velari
I foni velari sono così chiamati in quanto, per produrli, la parte posteriore (postdorso) della lingua crea un diaframma con il palato molle o velo palatino (da qui il termine velare). Tale termine si riferisce sia alle ➔ consonanti sia alle ➔ vocali posteriori procheile e aprocheile (➔ fonetica articolatoria, nozioni e termini di).
Per le consonanti l’IPA (➔ alfabeto fonetico) prevede, a seconda del grado di avvicinamento del postdorso della lingua al velo e della posizione del diaframma rinovelare, cinque modi articolatori: le ➔ occlusive sorde e sonore [k] e [g] (il post-dorso crea una chiusura diaframmatica seguita da una completa apertura); la nasale sonora [ŋ] (stesso grado diaframmatico delle occlusive ma con il diaframma rinovelare aperto; ➔ nasali); le ➔ fricative sorda e sonora [x] e [ɣ] (il postdorso crea una stretta diaframmatica); la laterale approssimante sonora [ʟ] (il postdorso crea una chiusura centrale e l’aria fuoriesce dai lati della lingua; ➔ laterali); le approssimanti sonore (labiovelare e velare) [w] e [ɰ] (il postdorso della lingua si solleva di poco, senza creare fruscio, rispetto alla posizione delle vocali posteriori chiuse [u] e [ɯ], rispettivamente protrusa e non protrusa) (➔ semivocali).
Nelle figg. 1, 2, 3, 4, 5 è riportata la schematizzazione del canale fonatorio dei cinque modi articolatori.
Dal punto di vista dello spettro acustico, il luogo velare è facilmente deducibile dall’altezza della seconda formante (➔ fonetica acustica, nozioni e termini di) che si attesta, per una voce maschile, intorno ai 2500-2800 Hz. In fig. 6 è riportato lo spettrogramma della parola pinguino [piŋˈgwiːno], in cui la nasale velare, compresa sulla scala del tempo tra 0,25 e 0,43 secondi, mostra una seconda formante a circa 2700 Hz. Da notare, inoltre che la tenuta dell’occlusiva sonora è quasi completamente nasalizzata (coarticolazione perseverativa).
Se la seconda formante non è visibile, come nelle occlusive, si fa riferimento alla deviazione della seconda formante delle vocali a contatto che, a seconda del contesto, tende verso frequenze diverse. Infatti le occlusive velari presentano due loci acustici: le seconde formanti delle vocali anteriori tendono verso i 2500-2800 Hz, mentre quelle delle vocali posteriori non subiscono deviazioni (deviazione zero) e sono caratterizzate da un segnale intenso che le precede. In fig. 7 è riportato lo spettrogramma della parola leggo [ˈlɛgːo]. La seconda formante di [ɛ] (sulla scala del tempo compresa tra 0,2 e 0,3 secondi) parte da circa 2000 Hz e sale verso i 2500 Hz, mentre quella della [o] (compresa tra 0,56 e 0,74) ha deviazione zero ed è preceduta da uno scoppio intenso intorno ai 1100 Hz.
Le consonanti velari fanno parte dei sistemi fonologici di 449 lingue delle 451 analizzate dall’UPSID (UCLA Phonological Segment Inventory Database): le più frequenti sono le occlusive, presenti nel 99,33% delle lingue, seguono l’approssimante labiovelare con il 73,61%, la nasale con il 52,99%, le fricative con il 28% (presenti non solo in alcune lingue sudamericane e afroasiatiche, ma anche in lingue indoeuropee quali spagnolo, russo, greco e tedesco), la laterale approssimante e l’approssimante con il 2,88% (la prima presente soltanto nella lingua yagaria e la seconda presente in 12 lingue americane, australiane e afroasiatiche).
Nel sistema fonologico dell’italiano sono presenti soltanto i fonemi occlusivi /k/ e /g/. La loro durata (➔ quantità fonologica) svolge in italiano una funzione distintiva, come nelle coppie minime (➔ coppia minima): baco [ˈbaːko] e bacco [ˈbakːo], eco [ˈɛːko] ed ecco [ˈɛkːo], roca [ˈrɔːka] e rocca [ˈrɔkːa], sugo [ˈsuːgo] e suggo [ˈsugːo], fuga [ˈfuːga] e fugga [ˈfugːa]; [ŋ], invece, è un allofono (➔ allofoni) di /n/: se la consonante nasale precede una consonante occlusiva velare, per il fenomeno della coarticolazione anticipatoria (➔ assimilazione; ➔
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fonetica articolatoria, nozioni e termini di), il luogo velare viene anticipato alla nasale come in ancora [ˈaŋkora], angora [ˈaŋgora], rincaro [riŋˈkaːro], inganno [iŋˈganːo]). Lo stesso vale per [w], allofono di /u/, caratterizzato da una durata più breve e da una minore intensità acustica rispetto alla vocale a contatto come in uovo [ˈwɔːvo], uomo [ˈwɔːmo], ruota [ˈrwɔːta], quattro [ˈkwatːro].
Nei dialetti italiani le velari hanno esiti diversi principalmente quando si trovano in posizione intervocalica. In numerosi dialetti settentrionali, ad es., la [k] intervocalica si sonorizza (➔ sonorizzazione): in Liguria si ha [aˈmiːga] e [ˈfiːgu] per amica e fico, in Lombardia e in Emilia [ˈpeːgura] e [urˈtiːga] per pecora e ortica, in Veneto [doˈmɛːniga] e [neveˈgaːda] per domenica e nevicata. In Toscana, invece, è presente un particolare fenomeno, fonologicamente definito ➔ spirantizzazione e noto come ➔ gorgia toscana, che consiste nel realizzare le occlusive [p] [t] [k], in posizione intervocalica, come fricative sorde [ɸ] [θ] [h] (rispettivamente bilabiale, dentale e glottidale). Avremo, quindi, [la ˈɸiːɸa] e [saˈɸoːne] per la pipa e sapone, [paˈθaːθe] e [niˈɸoːθe] per patate e nipote, [la ˈhaːsa] e [aˈmiːho] per la casa e amico. Contrariamente a quanto avviene per l’occlusiva bilabiale e dentale, la cui diffusione è territorialmente limitata, la spirantizzazione della velare occupa quasi completamente il territorio toscano (➔ toscani, dialetti).
In alcuni dialetti meridionali (➔ siciliani, calabresi e salentini, dialetti), tra cui il calabrese, [g] viene realizzata o come fricativa sonora oppure scompare del tutto (si avrà, quindi, [aˈɣustu ] o [aˈustu ] per agosto e [ˈfraːɣula] o [ˈfraːula] per fragola). Al contrario in area campana [g] diventa fricativa labiodentale (spago [ˈspaːvə], paragone [paraˈvoːnə]) oppure occlusiva sorda (pagare [paˈka], legume [ləˈkuːmə]). Nel tarantino diventa [j], come in pagare [paˈjɛ] e agosto [aˈjust]). Inoltre, in alcune colonie gallo-italiane dell’Italia meridionale, come nel gruppo dialettale di Potenza, [k] viene realizzata come fricativa sonora (ad es., nevica [ˈneːvəɣa] e stomaco [ˈstɔːmuɣu] (Rohlfs 1949: §§ 197, 217). Da notare, infine, che uno dei caratteri distintivi del dialetto sardo logudorese (➔ sardi, dialetti): è la conservazione delle velari latine davanti a vocale palatale: ad es., [ˈlɛːgere] per leggere, [ˈkɛːna] per cena e [ˈkɛːlo] per cielo (cfr. Loporcaro 2009).
Diversamente dal latino classico, in cui i grafemi ‹c› e ‹g› corrispondevano sempre a consonanti occlusive, in italiano la loro realizzazione dipende dal contesto: vengono realizzati come occlusive velari, se seguiti da a o da vocali posteriori (gara [ˈgaːra], cura [ˈkuːra], gota [ˈgɔːta], conto [ˈkonto]), o come affricate postalveolari se seguiti da vocali anteriori (cena [ˈʧeːna], cela [ˈʧɛːla], giro [ˈʤiːro]) (➔ ortografia). Per rendere velari questi ultimi suoni in italiano, unico caso tra le lingue romanze, si fa uso del digramma ch e gh. Il risultato è che, per effetto di coarticolazione con le vocali anteriori (o palatali), tali consonanti si realizzano non più come velari ma come prevelari ([k+̟] [g̟+]) o palatali ([c] e [ɟ]) e, pertanto, sono considerati allofoni di [k] e [g]. In trascrizione stretta si troverà quindi [ˈk+̟̟ɛːla] e [ˈcɛːla] per chela, [ˈg̟+ ̟iːro] e [ˈɟiːro] per ghiro, [ˈk+ ̟juːso] e [ˈcjuːso] per chiuso, [ˈg̟+ ̟janda] e [ˈɟjanda] per ghianda ma, in trascrizione larga [ˈkɛːla], [ˈgiːro], [ˈkjuːso] e [ˈgjanda] (Romano, Molino & Rivoira 2005).
L’occlusiva velare sorda è resa in italiano anche con il digramma ‹qu› seguito da vocale (► q). Avremo quindi due grafie diverse per lo stesso suono: cuore [ˈkwɔːɾe], cuoio [ˈkwɔːjo], cuoco [ˈkwɔːko] e quota [ˈkwɔːta], questo [ˈkwesto], quale [ˈkwaːle].
Nelle antiche grafie l’occlusiva velare sorda è liberamente indicata con ‹k, qu, ch›. Un es. si trova nel Placito di Capua del 960 (considerato il primo documento di volgare italiano: ➔ origini, lingua delle) in cui si legge la famosa formula «Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene» e nel Libro de la destructione de Troya (1360 circa) in cui le forme chillo e quillo sono entrambe presenti (Larson 1988; Maraschio 1993; De Blasi 1986).
De Blasi, Nicola (1986), Volgarizzamento dell’Historia destructionis Troie di Guido delle Colonne, Roma, Bonacci.
Larson, Pär (1988), Italiano ch, gh: lingua germana in aure romana?, «Studi linguistici italiani» 14, pp. 38-49.
Loporcaro, Michele (2009), Profilo linguistico dei dialetti italiani, Roma - Bari, Laterza.
Maraschio, Nicoletta (1993), Grafia e ortografia, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni & P. Trifone, Torino, Einaudi, 3 voll., vol. 1° (I luoghi della codificazione), pp. 139-227.
Rohlfs, Gerhard (1949), Historische Grammatik der italienischen Sprache und ihrer Mundarten, Bern, Francke, 1949-1954, 3 voll., vol. 1º (Lautlehre) (trad. it. Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, 1966-1969, 3 voll., vol. 1º, Fonetica).
Romano, Antonio, Molino, Gianni & Rivoira, Matteo (2005), Caratteristiche acustiche e articolatorie delle occlusive palatali: alcuni esempi da dialetti del Piemonte e di altre aree italo-romanze, in Misura dei Parametri. Aspetti tecnologici ed implicazioni nei modelli linguistici. Atti del I convegno nazionale dell’Associazione italiana di scienze della voce (Padova, 2-4 dicembre 2004), a cura di P. Cosi, Torriana, EDK, pp. 389-428.