Vedeste, al mio parere, onne valore
Sonetto di Guido Cavalcanti (Rime II; schema abba abba; cdc cdc), in risposta al dantesco A ciascun'alma presa e gentil core (v.), come attesta Vn III 14 tra li quali fue risponditore quelli cui io chiamo primo de li miei amici... E questo fue quasi lo principio de l'amistà tra lui e me, quando elli seppe che io era quelli che li aveva ciò mandato.
Il Contini sottolinea il fatto che la sua tradizione è identica a quella dell'altro sonetto cavalcantiano Perché non fuoro a me gli occhi dispenti, e ritiene che dai vv. 13-14 di quest'ultimo D. abbia tratto ispirazione per l'immagine del cuore in mano ad Amore; dando una nuova riprova della fitta trama di rapporti, al tempo di questa corrispondenza, fra i due poeti. Di qui, forse, il tono di fervido ‛ insegnamento ' e, insieme, di gioiosa affermazione di un comune ideale che assume, nella prima parte del presente sonetto (vv. 1-8), la lode di Amore, come espressione d'intima aristocrazia e dominatore del cuore gentile (" segnor valente / che segnoreggia il mondo de l'onore " e " ten ragion nel casser de la mente "). Guido passa poi, nelle terzine, a spiegare il sogno di D. (senza, però, comprenderne neppure lui lo verace giudicio, Vn III 15); ma la forma allusiva e la diversità delle lezioni hanno resa controversa l'interpretazione del testo. Persuasiva appare quella del Barbi: Amore nutre la donna del cuore di D. per confortarla, vedendola predestinata alla pena amorosa (detta, cavalcantianamente, " morte "); il suo pianto è segno di tristezza per lo svanire del bel sogno.
Bibl. - G. Pascoli, La mirabile visione, rist. in Prose, a c. di A. Vicinelli, Il II, Milano 1952, 192-193; A. Corbellini, recens. a E. Zappia, Studi sulla Vita nuova di D., Roma 1904, in " Rass. Critica Letter. It. " X (1905) 268-270; Barbi-Maggini, Rime 15-18 (con discussione delle interpretazioni principali); Contini, Poeti II 505, 544.