Vedi TIRRENICI, Vasi dell'anno: 1966 - 1997
TIRRENICI, Vasi
Il nome (dovuto a E. Gerhard) ha un mero valore di classificazione e sta a indicare nell'intenzione degli studiosi della metà del secolo scorso, una classe apparentemente intermedia tra le due grandi categorie di vasi ellenici e italici che allora venivano ad esser costituite e separate. Una minima giustificazione del nome può vedersi nel fatto che in apparenza si tratta di prodotti destinati, almeno in grandissima prevalenza, al mercato dell'Italia centrale. La quasi totalità delle provenienze note si riferisce infatti a località dell'Etruria meridionale, tra Veio e Chiusi. E questo fatto, unito alla peculiarità della classe e, a volte, all'arruffata trascuratezza dello stile ha indotto non pochi studiosi a non includere questi vasi nella produzione attica. In realtà per quanto compatto e unitario sia il gruppo dei vasi t., le forme, in particolare l'anfora che costituisce la quasi totalità del gruppo, i motivi iconografici, il modo di raccontare, l'uso di fregi accessori, stanno concordemente a indicare per essi una posizione nella produzione attica del secondo venticinquennio del VI sec. a. C. Alcuni rari esempî sono del resto venuti in luce in Attica stessa (si veda ad esempio Acropoli n. 696, Ceramico; Jahrbuch, lxi-lxii, tav. 17) a Rodi, in Sicilia, a Naukratis. E se per ora non è dato di riconoscere mani di artisti del gruppo tirrenico in altri tipi di vasi, è evidente che il ponte è costituito da opere, ad esempio, del Pittore di Camtar, di Londra B 76 e colleghi, le cui anfore ovoidali potrebbero benissimo esser considerate prodotti particolarmente raffinati del gruppo tirrenico. Il grande Lydos (v.) d'altra parte dipinge vere e proprie anfore tirreniche a fregi sovrapposti come la notissima con il giudizio di Paride, Firenze 70.995.
Il gruppo tirrenico come costituito recentemente da J. D. Heazley è composto di circa 140 vasi, in prevalenza assoluta anfore ovoidali con alcuni crateri a colonnette, hydrìai, dèinoi, una oinochòe e un piatto. Mentre una notevole percentuale delle anfore di questo gruppo non sono altro che delle semplici anfore ovoidali con un unico fregio figurato; la più caratteristica produzione tirrenica si svolge secondo modi decorativi che possono esser fatti risalire a Sophilos e a Kleitias. Il vaso è scompartito in lunghi fregi orizzontali sovrapposti, a volte alternati a zone di palinette e fiori di loto. Di regola le figurazioni più importanti con scene mitiche o comunque con figure umane, sono riservate al fregio o ai due fregi più in alto: seguono fregi di animali da uno a tre, in cui la precedenza viene data innanzi tutto agli animali favolosi, sfingi o sirene e poi a quelli reali. Tali regole del resto non sono costantemente osservate e intrusioni di animali si hanno anche nel fregio principale.
Tra le scene mitiche che incontriamo nel fregio maggiore si hanno motivi puramente del mondo degli dèi, quali gigantomachie, nascita di Atena, il ritorno di Efesto, Tityos, Prometeo: o temi eroici. Tra questi ultimi i miti troiani, la caccia di Calidone e con assoluta prevalenza numerica storie di Eracle, in particolare in lotta con le amazzoni. Numerosissime sono anche le battaglie non identificabili, le scene di kòmos con satiri e menadi, le danze e le figurazioni erotiche. Malgrado l'importanza delle proporzioni, spesso i vasi t. sono dipinti con estrema trascuratezza. Fatto tanto più singolare in quanto contrasta con il livello assai alto della produzione attica di questo periodo. I pittori delle anfore tirreniche sembrano ossessionati dal racconto ampio e diffuso, con una moltitudine di figure frettolosamente accennate. Assai spesso anche il racconto diviene mera decorazione: mentre lo stesso oscillare tra interesse narrativo e puramente rappresentativo nelle serie di animali reali e fantastici che invadono ogni campo sta a indicare la scarsa consapevolezza artistica di questi pittori.
Dopo la prima trattazione metodica del Thiersch, una recente sistemazione da parte di D. v. Bothmer si conclude con la ripartizione di gran parte dei materiali tra alcuni maestri (Pittori di Timiades, Goltyr (v.), Kyllenios, Prometheus, del Naso Puntuto [Pointed Nose], Castellani, del Daino [Fallow deer], del Komos). J. D. Beazley per contro non accetta completamente tale ripartizione e riammette nella serie il gruppo O. L. L. che v. Bothmer aveva escluso. Per Beazley rimangono il Pittore di Goltyr, e i gruppi Guglielmi (da non confondere col Pittore di Guglielmi [v.] polignoteo), e Pointed Nose. Nello stesso tempo continua a trattare la serie come un gruppo a sé, troppo strettamente connesso per essere altrimenti sezionato.
Bibl.: E. Gerhard, in Ann. Inst., 1831, p. 10 ss.; H. Thiersch, Tyrrenische Amphoren, Lipsia 1899; D. v. Bothmer, in Amer. Journ. Arch., XLVII, 1944, p. 161 ss.; J. D. Beazley, Raccolta Guglielmi, Città del Vaticano 1939, p. 25; id., Black-fig., 1956, p. 94 ss.; K. Schauenburg, in Jahrbuch, Arch. Anz., LXXVII, 1962, p. 58 ss.