Venceslao II (Vincislao) re di Boemia
Figlio (1271-1305) di Ottocaro II Přemysl, re di Boemia dal 1278 al 1305 e di Polonia dal 1300; viene nominato in Pg VII 101 Ottacchero... ne le fasce / fu meglio assai che Vincislao suo figlio / barbuto, cui lussuria e ozio pasce; e ricordato in Pd XIX 125 Vedrassi la lussuria e 'l viver molle / ... di quel di Boemme, che mai valor non conobbe né volle.
Quarto duca di Boemia, sposò Juta (o Guta) figlia di Rodolfo di Asburgo e poi, rimasto vedovo nel 1297, Elisabetta di Polonia (settembre 1300).
I commentatori più antichi ne sottolineano l'eccezionale bellezza fisica (Ottimo) o, come D., lo tacciano di smodata lussuria (Landino, Serravalle, Benvenuto, Vellutello); il Venturi - riprendendo assai probabilmente l'Ottimo (" ma non fu d'arme; fu ecclesiastico mansueto et umile ") - sostenne che il poeta avrebbe attribuito per errore a V., che invece meritò dai sudditi il titolo di " Buono " o " Pio ", i vizi del figlio, Venceslao III, re di Boemia dal 1305 al 1306.
Il Lombardi, per scagionare D. dall'errore, suppose che nel passo di Pg VII 101-102 il poeta intendesse figlio nel significato di " nipote ", come già aveva fatto nell'episodio di Ugolino, e intendesse riferirsi a Venceslao III; tesi insostenibile, come già rilevò il Poletto (Diz. dantesco, VII, Siena 1887, 225: " ivi i nepoti sono di vero accompagnati ai figli "); il quale preferì supporre che la " voce popolare " potesse aver confuso " la mala condotta del figlio... con quella del padre ", e D. aver raccolto quella tradizione. Occorrerà comunque tener presente, riprendendo un'osservazione del Lombardi, che Venceslao III, nato nel 1288, nel 1300 non aveva che 12 anni, e perciò non gli si addiceva una condanna per vizi quali lussuria e ozio, né soprattutto l'attributo barbuto.
Sembra tuttavia che alla luce della tradizione storica, la ‛ santità ' di V. fosse piuttosto formale che sostanziale; il che potrebbe avvalorare il giudizio espresso da D. e dai commentatori più antichi.
Senz'altro da rifiutare è un'altra notizia riferita dall'Ottimo, secondo la quale D. avrebbe conosciuto V. di persona (" V., cui l'Auttore vide "). In verità un viaggio a Roma di V. e del figlio era previsto, dovendo essi " coram sede apostolica " perorare " iura sua de regno Hungariae "; ma non si presentarono affatto entro i termini stabiliti, sicché Bonifacio VIII poté riconoscere sovrani di Ungheria Maria e il nipote Carlo Roberto d'Angiò (bolla Spectator omnium del 31 maggio 1303: A. Potthast, Regesta Pontificum Romanorum, II, Graz 1967, doc. 25252).
Il giudizio di D. su V. è indubbiamente uno dei più severi della Commedia; solo l'Anonimo indica una probabile ragione di tanto sdegno: " perch'egli fece pace collo 'mperadore Rodolfo, et prese per moglie la figliuola, che sapea ch'esso Ridolfo gli avea morto il padre " . v. anche BOEMIA.