Harlan, Veit
Sceneggiatore, regista e attore teatrale e cinematografico tedesco, nato a Berlino il 22 settembre 1899 e morto a Capri il 13 aprile 1964. Avvalendosi di una solida formazione teatrale e di un lungo apprendistato nel cinema come attore, H. divenne, come regista, una delle figure chiave della cinematografia tedesca del Terzo Reich: sue sono alcune tra le più importanti opere di sostegno al nazismo, come Jud Süss (1940; Süss l'ebreo), Der grosse König (1942; Il grande re), per cui vinse la Coppa Mussolini per il miglior film straniero alla Mostra del cinema di Venezia, e il colossale Kolberg (1945; La cittadella degli eroi). Dopo la Seconda guerra mondiale, processato e assolto dalle accuse di collaborazione con il regime, riprese l'attività con opere che, pur senza significative novità, conservano un certo gusto narrativo e fotografico.
Figlio dello scrittore Walter Harlan, studiò recitazione con M. Reihnardt, debuttando in teatro a Berlino nel 1915 come attore e l'anno successivo come assistente alla regia. Dopo aver partecipato alla Prima guerra mondiale, cominciò a lavorare anche nel cinema, facendo la sua prima apparizione in Die Hose. Skandal in einer kleinen Residenz (1927) di Hans Behrendt. Partecipò quindi a numerosi film, rivelandosi buon caratterista in opere di ricostruzione storica a tema bellico come Der Choral von Leuthen (1933) di Carl Froelich, Arzen von Czerépy e Walter Supper, o in polizieschi come Taifun, noto anche come Polizeiakte 909 (1934) di Robert Wiene, e recitando nella parte del protagonista in Stradivari (1935) di Géza von Bolváry. Fu l'introduzione del sonoro, e dunque la possibilità del dialogo parlato, a favorire il suo tardivo esordio nella regia cinematografica che avvenne non casualmente con l'adattamento di una commedia, Krach im Hinterhaus (1935), che era stata da lui diretta a teatro. Prese il via così una prolifica carriera di autore, e spesso anche sceneggiatore, di film fondati soprattutto su grandi interpretazioni d'attore: l'adattamento da L.N. Tolstoj di Kreutzersonate (1937; La sonata a Kreutzer), interpretato dalla diva Lil Dagover; Der Herrscher (1937; Ingratitudine), nel quale primeggia la stella del muto Emil Jannings; e la lunga serie di film che ebbero come protagonista l'attrice Kristina Söderbaum (spesso in coppia con Frits van Dongen): il thriller storico-drammatico Verwehte Spuren (1938; La peste di Parigi); il melodramma Die Reise nach Tilsit (1939; Verso l'amore), ricalcato su Sunrise ‒ A song of two humans (1926; Aurora) di Friedrich W. Murnau; Das unsterbliche Herz (1939; L'accusato di Norimberga), tratto da un testo del padre, storia melodrammatica in costume dell'inventore Peter Henlein (interpretato da un suggestivo Paul Wegener). H. diresse quindi l'infaustamente celebre Jud Süss, esplicito strumento di propaganda antisemita che stravolge il senso originario del romanzo omonimo dello scrittore ebreo L. Feuchtwanger, e Der grosse König, ritratto celebrativo di Federico II nella guerra dei Sette anni con esplicite allusioni alla gloria del Reich hitleriano. Durante la Seconda guerra mondiale alternò con grandi capacità di messa in scena la produzione melodrammatica a quella di sostegno al regime, passando dal triangolo d'amore Opfergang (1944; La prigioniera del destino) a un kolossal della ricostruzione storica come Kolberg: realizzato in due anni di riprese con decine di migliaia di comparse, il film racconta la rivolta popolare di una cittadina portuale prussiana sul Baltico di fronte all'invasione delle armate napoleoniche nel 1806, quasi un appello alla resistenza nei confronti del nazismo accerchiato dalle truppe alleate. L'attività di H. riprese nel dopoguerra con Unsterbliche Geliebte (1954; La dinastia indomabile), melodramma settecentesco in costume, e continuò con opere di varia ispirazione: dal film d'avventura Die Gefangene des Mahradscha (1954; La prigioniera del Maharajah) a quello spionistico di buona fattura Verrat an Deutschland. Der Fall Dr. Sorge (1955; Berlino-Tokyo ‒ Operazione spionaggio), fino allo scandaloso dramma della prostituzione a sfondo omosessuale Anders als du und ich. § 175, noto anche con il titolo Das dritte Geschlecht (1957; Processo a porte chiuse). H. trascorse gli ultimi anni della sua vita in Italia e scrisse un'autobiografia, Im, Schatten meiner Filme, apparsa postuma nel 1966 (a cura di H.C. Opfermann).
S. Zielinski, Veit Harlan: Analysen und Materialien zur Auseinandersetzung mit einem Film-Regisseur des deutschen Faschismus, Frankfurt 1981; F. Noak, Veit Harlan: 'des Teufels Regisseur', München 2000.