nel Corinzio Medio ai vasi di queste due forme si aggiunge un'ingente quantità di kotylai e, in particolare, di kotylai miniaturistiche. Complessivamente, le esportazioni sembrano intensificarsi e raggiungere il culmine; nel Corinzio Tardo il fenomeno, pur continuando, giunge lentamente a estinguersi, e soltanto le anfore da trasporto vengono ancora spedite in tutto il Mediterraneo.
Imitazioni. - Un settore nel quale si segnalano consistenti progressi è quello della ceramica etrusco-corinzia, che rappresenta la più importante classe di imitazioni ispirate ai vasi corinzi. Grazie soprattutto alle ricerche svolte da Szilágyi e da Amyx, è possibile seguirne lo sviluppo e dare un nome ai centri di produzione e a un consistente nucleo di decoratori e di officine. Allo stato attuale della ricerca, la produzione etrusco-corinzia si articola in tre periodi: uno antico (630/620-590 a.C.), uno intermedio (590/580-560 a.C.) e uno tardo (560-540 a.C.). Nel corso della fase più antica vengono impiegate la tecnica policroma, poi gradualmente abbandonata nel corso del primo quarto del VI sec. a.C., e quella a figure nere; i vasi denotano l'influsso di modelli tardo protocorinzì e transizionali. I principali luoghi di produzione sono stati localizzati a Cerveteri (Gruppo di Monte Abatone, Ciclo Castellani, Gruppo degli Anforoni Squamati) e a Vulci (Pittore della Sfinge Barbuta, Pittore di Feoli, Pittore dell'Accademia Americana, Pittore di Volunteer).
I prodotti pertinenti alla fase intermedia, ispirati a prototipi del periodo intorno al 600 a.C., vengono fabbricati anzitutto a Vulci (Ciclo delle Òlpai, Ciclo dei Rosoni) e in seguito anche a Tarquinia (Gruppo Vitelleschi, Gruppo senza Graffito, Gruppo di Poughkeepsie), le cui botteghe tuttavia risentono dell'influsso di quelle vulcenti.
Più incerta è invece la localizzazione dei vasi riferibili alla fase tarda, cui spetta anzitutto un ingente numero di pezzi di dimensioni ridotte (Gruppo a Maschera Umana, Ciclo dei Galli Affrontati, Ciclo degli Uccelli) che si rifanno a esperienze medio e soprattutto, tardo-corinzie. Secondo Szilágyi, essa deve essere identificata con Cerveteri.
Oltre alle classi già ricordate da L. Banti, negli ultimi anni è stato reso noto un interessante nucleo di vasi di imitazione corinzia, proveniente da' Metaponto. Sebbene nell'Italia meridionale le ceramiche accostabili a questo gruppo non siano molte, esso indica che i vasi c. vennero imitati, più o meno fedelmente, in varie officine, ubicate non solo in Grecia ma anche in Italia.
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