VEGETAZIONE
Con questo nome si suole designare il complesso delle piante di un paese o territorio considerate nei loro rapporti con il substrato, il clima, gli agenti biologici e in generale con l'ambiente: esso si contrappone al nome "flora" (v.) che è l'assieme delle specie dal punto di vista della sistematica e delle affinità naturali. Va sottinteso che la conoscenza di queste e un completo inventario dí quella agevolano la comprensione dei rapporti ecologici, e a questo scopo mirano le opere floristiche moderne, che recano, accanto ai dati sulla ubicazione delle singole specie, notizie sulla natura del terreno, sull'esposizione, sui limiti altitudinarî, sulle piante accompagnatrici, ecc. Ma si tratta sempre di dati analitici, che il fitogeografo rielabora e integra, essendo suo compito di stabilire le interdipendenze tra i fattori ambientali e la copertura vegetale del territorio preso a illustrare.
Naturalmente il primo lato che ha colpito l'attenzione è quello fisionomico. In un dato territorio le varie associazioni o formazioni vegetali, in una parola, i consorzî, sono distinti per essere gli uni formati di alberi, altri di arbusti, altri di piante erbacee o da una varia . mescolanza di questi elementi, che si differenziano per la durata della vita e la consistenza legnosa o no del fusto: i consorzî stessi sono densi o fitti e, quindi, mascherano il paesaggio geografico, o lassi e interrotti: le formazioni forestali possono risultare costituite da sempreverdi, da caducifoglie, da alberi frondosi o aghifogliari: le stesse consociazioni, diverse per i componenti floristici, possono assumere identica fisionomia dovunque si ripresentano le stesse o analoghe condizioni del mezzo. Sono esempio la boscaglia formata di arbusti in prevalenza a foglie persistenti, detta macchia mediterranea, perché largamente diffusa nei territorî circummediterranei, che trova la sua omologa nella formazione fruticosa lungo le coste di quel mare interno che è il Golfo di California: le Cactacee e le agavi dell'altipiano del Messico e di altre regioni subdesertiche dell'America Centrale trovano le loro corrispondenti, anche per l'abito, nelle euforbie cactiformi (a candelabro) e nelle aloe del continente africano: suffrutici appoggiati al suolo, spesso conformatí a cuscinetto e alberi nani a rami contorti marginano le formazioni forestali nelle elevate cime montuose di disparate catene del globo e naturalmente derivano da capostipiti diversissimi. Con ciò abbiamo nominato anche tre forme di vegetazione: gli arbusti mediterranei e californiani, le Cactacee e le euforbie indizianti spinta secchezza del clima, che impone adattamenti xerofitici, i suffrutici e gli. alberi nani della zona subalpina, organizzati in modo da poter resistere alla furia dei venti e al peso delle nevi.
La ricerca divenne causale quando tali manifestazioni si vollero mettere in rapporto con i fattori esterni e primo ad essere ricercato e più a fondo sfruttato, spesso a scapito di altri, fu il clima, come rivelano le opere di A. v. Humboldt, di A. Grisebach, di A. De Candolle, ecc. Il problema è complesso. Secondo A. W. Schimper, la quantità e la distribuzione della pioggia, lo stato igrometrico dell'aria e i venti che più o meno disseccano l'atmosfera, sono i fattori principali che, nelle regioni calde e temperate, determinano i varî tipi di vegetazione, laddove i tipi di flora, per quel tanto almeno che è in rapporto con i fattori attuali, dipendono dalla distribuzione del calore. Solo nei paesi circumpolari la temperatura può essere assunta come causa determinante la struttura floristica, come, ad es., quella della tundra (v.). In tesi generale la copertura vegetale della terra è influenzata da tre condizioni: il calore, le idrometeore e il suolo. Il calore plasma la flora, le idrometeore e specialmente l'umidità atmosferica plasmano la vegetazione: il suolo entra in giuoco introducendo per così dire particolari ed episodî di valore e significato locale, ma sono quelli che soprattutto colpiscono il fitogeografo. Si producono così aggruppamenti di varia estensione di tipo ecologico e floristico uniforme e i consorzî restano press'a poco gli stessi quando il clima permane immutato (e, cioè, si ripetono), o cambiano quando allo stesso suolo corrispondono climi diversi: un esempio di rapido mutamento, forse il più spiccato e certo il più facile ad avvertire, ce l'offre la flora di regioni montuose grazie al rapido cambiamento del clima con l'altitudine. In definitiva, sempre secondo lo Schimper, ci troveremo in presenza di formazioni climatiche o regionali e di formazioni edafiche o stazionali (designate oggi col nome di associazioni o di cenosi). Le prime, che più direttamente riguardano la vegetazione, si riducono a tre principali: boschive comprendenti alberi, arbusti, cespugli e in sottordine piante erbacee: erbacee con specie igrofile o tropofile (prati), xerofile (steppe), xerofile con nuclei arborei (savane): desertiche, collegate con le due precedenti da zone intermedie, che sono le formazioni steppose e le savane. Le liane, le epifite, le saprofite e le parassite costituiscono per lo Schimper speciali società.
Preminente importanza ai fattori edafici ha dato il Warming nella 1ª edizione del suo classico trattato di geografia botanica ecologica (1895): le varie classi di associazioni da lui stabilite sono subordinate a 4 tipi fondamentali di vegetazione: le idrofite, le xerofite, le mesofite e le alofite, comprendendo il primo le varie categorie di piante viventi nell'acqua, il secondo e il terzo piante viventi in suoli secchi o mediocremente umidi e l'ultimo le piante dei terreni salati, in rapporto, quindi con le qualità fisico-chimiche di questi. Ma nelle edizioni più recenti (1909 e 1918) il numero dei tipi è portato a 13 e una parte è fatta a formazioni in dipendenza del clima, quali le eremofite, le mesofite, le sclerofillofite e qualche altra.
Degna di nota la classificazione delle piante in rapporto ai varî climi proposta dal Köppen basata sul riconoscimento, già attuato da A. De Candolle, di cinque climi fondamentali: climi dalle temperature elevate o megatermi; climi secchi o xerotermi; climi temperato-caldi o mesotermi; climi temperato-freddi o microtermi; climi assai freddi o echistotermi. Ciascuno di essi comporta un certo numero di microclimi. Il clima delle megaterme comprende: il clima delle liane quasi senza periodo secco, con un minimo di pioggia superiore a 2 m. e con le oscillazioni fra le minime della temperatura del mese più freddo e le massime del mese più caldo inferiori a 6°: il clima delle savane tropicali o del baobab con due mesi almeno di secchezza, meno di 2 m. di pioggia all'anno e con oscillazioni annuali delle temperature medie di 12°.
Nel gruppo dei climi secchi è distinto quello dei deserti litoranei a Welwitschia (Kalahari); il clima dei deserti interni senza freddo invernale o della palma da datteri; il clima delle steppe e dei deserti a inverno rigoroso. Essi sono proprî delle regioni subtropicali e temperate, dove la vegetazione subisce un lungo riposo determinato dalla mancanza di piogge o dal freddo intenso: vi predominano le piante annuali, le perenni presentano adattamenti contro la secchezza. Climi siffatti sono disadatti per l'agricoltura, salvo che nelle oasi, e formano barriere agli scambî tra flora e flora.
I climi mesotermi hanno un periodo freddo ed estate calda con una temperatura media del mese più caldo ordinariamente superiore a 22°;. la vegetazione vi subisce riposo, in alcune regioni per il freddo dell'inverno, in altre per la secchezza dell'estate; sono particolarmente favorevoli allo sviluppo ed espansione delle società umane e alle più svariate colture. Vi si distinguono i climi della camelia, della Carya, del mais, dell'olivo, delle eriche del Capo di Buona Speranza, delle fucsie e delle alte savane. La regione mediterranea, al cui paesaggio botanico dànno rilievo e colore alberi e arbusti a foglie persistenti, è compresa nel clima dell'olivo, ma la larga acclimazione che specialmente nei settori più caldi hanno raggiunta note piante grasse (fico d'india, agave, aloe), le colture degli agrumi, le piantagioni di eucalipti e di acacie mostrano il suo trapasso al gruppo precedente.
I climi microtermi sono caratterizzati da estati a temperatura poco elevata, variando la media del mese più caldo da 10° a 22°, il mese più freddo con una media inferiore a 6°: il suolo vi è sempre o di tanto in tanto coperto di neve durante l'inverno, le piogge abbondanti in estate. Le foreste di conifere e quelle fomate di alberi e arbusti caducifogli sono l'espressione più genuina di questo clima assai favorevole alla coltura del grano e, nelle parti più calde, a quella degli alberi da frutto, della vite e del mais. I boschi di faggio nelle zone montuose dell'emisfero nord e quelli delle specie di faggio della sezione Nothofagus nella zona estrema del continente americano cadono in questo clima.
Finalmente i climi echistotermi hanno temperature medie inferiori a 10° nel mese più caldo e n'è esclusa ogni vegetazione arborea all'infuori dei settori di contatto con i climi precedenti, ma gli alberi vi sono bassi e rachitici e gli arbusti appressati al suolo e spesso pulviniformi, come da noi si verifica nella zona subalpina.
In vaste regioni dei tropici perennemente umide e calde, come sono quelle coperte dalla foresta pluviale (Regenwälder), il clima è per tutto l'anno favorevole alla vegetazione, costituita in assoluta prevalenza di alberi e di arbusti a foglie persistenti. Dovunque, invece, il clima ha una periodicità e comporta una o più stagíoni sfavorevoli dovute alla siccità o al freddo, impone periodicità nelle manifestazioni vitali delle piante, le quali devono difendeisi contro la stagione inclemente, ad es., perdendo le foglie all'approssimarsi dell'inverno, come si osserva in quasi tutte le essenze arboree e arbustive delle regioni temperate e fredde. Esse assumono un abito temporaneamente xerofitico: sono, cioè, tropofite. Si può anzi dire in tesi generale che il fattore che decide sull'esistenza di specie spontanee e l'acclimazione di soggetti esotici in regioni a clima temperato non è tanto la stagione favorevole quanto quella rigorosa. Le piante per persistere ed espandersi hanno bisogno di proteggere in vario modo quegli organi assai delicati che sono le gemme o trascorrere la stagione pericolosa sotto la forma di vita rallentata di seme o di spora. Donde le distinzioni dei seguenti tipi ecologici proposti dal Raunkiaer: fanerofite, comprendenti alberi o arbusti a gemme collocate a distanza dal suolo, difese da scaglie, peli, secrezioni varie, come in quelli delle regioni temperate e fredde, indifese come nella maggior parte di quelli viventi nei tropici; camefite e, cioè, piante perenni erbacee e suffruticose appressate al suolo e quindi a gemme difese per la vicinanza del terreno; emicriptofite criptofite con organi aerei soccombenti prima della stagione fredda e con gemme superficiali o profonde, le prime affatto dominanti nei climi temperati; terofite o specie annuali monocarpiche che trascorrono la stagione estiva nei climi siccitosi e quella invernale nei temperati e freddi sotto forma di semi o di spore. Ogni associazione un po' estesa e più ancora ogni formazione ha una varia mescolanza di specie rappresentative di questi 5 tipi, ma la predominanza numerica dell'uno o dell'altro svela la qualità e le fattezze del clima non meno chiaramente che le forme di vegetazione studiate nei loro adattamenti alla stagione favorevole.
Il clima d'Italia, p. es., è nelle pianure e nella zona collinare propizio alle emicriptofite, in montagna alle fanerofite; approssimandosi alla costa, specialmente dove questa è sabbiosa, il numero delle terofite cresce e cospicua diventa la percentuale delle criptofite, ma bisogna anche tenere presente che lungo i litorali esisteva un tempo una larga cintura arborea che l'uomo ha in grande parte abbattuto. In regioni di più intensa agricoltura, come la padana, il paesaggio botanico originario fu profondamente modificato, mentre nei settori più caldi della penisola e nelle isole furono introdotti rappresentanti di forme di vegetazione estranee al suolo e clima italiano.
In tesi generale si può dire che ogni consorzio vegetale ora denso e compatto (formazioni chiuse), ora interrotto e discontinuo (formazioni aperte), sia esso foresta, boscaglia rada o prato, brughiera, ecc., risulta di un numero vario di specie aventi affinità e origini diverse, ma concordanti per esigenze di vita, delle quali alcune per le loro dimensioni, per la singolarità della forma, o per il numero degli individui (dominanti) sono la ripercussione più evidente e immediata delle condizioni ecologiche e imprimono i caratteri più salienti al paesaggio: sono le forme di vegetazione.
Gli studî rivolti a svelare i rapporti fra la vegetazione e il mezzo, tenendo conto di tutti i fattori che fanno simultaneamente risentire la loro influenza, costituiscono la fitogeografia ecologica, detta da alcuni fitosociologia e in senso più ampio "ecologia" (v.).