Vecchiaia
La vecchiaia è l'età più avanzata della vita dell'uomo, nella quale si ha un progressivo decadimento e indebolimento dell'organismo, con caratteri morfologici e organici propri (v. vol. 1°, III, cap. 6: Il corpo e le età della vita, L'invecchiamento). L'attesa di vita presenta una notevole disparità per entrambi i sessi tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo. Da quando nelle aree sviluppate vivere a lungo è diventato una prospettiva probabile, si è cominciato a porre il problema di come invecchiare bene, in particolare di come conservare e migliorare le capacità mentali e fisiche nonostante il passare degli anni.
L'invecchiamento umano consiste in un processo di trasformazione regolare, ordinato o discontinuo, che implica, con il passare del tempo, il cambiamento di caratteristiche biologiche, psicologiche e relazionali. Questo processo, anche se generalizzato a tutti gli individui, si svolge con modalità, ritmi, conseguenze estremamente variabili da persona a persona, in relazione a fatti preesistenti e a condizioni contingenti, nonché alle linee che avranno caratterizzato l'accrescimento di ciascuno. L'elevata variabilità interindividuale nelle modificazioni che intervengono in funzione dell'età mostra che, anche in età avanzata, il decadimento o la perdita di funzioni non coinvolge necessariamente in termini globali la singola personalità. In particolare, l'invecchiamento psichico comporta conseguenze molto variabili da individuo a individuo, al determinarsi delle quali possono concorrere fattori di diversa natura: genetici, esperienziali, educativo-culturali, sanitari, traumatici, familiari, sociali (Cesa-Bianchi 1989). L'impossibilità di prescindere da tali fattori impedisce di precisare quali siano le conseguenze dell'invecchiamento di per sé. È possibile peraltro estrapolare le modificazioni riferibili all'invecchiamento psichico, in quanto comune a persone nelle quali i fattori interferenti operano con variabilità e intensità molto diverse. In genere, le funzioni psichiche periferiche che implicano l'efficienza degli organi sensoriali decadono, ma tale decadimento è compensato dal mantenimento, e a volte dallo sviluppo, di processi di natura centrale. Un esempio di questa compensazione deriva dagli studi sull'efficienza del riconoscimento percettivo di oggetti: è stato dimostrato che la riduzione dell'efficienza sensoriale può portare paradossalmente a percezioni globalmente migliori se l'anziano utilizza la propria esperienza per cogliere gli aspetti essenziali di quanto vede o ascolta. L'eterocronia di invecchiamento nello stesso individuo conferma che nell'anziano si osservano non solo la diminuzione di certe strutture ma anche la conservazione di altre, non solo la perdita di certe funzioni ma anche il perfezionamento di altre, non solo arresti, diminuzioni quantitative o decadimento di attività ma anche aumenti quantitativi e differenziazioni qualitative. I dati delle ricerche in ambito biologico e psicologico sottolineano la funzione esercitata al proposito dalla plasticità cerebrale (Cotman-Niero-Sampedro 1984). Il cervello non è l'espressione di un programma genetico rigidamente fissato e non va necessariamente incontro a una perdita o riduzione di funzioni come conseguenza inevitabile di modificazioni che intervengono nella sua struttura. La scomparsa o l'alterazione di strutture cerebrali costituenti la base biologica di date funzioni non le annulla necessariamente: ciò in relazione a una possibilità di vicarianza consentita dal fatto che altre strutture assumono la possibilità di svolgere una funzione che sino a quel momento non avevano. La capacità di vicarianza contribuisce a descrivere l'età senile come una fase del ciclo di vita in cui i processi involutivi sono integrati dalla funzione di autoregolazione specifica di ogni organismo vivente (Cesa-Bianchi-Pravettoni 1994). A partire dall'infanzia, l'individuo si sviluppa in modo da ottenere una crescente autoregolazione nelle sue funzioni biologiche, psicologiche e sociali. Ne risulta che la persona matura è più capace di regolare sia i processi fisiologici interni sia le interazioni sociali. Ciò si consegue anche in età avanzata se i processi psicologici sono in grado di selezionare il comportamento più indicato. L'invecchiamento procede quindi sulla base di processi inerenti allo sviluppo che si sono evoluti nella specie e determinati nell'ontogenesi di un individuo in funzione delle caratteristiche dell'ambiente nel quale vive. Nella persona anziana, le principali modificazioni fisiologiche sono a carico delle attività sensoriali (Fozard 1990) e delle attività motorie (Ostrow 1984). L'acuità visiva si riduce progressivamente come pure l'acuità uditiva. Nel caso dell'ambliopia visiva la diminuita efficienza dei sistemi sensoriali viene compensata da una maggiore plasticità del sistema centrale. In ogni caso, acuità visiva e uditiva producono deficit completamente risolvibili grazie all'utilizzo di strumenti correttivi. L'attività motoria rivela significative modificazioni in funzione dell'età. L'anziano è meno rapido e possiede minor forza nei movimenti, ma ciò non sembra interferire nell'accuratezza e nella precisione degli stessi. In assenza di fattori patologici e a condizione che l'anziano svolga quotidianamente una serie di esercizi fisici, le funzioni legate ai movimenti possono essere conservate sino a tarda età. Si allungano i tempi di reazione, ma soltanto nei compiti complessi, mentre i tempi di reazione in compiti semplici sono analoghi a quelli dei giovani. Per quanto riguarda la dimensione intellettiva (Ratti-Amoretti 1991), è superata la concezione che attribuisce all'invecchiamento una perdita, un decadimento progressivo tale da non consentire una distinzione, se non su un piano quantitativo, fra un decadimento fisiologico e uno patologico che si esprime nelle varie sindromi di demenza senile. Oggi si concorda nel ritenere che con il passare degli anni si modificano le strategie intellettive, e non necessariamente il loro rendimento: le prestazioni diventano più lente e riflessive, ma i risultati che ne derivano non appaiono necessariamente inferiori bensì a volte addirittura superiori a quelli conseguiti in età precedenti; ciò a meno che non si misuri l'efficienza intellettiva in compiti che penalizzino gli anziani, come è avvenuto quando, nei programmi di standardizzazione dei gruppi di età per determinati test, si sono utilizzate prove a tempi limitati. Quanto alla creatività, è stato documentato da molteplici esempi non solo che essa può persistere a età notevolmente avanzate, ma anche che la sua conservazione consente alla persona di continuare a esprimere sé stessa e a favorire il proprio adattamento. L'attenzione (Wright 1981) nelle sue manifestazioni istantanee e in quelle protratte può mantenere livelli elevati di efficienza. Per quanto riguarda la memoria (Andreani 1985), alla conservazione di quella a lungo termine non corrisponde necessariamente, come si affermava in passato, una riduzione di quella a breve termine, se quest'ultima viene misurata non rispetto a parametri astratti, estranei all'interesse di chi invecchia, ma a contenuti che in qualche misura lo coinvolgano. La persona anziana, pertanto, non perde progressivamente la capacità di concentrarsi e di ricordare, ma tende piuttosto a restringere tali attività a un ambito più limitato. È questa una tendenza che si ritrova nell'invecchiamento dei processi cognitivi: la loro area di azione si restringe a imbuto, ma non perde la possibilità di conseguire prestazioni particolarmente significative. Tale restringimento non si manifesta nel linguaggio parlato e in quello scritto, che mantengono inalterata con il passare degli anni la loro area di azione. L'affettività (Canestrari-Cipollini 1982) non sembra essere primariamente interessata dal processo di invecchiamento, ma presenta frequentemente reazioni di una certa intensità di fronte a condizioni che hanno una probabilità di comparsa nell'età senile. La persona che invecchia reagisce spesso alle frustrazioni con un disagio generalizzato, il disadattamento (Gemelli-Cesa-Bianchi 1952), che in passato era considerato una condizione intrinsecamente connessa alla senescenza; si tratta di una profonda depressione che può spingere nei casi estremi a gesti autolesivi e che esprime una tendenza autoaggressiva, un'inquietudine e una tensione che può indurre all'aggressività verbale nei riguardi dei conviventi. Queste reazioni, peraltro non generalizzabili e che sono fortemente influenzate dalle condizioni di salute e di collocazione familiare e sociale, dal livello educativo-culturale, dall'interruzione forzata del lavoro, dallo sradicamento dal proprio ambiente di vita, dall'atteggiamento dei giovani verso la persona che invecchia, sono anche da vedersi in funzione dei timori di malattia, di dolore, di isolamento e di perdita degli affetti, con i quali contrastano le speranze di veder crescere bene i propri figli e nipoti, di conservare una vita relazionale, di morire serenamente. È anche da rilevare che la paura che gli anziani denunciano con maggior frequenza e intensità è quella di essere aggrediti in strada o sui mezzi pubblici da sconosciuti, mentalmente malati, allo scopo di derubarli e approfittando della loro impossibilità di difendersi; altra paura è di subire mancanza di rispetto. Le ricerche più recenti dimostrano che un numero sempre crescente di persone invecchia senza presentare segni preoccupanti di disadattamento e che, quando questo si presenta, è spesso seguito da un riadattamento, caratterizzato da un equilibrio conseguito fra l'anziano e il suo ambiente di vita. Neppure le motivazioni si modificano in modo uniforme con il tempo: chi invecchia si colloca fra i due estremi di una spinta all'attività e all'impegno e di una tendenza al ritiro dalla vita sociale e al disimpegno. L'adattamento sarà più facilmente conseguito da chi potrà esprimere il proprio orientamento personale, senza essere forzato ad assumere posizioni per lui non congeniali.
La variabilità interindividuale che caratterizza i diversi modi in cui le persone invecchiano è influenzata da una serie di fattori che possono interagire fra loro (Psychology of aging 1990). Il primo è di natura genetica e si traduce in un programma che, con o senza l'interferenza di altre condizioni, definisce il ritmo, la durata e le fasi del processo di invecchiamento. Un secondo fattore si riferisce al livello educativo e alla situazione culturale, la cui presenza è condizione favorevole per evitare il decadimento intellettivo senile. Le condizioni di salute svolgono un ruolo importante sul quale possono interferire quelle economiche. Inoltre, una funzione rilevante riguarda il vissuto della malattia e la modalità con la quale un individuo riesce ad affrontarla in situazioni di invalidità e di sofferenza. Un'impronta peculiare al processo di invecchiamento è fornita dalla personalità dell'anziano. È evidente la diversità che l'invecchiamento assume negli individui introversi e in quelli estroversi, in quelli attivi e in quelli disimpegnati, negli ottimisti e nei pessimisti, e così via. In genere, le differenti risposte fisiologiche allo stress diventano meno efficienti e meno concrete in funzione dell'età: l'anziano sembra più vulnerabile fisiologicamente agli effetti di una situazione stressante. Strettamente collegato al fattore della personalità è quello riconducibile alle dinamiche affettive familiari. Diverso sarà il modo con cui l'anziano accetta e vive la propria vecchiaia: se può rimanere nella propria famiglia e nella propria casa, in un clima affettivo di stima e di accettazione, o se deve vivere quotidianamente l'esperienza di svalutazione e di emarginazione. Un ulteriore fattore rilevante per ciò che concerne l'invecchiamento consiste nell'eventuale istituzionalizzazione. Essa rappresenta molte volte la conclusione obbligata di un processo di allontanamento e di un distacco forzato dalla propria famiglia, dalla propria casa e dalla vita attiva. Nel caso in cui l'anziano viva l'istituzionalizzazione come un momento di sradicamento dalla propria abitazione, si favoriscono l'insorgere e l'accentuarsi di disturbi emotivi che contribuiscono ad accelerare l'involuzione intellettiva e fisica. La crisi da istituzionalizzazione sembra colpire in modo più grave le donne rispetto agli uomini. Ciò probabilmente a causa del fatto che l'adeguarsi passivamente alla routine di una vita di istituto espropria le donne dal ruolo di casalinga, collocandole di fatto in una condizione di inattività e di anomia. Un ultimo fattore che determina l'evolversi del processo di invecchiamento è legato alle modalità con cui l'anziano accetta il momento del pensionamento, e quindi a come riorganizza le proprie attività quotidiane dopo il periodo lavorativo. Tanto più l'anziano sarà capace di coltivare nuovi interessi professionali o di natura ricreativa, mantenendo attiva la propria presenza nella vita quotidiana, tanto meno sarà probabile che il pensionamento provochi un vissuto psicologico di rifiuto e di emarginazione. A differenza della crisi da istituzionalizzazione, la crisi da pensionamento sembra influire prevalentemente sugli uomini, i quali, costretti a interrompere la propria attività lavorativa, avvertono di aver perso il prestigio e la capacità di guadagnare, e quindi la possibilità di essere di sostegno per la famiglia. Questi fattori incidono sul modo in cui una persona vive la propria età senile, determinando la storia di ogni singolo individuo. All'interno di questa storia non vanno dimenticati i momenti positivi e negativi che possono aver inciso sulla dimensione personale. I lutti, le nascite dei figli e dei nipoti, le gratificazioni o le sconfitte nella vita lavorativa, le separazioni, la possibilità e la capacità di aver mantenuto unita la propria famiglia e di aver costituito e conservato una rete sociale di supporto, sono gli elementi determinanti per la prevenzione di una vecchiaia passivizzante, deresponsabilizzante o conclusa forzatamente in un istituto.
bibl.: o. andreani, Lo sviluppo della memoria: modelli e ricerche sperimentali, in Memoria e sviluppo mentale, a cura di W. Fornasa, M. Montanini, Milano, Angeli, 1985; r. canestrari, c. cipollini, Modificazioni di personalità nella terza età, "Rivista di Neurologia, Psichiatria, Scienze umane", 1982, 2, pp. 12-21; m. cesa-bianchi, Psicologia dell'invecchiamento, Roma, NIS, 1989; m. cesa-bianchi, g. pravettoni, Il riconoscere nell'invecchiamento, "Acta Gerontologica", 1994, 44, pp. 222-32; c.w. cotman, m. niero-sampedro, Cell biology of synaptic plasticity, "Science", 1984, 225, pp. 1287-94; j.l. fozard, Vision and hearing in aging, in Psychology of aging, ed. J.E. Birren, K. Warner Schaie, San Diego, Academic Press, 1990, pp. 150-66; a. gemelli, m. cesa-bianchi, Disadattamento del vecchio alla vita individuale, familiare e sociale, in Atti del 2° Congresso Nazionale della Società di gerontologia e geriatria, Milano 28-30 marzo 1952, Fidenza, Mattioli, 1953, pp. 33-35; a. ostrow, Physical activity in the older adult, Princeton (NJ), Princeton Book, 1984; Psychology of aging, ed. J.E. Birren, K. Warner Schaie, San Diego, Academic Press, 1990; m.t. ratti, g. amoretti, Le funzioni cognitive nella terza età, Roma, NIS, 1991; b.e. wright, Aging divided attention and processing capacity, "Journal of Gerontology", 1981, 36, pp. 605-14.