Vedi PONTICI, Vasi dell'anno: 1965 - 1996
PONTICI, Vasi
Gruppo di vasi che per generale consenso vanno inseriti nella produzione ceramica etrusca. Il nome è dovuto a una anfora del Vaticano con una serie di arcieri a cavallo in cui erano stati riconosciuti degli Sciti, con la conseguenza che l'intera serie veniva riportata alle colonie ioniche del Mar Nero a contatto con quelle popolazioni. Il nome Dümmler Class, gruppo di Dümmler, proposto da T. Dohrn a ricordo del primo studioso che ebbe ad occuparsi di questi vasi, non è entrato nell'uso corrente.
La produzione dei vasi p., per quanto è dato giudicare dalle consistenze a nostra disposizione - l'elenco di 110 esemplari fornito da T. Dohrn va ora considerevolmente incrementato - presuppone l'attività di una modesta officina per poco più che una generazione a partire dalla metà del VI sec. a. C. E il fenomeno non è senza esempio nella produzione ceramica etrusca in cui domina appunto una singolare discontinuità di sviluppi: si veda in particolare l'esempio ancora più perspicuo delle idrie ceretane (v. Ceretane idrie).
La serie dei vasi p. consiste per la più parte di anfore chiaramente dipendenti per forma e per sistema decorativo dalle anfore tirreniche: si aggiungono alcune oinochòai, una sorta di köathoi; una hydrìa di tipo corinzio, dei lydia e alcuni piattelli su piede. Parentele più strette questi vasi rivelano con il Gruppo di Northampton, con cui hanno in comune anche l'uso dell'anfora di tipo tirrenico, e più da lontano con i dèinoi Campana. L'anfora di Reading recentemente rivelata indicherebbe invece per le forme più larghe e per il graffito impreciso e pittorico, contatti con le idrie ceretane. È notevole il fatto che mentre il Gruppo di Northampton rimane ancorato ai quattro soli esemplari noti, la serie dei vasi p. ha avuto negli ultimi anni incrementi oltremodo significativi, quali le due anfore del Pittore di Paride nel Metropolitan; la già ricordata anfora di Reading, due oinochòai e un piatto recentemente apparse a Basilea (Cahn 1961). Si ha quindi l'impressione che, se fosse stabilita con sicurezza l'origine di questi nuovi prodotti, probabilmente non rimarrebbero più incertezze sul centro di produzione.
Con le anfore tirreniche i nostri vasi hanno in comune anche gli schemi decorativi che comportano un motivo semplice sul collo, quale una doppia palmetta o una infiorescenza e lunghi fregi sovrapposti sul corpo, di cui il maggiore è spesso a contenuto mitico, mentre gli altri inferiori hanno figurazioni animalesche o motivi vegetali. Nella varietà di influssi che è stata notata in questi vasi gli elementi ionici più vistosi sono stati appunto visti negli animali e nelle grandi infiorescenze di una esuberanza che contrasta nettamente con le ben disciplinate catene di palmette e fiori di loto dei vasi attici.
Il mondo mitico evocato nei vasi p. è abbastanza vario e singolare e ha fornito vivide immagini del giudizio di Paride, Apollo che saetta dal carro Tityos e Gea, Teseo e il Minotauro e numerose storie di Eracle. Eccezionale è anche per la vividezza e la crudeltà della figurazione l'anfora di Reading con Achille che trasporta a corsa come immolarlo sull'altare l'adolescente Troilo. Più spesso abbiamo peraltro l'intrusione di miti o figurazioni non ellenici quale la lotta tra Eracle e Iuno Lanuvina: mentre nella produzione più tarda si assiste a un graduale deterioramento e poi alla scomparsa di un contenuto mitico preciso. Le figurazioni hanno un carattere sempre più vago e incerto, con excerpta costituiti da figure o aggruppamenti di chiaro significato mitico inseriti in altro contesto o semplicemente diluiti in mezzo a casuali riempitivi. Personalità mitiche dell'ordine di centauri o tritoni con gambe umane e coda di pesce vengono introdotti per lo più come un elemento corale, in file ininterrotte in cui essi hanno solo la funzione di elementi ritmici, come intervalli musicali. Persino Eracle acquista per simmetria un secondo leone venendo quindi a sostituirsi al già decaduto Pòtnios degli animali.
La sistemazione del materiale pontico è rimasta fondamentalmente quella fissata da T. Dohrn che ha ripartito i vasi tra tre pittori principali, di cui il primo il Pittore di Paride è di gran lunga il più fecondo e il più ricco di qualità artistiche. Lo seguono il Pittore di Tityos e il Pittore di Amphiaraos: ma oltre alla singolarissima anfora di Reading un notevole numero di vasi risulta ancora non attribuito.
Bibl.: E. Dummler, in Röm. Mitt., II, 1887, p. 171 ss.; J. Endt, Beiträge zur ionischen Vasenmalerei, Vienna 1899, p. 38 s.; P. Ducati, Pontische Vasen, Lipsia 1937; T. Dohrn, Schwarzfigurige etruskische Vasenmalerei, 1937, p. 33; J. D. Beazley, Etruscan Vase-Painting, 1947, p. 12; P. N. Ure, in Journ. Hell. Stud., 1951, p. 198 ss.; id., C. V. A., Reading, tav. 36; J. M. Cook, in Ann. Brit. Sch. Athens, XLVII, 1954, p. 150, nota 140; D. von Bothmer, in Bull. Metr. Mus., XIV, 1956, p. 128.