VAUGELAS, Claude-Favre, signore di
Grammatico francese, nato a Meximieux, nella Bresse, il 6 gennaio 1595, morto a Parigi nel febbraio del 1650. Visse dapprima con la pensione che gli spettava in eredità del padre Antoine-Favre e quindi si trasferì a Parigi; fu tra i primi membri dell'Académie Française; negli ultimi anni della sua vita fu precettore dei principi di Carignano.
V. lavorò a lungo al problema della struttura del francese; dal punto di vista lessicale, grammaticale, sintattico, fonetico. Nel 1647 apparve a Parigi la sua unica opera: Remarques sur la langue françoise, che segna nella storia della lingua francese una data importantissima. Il V. muove dall'esperienza diretta, dall'uso vivo, che è per lui il solo maestro della lingua; così nelle sue pagine non intende fissare e imporre norme precise, regole inderogabili, ma soltanto vuole presentare alcune sue osservazioni, alcuni rilievi fatti da testimonio "che guarda e ascolta". Ciò che lo preoccupa al sommo grado è l'uniformità nella pronunzia, e soprattutto nel vocabolario, e perciò anche a lui s'impone la ricerca d'una norma, d'un criterio livellatore e discriminatore: l'uso è infatti colto non certo in seno alle classi popolari, ma presso la "corte", un centro cioè eletto, colto, nazionale, nel quale egli ritrova il grande "magazzino del parlare"; ma accanto a quest'ambiente instabile e non sempre uniforme, il V. postula l'autorità degli scrittori "buoni", quelli che per virtù d'arte e di pensiero hanno il potere di decidere e dànno un fortissimo contributo a stabilire l'uso stesso; ma il V. si riferisce soprattutto agli scrittori del suo tempo o dell'epoca più recente, poiché è nemico dichiarato di ogni arcaismo, anche se per l'antichità nutre rispetto da storico. Egli sa, del resto, che nessun individuo può opporsi in fatto di lingua alla corrente travolgente dell'opinione comune, e sa ancora che un errore comune e generale diventa la regola di tutti. A parte il carattere frammentario e non sempre coerente di tutta l'opera, V. ebbe vivissimo il senso sociale, attuale, operoso e dinamico della lingua, anche se qualche volta l'osservazione stessa lo tradisce e non sempre l'uso lo trova attento e seguace. La fortuna della sua opera fu larghissima: non solo per le vivaci polemiche che suscitò, ma soprattutto per i consensi che raccolse: la lingua francese ebbe in lui il suo primo grande codificatore, e a lui si rifecero gli stessi poeti, a cominciare dal Corneille.
Il V. aveva anche lavorato a una traduzione di Quinto Curcio, nella quale pensava di applicare le regole linguistiche che andava fermando nella sua grammatica (postuma, 1653).
Bibl.: Remarques, ediz. facsimile, Parigi 1934, con intr., bibl. e indice di J. Streicher. Cfr. anche F. Brunot, nella letteratura di Petit de Julleville, IV (5ª ed., 1924), pp. 706-771.