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VECELLIO

di Adolfo Venturi - Enciclopedia Italiana (1937)
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VECELLIO

Adolfo Venturi

. Famiglia di pittori veneti di cui il maggiore fu Tiziano (v. tiziano). Ricordiamo inoltre:

Francesco, nato nel 1475 a Pieve di Cadore. Passò col fratello Tiziano a Venezia sotti gli Zuccati, e ne seguì le orme. Fu pittore coscienzioso, poco fantastico, lontano dall'impeto creativo proprio del fratello. Lasciò opere nella chiesa parrocchiale di Perarolo e in quella di Sedico; a Venezia in San Niccolò di Castello fece l'Annunciazione (ora all'Accademia), e in San Salvatore il suo capolavoro, le ante d'organo. Nei musei di Verona, Leningrado, Monaco, Glasgow, nella raccolta Cook a Richmond, si trovano altre pitture del maestro, che attese anche al mestiere delle armi e al commercio dei legnami in Cadore. Appartenne nel 1542 al Consiglio Cadorino; e morì nella sua terra natale tra il 1559 e il 1560.

Nella Madonna col Bambino a Leningrado il fratello di Tiziano serba ricordo di Madonne di Giambellino; nel Riposo sulla via dell'Egitto ripete le forme fraterne, ma indurite, precisate, sul fondo paesistico, da rigidi contorni. Nell'Adorazione del Bambino (Monaco di Baviera) e nello Sposalizio di Santa Caterina (Galleria Cook a Richmond), rielabora vecchie trame apprese dal primitivo Tiziano, ma, nell'imitarne le forme, ne spegne la raggiante vitalità, trasformandola in un'espressione, talora commovente, d'intimità grave e profonda. Le ante d'organo della chiesa di San Salvatore sono l'opera più rappresentativa della maniera artistica propria a Francesco V., legnosa nella Trasfigurazione per i contorni marcati delle figure e per le dure pieghe, studiosa di effetti di luce nella parte inferiore della Resurrezione.

Orazio, nato avanti il 1525. Nel 1545 accompagnò Tiziano, suo padre, a Roma, alla corte papale, e fece allora, al dire del Vasari e del Ridolfi, il ritratto di Battista Siciliano sonatore di viola, lodatissimo; seguì anche suo padre ad Augusta, presso la corte imperiale, nel 1548. Nell'anno seguente Tiziano inviò un Cristo in croce dipinto da Orazio a Filippo II; nel 1564 Orazio stesso ricevette 100 ducati per il gran quadro, che andò distrutto, della Lotta fra i Romani e gl'Imperiali nell'incoronazione del Barbarossa: opera lodata dal Vasari, fatta in concorrenza con il Tintoretto e Paolo Veronese. Nel 1567 Tiziano scrisse a Filippo II del suo divisamento di dipingere alcune storie di San Lorenzo, nelle quali si sarebbe giovato dell'aiuto di Orazio. Due anni dopo la morte del padre, morì di peste nel lazzaretto di Venezia.

Non è possibile ricomporre l'opera di Orazio, non avendo di lui un quadro solo che possa servire di base alla ricostruzione ideale della sua opera, nella collaborazione da lui data a suo padre: si dovrà ricercare nelle molte repliche di quadri del maestro. L'Adorazione dei Magi, all'Ambrosiana, fu allogata a Tiziano dal cardinale Ippolito II d'Este, e tuttavia non è di sua mano: sembrano superiori tanto quella nei magazzini del Prado, a Madrid, quanto l'altra in America pubblicata da Lionello Venturi. Così si dica dell'Annunciazione di San Salvatore a Venezia e della copia in San Domenico di Napoli, tanto bella da essere stata ritenuta replica della mano stessa di Tiziano. Se i quadri religiosi raramente sono replicati o copiati nello studio del sommo pittore, i quadri profani, di soggetto mitologico, lo sono di frequente. La Nuda e il musico ha ripetizioni al Prado medesimo, a Berlino e altrove; così pure la Danae; Venere e Adone; Venere allo specchio, ecc., talvolta prossime alla maniera di Tiziano, tanto da condurre ad attribuirle a lui stesso. Ma non Orazio soltanto gli fu collaboratore, e quindi non si può determinare la parte sua, distinguerla da quella degli altri suoi compagni coadiutori nello studio famoso.

Cesare, nato, circa il 1530, da Ettore cugino del padre di Tiziano. Nel 1548 accompagnò Tiziano ad Augusta, dipinse a Belluno, nel duomo, e, secondo il Ticozzi, nel soffitto della chiesa di Lentiai presso quella città (1577). Stampò, nel 1590, una prima edizione della sua opera Degli habiti antichi e moderni di diverse parti del mondo; nel 1598, una seconda edizione. Oltre questo libro, secondo il Ticozzi, ne avrebbe stampato un altro sui merletti. Morì nel 1601.

Nel quadro del duomo di Belluno, rappresentante la Vergine in gloria adorata da tre santi e dal committente ginocchioni, si vedono raccolte forme tizianesche arrotondate e impicciolite in una sforzata composizione. Non oltrepassano la mediocrità di quella pala le altre opere del pittore montanaro, che lavorò quasi soltanto nel Cadore, in Santo Stefano di Belluno, nella parrocchiale di Borgo di Valsugana, nel duomo di Ceneda, nel soffitto a diciotto scompartimenti della chiesa di Lentiai con le Storie della Vergine, firmate da lui cum juvene Constantino. A Candide, secondo il Lanzi; a Forno di Zoldo e a Pieve di Cadore, sono altre sue pale d'altare. Nel palazzo Piloni a Belluno dipinse le Quattro stagioni, simili a grandi silografie colorate per la durezza dei grossi e ruvidi contorni, composizioni su trame vivaci, con rustici mezzi, popolareschi cartelloni da fiera.

Marco, nato nel 1545, morto nel 1611. Figlio di un Tomà giureconsulto, cugino in secondo grado di Tiziano, fu discepolo di questo, secondo il Ridolfi, e allevato da lui nella propria casa. Si ha notizia che nel 1577 dipinse una pala con sei scomparti per la chiesa della Madonna di San Floriano a Zoldo; nel 1607 lavorò a San Giacinto di Treviso. Morì a 66 anni.

Nell'ovale della Sala del Senato, in Palazzo Ducale a Venezia, son rappresentati gli zecchieri al lavoro sotto gli occhi dei procuratori della Serenissima, ove Marco V., pur imitando Tiziano, si accosta alle opere dei manieristi acclimati in Venezia, specialmente di Giuseppe Porta detto il Salviati. Anche cartacei ritratti di procuratori nella collezione QueriniStampalia, la tela della sala del Consiglio dei Dieci, ov'è la Conclusione della pace fra Clemente VIIl e l'imperatore Carlo V a Bologna, la composizione della Sala della Bussola, con il Doge Leonardo Donato adorante la Vergine, il soffitto ai Ss. Giovanni e Paolo con la Madonna e i Ss. Domenico e Francesco supplici per Venezia, nonché il Redentore armato di dardi, ci mostrano in Marco Vecellio un imitatore sciatto di Tiziano, tutto ottusa durezza di forme grevi in un'atmosfera densa, sorda.

Tizianello, figlio di Marco V., nato circa il 1570, dipinse a S. Giorgio Maggiore la Vergine adorante il Bambino; per la basilica di S. Marco fece il cartone per il musaico con la Decapitazione di San Giacomo Maggiore, e l'altro con S. Tommaso trafitto da un soldato; per S. Maria Gloriosa dei Frari colorì Sant'Ambrogio in atto d'impedire a Teodosio l'entrata nel tempio. È meschino pittore. Nel 1622, scrisse da Venezia a madama di Arundel Surrey, dedicandole una vita di Tiziano da lui composta; nel 1646 era ancora vivente.

Bibl.: V. tiziano.

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    ivi 1560 ca.), suo collaboratore e seguace, che lasciò opere in chiese del Veneto, e il figlio Orazio (n. 1515 ca. - Venezia 1576), suo allievo e collaboratore. Allievi di Tiziano furono anche Cesare (Pieve di Cadore 1521 - Venezia 1601), figlio di un suo cugino, pittore nel bellunese, che scrisse Degli ...
Vocabolario
tiziàno
tiziano tiziàno agg. [dal nome di Tiziano Vecellio (1490-1576)], invar. – Tizianesco: biondo, rosso tiziano.
tizianésco
tizianesco tizianésco agg. (pl. m. -chi). – Relativo al pittore veneto Tiziano Vecellio (1490-1576), soprattutto con riferimento al suo stile, ai colori dei suoi dipinti: pittura t.; la ricchezza cromatica t.; colorito t., roseo e luminoso;...
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