VASTOGIRARDI
Centro in provincia di Isernia nel cui territorio, alle falde del Monte Capraro (1150 m s.l.m.) presso una sorgente, si trova un importante santuario dei Sanniti Pentri: a loro è dovuta anche la fortificazione in opera poligonale sul Monte Cavallerizzo, una propaggine del Monte Capraro, appartenente al sistema di controllo del territorio che i Sanniti utilizzarono soprattutto durante le guerre contro Roma, nel IV secolo. Allo stesso periodo (fine IV-inizî III sec. a.C.) risalgono le più antiche tracce di frequentazione del santuario, anche se la sua sistemazione monumentale, come oggi la conosciamo, non è precedente al II sec. a.C.
Lo scavo sistematico di una parte dell'area (inizî degli anni '70) ha permesso di riportare alla luce il tempio e un secondo edificio di incerta destinazione. Il tempio, orientato a SE, è circondato sui lati orientale e settentrionale da un corridoio non pavimentato, delimitato da un muro in opera poligonale con funzione di contenimento del terreno, secondo uno schema che si ritrova utilizzato in entrambi i templi di Pietrabbondante. Ne rimane in situ solamente il podio, ma l'esame delle strutture e i numerosi frammenti architettonici recuperati hanno permesso di ricostruirne la pianta e riconoscere così un tempio prostilo tetrastilo, con unica cella quasi quadrata con ante e scalinata di accesso inserita nel lato frontale del podio. Questo misura, alla base, m 17,92 X 10,81 e ha un'altezza complessiva di m 1,83. Si compone di quattro elementi: dal basso, un plinto di base che poggia a sua volta su uno zoccolo poco sporgente, sostenuto solo in qualche punto da blocchi di fondazione; quindi cornice di base, parete e cornice di coronamento. Del tutto insolito è l'accostamento delle due cornici, l'inferiore con profilo a cyma reversa, la superiore, di tipo tuscanico, a quarto di cerchio: le stesse modanature si ritrovano, invertite, nelle cornici del podio del tempio A di Pietrabbondante e con il loro incongruo accostamento di elementi greci e italici, documentano la varietà di caratteri che concorre ecletticamente a dar vita alla cultura ellenistica nelle aree italiche.
L'elevato era costruito in opera incerta, mentre le parti di maggior rilievo erano messe in evidenza mediante l'uso della pietra calcarea: si sono individuati elementi appartenenti alle ante, ai rampanti del frontone, agli spigoli dell'edificio, alla cornice della trabeazione; rimane anche gran parte della cornice modanata della porta monumentale della cella. Non c'è invece alcuna traccia di una decorazione architettonica fittile. L'interno del podio, privo di partizioni, era completamente riempito; anche se in gran parte sconvolto da manomissioni subite in passato, si è potuta riconoscere la presenza di un vespaio, sigillato da uno spesso strato di malta, che doveva avere la funzione di impedire la risalita dell'umidità. Al di sotto di questo, si sono trovati frammenti di cocciopesto con tessere bianche inserite e di intonaco dipinto nel «primo stile», entrambi da riferire evidentemente a un edificio preesistente. La costruzione del tempio viene datata agli anni centrali della seconda metà del II sec. (130-120 a.C.).
Davanti al tempio, a c.a 55 m di distanza, si trova l'altro edificio riportato alla 'luce (il «monumento B»), della cui struttura rimane un rettangolo di m 17x9, costruito in opera poligonale, il cui elevato sopravvive in misura limitata; è diviso longitudinalmente in due parti da una fondazione di grossi blocchi irregolari. È ancora incerta la funzione di questo edificio, per il quale sono state avanzate varie proposte di interpretazione: si tratta probabilmente di un portico o comunque di una costruzione destinata al ricovero dei pellegrini, ma si è pensato anche a un grande altare o a una scena per rappresentazioni all'aperto, senza però che esistano elementi di alcun genere a sostegno dell'una o dell'altra ipotesi; mancano dati certi anche per stabilirne la cronologia, che si può fissare con qualche incertezza intorno al II sec. a.C. Non ha contribuito a chiarire la questione nemmeno il ritrovamento, nell'abitato sannitico di Monte Vairano, di un altro edificio del tutto simile a questo come impianto e dimensioni: è probabilmente una struttura a carattere pubblico ma, anche in questo caso, non si dispone di elementi che possano fornire indicazioni più precise (cfr. G. De Benedittis, L'abitato di Monte Vairano, in Samnium. Archeologia del Molise (cat.), Roma 1991, pp. 127-130).
Altri saggi condotti nella zona hanno permesso di riconoscere la presenza di strutture di età repubblicana, certamente ancora pertinenti al santuario: sarebbero però necessarie ulteriori indagini per acquisire una conoscenza esatta delle caratteristiche dell'area sacra e dei diversi edifici che vi si trovano.
Si ritiene probabile che il santuario fosse dedicato a Ercole, in considerazione della presenza di una sorgente e della sovrapposizione medievale del culto di S. Angelo, elementi che si ritrovano molto spesso in rapporto con luoghi di culto di questa divinità: il materiale rinvenuto non offre indicazioni a questo riguardo, anche per l'assenza quasi assoluta di ex voto. Tuttavia dal riempimento del podio proviene una tavoletta di bronzo (cm 4,7 X 7,9), frammentaria, che conserva parte di un testo osco: [---] Staíiiús / [---]ínnianúí / [--- b]rateís e che accompagnava l'offerta fatta da alcuni fratelli della famiglia degli Staii, per grazia ricevuta, alla divinità del santuario. Di questa, perduto il nome, si conserva l'epiclesi [---]ínnianúí, nella quale si è proposto di riconoscere la forma aggettivale del toponimo (*triniano-, da *trinia-, con riferimento al fiume Trigno che nasce nella zona, il cui nome avrebbe dunque origine sannitica), attributo che avrebbe anche qualificato la divinità del santuario.
Il santuario di V. (come tutte le aree di culto minori del Sannio) non subì distruzioni o confische in conseguenza della guerra sociale; tuttavia, con l'accentramento dei culti nei municipi, conseguente alla nuova organizzazione amministrativa stabilitasi in seguito alla romanizzazione, la frequentazione del sito si contrasse considerevolmente, proseguendo in forma ridotta fino alla metà del III sec. d.C. Il luogo venne di nuovo occupato nel Medioevo (XIII-XV sec.) quando fu costruita la chiesetta di S. Angelo, eretta sul podio italico utilizzando molti degli elementi del tempio; l'attributo della divinità sannitica del luogo si conservò tuttavia nel tempo ed è sopravvissuto nel curioso titolo di S. Angelo Indiano che la chiesa porta ancora in documenti dell'Ottocento.
Bibl.: M. Lejeune, Ex-voto osque de Vastogirardi, in RendLinc, XXIX, 1974, pp. 579-586; J.-P. Morel, Le sanctuaire de Vastogirardi (Molise) et les influences hellénistiques en Italie centrale, in P. Zanker (ed.), Hellenismus in Mittelitalien. Kolloquium Göttingen 1974, Gottinga 1976, pp. 255-266; P. Poccetti, Nuovi documenti italici, Pisa 1979, pp. 47-48, η. 33; J. Untermann, Literaturbericht italische Sprachen, in Glotta, LVII, 1979, p. 307; A. La Regina, Vastogirardi, in Sannio. Pentri e Frentani dal VI al I sec. a. C. Atti del Convegno, Isemia 1980, Roma 1980, pp. 281-282; F. Coarelli, A. La Regina, Abruzzo-Molise (Guide archeologiche Laterza, 9), Bari 1984, pp. 257-259; J.-P. Morel, Gli scavi del santuario di Vastogirardi, in Sannio. Pentri e Frentani dal VI al I sec. a. C. Atti del Convegno, Campobasso 1980, Matrice 1984, pp. 35-41.