VAUVENARGUES, Luc de Clapiers, marchese di
Scrittore francese, nato il 6 agosto 1715 a Aix-en-Provence, morto il 28 maggio 1747 a Parigi. Di cagionevole salute, formò il suo spirito e la sua cultura, più che nella scuola (che frequentò poco), fra la solitudine, la meditazione, i libri. Le Vite di Plutarco, Seneca, le lettere di Bruto a Cicerone lo esaltarono, fra i quindici e i diciassette anni. Entrato nel reggimento del re, vi fu nominato luogotenente in seconda il 15 marzo 1735, fece la campagna d'Italia fra il 1735 e il 1736, poi fu in guarnigione ad Arras, Compiègne, Reims, Verdun, Metz. Quindi (1741) alla campagna di Boemia, durissima specie nella ritirata da Praga, ove ebbe le gambe congelate. Di ritorno in patria (inizio del 1743) presto ripassò la frontiera e combatté a Dettingen. Nel dicembre chiedeva inutilmente di entrare nella diplomazia, il gennaio 1744 erano accettate le sue dimissioni. Se lo deluse l'esperienza militare, quella vita gli fu campo di osservazione, pratica di virtù. Pronto al dovere nonostante la malattia, liberale nonostante la povertà, tenero e austero, ai compagni era un padre, guida amorosa ai più giovani, come Hippolyte de Seytre, per il quale - morto in Boemia - dettò un Éloge eloquente e commosso, dopo avergli diretto i Conseils à un jeune homme. Lo confortavano le letture, l'esercizio dello scrivere (il Traité sur le libre arbitre fu redatto primamente nel 1737), e dal 1743 l'alta stima di Voltaire. Amante dell'azione, al mestiere delle lettere si rassegnò solo quando, sfigurato, quasi accecato dal vaiolo, dovette rinunciare alla diplomazia. A Parigi dalla metà del 1745, visse poveramente, oggetto di ammirazione a Voltaire, a Marmontel, ad altri pochi, stoicamente accettando il male e la morte precoce.
Alla fine del 1746 aveva pubblicato, anonima, l'Introduction à la connaissance de l'esprit humain, seguita da riflessioni, scritti diversi e alcune massime. Una ristampa postuma con ritocchi (1747), passò quasi inosservata, come la prima. Alla fine del secolo, l'edizione di Fortia d'Urban, con qualche inedito, e il ricordo di Marmontel nei Mémoires, iniziano la fama di V., che s'accresce con le ristampe, via via aumentate, di Suard (1806) e di Brière (1821). La grande edizione di Gilbert (1857), con vasti inediti, chiariva, fissava la figura dell'infelice filosofo, soprattutto per la corrispondenza col cugino Victor de Mirabeau.
Posto al centro il problema dell'uomo, e movendo dai maestri del Seicento, V. combatte il pessimismo di La Rochefoucauld, difendendo il fecondo "amor di sé", e affermando la realtà della virtù; contro Pascal, pensa che l'azione non è un fallace "divertimento", ma la naturale espressione della vita. L'uomo è così innalzato, riabilitate le passioni, sorgente dell'attività; alla ragione è preposto il sentimento, più sicuro mezzo di conoscenza. Devoto in fondo all'ordine tradizionale, ancora lontano da Rousseau, sogna una libera espansione dell'io, in una società ove domini la preferenza dell'interesse generale al particolare, il rispetto dell'umano in tutte le sue forme. Il pensiero, pur con l'evidente volontà sistematica, disperso nei vari scritti, è ravvivato dalla passione ardente dell'uomo. I trattati teorici (ov'è l'influsso di Locke) valgono per la ingenua convinzione e le osservazioni della vita; i Discorsi sono guastati a volte dal concetto scolastico dell'eloquenza. Ma nei Caratteri la vita sognata da chi non l'ha potuta vivere è vigorosamente espressa: proiezioni del suo io, o figurazioni del male per cui ha sofferto; le Massime hanno la stessa intensità di pensiero, di concisione appassionata. Qui la fervida, chiusa passione ricorda a volte quella degli uomini della rivoluzione, mentre l'ardito acume sembra precorrere il realismo psicologico dell'Ottocento.
Ediz.: Œuvres de V., a cura di D.-L. Gilbert, Parigi 1857 (voll. 2, il secondo di Œuvres posthumes e Œuvres inḫdites).
Bibl.: Voltaire, Éloge des officiers morts dans la guerre de 1741; Ch.-A. Sainte-Beuve, Causeries du Lundi, III, XIV; M. Paléologue, V., 2ª ed., Parigi 1909; M. Wallas, L. de C., marquis de V., Cambridge 1928; G. Lanson, Le marquis de V., Parigi 1930; P. Richard, La vie de V., 1930; G. Saintville, Quelques notes sur V., 1932; G. Trahard, Les maîtres de la sensibilité française au XVIIIe siècle, Parigi 1931-32, II, pp. 29-48; S. Rocheblave, V., ivi 1934. Cfr. anche l'ed. di Riflessioni e massime, a cura di P. Serini, Firenze 1924.