IAPIGI, Vasi
L'introduzione del termine Iapygian Geometric è dovuta a W. Taylour (1958), che lo utilizzò per designare le ceramiche locali, di stile geometrico, presenti in alcuni insediamenti protostorici pugliesi (Scoglio del Tonno, Torre Castelluccia, Coppa Nevigata) che egli ritenne contemporanee, pur distinguendole in due classi stilistiche: a) Fine Geometric; b) Crude Geometric. Successivamente F. G. Lo Porto (1964), avvalendosi dei risultati dello scavo stratigrafico effettuato sull'acropoli di Satùro, poté articolare la ceramica Iapygian Geometric in due fasi cronologiche successive: il «Protogeometrico Iapigio» (classe «b» del Taylour), riferibile ai livelli del Bronzo Finale e ben documentato nei siti di Torre Castelluccia e di Coppa Nevigata; il «Geometrico Iapigio» (classe «a» del Taylour), pertinente alla prima Età del Ferro e collegabile ai vasi del deposito di Borgo Nuovo. I successivi studi hanno approfondito numerosi aspetti riguardanti tali ceramiche, soprattutto la classe più recente.
Il «Protogeometrico Iapigio» deriva e si ispira alla ceramica micenea, cui si sostituì gradualmente quando la crisi del mondo miceneo rese più difficili e sporadici i precedenti rapporti di scambio. Esso caratterizza i livelli protovillanoviani e se ne può porre la piena maturazione intorno alla metà dell'XI sec. a.C. I vasi protogeometrici i. sono modellati a mano o alla ruota lenta e decorati con motivi geometrici semplici, dipinti sulla superficie chiara in colore bruno o rosso, opachi. Il repertorio decorativo, abbastanza limitato, consiste in tremoli verticali, angoli inscritti, triangoli pieni o riempiti a reticolo, fasce o angoli inscritti, fiancheggiati o inframezzati da file di grossi punti. Molti dei motivi sopra elencati derivano dalla ceramica micenea e submicenea, ma anche dalla coeva ceramica d'impasto, protovillanoviana.
Viceversa il repertorio delle forme è solo indigeno, essendo strettamente collegato ai vasi d'impasto. Sono documentate le olle globulari, prive di collo, oppure con collo troncoconico o cilindrico, le scodelle a labbro rientrante, le brocche e le tazze monoansate. Tale ceramica, diffusa ampiamente in tutta la Puglia, nel Materano e nei siti costieri del golfo di Taranto, sembra perdurare fino al IX sec., allorché si sovrappone, per alcuni decenni, al nuovo stile «geometrico iapigio». Una recente sistemazione di quest'ultimo è dovuta a D. G. Yntema, che ha condotto uno studio analitico, grazie ai risultati degli scavi stratigrafici di Otranto.
La fase antica del «Geometrico Iapigio», databile nel IX sec. a.C., è ancora molto vicina a quella precedente, protogeometrica, con cui condivide l'ampia area di diffusione. Il repertorio delle forme resta legato a quello della ceramica d'impasto, arricchendosi (urne biconiche, attingitoi a vasca fonda, askòi). I vasi, non torniti, come pure nelle fasi successive, sono decorati sulla superficie chiara con motivi geometrici dipinti di colore bruno-nero, opaco, ora più varí e complessi. Caratteristiche sono soprattutto le fasce frangiate o fiancheggiate da file di punti.
A partire dall'inizio dell'VIII sec., cioè con la fase media, il «Geometrico Iapigio» subisce un netto ridimensionamento nella sua diffusione e una chiara caratterizzazione locale, sostanzialmente salentina, anche se non cessa di influenzare alcune aree contigue. Tuttavia è ormai netta la differenziazione, sia nelle forme sia nell'apparato decorativo, dalle affini ceramiche coeve, enotrie (vasi «a tenda») e daunie («Geometrico Protodaunio»). Alle forme precedenti, più comuni, se ne affiancano altre peculiari: l'olla con anse a piattello, le anforette con anse pizzute, le brocche con ansa appiattita alla sommità. Il repertorio decorativo si arricchisce notevolmente, acquisendo anche motivi caratteristici della ceramica «devolliana» dell'area albanese, come la serie di lunghi triangoli penduli, interamente campiti o riempiti a reticolo.
Non mancano, infine, le figure zoomorfe, come le «ochette» a corpo triangolare. La fase tarda, che occupa la seconda metà dell'VIII sec. a.C. e l'inizio del successivo, mostra una notevole continuità rispetto alla precedente, per quanto riguarda la diffusione, la tecnica di fabbricazione e la tipologia delle forme. Appare invece molto arricchito il repertorio decorativo, con numerosi motivi del geometrico greco, grazie ai contatti, ormai sempre più stretti e frequenti, con il mondo ellenico, impegnato nella colonizzazione dell'Occidente.
Bibl.: W. Taylour, Mycenean Pottery in Italy and Adjacent Areas, Cambridge 1958, p. 152 ss.; F. G. Lo Porto, in NSc, XVIII, 1964, p. 209 ss.; E. M. De Juliis, La ceramica geometrica della Daunia, Firenze 1977, p. 23 ss.; M. A. Alberti, A. Bettini, I. Lorenzi, in NSc, XXXV, 1981, p. 164 ss.; D. Yntema, Some Notes on Iapygian Pottery from the Otranto Excavations. A Preliminary Report, in Studi di Antichità, III, 1982, pp. 63-82; E. M. De Juliis, in G. Pugliese Carratelli (ed.), Magna Grecia. Il Mediterraneo, le metropoleis e la fondazione delle colonie, Milano 1985, pp. 158-159; 172-179; D. G. Yntema, The Matt-Painted Pottery of Southern Italy, Utrecht 1985, pp. 27-119.