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VENDETTA

di Raffaele Corso - Enciclopedia Italiana (1937)
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VENDETTA

Raffaele Corso

. La vendetta nelle società primitive è un debito sacro che incombe ai confratelli della genealogia dell'ucciso contro quelli della genealogia dell'uccisore. Da qui il nome di "vendetta del sangue" e la norma che rende solidale da una parte la gente del primo, e dall'altra la gente del secondo; quella a vendicare il proprio morto (solidarietà attiva) e questa a condividere la responsabilità del colpevole (solidarietà passiva). Nella pratica l'uno e l'altro obbligo si presentano diversamente organizzati, a seconda della natura e della sfera del gruppo (totem, clan, tribù, villaggio, casta, ecc.), del sistema di famiglia e di parentela e delle particolari consuetudini locali e popolari. Sotto l'impero del matriarcato sono solidali le persone che appartengono alla genealogia materna, e sotto l'impero del patriarcato le persone che fanno parte della parentela paterna. Laddove il sistema è bilaterale, la solidarietà è mista, per il concorso combinato dei parenti dell'uno e dell'altro ramo. Oltre che in quella naturale, la vendetta può avere base nella parentela fittizia o magica e nei rapporti di protezione e di assistenza, di consorteria, ecc. Non sono esclusi, quindi, dal debito sacro i parenti adottivi, i fratelli di elezione, gli ospiti, in virtù della compartecipazione che li rende "organicamente" aderenti al gruppo gentilizio, e perfino i compagni di viaggio e quelli d'arme.

Ragione del conflitto è lo spargimento del sangue, intendendo con questo non solo l'omicidio nello stretto significato del termine ma ogni fatto ad esso assimilabile, come le lesioni gravi, la morte per stregoneria o malefizio, specie in Africa, e perfino l'adulterio, lo stupro, il ratto. Il conflitto si svolge fra i maschi adulti, iniziati e armati, dell'una e dell'altra parte, e talora il compito viene rimesso, per deliberazione dell'assemblea, a schiere di guerrieri, come succede tra gli aborigeni australiani. In varie tribù di questi la tradizione assegna al maschio più prossimo per parentela del defunto l'onore di colpire il delinquente.

Per la norma della solidarietà passiva, la vendetta può essere indirizzata, senza distinzione, contro qualsiasi membro di una tribù, di un clan, di un totem; o in particolare contro determinate persone, Presso le tribù Dieri (Erie) dell'Australia, in caso di omicidio, il vendicatore colpisce in primo luogo il fratello anziano dell'ucciso in secondo luogo il padre di lui, e solo in terzo luogo, e in via sussidiaria, l'assassino. Le donne e i bambini, e talora anche i vecchi sono risparmiati, salvo qualche eccezione (Nuova Guinea); ed eguale trattamento possono avere gli altri parenti purché consegnino l'uccisore. Negl'infimi gradi dell'organizzazione primitiva a queste costumanze presiedono idee superstiziose a base di magia e di animismo, quali quelle che considerano tabu lo spargimento del sangue, e quindi fonte di malefizî per l'intero gruppo consanguineo dell'ucciso; oppure quelle che rappresentano lo spirito della vittima errabondo, irrequieto e segregato fuori dal regno dei beati. Da qui il rigido principio che dichiara, nei primi rozzi stadî, la vendetta inespiabile, nel senso che nessuna pena o ammenda possa farla estinguere, all'infuori della rappresaglia del sangue. Questo principio cede il posto lentamente a quello della composizione, la quale viene variamente regolata e disciplinata con norme e cerimonie che valgono a placare lo spirito del morto e ad appagare il risentimento dei superstiti. Il trapasso dall'una all'altra fase si ha in alcune costumanze, nelle quali la composizione pecuniaria accompagna o segue la prescritta immolazione di qualche animale, o nelle quali il delinquente si arrende a discrezione dei parenti dell'ucciso con cerimonie che fanno pensare alla sua morte sociale. Fra i Galla del Ghera (Etiopîa), quando i parenti dell'ucciso accettano la proposta di comporre la vendetta, la pace si fa con la consegna di un certo numero di capi di bestiame e con l'immolazione di un montone, nel ventre del quale il più prossimo parente dell'uccisore e quello dell'ucciso infilano le mani stringendosele ancor grondanti di sangue. Fra le maniere di placare la voce del sangue, che grida vendetta, vi è quella del matrimonio di un uomo della gente dell'uccisore con una donna della parte dell'ucciso.

Col decadere o tramontare delle primitive superstizioni magicoreligiose, il sistema delle composizioni, che dapprima varia a libito delle parti, si sviluppa e perfeziona tenendo conto dell'età, del sesso, della condizione sociale della vittima. Gl'individui di bassa casta sono esclusi dalla vendetta contro un uomo di classe elevata, dal quale possono soltanto ripetere un'indennità; come sono esclusi gli schiavi, per cui il padrone non può essere risarcito che del solo danno materiale (Somali).

Bibl.: S. R. Steimmetz, Etnologische Studien zur ersten Entwicklung der Strafe (Die Blutrache), I, Gröningen 1929; G. Kokler, Zur Lehre von der Blutrache, 1885; Miklosich, Die Blutrache bei den Slaven, Vienna 1887; Wesnitsch, Die Blutrache bei den Südslawen, in Zeitschr. f. vergleichende Rechtswiss., VIII, p. 433 seg.; IX, p. 46 seg.; G. Popovič, Recht u. Gericht in Montenegro, Zagabria 1877; A. H. Post, Grundriss der ethnolog. Jurisprudenz, Oldenburg 1895; L. Lévy Bruhl, Le surnaturel et la nature dans la mentalité primitive, Parigi 1931; W. Schmidt e W. Koppers, Gesellschaft u. Wirtschaft der Völker, Ratisbona s. a.

Folklore. - Nella cerchia delle nazioni civili esistono genti che conservano la vendetta come semplice costumanza. Giustificano la costumanza superstizioni che hanno radici primordiali, come quella che immagina l'anima dell'ucciso errabonda e inquieta finché duri la macchia del sangue sparso (Slavi meridionali, Arabi, ecc.). "Sangue lava sangue" è il motto che compendia tali idee e chi, avendo il dovere della vendetta non lo adempie, è giudicato indegno di succedere al defunto. Da tale dovere sono esclusi i bambini e le donne, ma per sentimento, per forza o per altra ragione ne partecipano. Si narra di madri che conservarono la camicia insanguinata dell'ucciso per mostrarla ai figli, ripetutamente, a meglio incitarli a compiere la vendetta. Il vendicatore è sempre il più prossimo parente. Presso gli Slavi meridionali, gli albanesi e altri vi è obbligato in primo luogo il primogenito dell'ucciso, e solo in mancanza di figli maschi l'obbligo passa al fratello anziano. La sfera della responsabilità è circoscritta, in quanto solo i consanguinei sono passibili della rappresaglia. L'uso determina talora il grado di parentela entro cui la vendetta può svolgersi (settimo grado); ma laddove esistono comunità di famiglia, come fra i Mirditi, ogni membro della famiglia dell'ucciso può, in ogni tempo e luogo, mettere a morte qualsiasi componente della famiglia dell'uccisore. In Albania (distretto di Selica) si convenne, in passato, che la vendetta debba esercitarsi contro le persone che condividono tetto e focolare con l'uccisore. Ma talvolta, quando la vendetta non si compie con un fatto di sangue, che esige a sua volta altra vendetta, si può avere la riconciliazione delle parti, mediante il matrimonio di un prossimo parente dell'estinto con una donna consanguinea dell'uccisore, ovvero col perdono dell'omicida. Il perdono si compie con speciali umilianti cerimonie, fra cui la presentazione del colpevole in atteggiamento compunto (con una pietra al collo, o in abito da donna, ecc.), e qualche immolazione nel sacrario gentilizio dell'ucciso.

Vedi anche
Omicidio diritto Delitto consistente nella soppressione di una o più vite umane. Previsto e disciplinato dal titolo XII c.p. dedicato ai delitti contro la persona, l’omicidio può assumere la forma dolosa (art. 575 c.p.) – aggravata (art. 576, 577) o meno – preterintenzionale (art. 584 c.p.) e colposa (art. 589 ... ira Improvviso e violento moto dell'animo, di carattere passionale e non temperato dalla ragione, che tende a sfogarsi con parole veementi, talvolta con offese, con una punizione eccessiva o con la vendetta, contro la persona che, volontariamente o involontariamente, ci ha provocato; nella dottrina cristiana ... Caino (ebr. Qayin) Nella Bibbia, figlio primogenito di Adamo ed Eva. Invidioso della predilezione da Dio mostrata per il fratello Abele, più mite e generoso nell’offerta sacrificale, l’uccise. Maledetto da Dio, che gli predisse la sterilità della terra bagnata di sangue fraterno, fuggì nella regione di Nod, ... Minosse (gr. Μίνως) Mitico re di Creta, figlio di Zeus e di Europa, fratello di Radamanto, sposo di Pasifae, padre di Catreo, Deucalione, Glauco, Androgeo, Acalle, Senodice, Ariadne (o Arianna) e Fedra. La sua figura rispecchia lo splendore dell’antica civiltà e talassocrazia cretese (civiltà minoica: ➔ cretese-micenea, ...
Vocabolario
vendétta
vendetta vendétta s. f. [lat. vindĭcta «rivendicazione; liberazione; vendetta; castigo», der. di vindicare: v. vendicare]. – 1. a. Danno materiale o morale, di varia gravità fino allo spargimento di sangue, che viene inflitto privatamente...
vendicatività
vendicativita vendicatività s. f. [der. di vendicativo]. – Carattere vendicativo, tendenza naturale alla vendetta.
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