SPANO, Velio.
– Nacque il 15 gennaio 1905 a Teulada (allora nella provincia di Cagliari, oggi in quella del Sud Sardegna), da Attilio, segretario comunale, e da Antonietta Contini, maestra elementare; era l’ultimo dei tre fratelli che giunsero fino all’età adulta (due sorelline morirono in giovanissima età).
Nel 1910 seguì la famiglia a Guspini, un vicino centro minerario, dove entrò in contatto con le lotte dei minatori e con le idee socialiste. Dal 1916 visse a Cagliari, dove frequentò il ginnasio Giovanni Siotto Pintor e poi il liceo Giovanni Maria Dettori (dove tra il 1908 e il 1911 aveva studiato Antonio Gramsci), presso il quale conseguì la maturità classica (1922).
Di fronte allo squadrismo fascista che stava montando anche in Sardegna, nel 1922 il giovanissimo Spano partecipò alle lotte che si svolsero a Cagliari a ridosso della marcia su Roma, e fece anche parte «di una delle squadre d’azione che facevano capo al fronte unico antifascista composto di sardisti, repubblicani, socialisti» (nota autobiografica di Spano, gennaio 1939, in Fondazione Gramsci, fondo Nadia Gallico e Velio Spano, Materiali per biografia, b. 31, f. 229; si veda anche V. Spano, Alla conquista di Cagliari: la marcia dei comunisti cagliaritani dal 1921 al 1947, Cagliari 1947, pp. 3 s.).
Nel 1923 si iscrisse alla Federazione giovanile comunista italiana (FGCI), l’organizzazione giovanile del Partito comunista d’Italia (PCd’I). Nello stesso anno, mentre la famiglia si stabiliva a Rodi – suo padre aveva ottenuto un incarico nell’amministrazione delle isole italiane dell’Egeo (chiamate comunemente il Dodecaneso) –, si trasferì a Roma per frequentare l’università. Iscrittosi a giurisprudenza, intensificò l’impegno politico, entrando nel Comitato direttivo cittadino della FGCI e nel suo Comitato federale laziale.
Nel 1924 iniziò l’attività di giornalista, collaborando con L’ordine nuovo, giornale che era stato fondato a Torino nel 1919 da Gramsci e che, dopo un anno e mezzo di chiusura, aveva ripreso le pubblicazioni a Roma dal mese di marzo, con periodicità quindicinale.
Nel maggio del 1924 avvenne l’incontro con Gramsci – dal mese di agosto segretario generale del PCd’I – che segnò fortemente la personalità di Spano. Egli avrebbe poi ricostruito quei colloqui in uno scritto, Gramsci è morto!, letto il 29 aprile 1937 (due giorni dopo la morte del leader comunista) da una radio repubblicana spagnola (il testo sarebbe stato pubblicato, con il titolo Gramsci sardo, nel libro collettaneo Gramsci, pubblicato a Parigi nel 1938, e in seguito in un’antologia degli scritti di Spano sulla Sardegna, Per l’unità del popolo sardo, a cura di A. Mattone, Cagliari 1978, pp. 33-45).
Spano venne fermato e schedato già il 10 giugno 1925, durante le manifestazioni svoltesi in occasione del primo anniversario dell’assassinio del deputato socialista riformista Giacomo Matteotti (Mattone, 1978a, pp. 13 s.). Dalla primavera di quell’anno diresse – con Altiero Spinelli – il gruppo universitario romano della FGCI. In quei mesi Spano e Spinelli s’incontrarono più volte con i dirigenti dell’Unione goliardica per la libertà – che riuniva gli universitari di tutti i partiti antifascisti, tranne quello comunista – cercando di avvicinare al comunismo gli studenti più combattivi.
Nel 1926 Spano fu inviato dal PCd’I a Torino, per proseguire l’attività politica tra gli studenti, come segretario del circolo universitario Marco Friedmann, ma anche tra gli operai, attraverso la diffusione di giornali di fabbrica. Per alcuni mesi, peraltro, per mantenersi lavorò – come addetto alle affilatrici meccaniche – presso un’azienda metallurgica, la Elli e Zerboni.
All’inizio del 1927 – cioè dopo il varo delle cosiddette leggi eccezionali (dicembre 1925-novembre 1926), con le quali il governo Mussolini aveva costruito le basi di uno Stato autoritario – la sua attività divenne completamente clandestina: Spano (che assunse in tale occasione il suo primo pseudonimo, Mariano) era ormai un «rivoluzionario di professione» (Mattone, 1978a, p. 14). Membro della Segreteria torinese della FGCI, nella prima metà di quell’anno collaborò (con Enrico Minio, Felicita Ferrero, Edoardo D’Onofrio, Gastone Sozzi e Pietro Secchia) al giornale Il fronte unico e a fogli per giovani e giovanissimi, come Il goliardo rosso e Il fanciullo proletario. Legatosi sentimentalmente a Felicita Ferrero, contribuì con lei alle attività del Soccorso rosso diretto da Guglielmo Jonna.
Nel giugno del 1927 fu arrestato; venne condannato dalla Pretura di Torino a due mesi di carcere e proposto per l’assegnazione al confino. Mentre era ancora in prigione venne deferito al Tribunale speciale di Roma, che nell’aprile del 1928 lo condannò a 5 anni e 6 mesi di reclusione per «associazione e propaganda comunista» (M. Gi., 1987, p. 623). Venne trasferito dal carcere di Torino a quello di Viterbo e poi di Pesaro; si dedicò assiduamente agli studi, e a Pesaro redasse addirittura dei ponderosi Appunti sul materialismo storico (Fondazione Gramsci, fondo Nadia Gallico e Velio Spano, Materiali per biografia). Venne liberato nel dicembre del 1932, in seguito all’amnistia del 4 novembre, emanata pochi giorni dopo il decennale della ‘marcia su Roma’.
Nel gennaio del 1933 espatriò clandestinamente, raggiungendo Parigi ed entrando nel Centro estero del PCd’I, con lo pseudonimo di Danesi. Venne inizialmente inviato in Savoia «per riorganizzare il partito tra gli emigrati italiani» (Mattone, 1978a, p. 21). Nel 1934-35 diresse i patronati italiani all’estero (collegati al Soccorso rosso internazionale), cominciando a usare lo pseudonimo di Paolo Tedeschi, fra i tanti quello che utilizzerà con maggiore frequenza; nel corso di tale incarico conobbe Giuseppina Zolia, nota come Pina Colia, che sarebbe stata la sua compagna negli anni 1934-38 (si vedano Mattone, 1978a, pp. 22-24, 26, e Gallico Spano, 2005, pp. 127 s.). Nell’ottobre del 1934 preparò con lo scrittore francese Romain Rolland un appello per la liberazione di Gramsci e per l’invio in Italia di una delegazione che valutasse le condizioni dei prigionieri politici.
Nel giugno del 1935 fu autore dei primi articoli apparsi sulla stampa comunista internazionale contro i preparativi dell’aggressione fascista all’Etiopia (in particolare ne scrisse su Rundschau che, stampato a Basilea in Svizzera, era l’organo ufficiale dell’Internazionale comunista, allora chiamata comunemente Comintern; Procacci, 1978, pp. 55 s.). In novembre (circa un mese dopo l’inizio della campagna militare italiana contro l’Etiopia) fu inviato in Egitto dal Centro estero e dal Comitato internazionale per l’aiuto al popolo etiopico. Qui, con lo pseudonimo di Paul Conibet, svolse un’attiva propaganda presso i soldati italiani che, diretti in Etiopia, transitavano per il canale di Suez, sostando a Porto Said (Candreva, 2013, pp. 158 s., 166).
Tra il 1935 e il 1937 compì varie missioni clandestine in Italia – in particolare a Napoli, ma anche a Roma – con lo pseudonimo di Renzo Lojacono, scrivendone anche sulla rivista del partito, il mensile Lo Stato operaio (Per le vie di Napoli dopo la vittoria fascista, 1936, n. 10, 9).
Nel dicembre del 1936 fu inviato dal Centro estero a Barcellona, nella Spagna in preda alla guerra civile tra repubblicani e nazionalisti; lì si aggregò alle Brigate internazionali (promosse dal Comintern), occupandosi soprattutto dei servizi radio (De Tomasso, 2016, pp. 48-57, 76 s., 192-197). Prima fu attivo a Barcellona, con brevi trasmissioni in italiano da Radio PSUC (gestita dal Partit socialista unificat de Catalunya, il ramo catalano del Partito comunista spagnolo) e da Radio Barcellona (gestita dal governo autonomo catalano, la Generalitat). Dalla fine del febbraio del 1937 diresse un’emittente interamente in lingua italiana, Radio Milano libera, che trasmetteva allora da Madrid; essa era volta sia alla propaganda verso i militari italiani che il governo aveva inviato in Spagna a combattere a fianco dei nazionalisti, sia a far giungere in Italia la voce degli antifascisti. Tuttavia Spano non si limitò alle radio: ai primi di febbraio, sempre a Madrid, era entrato nello Stato maggiore della 4a divisione dell’esercito repubblicano, allora comandata da Juan Modesto; dal 5 al 27 di quel mese partecipò alla battaglia del fiume Jarama (Mattone, 1978a, p. 31; De Tomasso, 2016, p. 53). In marzo si occupò dei soldati italiani fatti prigionieri dopo la battaglia di Guadalajara (P. Tedeschi [V. Spano], Guadalajara, 8-23 marzo 1937. Con i prigionieri italiani dopo la vittoria dell’Esercito popolare spagnolo, 1937, e Velio Spano incontra un gruppo di Camicie nere, testo letto a Radio Milano libera il 21 marzo 1937, ora in De Tomasso, 2016, pp. 192-197).
Nell’autunno del 1937 venne richiamato a Parigi dal Centro estero. In Francia, con Mario Montagnana diresse l’organo del partito, L’unità, e collaborò di nuovo a Lo Stato operaio, scrivendo vari articoli sulle questioni internazionali. Membro della segreteria dei gruppi di lingua italiana del Partito comunista francese (PCF), continuò a svolgere missioni clandestine in Italia. Proseguì inoltre la sua attività negli organismi unitari antifascisti, contribuendo, tra il maggio e l’agosto del 1938, alla creazione di una Fratellanza sarda (un’associazione tra gli emigrati sardi in Francia) e collaborando con il giornale La voce degli italiani (espressione dell’Unione popolare italiana, un’organizzazione nella quale il PCd’I aspirava a federare i fuoriusciti e gli emigrati italiani presenti in Francia; Maltone, 2013) e con la Lega italiana dei diritti dell’uomo (LIDU). Nell’estate del 1938 organizzò una scuola di partito nella regione della Lorena.
Nel 1938 Spano fu anche coinvolto – sia pure indirettamente – in sospetti relativi alla fedeltà antifascista di Pina Colia, che alla fine venne espulsa dal partito. Conclusasi questa vicenda, fu inviato dal Centro estero a Tunisi, dove giunse il 2 ottobre, pochi giorni dopo la firma del ‘patto di Monaco’. In Tunisia, allora protettorato francese, era presente una vasta comunità italiana, per lo più di sentimenti antifascisti (si trattava di 94.000 persone, secondo le statistiche ufficiali del 1936, ma 155.000 se si calcolano anche quelli che avevano ottenuto la cittadinanza francese; F. Cresti, Prefazione a Melfa, 2008, pp. 17 s.). Lo scopo della missione era quello di «organizzare e coordinare i compagni che operavano in Tunisia e [...] rinsaldare i vincoli di solidarietà e collaborazione fra gli antifascisti italiani» e le autorità francesi (Manduchi, 2016, pp. 72 s.). Spano prese contatto con il Partito comunista tunisino (PCT), che era diretto da un arabo, Ali Djerad, ma tra i cui iscritti si trovavano in gran numero anche esponenti delle altre comunità etniche del Paese (italiani, francesi, maltesi, spagnoli, ebrei di lingua italiana o di lingua francese); i rapporti più stretti li ebbe comunque con un gruppo di militanti al cui fianco avrebbe lavorato negli anni seguenti, tra i quali Maurizio Valenzi, Silvano e Ferruccio Bensasson, i fratelli Loris, Ruggero, Diana e Nadia Gallico, Michele Rossi, Marco Vais, Georges Attal, Roger Taieb, Aldo Bessis, Paul Sebag.
Spano collaborò al settimanale L’italiano di Tunisi, il più importante giornale italiano antifascista del Paese, gestito dalla sezione locale della LIDU, ma aperto a tutti i partiti antifascisti (ne era infatti direttore Loris Gallico, del PCT); su quel giornale curò la rubrica Dalla Sardegna, in cui – con lo pseudonimo di Antiogheddu (Antioco in sardo) – rielaborava le notizie dall’Italia, denunciando lo sfruttamento di tipo coloniale imposto all’isola.
Nel marzo del 1939, assieme a Giorgio Amendola e Ambrogio Donini, fondò il quotidiano Il giornale – finanziato in gran parte da esponenti della comunità ebraica tunisina di lingua italiana, spostatasi in massa su posizioni antifasciste dopo le leggi razziali del 1938 – che era volto a contrastare le pretese del governo Mussolini su Tunisi, Nizza, Corsica e Savoia e la conseguente propaganda antifrancese; Spano ne fu redattore capo, con Amendola direttore.
Alla fine di maggio Spano sposò Nadia Gallico, sua compagna di lotta e di vita, da cui avrebbe avuto Paola, Chiara e Francesca (su di lei e sull’ambiente politico-culturale da cui proveniva, fortemente cosmopolita, si vedano – oltre alle sue memorie, citate in bibliografia – Caruso, 2005, Melfa, 2008, e Rossetti, 2015).
Quando, il 23 agosto, venne firmato il patto tedesco-sovietico, il PCT decise di appoggiarlo (come fecero d’altronde gli altri partiti comunisti). Questa presa di posizione ebbe gravi conseguenze: pochi giorni dopo le altre organizzazioni antifasciste ruppero ogni collaborazione con il partito (tra l’altro, Spano e Loris Gallico furono estromessi dalla redazione dell’Italiano di Tunisi, mentre Il giornale perse i finanziamenti della comunità ebraica e dovette chiudere) e il 6 ottobre, un mese dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, il PCT venne dichiarato illegale dalle autorità; pochi giorni dopo Spano entrò nel partito, e fu cooptato nella sua direzione.
Dopo la dichiarazione di guerra dell’Italia alla Francia (10 giugno 1940), le autorità fermarono tutti gli italiani maschi residenti in Tunisia che erano in età e in condizioni di portare le armi (quindi anche quelli appartenenti a partiti dichiaratamente antifascisti) e li internarono in varie località del Centro e del Sud del Paese; Spano e altri militanti del PCT furono inviati a Sbeitla, ai margini del deserto. Vennero tutti liberati dopo due settimane, in seguito alla firma dell’armistizio tra Francia, Germania e Italia.
Dal mese di luglio Spano, in una situazione politica mutata – la Tunisia era ormai amministrata dai rappresentanti di un governo francese che collaborava con Germania e Italia, il cosiddetto governo di Vichy – assieme alla moglie Nadia lavorò alla riorganizzazione del PCT; ormai, in quanto unico membro della Direzione rimasto in libertà, era «divenuto il vero responsabile del PCT» (Manduchi, 2016, p. 75). Sino all’estate del 1941 orientò il PCT (similmente a quanto stava facendo il PCF) sulla linea della ‘guerra imperialista’, secondo la quale entrambi gli schieramenti coinvolti nel conflitto erano imperialisti e andavano quindi combattuti. In tale contesto era anche necessario appoggiare la lotta per l’indipendenza della Tunisia condotta dal partito Néo-Destour (Neo-Dustūr nella grafia araba; contrazione di al-Ḥizb al-ḥurr al-dustūrī al-jadīd, Nuovo libero partito della Costituzione) guidato da Hamid Bourghiba; questo partito era stato invece definito due anni prima da Djerad «venduto al fascismo» (1° Congresso del PCT, Ariana, 20 maggio 1939). Decisivo in tal senso, nel giugno del 1941, fu il contributo di Spano alle Tesi di giugno, nelle quali fu messo per scritto quanto deciso nella II Conferenza organizzativa illegale del PCT, tenutasi in aprile.
Dopo l’attacco tedesco all’Unione Sovietica (22 giugno 1941), Spano aderì – come fecero i dirigenti di altri partiti comunisti – alla linea della ‘guerra antifascista’, e di conseguenza orientò il PCT verso la collaborazione con la lotta condotta da gollisti e socialisti francesi contro la Germania e l’Italia, ma anche contro il governo di Vichy.
La nuova linea del PCT comportò un forte inasprimento delle misure repressive da parte delle autorità, e Spano e gli altri dirigenti dovettero entrare in clandestinità. In diverse retate (in particolare in quelle del novembre-dicembre del 1941) molti dei militanti più attivi vennero arrestati e torturati. Spano, pur ricercato dalla polizia, riuscì sempre a sfuggire alla cattura, ma per due volte (marzo e giugno del 1942) fu condannato a morte in contumacia.
Quando, nel novembre del 1942, italiani e tedeschi occuparono la Tunisia, la situazione peggiorò ulteriormente, ma Spano continuò la sua attività clandestina, tra l’altro avviando un lavoro di propaganda fra i militari attraverso il giornale Il soldato italiano. Inoltre, alla fine di dicembre fu lui a indirizzare la II Conferenza d’informazione del PCT verso la linea di un’attiva unità d’azione con il Néo-Destour.
Nel 1943, la Tunisia fu liberata (maggio) e in Italia cadde il fascismo (luglio). In maggio il Comintern venne sciolto e il PCd’I assunse la nuova denominazione – non priva di valenze politiche – di Partito comunista italiano (PCI).
Il 16 ottobre Spano giunse in aereo a Napoli (la moglie Nadia poté raggiungerlo in Italia solo nel marzo del 1944, le figlie nel dicembre del 1945). Da qui – tenendosi in contatto, tramite il PCF, con il segretario del suo partito, Palmiro Togliatti (che si trovava a Mosca, ma stava cercando il modo di rientrare in Italia) – guidò il PCI nell’Italia liberata, assieme a Eugenio Reale. La politica di unità nazionale antifascista, delineata da Reale dopo le Quattro giornate di Napoli (27-30 settembre), incontrò forti dissensi, che a Napoli, alla fine di ottobre, sfociarono nella fuoriuscita degli elementi più ‘duri’ (la cosiddetta scissione di Montesanto). Spano invece sostenne questa politica, chiarendone le motivazioni in due successivi opuscoli (ancora firmati con lo pseudonimo di Paolo Tedeschi), I comunisti italiani e l’unità nazionale contro l’invasore (novembre) e Il partito della classe operaia (dicembre). Ai primi di dicembre iniziò a dirigere, insieme con Reale, l’edizione meridionale (allora settimanale) dell’Unità.
Il 20 gennaio 1944 Spano e Reale ebbero un incontro con il presidente del consiglio, Pietro Badoglio, ma non poterono accettare la sua offerta di entrare nel governo perché ponevano come condizione pregiudiziale l’abdicazione del re Vittorio Emanuele III. Pochi giorni dopo, il 28, Spano intervenne per il PCI al Congresso di Bari dei Comitati di liberazione nazionale (CLN) dell’Italia liberata e, pur ribadendo la richiesta di abdicazione del re (gli altri partiti dei CLN avevano invece una posizione più radicale, di totale abolizione della monarchia), sostenne l’esigenza della più ampia unità nella guerra di liberazione; venne eletto nella Giunta esecutiva dei CLN.
In febbraio, con un nuovo opuscolo, anonimo ma a lui attribuito (Partecipare alla guerra! Salvare l’Italia!; Mattone, 1978a, p. 89), avviò una parziale correzione di rotta, con la quale tra l’altro attenuava la ‘pregiudiziale antimonarchica’ espressa al Congresso di Bari.
La linea del PCI cambiò in maniera ancora più netta con l’arrivo di Togliatti a Napoli (27 marzo). Quattro giorni dopo, il 31, Spano tenne la relazione introduttiva al I Consiglio del PCI per l’Italia liberata, in cui venne varata quella che sarebbe stata poi chiamata ‘la svolta di Salerno’: il 22 aprile, infatti, si formò a Salerno (che rimase sede dell’esecutivo fino alla liberazione di Roma) il II governo Badoglio, in cui per la prima volta entrarono alcuni rappresentanti dei partiti antifascisti che aderivano ai CLN.
In luglio Spano si spostò a Roma, dove iniziò a dirigere l’edizione locale dell’Unità (avrebbe conservato questo incarico per due anni, fino al giugno del 1946). Sempre in luglio fu eletto nella direzione provvisoria del PCI per l’Italia liberata; fu poi confermato nell’agosto del 1945, allorché – con l’unificazione dei due gruppi dirigenti, di Roma e di Milano – la direzione nazionale si ricompose.
Tra il 1944 e il 1945 seguì la costruzione del partito nel Mezzogiorno e nelle isole, in particolare in Sardegna: nel maggio del 1945 rappresentò la direzione al II Congresso regionale sardo del PCI, in occasione del quale approfondì il tema dell’autonomia.
Il 2 giugno 1946 fu eletto (nel collegio elettorale della Sardegna) all’Assemblea costituente. Durante i lavori dell’Assemblea intervenne sui rapporti etico-sociali, sul trattato di pace, sulle questioni agrarie e sullo statuto speciale per la Sardegna. Il legame con la terra di origine si rafforzò nell’ottobre del 1947, con la nomina a segretario regionale del PCI (che lo avrebbe portato a risiedere a Cagliari fino al 1953); dal 1951 venne affiancato da Giovanni Lay, in qualità di vicesegretario. Al problema del banditismo in Sardegna, allora molto grave, avrebbe dedicato nel 1952 diversi articoli e il 13 dicembre 1953 un celebre discorso in Senato (stampato l’anno successivo in opuscolo, con il titolo Il banditismo sardo e i problemi della rinascita; Mattone, 1978a, pp. 198-201).
Tra il luglio del 1946 e il gennaio del 1947 fu sottosegretario all’Agricoltura del II governo De Gasperi. Confermato in direzione dal VI Congresso nazionale del PCI (gennaio 1948), nella I Legislatura (1948-53) fu senatore di diritto – a causa della condanna inflittagli nel 1928 dal Tribunale speciale – e membro della Commissione Affari esteri e colonie del Senato.
Nel settembre del 1948, a Carbonia – il principale centro della zona mineraria del Sulcis-Iglesiente, nel Sud-Ovest della Sardegna – scoppiò un durissimo sciopero (detto poi ‘dei 72 giorni’) contro la politica aziendale della Carbosarda, l’azienda che gestiva la maggior parte delle miniere di carbone della regione; poiché la polizia arrestava sistematicamente, uno dopo l’altro, tutti i successivi segretari della Camera del lavoro della città, in ottobre Spano (che pure a settembre era stato fermato, ma che in quanto parlamentare era al riparo dal rischio di arresto) fu eletto a questa carica, e nelle settimane seguenti si impegnò al fianco dei minatori in lotta.
Nel dicembre del 1948 partecipò a Cagliari a un vivace dibattito pubblico con un celebre predicatore gesuita, padre Riccardo Lombardi (detto ‘il microfono di Dio’ per i suoi numerosi e appassionati interventi radiofonici), sul tema Cristianesimo o comunismo; su questo contraddittorio, che fece grande scalpore, si sarebbe in seguito scritto molto (si vedano per es.: G. Angioni, Il contraddittorio, in Velio Spano..., 1994, pp. 18-20; B. Maiorca, La sfida di Sant’Eulalia: Velio Spano versus Padre Lombardi, in Velio e Nadia Spano..., 2008, pp. 78-102).
Nel 1951 fondò la rivista Rinascita sarda – di cui fu direttore, con Umberto Cardia come vice – e nella prima parte degli anni Cinquanta fu tra i protagonisti del Movimento per l’autonomia e la rinascita della Sardegna, nel quadro del Movimento per la rinascita del Mezzogiorno.
Spano rimase molto attivo anche sul versante internazionale. Tra il settembre del 1949 e il gennaio del 1950, come inviato del PCI e dell’Unità, compì un lungo viaggio nella Repubblica popolare cinese, che a partire dall’ottobre del 1949 descrisse in una serie di articoli per il suo giornale (i cui testi vennero stampati in volume a Milano nel 1950, con il titolo Nella Cina di Mao Ze-Tun; nello stesso anno Spano pubblicò Ciò che ho visto nella Cina popolare, Torino 1950, testo stenografico della conferenza da lui tenuta il 26 febbraio al teatro Alfieri di Torino).
Trasferitosi con la famiglia a Roma nel 1953, nel 1955 divenne responsabile della sezione esteri del PCI e, in tale veste, nel corso del 1956 partecipò a diversi incontri con i responsabili di altri partiti comunisti. Particolarmente importanti furono gli incontri con i dirigenti del PCF: quello di maggio a Sanremo, che portò all’elaborazione di un documento sugli «interessi comuni» tra i due partiti; quello di luglio a Parigi, che segnò un brusco momento di arresto di questo processo di collaborazione (Urban, 1986, pp. 233, 236); quello di novembre a Parigi sui ‘fatti d’Ungheria’, in cui si palesarono le divergenze di analisi tra i due partiti su questo tema (Höbel, 2006, pp. 90-93; in appendice, la relazione di Spano); e infine quello di dicembre, sempre a Parigi, insieme a Togliatti e Luigi Longo, in cui emersero le forti critiche di Roger Garaudy (direttore del Centre d’études et de recherches marxistes e come tale uno dei ‘filosofi ufficiali’ del PCF) alla ‘via italiana al socialismo’ (Martinelli - Gozzini, 1998, p. 587). Ma di notevole rilievo fu anche l’incontro in ottobre – come membro di una delegazione del PCI guidata da Longo – con Tito (Josip Broz) e altri dirigenti iugoslavi (Quel terribile 1956, 1996, pp. 205 s.).
Nel marzo del 1957, in occasione della IV Conferenza regionale sarda del PCI (tenutasi a Oristano), Spano lasciò l’incarico di segretario regionale, e al suo posto venne eletto Lay. Pochi mesi dopo il PCI visse in Sardegna una grave crisi politica, a seguito della sensibile perdita di voti subita nelle elezioni regionali di luglio. La crisi culminò nella V Conferenza regionale (tenutasi in dicembre a Cagliari), che vide Spano (assente per malattia) pesantemente messo sotto accusa, in particolare da parte di Renzo Laconi, che alla fine della Conferenza subentrò come segretario regionale a Lay, visto come ‘delfino’ di Spano e continuatore della sua linea (Gallico Spano, 2005, pp. 381-383).
Lasciata anche la responsabilità della sezione esteri, dal 1958 Spano fu segretario del Movimento italiano per la pace e vicepresidente del Consiglio mondiale della pace.
Nel 1959 compì un’importante missione in Africa, nel corso della quale incontrò dirigenti politici di altissimo livello, tra cui il senegalese Léopold Sédar Senghor, il guineano Ahmed Sékou Touré e l’egiziano Nasser; al processo di decolonizzazione del continente dedicò nel 1960 il libro Risorgimento africano (pubblicato a Roma). Nello stesso anno entrò a far parte del Gruppo di studio sulle lotte anticoloniali istituito dalla Direzione del PCI; quindi rappresentò il proprio partito in agosto a Cuba, alla VIII Assemblea del Partito socialista popolare, predecessore dell’attuale Partito comunista (incontrò tra gli altri Fidel Castro), e sul tema scrisse una serie di articoli su l’unità. Spano appariva insomma, in questo periodo, come un esponente emblematico del ‘nuovo internazionalismo’ praticato dal PCI a partire dal 1956, volto alla costruzione di una rete ampia e variegata di relazioni politiche.
Rieletto in Senato nel 1953, nel 1958 e nel 1963, continuò a far parte della Commissione Affari esteri, ma fu presente anche nella Commissione consultiva per gli enti di riforma agraria, nelle Commissioni speciali sui trattati europei e nella Commissione di vigilanza sulle radiodiffusioni.
Non venne confermato in direzione dal IX Congresso del PCI (gennaio-febbraio 1960). Nel novembre del 1961, durante i lavori del Comitato centrale dedicati al XXII Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica (che si era svolto in ottobre e che aveva accentuato la critica allo stalinismo iniziata già nel 1956), Spano chiese di andare oltre la critica del ‘culto della personalità’ (Il Pci e lo stalinismo..., 2007, pp. 263, 267). Negli stessi giorni illustrò in Senato la relazione di minoranza sul piano per la rinascita della Sardegna.
Nel luglio del 1963 fu eletto in Senato vicepresidente del Gruppo comunista, ma anche della Commissione Affari esteri: un duplice riconoscimento significativo.
Colpito da un tumore, morì a Roma il 7 ottobre 1964. Venne ricordato in Comitato centrale da Girolamo Li Causi; ai suoi funerali parlarono per il PCI Amendola e Cardia (L’ultimo saluto al compagno Spano, in L’unità, 10 ottobre 1964). Secchia lo commemorò pochi giorni dopo a Carbonia (Commossa manifestazione per Spano a Carbonia, in L’unità, 12 ottobre 1964).
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Casellario politico centrale, f. Velio Spano; Fondazione Gramsci, fondo Nadia Gallico e Velio Spano. Il profilo più completo di Spano è quello di A. Mattone, V. S.: vita di un rivoluzionario di professione, Cagliari 1978a. Importante anche il libro di memorie di N. Gallico Spano, Mabrùk: ricordi di un’inguaribile ottimista, Cagliari 2005. Su di lei (e sul suo ambiente di origine) si vedano inoltre: L. Caruso, Donne e antifascismo in Tunisia tra il primo e il secondo dopoguerra, in Laboratorio di ricerca, 2005, 11, 13, pp. 220-245, http://www. serena.unina.it/index.php/camerablu/article/view/3903/4370 (25 settembre 2018); D. Melfa, Migrando a sud: coloni italiani in Tunisia, 1881-1939, Roma 2008; S. Rossetti, Antifasciste italiane nel Nord Africa francese: tra politica e appartenenze multiple, in Lontane da casa: donne italiane e diaspora globale dall’inizio del Novecento a oggi, a cura di S. Luconi - M. Varricchio, Torino 2015, pp. 279-303, https://books.openedition.org/ aaccademia/910?lang=it (25 settembre 2018). Brevi ma accurate note biografiche su Spano sono in: [G. Amendola], Dirigenti comunisti. Spano [Roma 1945] (si tratta di un opuscolo a cura della Commissione propaganda del PCI; se ne trova una copia in Fondazione Gramsci, fondo Nadia Gallico e Velio Spano); La vita di un comunista, in L’unità, 9 ottobre 1964; V. S.: l’uomo, il politico, lo scrittore, a cura di G. Caredda - G. Podda, in Rinascita sarda, 1994, n. monografico speciale per il 30° anniversario della morte di Spano; A. Mattone, S., V., in Il movimento operaio italiano: dizionario biografico, IV, Roma 1978b, pp. 682-687; M. Gi. [M. Giovana], S., V., in Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, V, Milano 1987, pp. 623 s.; Velio e Nadia Spano: due vite per la democrazia, a cura di C. Dore - M. Orrù, Cagliari 2008; P. Manduchi, Un militante antifascista in Tunisia: V. S. a Tunisi, in Ammentu, 2016, 8, pp. 63-78, http://www.centrostudisea.it/index.php/ammentu/article/view/217 (25 settembre 2018). Notizie su Spano sono infine in: C. Pillon, I comunisti nella storia d’Italia, Milano 1967, pp. 288, 301, 309, 494, 538, 550, 597, 840-842, 850 s., 887, 916, 928, 956, 966, 1156; P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, II-V, Torino 1969-1975, passim; C. Salinari, I comunisti raccontano, I, Milano 1975, pp. 245-249, 270, 312 s., 316-318, 375; G. Procacci, Il socialismo internazionale e la guerra d’Etiopia, Roma 1978, pp. 55 s.; J.B. Urban, Moscow and the Italian communist party: from Togliatti to Berlinguer, Ithaca (N.Y.)-London 1986, pp. 233, 236; R. Martinelli, Storia del Partito comunista italiano, VI, Torino 1995, pp. 11, 61, 85-86, 127-130, 219, 282, 361; Quel terribile 1956: i verbali della Direzione comunista tra il XX Congresso del PCUS e l’VIII Congresso del PCI, a cura di M.L. Righi, Roma 1996, pp. 33, 48 s., 60 s., 119 s., 178, 205, 214, 245 s., 254, 258 s.; R. Martinelli - G. Gozzini, Storia del Partito comunista italiano, VII, Torino 1998, pp. 27, 61, 221, 356, 371, 521 s., 538, 545, 553, 577, 587; P. Sebag, Communistes de Tunisie, 1939-1943, Paris 2001, pp. 17-21, 29-38, 46-60, 67-69, 78, 115, 128, 137, 180; A. Höbel, Il PCI, il PCF e i ‘fatti d’Ungheria’: una missione ufficiale a Parigi il 15-17 novembre 1956, in Giano: pace ambiente problemi globali, 2006, n. 54, pp. 87-95 (in partic. pp. 90-93); Il PCI e lo stalinismo: un dibattito del 1961. La relazione, gli interventi e le conclusioni al Comitato centrale e alla Commissione centrale di controllo del 10-11 novembre, a cura di M.L. Righi, Roma 2007, pp. 262-269 (testo dell’intervento di Spano durante la sessione dell’11 novembre); Italiani e antifascisti in Tunisia negli anni Trenta: percorsi di una difficile identità, a cura di L. Valenzi, Napoli 2008, pp. 32-36, 77-80; O. Pappagallo, Il PCI e la rivoluzione cubana, Roma 2009, pp. 48, 65 s., 109, 151-156; M. Galeazzi, Il PCI e il movimento dei Paesi non allineati, 1955-1975, Milano 2011, pp. 52-54, 57-60, 78 s.; G. Candreva, Nazionalismo e comunismo di fronte alla guerra d’Etiopia, in História: debates e tendências, 2013, 13, 1, pp. 150-166 (in partic. pp. 158 s., 166); C. Maltone, Scrivere contro: i giornali antifascisti italiani in Francia dal 1922 al 1943, in Line@editoriale, 2013, 5, http://revues.univ-tlse2.fr/pum/lineaeditoriale/index.php?id=675 (25 settembre 2018); L. El Houssi, L’urlo contro il regime: gli antifascisti italiani in Tunisia fra le due guerre, Roma 2014, pp. 11, 113, 178-180, 184-192; S. De Tomasso, Voci dalla Spagna: la radio antifascista e l’Italia, 1936-1939, Soveria Mannelli 2016, pp. 48-57, 76 s., 192-197.