MEGARESI, Vasi
Il nome di "megaresi" è in questo caso ovviamente un nome di comodo. Come molti altri prodotti della ceramica antica, i vasi m. sono stati arbitrariamente denominati senza che ci fosse alcuna vera prova in favore di uno specifico centro di produzione; nel nostro caso Megara. Si tratta di vasi emisferici privi di piede e di manici, decorati con rilievi impressi. Tutti insieme non formano una serie omogenea e di fatto sono stati assegnati a differenti centri ellenistici sparsi attraverso l'Italia, la Grecia, la Russia meridionale, l'Asia Minore, la Siria e la Palestina, l'Egitto. Specialmente in base alle forme adoperate per produrre i vasi m. alcune classi sono state attribuite a luoghi particolari che, talvolta, rivelano forme o modi di decorazione peculiari. Per esempio ad Atene si riscontra una pratica locale di incidere, dopo la cottura, delle linee intorno al medaglione del fondo e proprio esattamente sotto il labbro all'esterno, nell'incisione si scorge spesso un brillante colore rosso (mìltos), applicato al vaso prima della verniciatura (una tecnica già nota nella ceramica West Slope). A Sparta, invece, si prediligeva estremamente dovunque le conchiglie o gli astragalìskoi come "piede" del vaso. Esemplari classificati dal Bauer come macedoni sono decorati con motivi a ferro di cavallo, che ricorrono anche su monete macedoni, in cui sono raffigurati degli scudi. In talune decorazioni i ceramisti ateniesi preferiscono una forma di vaso molto profonda con il labbro leggermente aperto verso l'alto, laddove esempî del Vicino Oriente mostrano un vaso poco profondo; infine in trovamenti di Delo appare una predilezione per gli orli voltati in dentro.
Quasi in ogni località legata alla produzione dei vasi m., si osserva una tendenza comune verso un deciso e progressivo declino della qualità. L'attenta lavorazione - ivi incluso l'uso di vernici nere belle e lucenti - cede il passo ad un'ovvia trascuratezza; i rilievi diventano più deboli e imprecisi e la vernice - ora prevalentemente nera opaca - è povera. Naturalmente la terra e il colore e la qualità della vernice variano a seconda dell'uso locale. Non è infrequente che i vasi appaiano scoloriti per la cattiva cottura, spesso la vernice nera è macchiata ed è divenuta un ineguale colore bruno rossiccio. I vasi erano prodotti con una tecnica combinata di tornio e di forme per impressione (sulla tecnica, cfr. Courby, pp. 327 ss.; 370 ss. e Bauer, p. 245 ss.); il pezzo di creta era prima sistemato dentro la forma, quindi la forma con entro la creta era posta sulla ruota e al tornio si ottenevano la superficie interna e l'orlo lasciando la parte esterna inferiore impressa dalla forma. Alcuni frammenti di vasi m. da Atene mostrano la loro porzione superiore decorata nel tipico stile West Slope (Thompson, p. 402, E. 697).
Si conoscono alcune firme di ceramisti. Spesso le caratteristiche regionali dei nomi offrono qualche indizio per l'identificazione di artigiani indigeni: ad esempio C. Popilius per l'Italia (Dragendorff, p. 37 s.; Oxé, p. 83 s.) e così via. La firma del ceramista detto Ariston, trovata su un vaso m. scoperto a Taranto (Courby, p. 365), può far pensare ad un immigrato, ma non si deve dimenticare che, oltre ai vasi, anche le stesse matrici potevano essere esportate. Come i più tardi vasi aretini e i loro affini, i vasi m. offrono un materiale documentario interessante per la men nota toreutica contemporanea, poiché essi sono indubbiamente surrogati economici dei loro ben più costosi prototipi metallici.
La prima ampia classificazione dei vasi m. fu tentata da F. Courby (Les vases grecs à reliefs, Parigi 1922) e molte delle classi e dei gruppi preliminari da lui proposti sono ancora rispettati nelle pubblicazioni più recenti. Il Courby e altri con lui, hanno notato che la scelta dei soggetti nei vasi m. varia sensibilmente: mimi, farse, temi mitologici, singole divinità (Apollo, Artemide), scene derivate dal repertorio epico classico (come nei cosiddetti vasi "omerici" v. oltre). Assai comuni sono le figure con nessun significato specifico o prive di intenti narrativi: giovani che si esercitano nella ginnastica, combattenti, Eroti che volano o che cavalcano, delfini, varî animali, maschere, ecc. Soggetti bacchici (satiri, ecc.) sono particolarmente appropriati ai vasi m. che erano certamente usati come calici per bere il vino. Talvolta si incontrano soggetti che è possibile riproducano gruppi statuarî. Alcuni esempî ("Classe ii" del Courby bols à bossettes et imbricationes, p. 334) sono ricoperti soltanto da noduli e da costole a forma di foglie. Spesso la decorazione è soltanto vegetale o floreale, senza alcuna figura umana: corone, foglie e fiori; non sono mfrequenti petali assai ravvicinati gli uni agli altri che producono l'effetto di una strigilatura, e Thompson ritiene che quest'ultimo tipo ("Classe 1" del Courby, bols à godrons, p. 329 s.) sia di origine ateniese e che abbia avuto una notevole influenza su altre officine attraverso il mondo dei vasi megaresi.
Le analisi particolari di numerosi studiosi hanno rivelato influenze reciproche; tra le varie officine sono specialmente pronunciate le influenze ateniesi, soprattutto rappresentate nei vasi m. ritrovati nella Russia meridionale, mentre a loro volta i prodotti ateniesi del genere "megarese" rivelano agli inizî forti influenze esterne, per esempio dall'Egitto. Benché in Atene siano anche avvertibili influenze di Priene, quest'ultima mostra una più forte tendenza a imitare le forme e la decorazione della prima. A Sparta lo Hobbling sospetta influenze pergamene, che possono forse esser presenti anche nei frammenti di vasi m. scoperti ad Antiochia sull'Oronte e a Tarso, benché Tarso non sia stata riconosciuta come centro di produzione di vasi megaresi. Allo stesso modo di altre ceramiche ellenistiche e romane, i vasi m. condividono motivi divenuti comuni e che furono poi temi obbligati di più d'una officina.
Vasi m. di una varietà speciale concordemente ritenuti dei primi tempi, sono stati denominati "vasi omerici" a causa della loro decorazione. I soggetti prescelti illustrano episodî derivati da poemi epici, ad esempio dall'Iliade, specialmente, dall'Odissea, ma anche dalla Piccola Iliade, l'Aithiopìs e l'Ilioupèrsis. Alcune rappresentazioni sono riprese da Euripide, a quanto sembra la fonte che suscitò maggiore influenza, e in pochi casi da Eschilo: sinora non si sono trovate tracce di temi sofoclei. Insieme alle composizioni in rilievo che raffigurano un dato episodio, si sono spesso trovate iscrizioni accanto alle figure, con i nomi dei personaggi principali e con leggende esplicative della scena, consistenti spesso in citazioni di passi famosi del poema e della tragedia raffigurati. Talora nelle descrizioni sono menzionati anche gli autori e il titolo dell'opera. C. Robert ha pubblicato materiale che può essere prontamente consultato come base per uno studio d'insieme dei soggetti trovati nei vasi "omerici" e della loro relazione con i rispettivi testi, sino alle Tabulae Iliacae, agli affreschi omerici di Pompei, ecc.
Vi sono alcuni vasi "omerici" che contengono nella loro decorazione scene apparentenente ispirate alla vita quotidiana, che Courby ritiene siano semplici scene di genere, mentre il Rostovzev vi riconosce un accento epico che ha riscontro nella decorazione usuale di queste coppe. Uno o due vasi "omerici" illustrano una fatica di Eracle (il cinghiale d'Erimanto) e aggiungono una scena di genere ispirata ad un'officina in cui si lavora il bronzo, come in Louvre C. A. 551, oppure, in un altro esempio, una scena in un mulino. Il Rostovzev ritiene che la scena si riferisca a una delle tante e famose Heraklèiai dell'età ellenistica, mentre la scena di genere sarebbe soltanto lo sviluppo di un tema relativamente privo di importanza. Non si tratta di un procedimento sorprendente se si considera l'intervento ellenistico nella scena di genere, che, del resto, in questo caso ha un motivo giustificato di apparire. Come il Rostovzev dichiarava, vi è ancora speranza di scoprire vasi "omerici" che potranno proiettare una luce nuova su alcune opere poetiche ellenistiche, forse anche poemi epici, tragedie o commedie ancora sconosciuti. La maggior parte dei vasi "omerici" è stata scoperta nella Grecia centrale; secondo il Thompson nell'agorà di Atene, o nella Pnice non ne è stato rinvenuto alcuno. Molti studiosi ritengono che la Beozia sia stata la patria dei vasi omerici, benché ciò non sia stato provato.
Come generalmente nel caso di terrecotte e ceramiche ellenistiche, la cronologia è difficile. Una produzione abbondante nel III e del II sec. a. C. indicata da molti trovamenti dell'Agorà e della Pnice, colloca gli inizî della produzione "megarese" al primo venticinquennio del II sec.; lo Schwabacher, basandosi sul materiale rinvenuto nel Ceramico, dà una data più alta, alla fine del IV sec., datazione che il Thompson esclude, considerando la mancanza di rapporti con lo stile a figure rosse del IV secolo. Il Thompson ritiene che i primi vasi della categoria "omerica" siano contemporanei dei primi esempî "megaresi", e si tratta di una datazione accettabile. La scoperta a Rās Shamrah di un vaso m. di bronzo con decorazioni vegetali (pubblicato da C. Schaeffer, in Syria, xvi, 1935, p. 153 e tav. xxx, 4) sembra confermare le tesi dello Zahn, secondo cui il tipo avrebbe avuto origine in Egitto. Poiché la coppa bronzea è stata datata nella seconda metà del IV sec. a. C. in base al corredo della tomba in cui essa è stata rinvenuta, si tratta del più antico esempio di vaso m. sinora noto.
È particolarmente difficile fissare i limiti cronologici inferiori della produzione dei vasi m., data soprattutto l'ampia distribuzione delle fabbriche locali. In Atene, secondo la cronologia di Tarso (ottenuta in base alla stratigrafia), i vasi m. stavano per scomparire dopo la metà del II sec. ed erano del tutto superati nel I secolo. La fabbrica di vasi m. di Delo, generalmente ritenuta tarda, continuò fin dentro il I sec. a. C. e il Lamboglia ha anche recentemente sospettato un centro di vasi m. a Tindari. Come ad Atene, così praticamente tutti gli altri centri isolati di produzione di vasi m., in Italia, in Grecia, in Asia Minore videro l'avvento della terra sigillata romana che segna l'introduzione di un nuovo tipo di vasi a figure impresse che gradualmente successe al tipo "megarese" nel favore popolare. La storia dei vasi m. offre una eccellente testimonianza dell'arte dell'età ellenistica illustrando la decentralizzazione della manifattura pur mantenendo una generale uniformità di prodotti.
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