CAVEDONI, Venanzio Celestino
Nacque a Levizzano (frazione di Castelvetro di Modena) il 17 maggio 1795 da Giorgio Giuseppe Alaria e da Cristina Franchini. Il padre, di condizione agiata, possedeva un podere, che conserverà a lungo il nome di Ca' dei Cavedoni, e commerciava in pellami con una bottega a Vignola. Oltre Celestino (solo questo nome fu adoperato dal C., benché dal registro dei battesimi risulti che il suo primo nome era Venanzio), i Cavedoni avevano altri due figli, Giuseppe e Pietro e una figlia.
Il fratello Pietro (29 nov. 1792-7 marzo 1862), ordinato sacerdote il 20 maggio 1815 e, dal 1º sett. 1832, arciprete maggiore della metropolitana modenese, è soprattutto da ricordare come biografo di Pio VI. InfattiPietro Baldassarri (Fermo 1769-1845). segretario di mons. I. D. Caracciolo, maestro di camera di Pio VI, aveva redatto, durante. la prigionia del papa, un memoriale, che andò perduto, di cui nel 1801 lo stesso Baldassarri fece una nuova stesura destinata alle Memorie di religione dirette dal Baraldi. Per la morte di questo (1832), la pubblicazione non poté aver luogo e Pietro Cavedoni, succeduto al Baraldi nella direzione della rivista, vi pubblicò le note del Baldassarri, ampiamente rivedute, tra il 1833 e il 1837. In seguito, l'opera vide la luce a Modena a nome del Baldassarri ma completamente rifatta dal C., in quattro volumi, tra il i 840 e il 1843: Relazione delle avversità e patimenti del glorioso papa Pio VI negli ultimi tre anni del suo pontificato. Una descrizione esauriente della genesi di quest'opera si trova nella prefazione di Pier Giorgio Casoli ad una ristampa parziale e antologica del 1899: Gli ultimi patimenti del sommo pontefice Pio VI (27 di marzo-29 ag. 1799). Estratto per la ricorrenza centenaria della narrazione che va col nome di Baldassarri, con prefazione e note nuove, Modena 1899.
Il C. compì gli studi di grammatica nella scuola pubblica di Levizzano. Passò poi, sullo scorcio del 1809, a Modena per seguirvi i corsi di umanità e retorica presso le private scuole di S. Giovanni Battista. Il 15 giugno 1810 ricevette la tonsura ed il giorno successivo i primi ordini minori. Nel 1811 entrò in seminario ove seguì i corsi di filosofia e teologia e quelli complementari di matematica, di fisica e di storia. La sua prima pubblicazione a stampa fu ispirata dalla restaurazione del duca Francesco IV il 14 luglio 1814: è un sonetto stampato su di un foglio volante, poi nell'opuscolo Pel faustissimo avvenimento di Francesco IV al trono estense applausi poetici di alcuni ecclesiastici del Seminario offerti all'Altezza Sua Reale da Francesco Boni, Modena 1814, p. 21.
Terminato il primo corso teologico e accentuandosi in lui l'interesse per il greco, frequentò l'università di Bologna (dal 1816 al 1820), ove però non conseguì alcun titolo accademico, ma dove frequentò le lezioni di G. Mezzofanti e F. Schiassi.
Fu il Mezzofanti, di cui il C. serberà ricordo devotissimo, come appare dalle Rimembranze della vita e degli studi del card. Giuseppe Mezzofanti di chiara ed immortale memoria (in Opuscoli religiosi, letterari e morali [Modena], s. 1, IX [1861], pp. 161-194), importante testimonianza sulla vita culturale bolognese della Restaurazione, a iniziare il C. all'ebraico. Fu, comunque, soprattutto al greco che egli si applicò sempre sotto la guida del Mezzofanti, il quale lo avviò allo studio della paleografia greca onde porlo in grado di leggere e pubblicare i manoscritti greci della Biblioteca Estense. Frutto di questi studi fu una dissertazione su di un passo di Pindaro (Olymp., I, 69), Iosepho Baraldi R. Atestinae Bibliothecae praefecto alteri Coelestinus Cavedoni S. D., pubblicata nei bolognesi Opuscoli letterarii (II [1819], pp. 254-257).interessante e importante soprattutto per la enunciazione dei criteri da seguirsi nell'edizione di testi: deve evitarsi al massimo di proporre lezioni che non abbiano riscontro nei codici.
Certamente minore fu l'influenza esercitata sul C. dallo Schiassi, professore (dal 1803 al 1836)di numismatica e antiquaria, benché si sia poi precipuamente interessato proprio a queste materie. Ma vero "maestro" del C. sarà, quando egli avrà scoperto l'autentica vocazione di epigrafista e di numismatico, Bartolomeo Borghesi, col quale entrerà in rapporto epistolare nel dicembre 1866. Il C. gli fu debitore di quel taglio metodologico che dette a tante sue ricerche, col "riscontrarne" fonti letterarie alla luce dei dati ricavabili dalle monete, nonostante che la preoccupazione apologetica lo portasse spesso, in realtà, più a "provare" che "riscontrare" sulle monete il dato della tradizione.
Ordinato sacerdote il 20 dic. 1817, sul cadere del 1820, il C. ricevette l'offerta di entrare, in qualità di aggiunto, alla Biblioteca Estense di Modena, che stava. venendo in possesso, d'una collezione di medaglie e antichità proveniente da Vienna. Sarà appunto questa circostanza a orientare definitivamente la sua carriera di dotn. Il decreto di nomina è del 14 dicembre, e il C. iniziò la sua attività con il 1821. È da rilevare che il suo orizzonte culturale rimase sempre limitato alla sola Modena ove, oltre che nell'Accademia di scienze, lettere ed arti (alla quale il C. fu asciàtto nel dicembre del 1821), la vita culturale trovava esplicazione nella "Conferenza ecclesiastica-letteraria" che si teneva in casa del Baraldi.
Del materiale numismatico arrivato al Museo Estense da Vienna e dalla villa euganea del Cataio nell'aprile 1822,cui poi si aggiunsero, nel 1825, 2.442gemme incise e oltre mille bronzi, il C. ha lasciato un catalogo manoscritto, descrivendone l'acquisizione da parte del Museo in uno scritto comparso nel volume che l'Accademia modenese dedicò alla memoria di Francesco IV: Dell'origine ed incremento dell'odierno R. Museo Estense delle medaglie e della dispersione dell'altro ad esso anteriore, in Tributo della Regia Accademia delle scienze, lettere ed arti di Modena alla memoria di Francesco IV, Modena 1846, I, pp. 245-272. Alla consistenza del vecchio fondo disperso aveva dedicato nel 1825 la memoria Delle monete antiche in oro un tempo nel Museo Estense descritte da Celio Calcagnini intorno all'anno MDXL, Modena 1825(estratto anticipato dal primo volume delle Memorie della R. Accademia... in Modena, III, pp. 77-112,pubblicato soltanto nel 1858).
In effetti, durante questi anni, gli scritti più importanti del C. sono lavori a carattere letterario-filologico su autori italiani e provenzali nei quali egli ebbe modo di sperimentare, prendendo a base codici esistenti nella Biblioteca Estense, il metodo ispiratogli dal Mezzofanti. Nel giugno ael 1821 pubblicò il Trattato delle volgari sentenze sopra le virtù morali di Graziolo Bambagioli... emendato per l'autorità di un codice (Modena). Nel 1822 iniziò la collaborazione alle Memorie di religione con una serie di Osservazioni sopr'alcune varie lezioni della Gerusalemme Liberata (s.1, IV[1822], pp. 155-162, 497-50; VI [1824], pp. 145-163 e VIII [1825], pp. 179-204), fondata sull'analisi di due manoscritti tasseschi della Biblioteca Estense.
I suoi interessi per la lirica provenzale fu.rono determinati in parte dagli incitamenti del Mezzofanti, in parte dal contatto con un eccellente cultore di studi provenzali qual fu Giovanni Galvani, poi dal 1838 vicebibliotecario insieme al Cavedoni.
Anche in questo caso si trattava essenzialmente di riscontri, su un ms. dell'Estense, di liriche per lo più già pubblicate da François-Just-Marie Raynouard: Canzone provenzale di Ricautz de Barbezi cavata da un ms. Estense del 1252, corredata di note dall'ab. C. C., in. Cento novelle antiche secondo l'edizione del MDXXV corrette ed illustrate con note per cura di Paolo Antonio Tosi, Milano 1825, pp. 147-150, e diversi componimenti soprattutto di Aimeric de Peguilhan, nella memoria: Ricerche storiche intorno ai trovatori accolti ed onorati alla corte dei marchesi d'Este nel secolo XIII, in Memorie della R. Accad. ... in Modena, II, pp. 268-312, volume stampato soltanto nel 1858 (in estratto nel 1844).
Il 1828 fu per il C. un anno particolarmente importante. Nell'aprile Francesco IV decretò che tutti i monumenti romani del ducato venissero raccolti in apposito Museo lapidario. Insieme con Carlo Malmusi, che ne fu il primo direttore, il C. fu uno dei promotori dell'iniziativa pubblicando, quello stesso anno, una Dichiarazione degli antichi marmi modenesi con notizie di Modena al tempo dei Romani, dedicata allo Schiassi.
Il volume reca la pubblicazione (o ripubblicazione per quelle già edite, prevalentemente nella silloge del Muratori) di cinquantanove epigrafi con molte osservazioni comunicategli dal Borghesi, cui seguirà più tardi una appendice: Nuova silloge epigrafica modenese o sia supplemento agli antichi marmi modenesi, in Memorie della R. Accademia... in Modena, IV (1862), 2, pp. 25-93 e 189-205.
Nel 1829 il C. pubblicò un Saggio di osservazioni sulle medaglie di famiglie romane ritrov. in tre antichi ripostigli nell'agro modenese negli a. 1812, 1815 e 1828, in Memorie di religione..., s. 1, XV (1829), pp. 35-100, 334-456; XVIII (1831), pp. 163-266; s. 2, I (1832), pp. 101-132; IV (1834), pp. 241-302, in cui mostrava chiaramente il profitto che aveva tratto dallo studio delle Osservazioni numismatiche del Borghesi. Dal 1824 al 1826 il suo nome compare negli Almanacchi di corte come "catechista di lingua greca" nel Collegio dei nobili di Modena; dal 1827 (e fino al 1858) come "maestro di lingua greca", senza che di tale sua attività si abbiano altre notizie. Nel 1830, per la morte di U. Fabriani, il C. fu nominato professore di Sacra Scrittura e di lingua ebraica nell'università modenese. Nel gennaio del 1834 allacciò un rapporto epistolare con F. M. Avellino con una lettera di accompagnamento della sua Notizia e dichiarazione di un inedito diploma militare dell'Imperatore Alessandro Severo (Modena 1832); l'Avellino gli procurò la nomina a socio corrispondente della Regia Accademia Ercolanese.
Il 30 apr. 1838 il C. fu creato vicebibliotecario "spezialmente addetto per la parte numismatica ed antiquaria" e, il 30 sett. 1847, per la morte del Lombardi, bibliotecario "ritenendo anche la direzione del Gabinetto delle medaglie". Nel 1848 venne nominato preside "facente funzione" della facoltà di teologia della locale università e, due anni dopo, preside effettivo. Restano così abbastanza bene individuati i tre campi di interessi del C.: la numismatica, che resterà sempre il principale, l'epigrafia e l'antiquaria in genere e, infine, gli studi storico-religiosi in lato senso, oltre a quelli, cui si è giàaccennato, di carattere filologico-letterario.
Negli studi di carattere storico-religioso, il C., che non accoglieva neppure la critica muratoriana - non gli fecero mai ombra le devozioni popolari -, affrontò da apologeta, ma anche da erudito, uno dei nodi del dibattito tra sostenitori della tradizione e del libero pensiero: la cronologia biblica e il problema stesso dell'antichità del mondo. Si occupò infatti del problema dell'antichità dei due zodiaci di Esna e di Dendera in una lunghissima recensione (Memorie..., s. I, XII [1827], pp. 31-76; XIII [1828], pp. 37-87 e 497-562) alla seconda edizione della Storia della scultura (Prato 1823-1824) dei Cicognara, e, nuovamente, all'uscita del primo volume de I monumenti dell'Egitto e della Nubia del Rosellini (Pisa 1832): Cenni del vantaggio che dal riscontro de' monumenti egiziani si trae per lo studio della Santa Scrittura, in Memorie..., s. 2, I (1832), pp. 339-404, e, più ampiamente, nel 1845, in append. alla sua biografia di Ippolito Rosellini (morto il 4 giugno 1843): Biografia del prof. Ippolito Rosellini con alcune osservazioni intorno alla consonanza de' monumenti dell'Egitto con le Sacre Scritture, in Memorie..., s. 3, I (1845), pp. 95-138, 272-300.
Una indicazione esauriente della sua maniera di illustrare la Scrittura la si ricava da una sorta di manuale esegetico compilato certamente per uso scolastico: Lectiones evangelicae iuxta missale romanum quae in dominicis et festis per annum praecipuis obveniunt, addito in interpretationis subsidium specimine lexici evangelici editionis latinae vulgatae, Mutinae 1850.
Importante, per caratterizzare sotto questo aspetto la figura del C., è la confutazione della Vie de Jèsus del Renan: Saggio critico alla critica ipercritica di Ernesto Renan membro dell'Istituto ..., Modena - Roma - Venezia 1863, che ebbe, nel giro di pochi mesi, ben quattro edizioni. La "critica ipercritica" del titolo dell'opuscolo riflette con evidenza la sua radicale avversione nei confronti di ogni atteggiamento di critica conseguente, e non solo nei confronti della tradizione religiosa (in lui facilmente comprensibile), propria della storiografia e della filologia del XIX secolo segnatamente tedesche, decisamente inclini all'atetèsi.
Anche l'attività di opigrafista del C. può essere compresa meglio se si tien conto di quanto si è accennato riguardo alla sua indole e alla sua formazione culturale. Se, infatti, il Borghesi fu il suo vero e riconosciuto maestro, non meno importante, sotto questo profilo, appare l'opera di un altro epigrafista, il gesuita S. A. Morcelli, il cui interesse per le epigrafi. antiche concerneva, però, essenzialmente il loro stile e ciò in vista della, composizione di nuove epigrafi, un uso allora diffusissimo: non può certo essere trascurata la circostanza che il C. dettò oltre centosettanta iscrizioni latine. Già quando era ancora studente a Bologna, egli aveva collaborato con i due fratelli Ferrucci e con il Galvani sotto la direzione dello Schiassi alla redazione di un lessico epigrafico, lavoro che prendeva le mosse da un manoscritto del Morcelli (Lexicon epigraphicum Morcelliartum, I, Bononiae 1835, p. 1).
Ma l'attività di epigrafista del C. si concentrò, essenzialmente sulla pubblicazione di epigrafi rinvenute nel Modenese, di cui dette notizia, soprattutto, sul Bullettino dell'Istituto di corrispondenza archeologica (organo dell'Istituto di corrispondenza archeologica di Roma). Più cospicua e interessante è, piuttosto, la sua sistematica annotazione dei vari corpora epigrafici che venivano allora pubblicandosi, di cui però poté vedere ed annotare per intero il solo Corpus inscriptionum Graecarum. Tali annotazioni comparvero in varie riviste tra il 1846 e il 1860.
All'archeologia cristiana il C. aveva rivolto notevole attenzione fin dal 1825, quando, in Memorie..., s. 1, VII (1825), pp. 576 s., aveva recensito un lavoro del Labus. Da ricordare al riguardo anche: Cenni sopra alcune iscriz. cristiane recentemente scoperte nella già Reggenza d'Algeri, in Memorie..., s. 2, VII (1839), pp. 125-162, ove gli è presente l'Africa christiana del Morcelli e mostra interessi per la lingua punica (contemporaneamente chiosava i Monumenti fenici illustrati dal Gesenius, ibid., pp. 209-236).
I suoi interessi epigrafici non possono, comunque, esser disgiunti da quelli più specificatamente archeologici e antiquari, il che vale in specie per i lavori di etruscologia, disciplina questa che riteneva di non aver approfondito a sufficienza. Le sue ricerche archeologiche e antiquarie sono infatti essenzialmente volte a individuare le caratteristiche peculiari dell'oggetto, studiato anche alla luce delle eventuali testimonianze letterarie, delle quali aveva conoscenza sicura ed estesissima: manca un vero interesse stilistico e l'attenzione a qual fosse l'arca, culturale cui l'oggetto si riporta; manca soprattutto - e in questo la differenza dal Borghesi è nettissima - il riferimento a una prospettiva più ampia che consideri l'oggetto studiato come fonte storica. Diverso è invece il giudizio che deve essere dato su quelli numismatici, ai quali prevalentemente il C. si dedicò facendone il reale centro dei propri interessi.
Questo lavoro, che si concretizzò in centinaia di note e di. articoli, mostra un indubbio sforzo di individuare più articolati criteri di. datazione e di classificazione dellemonete rispetto a quelli allora accettati e dovuti soprattutto all'Eckhel. Nel cennato Saggio di osservazioni sulle medaglie romane ritrovate... nell'agro modenese (p. 51 n. 23) il C. determinò la data della lex Papiria de assis pondere, che operò la riduzione, semionciale dell'asse di cui è testimonianza in Plinio (Nat. historia, XXXIII, 3 [13] 46). proponendo di portarla al 665 di Roma (89 a. C.), laddove il Borghesi l'aveva fissata al 685 (69 a. C.). Timoroso di essere andato contro l'opinione del maestro. il C. si ritrattò (p. 453, aggiunta II alla nota 119), ma, dopo la scoperta del ripostiglio di Fiesole e di quello di San Cesario avvenuto nel febbraio del 1831, nell'Appendice al saggio di osservazioni sulle medaglie di famiglie romane, in Memorie..., s. 1, XVIII (1831), pp. 163-266; s. 2, I (1832), pp, 101-132; e IV (1834), pp. 241-302, 477-480, anche il Borghesi accettava le datazioni ad epoca sillana e di conseguenza anche quella della lex Papiria (ibid., pp. 241-244), proposte dal Cavedoni.
Alla numismatica repubblicana il C. fu sempre attentissimo e importanti sono, al riguardo, le osservazioni sul catalogo delle monete arcaiche romane conservate nel Museo Kircheriano di Roma: L'aes grave del Museo Kircheriano..., Roma 1839, in Memorie..., s. 2, VIII (1839), pp. 118-140. Contrariamente all'avviso del Lanzi e dell'Avellino, G. Marchi e P. Tessieri avevano ritenuto di poter affermare che le monete con la dicitura ROMA o ROMANO (M)fossero state coniate nel Lazio; il C. riafferma l'ipotesi, che era poi destinata a prevalere, della loro origine campana.
Nel 1838, intanto, a Modena, dedicandolo al Mezzofanti, il C. aveva pubblicato uno Spicilegio numismatico, ossia osservazione sopra le monete antiche di città, popoli e re.
Benché opera schiettamente di consultazione dedicata perloppiù alle monete greche, il libro è importante per la valutazione del lavoro numismatico del C. in quanto in essa egli tenta di sviluppare un proprio criterio di analisi, quello dei "tipi allusivi" ("così il gallo, che, come attributo di Esculapio, appella alle Terme salutari d'Imera; e il grano d'orzo, ΚΡΙΘΗΣ, in moneta di Critote, allude al nome di quella città..."), ancorché egli stesso avvertisse il rischio, che tale tipo di interpretazione risultasse "lubrica e sdrucciolevole".
Nel 1850venne pubblicato a Lipsia un imponente volume di 202tavole dal titolo Francisci Carellii Numorum Italiae veteris Tabulas CCII, edidit Caelestinus Cavedonius; accesserunt Francisci Carellii numorum, quos ipse collegit, descriptio, Fr. M. Avellinii in eam adnotationes.
L'opera (in proposito: Ragguaglio sull'opera intitolata..., in Memorie..., XII [1851] pp. 46-74) era la pubblicazione delle duecento tavole di rame (acquistate da Emil Braun, si veda: Bull. d. Inst. di corrispondenza archeologica, XV [1843], p. 98)con le incisioni dei disegni delle monete magnogreche della collezione di F. Carelli acquistata per la Bibl. reale di Napoli da Giuseppe Bonaparte, ma successivamente dispersa, con la descrizione del Carelli stesso e le annotazioni dell'Avellino. Il C. aveva ordinato e completato il tutto e, in Germania, il Mommsen e Otto Jahn ne avevano materialmente curato la stampa.
Il suo contributo numismatico più noto resta, comunque, quello sulla numismatica biblica. Il C. vi dedicò diversi scritti e queste sue ricerche si intrecciano strettamente con una polemica sostenuta con l'antiquario francese, Louis-Félicien-Joseph Caignart De Saulcy. Questi aveva compiuto un viaggio in Palestina traendone materiale per un volume sulla numismatica ebraica:, Recherches sur la numismatique judaïque (Paris 1855); ilC.,per contro, non avendo a disposizione quasi nessuna moneta ebraica nel medagliere della Biblioteca Estense, non poté basare la propria analisi su di una ispezione autoptica, e ciò va teduto presente per comprendere meglio i termini di questa polemica. LaNumismatica biblica, o sia dichiarazione delle monete antiche memorata nelle Sante Scritture, in, Memorie..., s. 3IX (1849), pp. 321-356; X (1850), pp. 5-59, 293-335; XI (1850), pp. 5-25, vide successivamente la luce in volume (Modena 1850),tradotto in tedesco da A. C. E. von Werlhof nel 1855: Biblische Numismatik, oder Erkldrung der in der heil. Schrift erwähnten alten Münzen..., Hannover 1855.
Il C. dipende dal De numis Hibraico-Samaritanis di F. P. Bayer (1781) sia per quanto riguarda la descrizione delle monete (fatta sui disegni delle tavole del Bayer), sia altresì per quanto concerne la classificazione; il suo contributo più importante, consiste nel rigettare le interpretazioni tradizionali ebraiche dei vari simboli (calice come uma della manna; ramo trifido fiorito come la verga di Aronne ecc.) ancora perloppiù accettate dai numismatici, e talune interpretazioni del Bayer e dell'Eckhel. Tratta successivamente del valore delle monete maccabaiche; delle monete erodiane e di quelle greche e romane menzionate nell'Antico e nel Nuovo Testamento. Ma il De Saulcy (Recherches sur la numismatique judaïque, cit., p. 6 n. 1) definiva questo lavoro come "n'ayant guère fait avancer la science de la numismatique hébraïque...". Ciò significa che, a suo parere, il C. non si era discostato, nella classificazione, da quella, data dal Bayer e dall'Eckhel, laddove egli aveva attribuito al periodo di Alessandro Magno le monete perloppiù attribuite a Simone, contro cui il C. rispose (in Bull. archeologico napoletano, III [1855], pp. 113a-120a; 137a 142a e 177ab, e Appendice alla numimutica biblica, in Memorie..., s. 3,XVIII [1855], pp. 80-84 e 455-456) negando decisamente (e a ragione) ogni attendibilità all'attribuzione delle monete di Simone al tempo di Alessandro Magno. L'Appendice, ripubblicata anche in volumetto (Modena 1855), fu tradotta anch'essa in tedesco dal von Werlhof: Biblisiche Numismatik... Zweiter Theil. Enthaltend Anhang und Nachträge, Hannover 1856.
Con una certa vena polemica il C. chiuse il rapporto, non privo di osservazioni limitative, della commissione dell'Académie des Inscriptions et Belles Lettres che nel 1851 gli attribuì il premio numismatico Louis Allier, per la Numismatica biblica e per la pubblicazione delle tavole del Carelli (Revue numismatique, XXVI [1851], p. 294); si veda il rapporto della commissione (ibid., pp. 370-378), e, in proposito, Memorie..., s. 3, XIII (1852), pp. 213-220; e in Bull. d. Inst. di corr. archeol., XXIV (1852), pp. 28-32. Con I libri santi illustrati e difesi co' riscontri delle medaglie antiche, in Opuscoli, s. 1, I (1857), pp. 5-43, 161-192, 321-342; II (1857), pp. 15-101, 449-452 (anche in volumetto, Modena 1857) commentò sistematicamente con spirito apologetico tutti passi dell'Antico e del Nuovo Testamento ove si fa cenno a monete, e nello stesso anno riprese la polemica col De Saulcy con Nuove osservazioni intorno alla ntonismtica giudaica, in Bull. arch. Nap., VI (1857-1858), pp. 112a-127a e con Nuovi studi sopra le antiche monete giudiache, in Opuscoli..., s. 2, I (1863) pp. 161-192 (anche questo lavoro fu tradotto in tedesco dal von Werlhof in Münzenstudien, V [1867], pp. 9-35).
Un cenno merita una serie di scritti degli ultimi anni sulle monete costantiniane, in cui la discussione si intreccia con una vibrata polemica col gesuita R. Garrucci. Nel 1857, in un articolo sulle monete costantiniane (Ann. d. Inst. di corr. archeol., XXIX [1857], pp. 74-86), il C. aveva proposto diverse correzioni a interpretazioni di monete costintiniane date dall'Eckhel e, in un articolo sulla Revue numismatique (n. s., II [1857], pp. 300-314) aveva interpretato una moneta recante un chiaro simbolo solare come un amuleto dipendente da idee ""superstiziose". Nelle monete costantiniane, in altre parole, non vi sarebbe confusione di simboli, essendo tutti quelli cristiani posteriori al 330 o 333. Il Garrucci, intanto, in appendice ai suoi Vetri ornati di figure in oro..., Roma 1858 (2 ed. accresc. 1864), aveva pubblicato un saggio sulla numismatica costantiniana nel quale, dissentiva vivacemente dal C. rimproverandogli di non aver tenuto conto di tutta la documentazione disponibile. Questi rispose con una Disamina della nuova edizione della numismatica costantiniana del P. Raffaele Garrucci, in Rivista numismatica antica e moderna (I[1864], pp. 210-228), ove le implicazioni apologetiche appaiono decisamente allo scoperto.
Nonostante i numerosi riconoscimenti che, nell'ultimo periodo della vita, gli vennero da molte parti, questi furono per il C. anni di declino e di amarezza profonda. Dal 1842 era membro corrispondente dell'Istituto di Francia e, dal 1845, socio corrispondente dell'Accademia prussiana delle scienze. Nel 1853 venne ascritto al libro d'oro della nobiltà modenese. Nel 1854 venne fatto socio corrispondente dell'Accademia delle scienze di Gottinga. Nel 1857, durante la sua visita a Modena, avvenuta dal 2 al 4 luglio, Pio IX lo creò cameriere segreto soprannumerario. Verso la fine degli anni Cinquanta, la sua salute declinò ancora e la vista si fece debolissima. Nel 1859, fuggendo innanzi ai Franco-piemontesi, Francesco V portò seco le monete e le gemme più preziose, che il C. dovette provvedere ad impaccare. Nel 1860-accettò la presidenza della sezione di Modena della costituita Deputazione di storia patria per le province modenesi. contribuendo largamente alle Memorie (s. 4, X [1900], pp. 48-58). Nel. 1861 rivide le bozze del primo volume delle Oeuvres complètes del Borghesi (uscito a Parigi nel 1862); così come al secondo volume (ibid. 1864) il C. aveva aggiunto numerose proprie annotazioni (Pubblication des ouvrages de Bartolomeo Borghesi. Deuxième rapport du secrétaire [Ernest Desjardins] de la commission [Paris 1861], pp. 7 s., si veda anche Troisième rapport... [Paris 1861], p. 42). Il C. era stato chiamato a far parte della commissione istituita dal governo francese per la cura di quella pubblicazione e, per questa ragione, si vide conferita la nomina a cavaliere della Legion d'onore.
In base alla legge del 23 luglio 1862 sul cumulo delle cariche, il 19 apr. 1863 il C. cessava dall'incarico di professore, mantenendo la direzione della biblioteca che aveva traslocato per far posto all'Accademia militare.
Morì a Modena il 26 nov. 1865.
Il C. non fu stimato dalla generazione di studiosi successiva alla sua. Le parole del Mommsen: "ho saputo apprezzare ed ammirare l'esatta diligenza di cui ha dato prova" (lettera ad Antonio Masinelli del 9 genn. 1866 da Berlino, in Notizie intorno alla vita ed alle opere di mons. C. C. ..., a cura di P. Bortolotti, Modena 1866, pp. 226 s.) risultarono estremamente significative; ciò che lo studioso rimproverava al C. era la frammentarietà e disorganicità della ricerca e la mancanza di una reale prospettiva storica. Né il giudizio di G. B. De Rossi, che storico non era, e che, qualche anno addietro, pure aveva definito il C.(Bull. di archeologia cristiana, I [1863], p. 87a) "l'onore dell'archeologia italiana", era, in realtà, diverso (cfr. note di Gaetano Ferraioli a p. 40 della sua copia delle Notizie conservata tra gli stampati della Biblioteca Vaticana).
In effetti, considerando il C. nel contesto della cultura italiana del XIX secolo, non dobbiamo lasciarci sfuggire com'egli ci documenti, e in maniera significativi, l'ultima fase e la crisi inevitabile di una ttadizione erudita che, proprio in Modena, vantava precedenti più che illustri. Uomo della Restaurazione, fu e rimase, culturalmente e nei sentimenti, legato al passato: fu l'ultimo e non indegno rappresentante di una tradizione erudita che finì con lui.
Fonti e Bibl.: Presso la Bibl. Estense sono conserv. 3.700 lett.
indirizzate al C.; l'elenco dei suoi inediti è in Atti e mem. della R. Deput. di storia patria per le prov. mod., s. 4, X (1900) I, pp. 198-199 (13 numeri). La bibl. più completa (ordinata per materie) è in Notizie intorno alla vita..., cit., pp. 53-178: Elenco delle opere di mons. C.C. (962 num e pp. 581-589: Giunta all'elenco delle opere di mons. C.C. (16 numeri); si veda anche: Pistoni, C. C., pp. 58-59, nota 42 (aggiunte); un elenco delle sue opere a cura di A. Crespellani (645 numeri) è in Atti e mem. ... per le prov. mod., s. 4, X (1900), I, pp. 147-197; si veda ibid., pp. 48-50 (scritti pubbl. in Atti e mem. ... per le prov. mod., 16 numeri) e pp. 67-68 (scritti sunteggiati in Atti e mem. ... per le prov. mod., 5 numeri). Carteggi: Corrispondenza archeol. fra C.C., A. Crespellani e G. Vandelli, in Atti e mem. ... per le prov. mod., s. 4, VII (1895), pp. 249-308; Lettere inedite di C. C. a Giacinto Paltrinieri, a cura di F. Ceretti, ibid., pp. 309-315. Raccolte di scritti: G. Sforza, Scritti archeol. sulla Lunigiana di mons. C.C. …, ibid., pp. 1-68. A. Cappelli, Necrologia di mons. C.C., in Arch. stor. ital., s. 3, III (1866), 2, pp. 222-233, rist. col titolo Necrologia di Don C. C., in Atti e mem.... per le provincie modenesi, s. 1, III (1866), pp. XIV-XXV, e col titolo Monsignor C. C., Firenze 1866; P. Brandoli, C. C., discorso recitato per l'apertura degli studi nell'aula magna dell'Università di Modena il giorno 16 novembre 1868, in Opuscoli..., s. 3, II (1870), pp. 255-296; B. Colfi, Monsignor C.C., in Atti e mem. ... per le prov. mod., s. 4, VII (1895), pp. XI-LVIII e VIII (1896), pp. XXIII-XXIV; G. Pistoni, C.C. nel primo centenario della morte, in Atti e mem. per le prov. mod., s.10, I(1966), pp. 41-60; F. Parente, C. C. e la cult. modenese della Restaurazione, in Clio, XIV (1978), pp. 325-360. Importanti per il quadro in cui l'attività del C. si è svolta: A. Michaelis, Geschichte des deutschen archäologischen Instituts 1829-1879, Berlin 1879; G. Sforza, in Atti e mem. per le prov. mod., s. 4, X (1900), 1, pp. I-LI, spec. IV-XXII (per la storia della Deputazione); D. Fava, La Bibl. Estense nel suo sviluppo storico, Modena 1925; G. Pistoni, Il seminario metropolitano di Modena, Modena 1953; P. Di Pietro, L'insegnamento della teologia nell'Università di Modena, in Atti e mem. per le prov. mod., s. 10,IV (1969), pp. 93-122.