Vedi PROTOCORINZI, Vasi dell'anno: 1965 - 1996
PROTOCORINZI, Vasi
La parola protocorinzio fu usata per la prima volta nel 1881 da G. Loeschke, seguito dal Furtwängler che, fino dal 1879, contemporaneamente allo Helbig, aveva cercato di definire i caratteri di questa ceramica. Altri termini sono stati usati prima e dopo il 1881 - vasi asiatici, babilonesi, dorici, egizî, nord-argivi, sicioni - a seconda del supposto luogo di fabbricazione. "Protocorinzî" indica una classe di vasi greci, dell'età orientalizzante (v.), vasi che hanno indiscussi rapporti con quelli corinzî (v.). Alcuni studiosi dicono p. anche un gruppo di vasi della fine del Geometrico (v. § 4 B).
I vasi p. hanno una caratteristica argilla chiara, quasi bianca, che nella cottura diviene grezza o verdastra; in alcune località furono trovati vasi apparentemente p., ma con argilla arancio e superficie talvolta più bruna. Non hanno mai l'ingubbiatura. La vernice, bene descritta dal Weinberg, oscilla dal rossastro, al rosso-bruno, al nero, e contrasta felicemente con l'argilla chiara. La decorazione è basata sull'equilibrio delle figure e delle masse e segue leggi ben definite. Sono usate la silhouette, la linea di contorno, la tecnica a figure nere (cioè la silhouette con particolari incisi) e, per breve tempo, la policromia (v. § 4 E) e la policromia su fondo nero (v. § 4 F). Una sola volta, per particolari interni, fu usata la linea riservata (v. § 4 C). Disegno preliminare a incisione si trova una sola volta su una oinochòe da Egina (Kraiker, 335), del Protocorinzio Tardo. Prevalgono i vasi molto piccoli e di conseguenza la decorazione è soprattutto miniaturistica: la forma più frequente è l'aröballos (v. § 3), che ha generalmente cm 5-8 di altezza; ma anche i vasi di dimensioni maggiori non superano in generale i cm 30. In questo i vasi p. si distinguono nettamente da quelli contemporanei attici.
1. - Localizzazione. - Il centro dove furono fatti i vasi p. è stato discusso e lo è ancora. Il numero di vasi p. trovati a Cuma fece pensare a Calcide (Helbig, Dümmler, Gabrici). L'ipotesi è ormai abbandonata, come lo sono la localizzazione in Beozia (Couve) e in Ionia (Perdrizet). Altri studiosi hanno pensato ad uno o più centri dell'Argolide (Schweitzer, Pfuhl, Dugas, Albizzati, ecc.) e più specialmente a Sicione (Loeschke, Furtwängler, Dragendorff, Prinz, Johansen), ma soprattutto a Corinto. L'origine corinzia, proposta, ma non dimostrata, dal Hackl, fu solidamente basata dal Payne ed è accettata dagli studiosi moderni. Egina, quale centro di fabbricazione, fu proposta dal Graef, dal Thiersch e dal Welter; secondo il Weinberg, solo un gruppo di vasi del Protocorinzio geometrico sarebbe stato fabbricato ad Egina: la sua ipotesi non è stata accettata (Robertson, Kraiker, Villard, Dunbabin, Ohly, R. M. Cook). La grande quantità di ceramica protocorinzia a Perachora e soprattutto l'avervi trovato scarti di fabbricazione, hanno fatto pensare (Dunbabin) che fabbriche di Corinto avessero una succursale in questo centro di culto, che dipendeva da Corinto.
Alcuni vasi p. hanno iscrizioni dipinte o incise; ma sono pochi e non danno prova decisiva sul loro luogo di fabbricazione (Payne, Lejeune). Gli scavi di Corinto, specialmente nel quartiere ceramico, hanno dato sufficiente ceramica protocorinzia, a cominciare dal Geometrico, da rendere verosimile l'origine corinzia.
2. - Datazione. - È forse la ceramica greca più discussa, quella per cui sono stati più numerosi i tentativi di raggiungere una datazione sicura e più incerti i risultati. La datazione è importantissima perché è alla base della cronologia dell'orientalizzante greco (ceramica protoattica, cicladica, cretese, cipriota), di quella delle colonie greche e fenicie di Occidente e, in generale, dei centri dell'Italia meridionale, Sicilia, Etruria, e di molte città del Mediterraneo.
I primi tentativi di stabilire l'evoluzione stilistica del Protocorinzio (Orsi, Gabrici, Lorimer), si basavano sopra un materiale troppo scarso. Nel 1918 il Johansen ordinò il materiale conosciuto in base alla tipologia e alla decorazione degli aröballoi, ma fu soprattutto la traduzione del suo libro (1923) che pose le basi della cronologia attuale. Modificazioni furono portate da successive ricerche, specialmente dal Payne, e dagli scavi di Corinto, Perachora, Itaca, Ceramico di Atene, Sicilia, Smirne. Nelle sue linee generali la cronologia relativa del Protocorinzio, cioè il suo sviluppo stilistico, sembra essere sicura. L'incertezza incomincia quando si passa alla cronologia assoluta, quando si vuole, cioè, tradurre in cifre i risultati della cronologia relativa.
Lo Schweitzer e il Johansen furono i primi (1918) a datare il Protocorinzio in base alla cronologia delle colonie greche d'Occidente, quale risulta dalle fonti antiche: la più antica ceramica di una colonia è contemporanea alla sua fondazione (Johansen, Payne, Dunbabin), o posteriore di 10-20 anni (Byvanck, Villard). A Siracusa sono stati trovati gli aröballoi panciuti del Protocorinzio Arcaico, il cui inizio coinciderà dunque con la fondazione della città. Selinunte rappresenterebbe invece la fine del Protocorinzio, perché la sua ceramica più antica è della Transizione fra il Protocorinzio e il Corinzio. Ma il criterio non è sicuro: le date di fondazione delle colonie variano negli storici greci - per Siracusa, per esempio, sono tramandati il 757-56; il 734-33; il 708 a. C.; per Selinunte, il 650 e il 629-28 a. C. - e gli studiosi moderni sono discordi su come interpretarle. Abbiamo spesso un circolo vizioso: l'interpretazione delle fonti antiche riguardanti la colonizzazione è basata sulla cronologia del Protocorinzio e la datazione del Protocorinzio su quella della colonizzazione greca (R. M. Cook).
Altri tentativi di trovare una sicura correlazione tra lo sviluppo del Protocorinzio e eventi storici non hanno dato risultati soddisfacenti. Criterî di confronto sono stati: la tomba di Bochoris a Tarquinia (Karo; Quarles van Ufford; Dohan); gli scavi di Cipro (Daniels); le stratificazioni di al-Mina (Säflund; Åkerström) e di Samo (Walter per la fine del periodo di Transizione); la ceramica protoattica (Audiat; Curtius; Kübler; Young; Villard); gli scavi di Smirne (Dunbabin; J. M. Cook, per l'inizio del Corinzio Arcaico; Ducat).
Attualmente i vasi p. sono datati in base alla cronologia di Tucidide (vi, 3-5): 734-33 per Siracusa; 628-27 a. C. per Selinunte. Le oscillazioni fra le recenti cronologie dipendono dalla interpretazione che gli studiosi danno alle fonti e al materiale. Così, recentemente, un nuovo esame della ceramica di Selinunte, ha modificato le conclusioni cui si era giunti sulla base della pubblicazione del Gabrici: alcuni aröballoi sono stati giudicati del Tardo Protocorinzio (Vallet, Villard; dubbî ha espresso J. M. Cook). In conseguenza è stato proposto di accettare per Selinunte la data di fondazione di Diodoro, il 650 a. C. (Van Compernolle; Vallet; Villard). Altri invece (J. M. Cook; Anderson) propongono di conservare la data di Tucidide (628-27 a. C.) e di abbassare di circa 10 anni l'inizio del Protocorinzio Tardo, seguendo in questo lo Hopper e altri. La bassissima datazione dell'Åkerström - inizio del Protocorinzio circa 675 a. C. - è stata respinta da tutti.
Le datazioni proposte per il Protocorinzio sono riunite nel seguente quadro, dove P C A significa Protocorinzio Arcaico; M P C = Protocorinzio Medio; T P C = Protocorinzio Tardo.
Tabella
Le date per ciascun periodo non devono esser prese in senso troppo ristretto e assoluto. È difficile, anzi impossibile, stabilire una netta linea di divisione fra i periodi. La difficoltà è soprattutto sensibile fra il Geometrico Tardo e il Protocorinzio Arcaico; fra il Geometrico, il Subgeometrico e lo stile a silhouette; fra il Protocorinzio Tardo e l'età di Transizione; fra questa e il Corinzio Arcaico. Forme e motivi arcaici si sono attardati ed hanno continuato più o meno accanto a quelli più recenti. Schemi decorativi, la cui successione indicava, si è creduto, un sicuro ordine cronologico, si intrecciano e sono in parte contemporanei, per esempio, la successione cronologica della decorazione intorno alla base dei vasi nella seconda metà dell'VIII e nel VII sec. - fasce più o meno alte, poi linee sottili e parallele, poi raggi a triangolo (Weinberg, Benton) - la quale vale solo per l'inizio dei motivi, perchè li troviamo anche contemporanei, specialmente nel corinzio lineare (v. § 4 B). Esiste uno sviluppo stilistico e tipologico ma, in conseguenza degli attardamenti, esso corrisponde solo in parte a una successione cronologica. Vasi p. esportati in Italia e nel bacino del Mediterraneo, usati per datazioni di tombe e complessi votivi, dovranno essere riesaminati per separare quelli realmente p. dalle imitazioni e quelli subgeometrici dai geometrici (si vedano le osservazioni della Benton riguardo alle attribuzioni e datazioni del Blakeway per i vasi trovati in Italia).
Incertezze di datazione si hanno per alcuni vasi dello "stile policromo" e più specialmente per l'Olpe Chigi e l'aröballos Macmillan, che la maggior parte degli studiosi pone nel Protocorinzio Tardo (650-630 a. C.), mentre altri, per ragioni stilistiche, li abbassano al 600-580 a. C. (Pottier, Couve, Langlotz, Curtius, De La Coste Messelière, Audiat, Byvanck). Questa bassa datazione è generalmente respinta (v. tabella).
3. - Forme. - Due nuovi tipi di vasi incominciano nel Protocorinzio e ne sono caratteristici: l'aröballos e la kotöle. Ambedue ebbero grande popolarità. L'aröballos è il tipico vaso da profumi protocorinzio. Il Johansen lo mise a base della sua cronologia: l'aröballos panciuto, o a corpo globulare, che è il più antico della serie, si sarebbe gradatamente trasformato in aröballos ovoide e, successivamente, assottigliandosi, in aröballos piriforme. I nuovi scavi, pur confermando nelle linee generali i risultati del Johansen, hanno mostrato che l'aröballos panciuto ha breve durata e che quello ovoide sembra aver continuato anche quando era già in uso l'aröballos piriforme. Inoltre scavi recenti hanno mostrato che l'aröballos panciuto non appare all'inizio della transizione fra il Geometrico e l'Orientalizzante, ma circa il 730 a. C. Fu preceduto nel Geometrico da vasi simili, ma di forma non canonica, a corpo globulare, collo breve e stretto, ansa a nastro. È stato detto che l'aröballos deriva dall'anfora a falso collo micenea (Johansen, Pfuhl), oppure che viene da Creta (Payne), ma alcuni studiosi lo fanno derivare dal Geometrico di Corinto (Weinberg, Benton, Dunbabin). L'aröballos continuò a godere grande favore fino al Corinzio Arcaico (v. corinzi, vasi). Circa il 620-15 a. C. fu quasi completamente sostituito dall'alàbastron. Eccezionalmente alcuni aröballoi sono di grandi dimensioni (circa cm 15 di altezza, per esempio uno da Itaca: Robertson 255), ma la maggior parte ha da cm 5 a 8 di altezza e alcuni non superano i cm 4. Nel periodo di transizione dal Protocorinzio al Corinzio l'aröballos divenne assai più grande. Durante il Protocorinzio l'aröballos è decorato in stile miniaturistico e i fregi hanno a volte meno di cm 1 di altezza: il noto aröballos Macmillan, a Londra, alto m 0,068, ha cinque zone dipinte; un aröballos di Berlino (inv. 3773; altezza m 0,07) ne ha sei.
L'altra forma caratteristica del Protocorinzio è la kotöle i cui esemplari più antichi, larghi e bassi, con due anse orizzontali, hanno l'orlo leggermente curvo verso l'interno, come gli sköphoi geometrici, che sostituiscono quasi completamente. La kotöle appare prima del 750 a. C.; durante l'ultimo venticinquennio dell'VIII e nella prima metà del VII sec. a. C. divenne alta, slanciata, a base stretta e pareti più rigide. Fu pensato che imitasse modelli metallici (Johansen, Payne); quelli che abbiamo sono più recenti degli esemplari fittili. Godette grande popolarità nel Tardo Geometrico e continuò, decorata in stile subgeometrico (v. § 4 B), con lunghi e sottili raggi intorno alla base, fin oltre la metà del VII sec. a. C. Alcune fra le più belle composizioni figurate del Protocorinzio sono su kotölai: così i tre capolavori (a Londra, a Egina, a Firenze) del Pittore dei Cani (v.); quella bellissima ad Egina con Bellerofonte e la Chimera (v. bellerofonte, pittore di). Nella seconda metà del VII sec. la kotöle divenne di nuovo bassa e larga.
Altra forma sorta nel Protocorinzio - circa 650 a. C. - è l'òlpe, che fu la forma preferita della cerchia intorno al Pittore dell'Olpe Chigi.
Altre forme, frequenti nel Protocorinzio, sono ereditate dal Geometrico e si sono trasformate nel Protocorinzio. L'oinochòe geometrica, a corpo globulare nel IX sec., poi ovoide, di grandi dimensioni, continua con collo più alto in un bel gruppo di vasi dipinti intorno al 700 a. C. e vicini fra loro per lo stile, il Gruppo di Cuma: le oinochòai di questo gruppo sono decorate ad arditi girali desinenti in bocci. Il Johansen le ha credute di fabbrica cumana, ma sono troppo diffuse (Cuma, Itaca, Perachora, Egina, Atene, Corinto, Creta, Argo) per essere imitazioni locali. Ne sente l'influsso una oinochòe più recente del museo di Tolosa (v. tolosa, pittore di). Quasi unicamente usata nel Protocorinzio è l'oinochòe conica a collo eccessivamente lungo e stretto, corpo conico e larga base. Godette molta popolarità nel Tardo Geometrico, ma continuò fino al Protocorinzio Tardo e anche, eccezionalmente, nella ceramica corinzia, continuando ad avere il collo con decorazione subgeometrica. A Egina (Kraiker, 349) a Itaca (Benton, 1023) a Perachora (ii, nn. 227-230), sono state trovate oinochòai coniche dipinte da alcuni fra i migliori pittori; una, nello stile policromo, è del Protocorinzio Tardo (v. § 4 F). La larga base è talvolta decorata con linee, fiori, animali; più ricercati sono i due pesci, la testa di cavallo (?), il trofeo di caccia appeso a una lancia su oinochòai da Perachora (rispettivamente: Perachora ii, nn. 208, 218, 227); il Pittore del Sacrificio ha dipinto su una base di Aetos una delle più belle e vivide teste di cavallo dell'arcaismo.
La pyxis è anche essa eredità geometrica, ma il Protocorinzio Geometrico introdusse la pyxis alta a tronco di cono rovesciato, due anse verticali e alto coperchio conico, la quale è contemporanea alle pyxides circolari basse, a pareti diritte e coperchio piano. Caratteristica del Protocorinzio è la pyxis-kotöle, cioè una kotöle cui è messo un coperchio.
4. - Sviluppo del Protocorinzio. - Lo Pfuhl conosceva per l'Argolide solo la ceramica geometrica e il Protocorinzio orientalizzante, quest'ultimo era per lui contemporaneo ai vasi corinzî (v.). L'Albizzati e il Mingazzini riuniscono nel Paleocorinzio tutti i vasi che attualmente chiamiamo protocorinzî. Spetta al Johansen il merito di aver riconosciuto nel Protocorinzio stadî successivi in base allo sviluppo degli aröballoi. L'attuale divisione del Protocorinzio è dovuta al Payne e non ha subito, negli ultimi anni, molte modificazioni.
Non si deve dimenticare che i vasi a scena narrativa, spesso di alto livello artistico, sui quali sono basati, qui e altrove, l'analisi e lo sviluppo del Protocorinzio, erano oggetti di lusso. La maggioranza dei vasi p. è di stile subgeometrico, o lineare (v. § 4 B), o è decorata con fregi di animali. Questa decorazione è contemporanea per tutto il VII sec. a. C. ai bei vasi figurati.
A) Il Geometrico corinzio ha l'argilla chiara che distinguerà tutta la produzione corinzia. I vasi sono coperti quasi completamente di colore, che varia dal nero, al rosso-bruno e all'arancio, oppure hanno alte liste orizzontali, separate da una linea riservata. La decorazione è semplice, chiara e sobria, i motivi decorativi sono pochi: sono preferiti i zig-zag orizzontali, le linee ondulate orizzontali e verticali; meno frequente è la falsa spirale. Nella prima metà dell'VIII sec. a. C. (Medio Geometrico) si aggiungono il meandro, il triangolo a linee incrociate, il doppio triangolo a clessidra; mancano le linee curve e la figura umana. La decorazione, limitata alla spalla, è generalmente a metopa. Le forme più comuni sono le tazze a orlo sporgente e anse opposte, l'oinochòe, la pyxis, il cratere.
B) La metà dell'VIII sec. a. C. segna l'inizio di un nuovo spirito nella decorazione e nelle forme (v. § 3): è la transizione dal Geometrico all'Orientalizzante. Corinto fu probabilmente la prima città greca in cui si affermò il nuovo stile. Per alcuni fu conseguenza dei contatti commerciali diretti fra Corinto e la costa asiatica (Benton) per altri vi sarebbero stati intermediari (v. orientalizzante, arte).
La ceramica del 750-725 a. C. è stata detta Protocorinzio Geometrico o Geometrico lineare (Weinberg, Kraiker), o Geometrico Tardo (Payne, Benton, Weinberg, Robertson, R. M. Cook, Dunbabin, ecc.). La tecnica è eccellente: alcuni vasi, specialmente le kotölai hanno pareti sottilissime. Le forme più comuni sono: la kotöle, l'oinochòe, il cratere, la pyxis, lo sköphos (o tazza), il piatto. Si nota la tendenza a trasformare gradualmente le forme basse e tozze in vasi alti e slanciati: questo è particolarmente evidente nelle pöxides, nelle kotölai, nelle tazze, mentre le oinochòai sviluppano un collo lungo e sottile. La decorazione conserva la semplicità, chiarezza, sobrietà del geometrico, ma acquista eleganza e leggerezza. Sono caratteristiche di questo periodo le sottili linee parallele intorno al corpo del vaso: esistevano già, ma più larghe e pesanti, limitate alla spalla, fino dal IX sec. a. C., ora si estendono verso il piede secondo due sistemi decorativi: o sostituiscono completamente le larghe liste nere (sono i vasi che il Weinberg ha proposto di localizzare a Egina), oppure le sostituiscono parzialmente e una o due liste rimangono intorno alla base per circa un terzo dell'altezza del vaso. I due sistemi sono contemporanei, non successivi come era stato pensato (Weinberg, Benton): lo ha mostrato la "Casa Geometrica" di Delfi. La spalla rimane la zona principale del vaso: è decorata spesso a metopa con perfetta simmetria e alternanza di elementi verticali e orizzontali (si vedano alcuni grandi crateri di Delfi, Corinto, Itaca).
Entrano nel repertorio decorativo nuovi motivi: la stella, l'uccello (l'airone) e la figura umana. L'airone, che a Corinto ha sempre la cresta, divenne uno dei motivi preferiti. Forse gli esempî più antichi (per la Benton sarebbero del Medio Geometrico) sono quelli in cui è rappresentato a linea di contorno e corpo tratteggiato. Spesso gli uccelli sono a silhouette entro metopa, sia opposti e separati da linee parallele ondulate, sia in fila volti verso destra; possono avere una o due zampe. Divengono così stilizzati da esser quasi linee ondulate parallele, né meraviglia vederli sostituiti con linee verticali, che ricordano il sigma a quattro tratti. Il motivo dell'uccello, incominciato nel terzo venticinquennio dell'VIII sec., continuò, accanto ai nuovi motivi orientalizzanti dell'ultimo quarto del secolo, fino all'inizio del VII; la decorazione a zig-zag verticali è tipica della kotöle della prima metà del VII sec. a. C., con raggi triangolari intorno alla base, e forse prosegue oltre questa data. La figura umana è rarissima: oltre i due vasi conosciutissimi, il cratere e l'oinochòe da Tebe (il primo a Toronto, la seconda a Berlino), si conoscono solo frammenti di otto vasi, da Corinto, Delfi, Perachora, con scena narrativa.
La decorazione di carattere geometrico continuò dopo il 725 a. C. e per tutto il Protocorinzio, accanto ai vasi più recenti. Ai motivi del Geometrico corinzio - liste, linee parallele, a zig-zag, ondulate, verticali o orizzontali, clessidra, decorazione a metope, ecc. - se ne aggiunsero altri più recenti, che erano stati estranei al vero Geometrico: i raggi a triangolo pieno intorno al collo ma soprattutto alla base, la scacchiera, gli uccelli stilizzati, ecc. Questo stile fu usato specialmente per pyxides, kotölai, tazze, aröballoi. È detto Subgeometrico ed ha prodotto vasi semplici, ma eleganti e piacevoli, ancora nel primo venticinquennio del VII secolo. Anzi, kotölai e tazze in questo stile, con uccelli semplificati fino a divenire una linea verticale serpeggiante, continuarono fino a oltre il 650 a. C. Erano vasi a buon mercato, di rapida esecuzione. Nel corso del VII sec. si produssero anche vasi più poveri e più trascurati, spesso con motivi che non hanno più niente di geometrico: scacchiera, motivo a Z e a S, cani in corsa e animali del fregio orientalizzante dipinti rapidamente a silhouette. Divenne frequente la kotöle quasi interamente coperta di vernice, con raggi intorno alla base. La elaborata classificazione del Hopper per questi vasi si adatta solo a quelli del periodo "corinzio". I vasi p. di questo tipo sono detti da alcuni studiosi Corinzio Lineare; altri invece estendono anche a questi, per quanto impropriamente, la denominazione Subgeometrico.
C) Protocorinzio Arcaico (circa 725-700 a. C.). - Detto anche Protocorinzio Orientalizzante (Villard), Orientalizzante Arcaico (Payne, Kraiker, Kübier), età degli aröballoi panciuti (Johansen). L'aröballos panciuto è la forma più diffusa. Sui vasi la superficie è divisa in zone da gruppi di sottili linee; intorno alla base sono o due liste nere, o una serie di sottili linee, o bassi triangoli a raggio. In generale la decorazione orientalizzante è limitata a una sola zona, più alta, sulla spalla del vaso; i motivi geometrici sono sul collo e nelle parti secondarie. Accanto ai motivi puramente decorativi (fiori di loto, palmette, ecc.) troviamo ora il fregio con animali, originario dall'Oriente, ma trasformato dallo spirito greco. Greca, più che orientale, è la decorazione a volute fantastiche e bocci, caratteristica del Gruppo di Cuma; è greca anche quando, come sul coperchio di una pyxis dall'Heraion di Argo (probabilmente già dell'inizio del VII sec. a. C.), o negli ornati floreali che separano gli ammali sul corpo degli aröballoi, i ceramografi si sono ispirati al motivo orientale dell'albero della vita. Il fregio animale non ha ancora, o ha raramente, l'ordine che diverrà canonico nel VII sec. a. C. e che continuerà nella ceramica detta corinzia (v. corinzi, vasi). Il repertorio del fregio è limitato: è frequente il gallo, che è molto simile al grifo (sarebbero grifi per il Kunze); il pesce; l'uccello; il cervo. Gli esseri fantastici sono quasi sconosciuti. Alla fine del periodo troviamo il cavallo alato (v. sotto) e, se un aröballos da Itaca (Robertson, 235) è ancora dell'VIII sec., la più antica sfinge corinzia. Il grifo, al lato di un lebete con protomi di grifo, su un aröballos a Berlino, può essere del VII sec. a. C.
Le tecniche più usate sono la silhouette e la linea di contorno, ambedue eredità del Protocorinzio Geometrico: sono spesso usate insieme sullo stesso vaso e per uno stesso animale. In rari casi il motivo limitato dalla linea di contorno è riempito con punti, così sui due aröballoi del Pittore della Protome di uccello; su alcuni frammenti di kotöle da Perachora, dove furono usati per le ali dei più arcaici cavalli alati del Protocorinzio (Perachora ii, n. 390). Questa kotöle è strana: è il lavoro di un pittore che tenta una tecnica (particolari interni a linea riservata) che è propria delle Cicladi e dei vasi rodi. È anche la sola kotöle che ha due fregi figurati di uguale altezza. L'incisione è rara e ancora usata in modo inorganico. Si possono ora raggruppare alcuni vasi secondo tendenze stilistiche; più difficile è delimitare l'opera di un pittore. Il Pittore della Protome di Uccello (v.), il Pittore degli Uccelli Saltellanti restano nebulosi e incerti. I vasi del Gruppo di Cuma, in generale oinochòai e kotölai, appartengono a questo periodo e continuano nel VII sec.: i caratteristici girali e i fiori sembrano corrispondere per la fantasia del disegno, l'uso contemporaneo di motivi orientalizzanti e geometrici, al periodo attico caratterizzato dall'idria di Analatos, ma sono meno fantasticamente sbrigliati. La composizione ha anche in questo gruppo quello spirito di simmetria ed equilibrio che distingue tutta la produzione corinzia. Una grande oinochòe del Gruppo di Cuma da Corinto (C. 40.362) è decorata nello stile "bianco su nero", cioè con decorazione lineare bianca sul fondo nero, e ne è uno dei più antichi e migliori rappresentanti, insieme a un cratere da Corinto. Questo stile, di cui si hanno esemplari da varie località (Perachora, Corinto, Argo, Aetos, Smirne, ecc.), fu datato alla fine dell'VIII sec. a. C. (Young): alcuni esemplari, come l'oinochòe da Corinto, sono certo più antichi; altri, risalgono al terzo venticinquennio dell'VIII sec.; vasi in questo stile continuarono durante il VII sec. a. C. Alla fine dell'VIII sec. incominciano le palmette a foglie nere, alternate a foglie a linea di contorno e, nel VII sec., a foglie bianche.
Alla fine dell'VIII sec. è stato datato un sostegno di lebete, trovato a Itaca (Robertson, 225). È una forma rara: alcuni frammenti da Perachora possono venire da sostegni simili; uno intero è probabilmente dell'età di Transizione. La forma, a doppio tronco di cono, ricorda i sostegni di lebeti bronzei e le loro imitazioni fittili, trovati in tombe etrusche, ed è simile al lebete con sostegno rappresentato su un aröballos protocorinzio a Berlino.
D) Protocorinzio Medio I (700-675 a. C.). - Detto anche lo stile a figure nere. Con l'inizio del VII sec. la tecnica a figure nere predomina: l'incisione è ancora stentata e poco abile, specialmente al principio del secolo. La linea di contorno è usata in generale per teste femminili e talvolta maschili e per particolari decorativi secondari (fregio di fiori di loto e volute). Il fregio animale diviene ora più ricco: troviamo il leone (di tipo hittita) e meno frequentemente il leone con testa frontale, o pantera (forse il più antico esempio è su un aröballos dall'Heraion di Argo, dove il corpo dell'animale ha la maculatura caratteristica); il toro; il cane; eccezionalmente la capra. Un pittore ha ripetutamente dipinto protomi di capra (v. protomi di capra, pittore delle). Il gallo passa in secondo ordine. Su un gruppo di vasi (New York, Itaca, Berlino, Boston, Perachora, Ceramico di Atene) sono rappresentati dei lebeti con sostegno conico, oppure dei tripodi con anse ad anello; su un'oinochòe da Itaca (Robertson, 142) è una serie di strane protomi di grifo, a grande becco aperto e denti aguzzi, molto diverse da quelle che conosciamo in bronzo (v. tolosa, pittore di). Gli animali fantastici - sfingi, chimere, cavallo alato - sono frequenti. Il fregio di animali è più ordinato e simmetrico, anche se non ha ancora raggiunto il ritmo e la chiarezza che avrà nel secondo venticinquennio del secolo: gli animali sono in fila regolare e raramente sono volti tutti nella stessa direzione. Alcuni sono a gruppi di due, in schema antitetico o di lotta; due sfingi affrontate (Perachora ii, n. 391) anticipano motivi del periodo seguente. Le scene di caccia sono frequenti (v. aetos, pittore di): fra queste rientrano i cani in corsa e la caccia alla lepre. Su un aröballos da Rodi, dell'inizio del secolo, un cane (?) ha attaccato un toro; una kotöle da Aetos ci dà quella che è forse la più antica caccia al leone del Protocorinzio (Robertson, n. 29); il motivo è ripetuto un poco più tardi su un aröballos a Berlino (inv. 3319; v. aiace, pittore di); la caccia al cinghiale su un alàbastron da Perachora (Perachora ii, n. 111) può essere più recente.
Troviamo ora sicure scene mitologiche, per esempio su un gruppo di aröballoi che sono stati dati ad un unico pittore (v. aiace, pittore di). Un aröballos con combattimento di eroi, per la presenza di un arciere, potrebbe rappresentare la morte di Achille (Perachora ii, n. 27). In questo fregio troviamo per la prima volta un tentativo di dare alla scena una composizione organica: i combattenti divisi in due schiere opposte si tagliano fra loro e si incrociano. Questo schema di combattimento continuerà fino a che, nel 650-640 a. C., l'aröballos Macmillan e l'òlpe Chigi (v. olpe chigi, pittore della) introdurranno una composizione più sapiente.
E) Protocorinzio Medio II (675-650 a. C.) - Detto anche secondo stile a figure nere (Payne, Kraiker, Villard), o degli aröballoi ovoidi di stile B (Johansen). La tecnica a figure nere raggiunse in questo periodo un livello molto alto. La linea di contorno continuò ad essere usata, anzi se ne estese l'uso, per esempio su una bella tazza e su una kotöle da Aetos (Robertson, nn. 32 e 52: v. boston 397, pittore di), forse per l'influsso della grande pittura (Robertson), a cui è dovuto anche il sorgere dello stile policromo. Le figure sono proporzionate, hanno solidità, eleganza; sono disegnate con estrema finezza, la linea è facile e scorrevole, ricca di effetti e di elasticità (v. cani, pittore dei). I motivi di riempimento sono più frequenti: diventa usuale la rosetta a punti, che sarà popolare nel Protocorinzio Tardo e nel periodo di Transizione. Nella composizione del fregio animale si cerca di evitare la monotonia: gli animali si muovono in direzione diversa, talvolta formano gruppo. Nella tazza di Aetos ricordata (Robertson, 52) un leone ha atterrato un toro; su un vaso da Egina (Kraiker, 282) una mucca è seguita dal vitellino. Sui leoni incomincia ora l'influsso assiro, che diverrà prevalente nella seconda metà del VII sec. a. C. I piccoli aröballoi, decorati a varie zone separate da tre sottili linee - da 3 a 6 zone - mostrano che i pittori corinzî avevano raggiunto un'abilità miniaturistica notevole. Il Protocorinzio raggiunge il suo più alto sviluppo intorno al 660-640 a. C. Oltre al fregio di animali, troviamo, in numero molto inferiore, scene figurate a soggetto mitologico, dipinte su arìballoi, ma anche su kotölai, oinochòai, coperchi, pissidi, cioè su vasi di dimensioni più notevoli nei quali la personalità del pittore aveva maggior modo di esplicarsi. Mitologica (la partenza di Anfiarao) è stata giudicata la scena su alcuni frammenti da Egina (Kraiker, 267), ma l'interpretazione è assai dubbia (v. telestrophos, pittore di). Scene di interpretazione incerta sono sulla tazza di Aetos ricordata; su una tazza da Perachora (ii, 673) dove un uomo sembra cacciare con la lancia una o due sfingi barbate, su due kotölai da Aetos (Benton, 693 e 695), una con un uomo che afferra l'orecchio di un leone, l'altra con l'uomo che si appoggia al leone (le interpretazioni iniziali: uomo che cavalca il leone; leone con testa umana sul dorso, furono corrette dalla Benton). Difficilmente si potrà vedere in questi vasi imprese eroiche a noi sconosciute, che è l'interpretazione data di un aröballos di Boston (v. boston 397, pittore di) dove è un leone sul cui dorso si erge una testa umana barbata. Una kotöle da Perachora (ii, 395), dell'inizio del periodo, ha un gorgonèion barbato, molto diverso dagli usuali gorgonèia corinzî: è, con quello dipinto su un aröballos plastico da Siracusa, il più antico gorgonèion corinzio. Troviamo anche scene della vita giornaliera (mitologiche per Dunbabin), come le gare di cavalieri (aröballoi di Taranto e Macmillan), quelle di carri (aröballoi di Siracusa; frammento di al-Mina; Berlino 3773). Le esercitazioni di opliti sull'aröballos Macmillan e sull'òlpe Chigi rappresentano la fine della pittura vascolare protocorinzia a scena narrativa: il primo è datato al 650 a. C., la seconda è già del Protocorinzio Tardo. Una scena di lotta è su un aröballos dal Ceramico di Atene (inv. n. 78).
Il secondo venticinquennio del VII sec. introdusse una novità: il pittore usò, quali colori sopradipinti sulla vernice nera, oltre il rosso e il bianco anche il bruno e il giallo, dando così maggiore varietà ed eleganza. Uno dei migliori esempî è dato dalle tre kotölai di Londra, Firenze, Egina, a cui il Pittore dei Cani deve il nome. Ma un piccolo gruppo di pittori, forse appartenenti a una stessa bottega, sperimentò una nuova tecnica, usò, cioè, per indicare le carni il giallo o il bruno, stesi direttamente sull'argilla, ed estese assai l'uso del rosso. I vasi così dipinti sono detti di "stile policromo". All'uso dei colori si aggiunsero disegno, incisione e composizione di così alta qualità da giustificare il nome dato dal Johansen ai vasi di questa tecnica: "stile magnifico".
Accenni alla policromia si hanno già nel primo venticinquennio del VII sec.: un aröballos da Perachora (ii, 27) ne è uno dei più antichi esempî, forse il primo: il bruno è solo nel fregio floreale intorno al collo, il rosso è usato molto estesamente. All'inizio del Protocorinzio Medio II troviamo altri accenni di stile policromo (per esempio Perachora, ii, 87, 227, 394, 397). I capolavori di questo stile furono dipinti fra il 660-640 a. C.: gli aröballoi a Berlino (nn. 2686 e 3773), al Louvre (CA 931), a Londra (aröballos Macmillan), una pyxis-kotöle da Perachora (ii, 924) e, nel Protocorinzio Tardo, un frammento da Egina (Kraiker 348) e l'òlpe Chigi (v. olpe chigi, pittore dell'). L'origine dello stile policromo è stata cercata nella metallurgia (Furtwängler, Studniczka, Johansen). Il Payne ha mostrato che tecnica e composizione sono influenzate dalla grande pittura: il confronto più convincente è con le metope da Thermon. Per il Kraiker, il Pittore dell'òlpe Chigi sarebbe stato anche pittore di tavole murali.
L'alta qualità della pittura vascolare protocorinzia, specialmente quella di questo periodo, ha incoraggiato gli studiosi a ricercare e definire l'opera di ciascun pittore. Isolati tentativi della Lorimer e del Johansen sono stati seguiti da quelli più numerosi del Payne, del Kraiker e dalle recenti attribuzioni di Benson, Robertson, Dunbabin (v., oltre i gia citati, anche i pittori dell'agamemnoneion; di bellerofonte; della caccia alla lepre; della centauromachia di berlino; di egina f 48; del sacrificio; della sirena frontale; di telestrophos). Per molti vasi i risultati rimangono spesso incerti e discussi, soprattutto per i vasi dello stile policromo.
F) Tardo Protocorinzio (650-630 a. C.) o degli aröballoi piriformi di stile C (Johansen). - L'aröballos si assottiglia e si allunga, la bocca è più larga. È popolare ora l'òlpe. La tecnica è ottima, come è ottimo il disegno; l'incisione può essere delicatissima. Si usò la tecnica a figure nere, la linea di contorno, la policromia. Uno dei vasi a figure nere più interessanti è l'oinochòe frammentaria da Egina (Kraiker, 340) con scena di sacrificio. La vita giornaliera sarà rappresentata su frammenti da Egina (Kraiker, 342) e da Perachora (ii, 273, 367: Gruppo di Erifile), sui quali si è voluto vedere la partenza di Anfiarao. Si hanno ancora bei vasi nello stile policromo (Egina: Kraiker, 296, 341; Perachora: ii, 285); ma, con incomprensione del motivo per cui la policromia era sorta, la troviamo ora estesa al fregio degli animali, per esempio, su una oinochòe conica, dallo Heraion di Argo. Diventa popolare una nuova tecnica, la policromia su fondo nero (black-polychrome): il vaso, o parti di esso, fu coperto di vernice nera, su cui i motivi decorativi e figurativi furono incisi, oppure sopradipinti in rosso, giallo, bianco. Su altri vasi, i fregi di animali furono divisi da liste nere con sopradipinte linee rosse e bianche, o rosse e gialle; oppure sulle liste nere furono incise squame, tracciate con il compasso e rese vivaci dall'alternanza del bianco, rosso, giallo. Sulla spalla, intorno al collo si ebbero le lingue, incise e dipinte a colori alternati sul fondo nero. Uno dei più begli esempî di policromia su nero è un'òlpe di Villa Giulia, da Veio (boston 397, pittore di), che ha inciso sulla spalla il gruppo del leone che atterra il toro. Ugualmente ricca di effetto è l'òlpe vaticana (Albizzati, 77) con sopra inciso un cervo pascolante. Talvolta la decorazione è sopradipinta sul fondo nero: un frammento da Egina (Kraiker, 392) ha i resti di un leone sopradipinto in rosso sul fondo nero; un frammento dallo Heraion di Argo ha il leone sopradipinto in bianco. Sull'òlpe Chigi sono in questa tecnica le liste che dividono le varie zone, il basso fregio con caccia alla capra, le rosette sul collo. Un'oinochòe da Egina, contemporanea all'òlpe Chigi (Kraiker, 379), ha i varî fregi, di cui uno con combattimento di eroi, separati da liste a squame policrome, ma in generale la lista policroma a linee sopradipinte, o a squame, separa fregi di animali gradienti. Vasi con liste a squame sono molto frequenti; alcuni sono interamente coperti di squame a varî colori.
I migliori pittori di questo periodo sono quelli che hanno incominciato la carriera nel periodo precedente (v. i pittori: dei cani; di boston 397; del sacrificio; dell'olpe chigi). Altri pittori (dei grifi araldici; di leida; della sirena frontale; di torr) sono più freddi, i loro animali hanno eleganza manierata: nessuno raggiunge l'alto livello del periodo precedente. Vi è la tendenza a dare alle figure e agli animali maggiori dimensioni, lo stile miniaturistico ha ormai esaurito le sue possibilità. Fra il 640 e il 620 a. C. il Protocorinzio si trasforma (v. corinzi, vasi).
5. - Vasi plastici. - Conosciamo solo un numero assai ristretto di vasetti per profumi ai quali fu dato corpo di animale: sono fra i migliori esempî della plastica corinzia. Questi vasi diverranno popolari alla fine del VII sec. a. C., ma saranno di qualità molto bassa. Il più antico vaso plastico è un aröballos da Siracusa, a protome di leone (secondo venticinquennio del VII sec. a. C.). Alcuni, più recenti (pernice di Leida; anitra di Berlino; civetta del Louvre) sono capolavori per la forma, la linea scorrevole, il colore. Alcuni fra i migliori aröballoi della metà del secolo hanno il collo modellato a testa femminile o a protome di leone. Uno di Berlino (inv. 3773) unisce i due motivi ed ha per ansa un leone. Il coroplasta che ha modellato questi minuscoli colli plastici è all'altezza del pittore che ne ha dipinto il corpo.
6. - Diffusione. - I vasi p. sono stati trovati in tutto il mondo antico che ebbe contatti con la Grecia. Quelli geometrici furono scarsamente esportati (Egina, Attica, Delfi, Argolide, Thera, Itaca, Smirne). L'esportazione si estese a partire dal 750 a. C.: vasi del Geometrico Tardo e dei periodi successivi sono stati trovati dalla costa della Siria (al-Mina, Smirne) alla Sicilia e a Ischia. Una tazza da Faleri, per alcuni geometrica (Blakeway), è da altri (Benton) considerata una imitazione e deve essere riesaminata; imitazioni sono per la Benton anche i vasi della Punta del Tonno, presso Taranto. Con il Protocorinzio Arcaico l'esportazione si estese nel Mediterraneo, divenne regolare, e continuò per tutto il Protocorinzio.
La ceramica protocorinzia fu trovata non solo nella Grecia continentale, ma nelle isole (Itaca, Corfù, Creta, Cicladi, Samo, Rodi), a Cipro, in Sicilia, a Cartagine, nelle colonie greche. È sorprendente l'abbondanza del Protocorinzio nelle necropoli e città della Sicilia, a Cuma, a Ischia. A Taranto, l'importazione sembra cominciare nel Protocorinzio Medio. In Etruria l'importazione dei vasi p. è scarsa, contrariamente a quanto viene spesso scritto: tarde e brutte imitazioni locali dello stile lineare sono state dette con troppa facilità protocorinzie. I vasi importati in Etruria sono generalmente vasi del Protocorinzio Tardo e kotölai in stile lineare. Caere ha rari vasi del Protocorinzio Medio e una kotöle con uccelli; da Tarquinia viene una kotöle con clessidra risparmiata. Importazione diretta si ha solo in città dell'Etruria meridionale (Caere, Veio, Tarquinia, Vulci) e, forse, a Populonia; Marsiliana, Vetulonia, alcuni centri secondarî hanno solo pochi pezzi, arrivati attraverso l'Etruria meridionale. L'ipotesi che un ceramografo di Corinto si sia stabilito a Caere (Blakeway) è quasi sicuramente errata: i vasi trovati in questa città sono relativamente pochi, di età e di stile diversi.
7. - Imitazioni. - La ceramica protocorinzia fu imitata estesamente. Già i primi illustratori, Gabrici, Orsi, Furtwängler, hanno parlato di imitazioni. Il Johansen, che trattò per primo la questione più ampiamente, benché partisse dall'errato principio che le imitazioni sono rare in Grecia, perché era facile procurarsi i vasi originali, ricorda tuttavia, oltre a quelle italiche della Sicilia e di Cuma, e a quelle dell'Asia Minore, anche imitazioni in Attica, in Argolide, in Beozia, a Delo, a Rodi: sono generalmente vasi che hanno preso da Corinto la forma (l'aröballos), che vien poi decorata nello stile locale. Sappiamo ora che l'imitazione fu assai più estesa e che molti vasi, creduti p., sono imitazioni fatte localmente o importate da altri centri. L'Attica si limitò a copiare alcune forme (aröballoi, kotölai) e alcuni motivi: per esempio, già avanti la metà dell'VIII sec., le sottili linee parallele che coprono buona parte del vaso; e poi in seguito le rosette; le file di uccelli simili agli aironi protocorinzî. Ma l'Attica rimase profondamente originale. Imitazioni locali sono state riconosciute nell'Eubea, a Itaca, in Laconia, in Beozia, nelle Cicladi, a Cipro. Le imitazioni trovate a Thasos e in Siria (al-Mina) sono state attribuite a una fabbrica delle Cicladi non meglio specificata. Questi vasi, di argilla più rozza e più scura di quella corinzia, sono talvolta ingubbiati. Fra le imitazioni si può ricordare, in Beozia, l'aröballos piriforme firmato da Pyrrhos. A Itaca i vasi p. furono estesamente imitati e anche copiati fino dal Geometrico. Sono spesso così vicini ai modelli da render difficile riconoscere se abbiamo un vaso protocorinzio o una imitazione. Imita il protocorinzio un candelabro firmato da Kallikleas, un ceramografo di Aetos, che fu attivo probabilmente nel primo venticinquennio del VII sec. a. C.: gli sono stati attribuiti anche altri vasi. La migliore produzione di Itaca è data da un gruppo di piccole oinochòai (Robertson, 499-520; Benton, 997-999), a corpo ovoide, bocca trilobata e stretto collo, nelle quali si è visto una imitazione di quelle del Gruppo di Cuma. I larghi girali furono sostituiti da linee e foglie serpeggianti, che sottolineano la forma del vaso: sorgono dalla base, quasi un ciuffo di erba palustre. Su due vasi (Robertson, 507; Benton, 998) l'illusione è completata da uccelli.
In Italia - a Cuma, Ischia e Sicilia - si copiarono vasi p. e si imitarono. Le imitazioni di Cuma furono in parte riconosciute dal Gabrici e dal Johansen; quelle della Sicilia sono state riconosciute negli scavi recenti. In generale le imitazioni sono ingubbiate per dare l'illusione della argilla chiara di Corinto. A Megara, i motivi protocorinzî furono spesso adattati a grandi vasi (crateri e dinoi); si usò la policromia, lo stile bianco su nero. Alcuni grandi vasi locali di Cuma e di Ischia dipendono per la forma e per la tecnica da vasi p., ma le complesse scene figurate, specialmente su uno di essi, e le protomi umane, suggeriscono influenza attica. In Etruria si imitarono in bucchero, in terracotta, in metallo, nel corso del VII sec. a. C., le forme di alcuni vasi p. (la kölix slanciata subgeometrica, la kotöle del VII sec., la tazza, l'aröballos). L'inizio dell'imitazione non è molto anteriore al 65o a. C. Influenza delle oinochòai protocorinzie è stata vista dalla Benton su vasi di bronzo della Tomba Barberini, a Preneste; ma la datazione che ne dà (700 a. C.) non è accettabile. Gli aröballoi panciuti a decorazione lineare, che imitano quelli protocorinzî della fine dell'VIII sec. a. C., continuarono in Etruria per tutto il VII ed anche nel VI sec. a. C.
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Robertson, Some Protocorinthian Vase Painters, in Ann. Br. Sch. Athens, XLVIII, 1953, p. 172 ss. (questo e lo studio precedente cercano di definire l'opera dei varî ceramografi); F. Villard-G. Vallet, Géométrique grec, géométrique siceliote, géométrique sicule, in Mél. Arch. Hist. Rome, LVI, 1956, p. 7 ss.; R. M. Cook, Greek Painted Pottery, Londra 1960, p. 23 ss., 38 ss.; 146 ss.; R. van Compernolle, Étude de chronologie et d'historiographie siceliotes, Bruxelles 1960; D. Callipolitis, Feytmans. Evolution du plat corinthien, in Bull. Corr. Hell., LXXXVI, 1962, p. 117 ss.; I. Ducat, L'archaïsme à la recherche de points de repère chronologiques, in Bull. Corr. Hell., LXXXVI, 1962, p. 195 ss. - Iscrizioni: K. F. Johansen, op. cit., p. 171 ss.; H. Payne, op. cit., p. 38 s.; J. C. Hoppin, Black-fig., p. 3; M. Lejeune, En marge d'inscriptions grecques dialectales, in Rev. Ét. Anc., XLVII, 1945, p. 97 ss. - Leoni: H. Payne, Op. cit., p. 66 ss.; E. Akurgal, Späthethitische Bildkunst, Ankara 1949, p. 39 ss. - In Grecia-Corinto: S. S. Weinberg, Corinth, VII, i, Cambridge Mass. 1943; id., in Hesperia, XVII, 1948, p. 197 ss. Gli scavi del Ceramico di Corinto non sono ancora pubblicati. Si veda: A. Newhall Stillwell, Corinth XV. The Potter's Quarter, Princeton 1946 e 1948; A. Newhall, The Corinthian Kerameikos, in Am. Journ. Arch., XXXV, 1931, p. i ss. - Atene: P. Kahane, Entwicklungsphasen der attisch-geometrischen Keramik, in Am. Journ. Arch., XLIV, 1940, p. 478 ss.; R. S. Young, ibid., XLVI, 1942, p. 25 ss.; K. Kübler, Kerameikos, V, i, 1954, p. 71 ss.; 146 ss.; VI, i, 1959, p. 105 ss.; id., Altattische Malerei, Tubinga 1950; E. T. H. Brann, The Athenian Agora VIII. Late Geometric and Protoattic Pottery, Princeton 1962, p. 26 ss., tav. 9. Egina: W. Kraiker, Aigina. Die Vasen des 10. bis 7. Jhdts. v. Chr., Berlino 1951. - Eubea: J. Boardman, in Ann. Brit. Sch. Athens, XLVII, 1952, p. i ss.; id., ibid., LII, 1957, p. i ss. - Delfi: si veda i rendiconti annuali in Bull. Corr. Hell., specialmente LXII, 1938; LXVIII-LXIX, 1944-45; LXXV, 1961; Fouilles de Delphes, V. - Itaca, scavi di Aetos: M. Robertson, Excavations in Ithaca V, in Ann. Br. Sch. Athens, XLIII, 1948, p. 9 ss.; S. Benton, Further Excavations at Aetos, ibid., XLVIII, 1953, p. 260 ss. (corregge il rendiconto precedente del Robertson). - Perachora: H. Payne, Perachora I, Oxford 1940; T. J. Dunbabin, Perachora II, Oxford 1962. - Samo: H. Walter, Korinthische Keramik, in Ath. Mitt., LXXIV, 1959, p. 57 ss. - Thasos: Bull. Corr. Hell., LXXV, 1961, p. 116 ss. - Cipro: T. J. Dunbabin, The Greeks, cit., p. 73 ss.; Karageorghis, in Bull. Corr. Hell., LXXV, 1961, p. 266 ss.; J. L. Benson, in Am. Journ. Arch., LXIII, 1959, p. 306. Sulla costa asiatica: al-Mina: M. Robertson, The Excavations at Al Mina Sueidia. IV, in Journ. Hell. Stud., LX, 1940, p. 16 ss.; J. M. Cook, in Ann. Br. Sch. Athens, LIII-LIV, 1958-59, pp. 25 ss.; J. K. Anderson, ibid., p. 138 ss. - Cartagine: E. Boucher, Céramique archaïque d'importation au Musée Lavigerie de Carthage, in Cahiers de Byrsa, III, 1953, p. 11 ss. - Italia: Å. Åkerström, op. cit.; A. Blakeway, in Ann. Brit. Sch. Athens, XXXIII, 1932-33, p. 170 ss.; id., in Journ. Rom. Stud., XXV, 1935, p. 129 ss.; S. Benton, in Ann. Brit. Sch. Athens, XLVIII, 1953, p. 264. - Cuma: E. Gabrici, in Mon. Ant. Lincei, XXII, 1913. - Gela: ibid., XVII, 1906, c. 575 ss.; Not. Scavi, 1956, p. 277 ss.; Arch. Class., V, 1953, p. 244 ss. - Megara Hyblaea: F. Villard-G. Vallet, in Mél. Arch. Hist. Rome, LXIII, 1951, p. 7 ss.; LXIV, 1952, p. 7 ss.; LXV, 1953, p. 9 ss. - Milazzo: L. Bernabò Brea-M. Cavalier, Mylai, Novara 1959, p. 105 ss. - Siracusa: P. Orsi, in Mon. Ant. Lincei, XXV, 1919, c. 353 ss.; Not. Scavi, 1951, p. 298 ss.; F. Villard-G. Vallet, Les dates de fondation de Megara Hyblaea et de Syracuse, in Bull. Corr. Hell., LXXVI, 1952, p. 289 ss. - Selinunte: F. Villard-G. Vallet, La date de fondation de Selinonte, in Bull. Corr. Hell., LXXXII, 1958, p. 16 ss. - Ischia: G. Buchner, Scavi nella necropoli di Pithecusa, in Atti Mem. Soc. Magna Grecia, 1954, p. 11 ss.; id., Figürlich bemalte spätgeom. Vasen aus Pithecussai u. Kyme, in Röm. Mitt., LX-LXI, 1953-54, p. 37 ss. - Taranto: G. Säflund, Punta del Tonno, in Δρᾶγμα M. Nilsson, p. 458 ss.; F. G. Lo Porto, Ceramica arcaica della Necropoli di Taranto, in Ann. Sc. Atene, XXXVII-XXXVIII, 1959-60, p. 7 ss. Etruria: H. Payne, Necrocor., cit., p. 206 ss.; F. Villard, in Mon. Piot, XLVIII, 2, 1956, p. 41; W. L. Brown, The Etruscan Lion, Oxford 1960, p. 53 s.; C. Brokaw sta studiando i vasi p. trovati in Etruria: a lei devo l'indicazione della kotöle a uccelli da Caere.