Vedi LUCANI, Vasi dell'anno: 1961 - 1995
LUCANI, Vasi
Il termine vasi l. dovrebbe riferirsi ai vasi a figure rosse fabbricati nella provincia di Lucania durante il IV sec. a. C.; la mancanza di scavi sistematici e di notizie attendibili sulla provenienza rende difficile determinare esattamente dove questi vasi siano stati fabbricati. Dai principali luoghi in cui sono avvenuti trovamenti - Armento, Anzi, Roccanova, Pomarico, Potenza e Banzi - i primi due sono i più probabili centri di fabbricazione, e il fatto che tutte queste località si trovino raggruppate in un'area comparativamente ristretta al di fuori della quale i trovamenti si rarefanno, fa pensare a una produzione locale di ceramica con quasi nessuna esportazione. Ciò può essere dovuto in parte alla inaccessibilità della Lucania, così come anche alla qualità inferiore della maggior parte dei vasi che, in confronto con quelli àpuli e campani, rivelano un aspetto decisamente provinciale, sia per la forma vascolare, sia per lo stile della pittura.
I vasi l. si suddividono in due gruppi principali: uno che continua la tradizione del periodo più antico del gruppo A dell'Italia meridionale (Early South Italian Group A), quale appare prima nel Gruppo di Pisticci e di Amykos e più tardi nei Pittori di Creusa - Dolone; l'altro che imita da vicino lo stile àpulo, sia monumentale che ordinario, ma degradandolo o avvilendone le buone qualità, finché nel suo stadio finale precipita quasi del tutto in barbarismo.
La varietà delle forme è assai meno considerevole di quella delle altre fabbriche italiane. Interessante è la nestorìs (trozzella, anfora a rotelle), una forma di origine locale che appare in tre tipi: 1) con corpo rotondo e dischi (rotelle) sui manici; 2) con corpo ovoide, lungo collo e alti manici diritti con dischi; 3) simile al secondo tipo, ma senza i dischi. Sono anche popolari i crateri a volute, a campana (il cratere a calice è estremamente raro), le anfore di forma panatenaica (assenti invece le anfore a collo distinto o con manico alzato), hydrìai, lebètes gamikòi, oinochòai, lèkythoi panciute e sköphoi; la pelìke è una forma molto usata dal Pittore di Roccanova, ma è altrimenti insolita. I colori aggiunti sono usati assai meno che nei vasi àpuli o campani tardi e, a parte i vasi del Pittore del Primato, perfino i bianchi e i gialli non sono frequenti; infine non vi è traccia della policromia delle fabbriche occidentali. D'altra parte, i pittori di vasi l. hanno un particolare gusto per i disegni ornamentali e floreali:, spesso tracciati con particolare cura e abilità e, benché influenzati dalla ceramografia àpula contemporanea, manifestano una considerevole originalità nella scelta dei motivi. I soggetti raffigurati sui vasi di maggiori dimensioni sono per lo più mitologici, dionisiaci, funerari e connessi con la vita quotidiana. Sui vasi minori prevalgono invece singole figure di guerrieri, atleti, donne, Eroti, Nikai, teste femmmili, uccelli e motivi vegetali.
I soggetti mitologici sono importanti, poiché essi spesso rappresentano temi rari - ad esempio: la tomba di Edipo (Louvre C A 308 e Napoli 2868), Eracle e Busiride (Bonn 2667 e Napoli 2558), Licurgo (Napoli 3237), Hera sul trono magico (Leningrado 355) -; talvolta di difficile interpretazione, come le Pretidi (?) su Napoli 1760, Prometeo (?) su Copenaghen 1 o la perduta pelìke, già nella Collezione Morchini. Il ciclo di Eracle è molto popolare, così come le scene derivate dal repertorio della tragedia, soprattutto se associate ad Oreste, quali l'incontro con Elettra alla tomba di Agamennone o la fuga di Oreste all'altare di Apollo a Delfi. Per contro, non si trovano raffigurazioni fliaciche o desunte dalla commedia.
La linea principale di svolgimento della pittura dei vasi l. si può dire che vada dal Gruppo di Pisticci-Amykos attraverso il Gruppo di Creusa-Dolone, a quello del Pittore delle Coefore e della sua scuola. Benché sia possibile riconoscere nello stile dei pittori dei primi due gruppi le origini di molti aspetti tipici dello stile lucano maturo, per cui si potrebbe considerarli come protolucani, è forse più sicuro continuare a classificare il loro stile come proto-italiota A (Early South Italian A), poiché essi stanno in un rapporto molto stretto con il contemporaneo stile àpulo, di cui spesso denunciano chiaramente l'influenza. Questa è soprattutto manifesta in diversi vasi di Taranto, che sono stilisticamente a mezza via tra il Pittore di Amykos e quello di Dolone, e nell'opera dei Pittori di Brooklyn e di Budapest, i quali, mentre derivano chiaramente dallo stile monumentale del Pittore di Amykos, sono anche fortemente influenzati da artisti àpuli come i Pittori dell'Ilioupersis, delle Preparazioni per il Giudizio (Rehearsal Painter) e di Tarporley. Il Pittore di Budapest, che prende nome dalla sua nestorìs nel museo di quella città (50.191) è particolarmente interessante per la sua scelta di soggetti insoliti, tragici e mitologici (cfr. Napoli 1948, 2558, 2868, 3237, Louvre K 519, Bonn 2667), e per il suo trattamento di temi dionisiaci (Monaco 3262, Budapest 50.191, British Museum F 179, Napoli 1756, 1992 e rovesci di Napoli 3237 e Louvre K 519); la sua influenza è chiaramente visibile nei due principali artisti della scuola apulizzante della Lucania: il Pittore di Napoli 1959 e il Pittore del Primato.
Il Pittore delle Coefore è un discendente diretto del Pittore di Creusa, ma sviluppa uno stile altamente caratteristico, compiacendosi particolarmente di raffigurare il momento precedente l'incontro tra Elettra e Oreste alla tomba di Agamennone, scena che egli ripete con minime varianti su numerosi vasi (ad esempio Napoli 2856, 2858, Monaco 3265-6, Louvre K 544, Coghill, tavv. 4-5-8). Il suo stile è pieno di ripetizioni e molte altre figure che appaiono su questi vasi, come l'uomo barbato, il giovane con un pètasos, il volto di donna visto frontalmente o di tre quarti, si ritrovano anche in altre opere. I vasi più grandi sono spesso decorati alla base o sul collo con motivi di raggi alquanto fitti e con palmette, nella tecnica delle figure nere, o con una forma molto particolare di ovuli, con una spessa linea sotto il centro. Il suo stile scade piuttosto rapidamente e la sua ultima fase è estremamente goffa e rozza (così Napoli 1989, 2902, 2929 e Santangelo 686, Louvre K 536 e la nestorìs Robinson, già Cambacérès).
L'altro gruppo di pittori lucani mostra fin da principio una più stretta aderenza ai modelli àpuli. Si suddivide in due scuole, quella del Pittore del Primato e del suo collega Pittore di Napoli 1959, che imita i pittori monumentali àpuli, e quella del Pittore di Roccanova che copia un tipo più umile di vasi del genere di quelli decorati dai seguaci del Pittore di Tarporley. Tutte e due le scuole sono attive lungo la seconda metà del IV sec., incominciando probabilinente intorno al 360 a. C., e contano nell'insieme circa 500 vasi.
Il Pittore del Primato, che ricevette il nome dal Beazley (Amer. Journ. Arch., xliii, 1939, p. 633, nota 3, con il catalogo delle sue opere) è il più importante di tutti i ceramografi lucani e la sua opera giovanile (ad esempio Napoli 1762, Vaticano W1, Napoli 2900, Berlino F 3145) mostra un'influenza così forte del Pittore di Licurgo, dal quale riprende molti schemi e diversi espedienti stilistici, da far pensare ch'egli abbia iniziato la propria carriera artistica come suo allievo. Comunque, assai per tempo egli sviluppò un proprio stile individuale, caratterizzato in particolare da fiori e da tipici schemi ornamentali finemente disegnati, dal modo di concepire i capelli come un groviglio di linee a succhiello, dall'uso di una stephàne con alte punte; dai drappeggi mossi, con orli simili a onde; dalla linea del naso dritto e dal mento appuntito. Egli decorò circa 150 vasi, incluso un gran numero di esempî di proporzioni monumentali, oltre a molti piccoli. Nella sua produzione ricorrono frequentemente figure ai repertorio, specialmente Eros volante, e motivi ornamentali simili (rami di palma e uccelli). Il suo stile degenera sensibilmente: la ultima fase della sua scuola (ad esempio Vaticano U 29, U 32, Berlino F 3159, Louvre K 574) è del tutto imbarbarita.
È a lui contemporaneo, ma inferiore per lo stile, il Pittore di Napoli 1959, al quale si possono attribuire circa 90 vasi. Usa una terra di un colore arancio molto brillante e si distingue anche per il disegno accurato di motivi decorativi schematici, tra i quali compaiono frequentemente raggi, lingue e motivi a forma di zeta, nonché per i suoi fiori, assai spesso a forma di piccoli ventagli aperti, con uno spesso bordo nero; nel campo figurano frequentemente croci e filetti, con arboscelli o rametti sorgenti da terra. Alcuni dei suoi vasi hanno soggetti monumentali (ad esempio British Museum F 178, Napoli 1924), ma molti sono decorati, in maniera alquanto monotona, con una o due figure: guerrieri seduti, donne che corrono, giovani. Le pieghe dei suoi drappeggi sono per solito segnate da linee forti, talvolta anche da una riga nera; generalmente le donne indossano chitoni stretti alla spalla e legati sul petto da una grossa cinta nera. I seni sporgono e i capezzoli sono spesso segnati con una crocetta, le teste sono pesanti con menti sporgenti e rotondi. Anche il suo stile, come quello del Pittore del Primato, degenera rapidamente, e l'opera dei suoi seguaci, come il Pittore Dawlish e il Pittore dell'Acrobata (cfr. Parigi, Cabinet des Médailles 1034, Napoli 1814, Torino 4485, Torino 4482, Napoli 1307 e 1903, Copenaghen 12), è completamente imbarbarita. Il Pittore di Roccanova prende nome dal piccolo paese a S di Armento (attuale provincia di Potenza), dove furono rinvenuti molti suoi vasi in un grande ipogeo; sono ora raccolti nel museo di Taranto e sono stati pubblicati in C.V.A., 1, iv Gr., tavv. 1-8. Insieme ad essi furono trovati diversi vasi àpuli, specialmente del tempo del Pittore di Dario (circa 340-330), al quale deve essere contemporanea la fase evoluta del Pittore di Roccanova. Il suo periodo giovanile va invece associato al più semplice stile àpulo del secondo venticinquennio e della metà del sec. IV, e specialmente a quello dei seguaci del Pittore di Tarporley; cosicché anche la sua attività deve essersi estesa probabilmente dal 360 al 320. Circa cento vasi possono essere attribuiti a questo pittore, e si distinguono per l'impiego della tinta rossa su una creta piuttosto pallida. Nella fase più tarda, ovvero in ciò che si può denominare lo stile bianco e rosso, l'incarnato delle donne è spesso lasciato nel colore della creta, sicché ne risulta un contrasto con il rosso della tinta (ad esempio Napoli 1945; Taranto C.V.A., tav. 5, 1; Taranto 3567; British Museum F 201). Egli adotta un tipo di fiore non comune, a forma di cono con bande nere verticali e con grosso centro nero; predilige anche dipingere palmette a figure nere sul collo o sulle spalle dei suoi vasi. Disegna la bocca della figura con una sola linea che ha una leggera curva in basso e particolarmente caratteristico è il modo di trattare i drappeggi, specialmente il chitone, senza maniche, stretto alle spalle e legato sul petto da una larga fascia nera con due nodi e piccole nappe alle estremità. I suoi soggetti favoriti sono i giovani e le donne, ma, diversamente dai suoi contemporanei, non ricorre a temi mitologici. L'ultima fase del suo stile (ad esempio Taranto 3572-4: C.V.A., tavv. 6-7) dimostra anch'essa un considerevole scadimento. Vicino a lui per lo stile, ma più pesante e provinciale nel trattamento delle figure, benché più intraprendente nella scelta dei soggetti, è il Pittore di Sydney; anch'egli palesa qualche dipendenza dalla scuola dei Pittori di Creusa e di Dolone.
Il grosso della produzione dello stile lucano a figure rosse cade intorno al 360-320; i vasi di accento barbarico si spingono probabilmente un poco più tardi. È interessante notare che tutti i pittori sembrano conformarsi a uno stesso schema con la stessa monotona ripetizione di un numero limitato di figure tipiche, e che i loro stili individuali mostrano tutti lo stesso declino nel barbarismo, certamente risultato dell'isolamento in cui essi ebbero a lavorare, tagliati fuori dalle principali correnti artistiche sia dell'Apulia che della Campania.
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