VELLUTO (fr. velour; sp. terciopelo; ted. Samt; ingl. velvet)
Tessuto con pelo. Tecnicamente si distinguono due generi di velluto: velluto di ordito, cioè con il pelo formato dall'ordito; velluto di trama, cioè con il pelo formato dalla trama. Alla voce armatura (IV, p. 419) è índicata la tecnica di ambedue i generi.
Il velluto di ordito è il classico velluto, anticamente di pura seta e ora anche di cotone, di lana, di rayon e misto. Per la sua fabbricazione occorrono tre serie di fili: due orditi e una trama. Uno degli orditi (ordito di fondo) serve a formare con la trama il tessuto di fondo (rovescio del tessuto) che di solito è in tela, ma può anche essere in reps, in saia o in raso. L'altro ordito (ordito di velluto o di pelo) serve a formare il pelo (dritto del tessuto). L'ordito di fondo lavora molto teso, mentre quello di pelo lavora a debole tensione. Generalmente ogni due fili di fondo vi è un filo di pelo.
Nei velluti lísci, fabbricati a mano, i fili di pelo si intrecciano con i fili di trama e passano sopra asticciole di ottone (chiamate ferri) disposte in senso trasversale ogni tre trame. I ferri hanno una lunghezza leggermente superiore all'altezza del tessuto, un'altezza che varia da 2 a 5 mm. e anche più, secondo l'altezza voluta del pelo, e una sezione tonda od ovale oppure semiellittica: questi ultimi hanno una scanalatura superiore che serve di guida per un utensile chiamato taglierola, che taglia i fili di velluto. Adoperando i ferri tondi (od ovali), il velluto prende il nome di riccio e il suo dritto risulta formato dana serie di anellini, assumendo un aspetto opaco; adoperando i ferri semiellittici con la taglierola, prende il nome di tagliato: la taglieruola taglia gli anelli lasciando sul diritto una serie di fiocchetti che dànno alla sua superficie un aspetto lucido (fig.1). Tessendo si procede così: per il velluto tagliato, inseriti 3 o 4 ferri, si tagliano con la taglierola i fili del primo ferro; questo resta libero e viene portato a un'inserzione successiva. Si tagliano poi i fili del secondo ferro e così via, in modo che due o tre ferri rimangano sempre chiusi nel tessuto: ciò è necessario per poter trattenere i fili di pelo tagliati. Per il velluto riccio si procede con lo stesso ordine, sfilando i ferri che sono trattenuti nel tessuto.
Il maggiore o minor pregio di tali tessuti dipende dalla regolarità della disposizione dei ferri. Inoltre, un velluto tagliato è tanto più pregiato quanto più sono fitti i ferri: un buon velluto di seta richiede dai 14 ai 16 ferri al cm.
La differenza fra il telaio comune e quello per velluti lisci fabbricati a mano consiste solo nel fatto che l'ordito di fondo e quello di pelo, dovendo quest'ultimo avere uno sviluppo molto superiore al primo, sono avvolti su due subbî distinti L'ordito di fondo viene tinto in crudo (senza purga) perché abbia maggior resistenza, mentre l'ordito di pelo è tinto in cotto.
I vellutì operati si fondano sullo stesso principio di quelli lisci: vi è un ordito e una trama che formano il tessuto di fondo e.un altro ordito per il pelo. I tipi di velluto operato più comuni sono: il soprarizzo, eseguito in riccio e taglio, in cui ogni 4 trame sono di solito inseriti due ferri, uno di taglio e uno di riccio (fig. 2); l'alto basso, velluto tagliato a due o tre altezze di pelo; lo zetonio; i velluti broccati; i policromi, ecc. I fili dell'ordito di velluto, nei telai a mano, avendo uno svolgimento diverso l'uno dall'altro, sono avvolti in una serie di rocchetti, e tenuti tesi per mezzo di un bilanciere. I rocchetti sono portati da un'intelaiatura (cantra) posta posteriormente al telaio e inclìnata in modo da permettere l'allineamento dei fili. In generale occorrono dagli 800 ai 1600 fili in 60 cm., e quindi un numero eguale di rocchetti se il motivo del disegno è uno solo; se invece il motivo si ripete, per es., 4 volte vi saranno dai 200 ai 400 rocchetti, portanti ciascuno 4 fili.
Nella produzione dei velluti con telai meccanici, di cui l'industria moderna è attrezzata, emergono principalmente due sistemi diversi: quello del velluto a doppia pezza, che serve soprattutto per il velluto liscio, e quello del velluto operato con riccio e taglio a unica pezza. Nel velluto a doppia pezza (fig. 3) l'ordito di fondo avvolto sul subbio B (fig. 4) forma con la trama un doppio tessuto di fondo (i e 2); l'intreccio dell'ordito di pelo (C′, D′) avvolto sul subbio A, è tale che tagliando il doppio tessuto mediante un coltello O, che scorre lungo il davanzale in una guida, si ottengono due velluti che si avvolgono nei due subbî P, Q.
Si possono eseguire velluti operati con 2, 3 e più corpi in fondo raso e a tutta superficie di pelo o quasi: questi ultimi si chiamano velluti mouquette.
Con il telaio meccanico per velluti operati a unica pezza (fig. 5) con effetti di riccio e taglio (altezza della stoffa, di solito, 130 cm.; larghezza del disegno fino a 64 cm.) si possono ottenere tutte le varietà di velluti: velluti con fondo di raso a uno, due, tre e più corpi, cioè imitazione dei velluti cesellati e giardino; velluti lampassi a 2, 3, 4 trame; velluti broccati, ecc. Se il velluto è a tutta superficie di pelo viene chiamato frisé. L'intreccio è quasi eguale a quello dei velluti fabbricati a mano e cioè ogni 4 trame dì fondo si introducono i due ferri di riccio e di taglio. Essi vengono introdotti da un lato della bocca contemporaneamente alla trama. Alcuni di essi sono muniti alla loro estremità di una piccola lama ricurva verso l'alto, in modo che, estraendoli, tagliano i ricci. I ferri situati orizzontalmente a lato del telaio sono comandati da una catena fatta agire da una grande ruota a denti.
Mentre i velluti prodotti sui telai a mano non subiscono alcun processo di rifinitura, quelli dei telai meccanici sono sottoposti, secondo le esigenze, a trattamenti alquanto complicati di finitura. Molti velluti prodotti su telai a doppia pezza vengono tinti in pezza; in seguito le pezze passano, secondo la loro destinazione, su speciali macchine di sfioccatura, cimatura e lucidatura per ottenere delle superficie di pelo perfettamente omogenee e la brillantezza richiesta.
Un velluto di ordito speciale, fabbricato senza ferri, è il tessuto spugna (v. e anche armatura, IV, p. 420).
Il velluto di trama si distingue in velluto liscio e a coste (v. cord) ed è tagliato, dopo tessuto, a mano o con apposite macchine.
Cenni storici. - Pare che i tessuti pelosi abbiano avuto origine in Oriente e che siano entrati in Europa col nome "sciamiti". Verso il sec. XIII in Italia si cominciò a usare la parola velluto, e sembra che i primi velluti in Europa siano stati lavorati, a imitazione di quelli orientali, a Palermo per importazione araba, e a Venezia per i suoi continui contatti con l'Oriente. L'insurrezione dei Vespri avrebbe fatto riparare nelle repubbliche di Amalfi e di Lucca i tessitori proscritti e fatto sorgere quindi anche in questi paesi l'arte di tessere i velluti. Ma poco dopo anche Siena, Pisa, Genova, Firenze, e Venezia cercano abili vellutieri. A Firenze è probabile che nel sec. XIV si facessero già velluti; nei primi decennî del 1400, velluti fiorentini si esportavano a Londra, a Costantinopoli e in varî paesi d'Europa.
In quello stesso secolo (XIV) Venezia è la maggior produttrice di velluto liscio. Le imitazioni orientali sono eseguite con tanta finezza che riesce difficile distinguerle dai modelli. Presto si iniziò, sempre a Venezia, anche la lavorazione degli alto-bassi con due strati di pelo (velluti a due piani), i soprarizzi dove, secondo il disegno, le parti tagliate sono contornate da rizzi, risaltando sul fondo allumacato. Gli alluciolati a vergole d'oro trapelante erano eseguiti con una trama sussidiaria che formava i singoli anelli d'oro. Nel sec. XIV, e durante tutto il XV, fu usatissimo il velluto decorato a inferriate gotiche (ferronneries) dove il disegno rivela il fondo di raso, oppure al contrario, e cioè il fondo di tela e l'ornato in sottile velluto. I velluti cesellati, dove i due procedimenti del velluto a riccio e di quello tagliato si trovano uniti, erano fabbricati specialmente a Genova, ed erano di piccoli disegni rilevati con tinte scure sul fondo di tela o di saglia. A Genova la decorazione, nella quale non entrano mai i metalli, è quasi sempre di imitazione orientale: a alberi, uccelli, quadrupedi. I velluti hanno anche nel sec. XIV una decorazione imitata dalle partizioni architettoniche, le quali dividono i campi nei quali sono contenuti elementi floreali stilizzati, e tra i quali appaiono spesso il frutto del melograno spaccato e il cardo.
Durante il Rinascimento, a Venezia specialmente e a Genova, i motivi si allargarono, e si arricchirono di parti broccate d'oro e d'argento. Agli ornamenti convenzionali che si fondono e si allargano se ne aggiungono molti altri e riappaiono animali, fiori, volute, palme, ecc. Sopra tutto a Venezia sono usate larghe fasce sinuose, alle quali si innestano volute fogliacee, rosoni, dove il velluto tagliato trionfa su fondi d'oro e d'argento. A Genova nel sec. XVII e nel XVIII fu usato un velluto a fiori, di più colori detto "a giardino". I maggiori centri italiani di produzione dal sec. XIV al XVIII furono: Catanzaro, Como, Ferrara, Firenze, Genova, Venezia, Lucca, Mantova, Milano; e poi anche meno importanti, Reggio nell'Emilia, Roma, Siena, Torino, Modena.
Numerosi dipinti con radunate di personaggi (come negli affreschi del Ghirlandaio o in quelli del Palazzo di Schifanoia a Ferrara) o con ritratti, e sono specialmente notevoli quelli di dame e gentiluomini della Corte sforzesca, dimostrano quanto fosse largo l'impiego di questi ricchi velluti. I pittori più illustri, come il Crivelli, Gentile da Fabriano, Antonello da Messina, e via via fino al Bronzino, davano alle parti riproducenti le stoffe quasi la stessa importanza che mettevano nei volti. Così si possono ricavare da questi dipinti i disegni dei velluti, più di quanto non possano dare gli scarsi frammenti giunti fino a noi.
Fuori d'Italia solo la Francia ebbe un'importanza notevole nella fabbricazione dei velluti. Notizie certe di tale fabbricazione si hanno solo nella seconda meta del sec. XV, e sono operai italiani, specialmente genovesi, che portano l'uso dei velluti e ne reggono la produzione. Uno scolaro del pittore Lebrun, il Revel, che fu incaricato di dirigere la decorazione delle stoffe a Lione, ricorrendo ad una interpretazione ampia della flora, diede le caratteristiche dei velluti che furono fatti durante lo sfarzoso regno di Luigi XIV e di Luigi XV e che ebbero gran voga. I disegni occupano per intero la larghezza dei tessuti, che sono spolinati con grande ricchezza di colori, compreso l'oro e l'argento contesti e laminati. La decorazione è assai pittoresca e riesce, specialmente quando la composizione è chiara, assai sontuosa. Un tessitore di Aix en Provence, G. Grégoire, sul finire del settecento, fu famoso per alcuni velluti figurat1, recanti ritratti, o soggetti diversi in piccoli quadretti. Il suo sistema fu usato a lungo e si conservano velluti con le figure di Napoleone I, di Luigi XVIII, della duchessa di Angoulême, ecc.
Negli altri paesi scarsissima fu la produzione e si può quindi affermare che fino a tutto il sec. XVIII l'Italia rifornì tutta l'Europa di velluti per vestiti, per tappezzerie, per bardature di cavalli, per copertura di mobili, per rivestire l'interno di portantine e carrozze, ecc. Nel sec. XIX la produzione italiana declina fino al 1860 circa, quando in Liguria e specialmente a Zoagli, si riprendeva la lavorazione di velluti lisci. Nel 1866 il duca Visconti di Modrone iniziava la prima fabbrica di velluto a coste (velluto di trama). Dopo il 1880 richiamano la pratica dei velluti decorati (velluti di ordito) su telai a mano a Venezia Luigi Bevilacqua (1882) e L. Rubelli succeduto nel 1892 a G. B. Trapolin, a Milano Vittorio Ferrari nel 1891, a Firenze il Lisio nel 1906.
V. tavv. IX e X e tavv. a colori.
Bibl.: Dupont-Auberville, L'ornement des tissus. Recueil historique et pratique, Parigi 1877; R. Cox, L'art de décorer les tissus, ivi 1900; I. Errera, Musées royaux des arts décoratifs de Bruxelles (catalogo), Bruxelles 1907; R. Cox, Les soieries d'art depuis les origines jusqu'à nos jours, Parigi 1914; G. Sangiorgi, Contributi allo studio dell'arte tessile, Milano 1920; H. d'Hennezel, Musée historique des tissus (catalogo), Lione 1929; A. Roux, Les tissus d'art, Parigi 1931; O. Falke, Kunstgeschichte der Seidenwerlerei, Berlino 1936.