vegliare (vegghiare; vigilare)
1. La forma ‛ vegliare ' da vigilare attraverso il provenzale velhar, con scarse occorrenze presso D., in genere legate al piano fisico non diversamente dal sinonimo ‛ vegghiare ', sempre intransitivo (per il transitivo si dovrà attendere il Machiavelli).
All'unico esempio del Detto, nel più scontato nesso con ‛ dormire ' (Ma Amor l'ha sì a punto / nella mia mente pinta, / ch'i' la mi veggio pinta / nel cor, s'i' dormo o veglio, v. 259), fa riscontro un passo del Convivio ove il verbo ricorre due volte, la seconda proprio in coordinazione (avversativa e non disgiuntiva) col suo opposto: IV XIII 10-11 [il possesso delle ricchezze] Cagione è di male, ché fa, pur vegliando, lo possessore timido e odioso. Quanta paura è quella di colui che appo sé sente ricchezza, in camminando, in soggiornando, non pur vegliando ma dormendo, non pur di perdere l'avere ma la persona per l'avere.
Viceversa, soltanto nel poema si verifica l'estensione a un pregnante valore metaforico, che forse giunge a lambire la fase più moderna del " dedicarsi senza interruzione a un'attività ". Infatti 'l sacro amore in che io veglio / con perpetüa vista (Pd XV 64) è " quella legge di divina carità, in cui, come ogni altro beato, io veglio eternamente contemplando " (Sapegno), e che dunque ferve in me perpetuamente e operosamente (il Torraca, con icastica locuzione: " Chi veglia tiene gli occhi aperti, e chi molto ama poco dorme ").
Ha lo stesso valore figurato l'allotropo latineggiante ‛ vigilare ': lo usa Beatrice allorquando, rispondendo agli angeli che l'hanno pregata di aver misericordia di D. pentito, chiarisce che quanto dirà non è per loro, che nulla ignorano, ma è dettato dall'imperiosa ragione etica di far sì che il pentimento di D. sia pari alla gravità della sua colpa: Voi vigilate ne l'esterno die, / sì che notte né sonno a voi non fura / passo che faccia il secol per sue vie (Pg XXX 103); naturalmente l'uso di vigilate, " voi state svegli e vigili " (per indicare la possibilità offerta ai beati e agli angeli di contemplare perennemente Dio e quindi di conoscere in lui tutte le vicende umane, passate, presenti e future) è in rapporto con la metafora ne l'etterno die, nel giorno di Dio, che è eterno e non conosce mai né tramonti né notti.
2. Il sinonimo ‛ vegghiare ', dal latino vigilare, allotropo toscano (ma anche meridionale), è sempre intransitivo nei primi secoli (almeno da Bartolomeo da San Concordio fino a tutto il Quattrocento); si trova attestato due volte nel Convivio e quattro nel poema, più o meno con l'identico significato di " stare desto, vigilante " o simili.
In esplicita contrapposizione a ‛ dormire ': Cv I VII 4 Ciascuna cosa che da perverso ordine procede è laboriosa, e per conseguente è amara e non dolce, sì come dormire lo die e vegghiare la notte, e andare indietro e non innanzi (si ricordi la profonda angoscia di D. di fronte allo stravolgimento della persona umana nella pena degl'indovini); III I 1 non solamente vegghiando, ma dormendo, lume di costei ne la mia testa era guidato, per la Filosofia - Donna gentile (" Non solum movent simulacra in vigilando, sed apparent in dormiendo ", Tomm. Comm. De Somniis IV, citato da Busnelli-Vandelli).
Altrove, il nesso è soltanto implicito, oppure non di mero contrasto: colui che mal volontier vegghia (If XXIX 78), lo stalliere che ha sonno ma deve accudire al cavallo prima di andare a letto, e lo striglia in gran fretta per guadagnare tempo; L'una vegghiava a studio de la culla (Pd XV 121), le madri fiorentine del buon tempo antico. Ormai sciolto dal piano fisico: Pd III 100 si vegghi e dorma (con Dio), si trascorra tutto il tempo, di giorno e di notte.
L'infinito sostantivato (come poi nel Boccaccio) ricorre in Pg XXXXII 66 li occhi [di Argo] a cui pur vegghiar costò sì caro, la " perpetua vigilanza ", la " veglia continua ". Qui il Petrocchi ha accantonato la ‛ facilior ' più vegghiar, che lo Scartazzini spiegava " più che non voleva la natura ", il Torraca " più di qualunque altro essere animato ".