vendicare (vengiare)
11. La forma ‛ vendicare ' compare solo in poesia, alternandosi con il gallicismo ‛ vengiare ' senza apprezzabili differenze di significato. 1
Nel senso proprio di " soddisfare un'offesa patita " infliggendo un danno all'offensore compare solo nelle parole rivolte da D. a Virgilio a proposito di Geri del Bello: " O duca mio, la vïolenta morte / che non li è vendicata ancor ", diss'io, / " per alcun che de l'onte sia consorte, / fece lui disdegnoso... " (If XXIX 32).
Ha valore più tenue, o diverso, in tutte le altre occorrenze. In Rime CIII, il poeta, esasperato dalla tormentosa passione per monna Pietra, che la donna non ricambia, dichiara la sua volontà di " dare a sé stesso soddisfazione " per la repulsa (io mi vendicherei, v. 73), contraccambiando con un atto sdegnoso e violento il rifiuto d'amore (per vendicar lo fuggir che mi face, v. 77). La moglie di Pisistrato, adirata con il giovane che ha osato abbracciare sua figlia, invita il marito a " riscattare " il suo prestigio offeso punendo il presunto offensore: vendica te di quelle braccia ardite / ch'abbracciar nostra figlia, o Pisistràto (Pg XV 100). La distruzione di Gerusalemme ad opera di Tito fu un atto di giustizia voluto da Dio per punire gli Ebrei dell'uccisione di Cristo: 'l buon Tito, con l'aiuto / del sommo rege, vendicò le fóra / nd'usci 'l sangue per Giuda venduto (XXI 83; v. VENDETTA).
Gli esempi del Fiore sono due. In uno, il verbo vale " punire " (Diletto si volge contro Vergogna per punirla di aver attaccato Pietà: poi si torna per lei vendicare, CCIX 12); nell'altro esprime il desiderio della Vecchia che Bellaccoglienza, ingannando e tormentando gli uomini, " faccia loro scontare i danni " che altri uomini avevano procurato a lei quando era giovane: io ho ferma intenzione / ch'i' sarò ancora per te vendicata (CLI 13).
2. La forma ‛ vengiare ' compare solo nella Commedia con il significato di " vendicare " e, se riflessivo, di " vendicarsi " . L'unicità dell'appartenenza al lessico del poema è tanto più significativa in quanto il corrispondente sostantivo ‛ vengianza ' (v.) ricorre solo nel Fiore. Quanto al valore, è da rilevare come, analogamente a quanto accade per ‛ vendicare ', esprime più l'idea della punizione che non quella della vendetta vera e propria.
Quando le Furie, veduto D., gridano mal non vengiammo in Tesëo l'assalto (If IX 54), il verso va interpretato: " con nostro danno, non ‛ punimmo ' Teseo quando egli tentò di rapire Proserpina " . Il verbo conserva la medesima accezione nell'accenno alla crocifissione di Cristo, la giusta vendetta del peccato originale, che poscia vengiato fu da giusta corte (Pd VII 51), " venne punita " dal giusto tribunale di Dio, il quale consentì che Tito distruggesse Gerusalemme. Questo passo crea, a pochi versi di distanza, la variante vengiata (sempre giusta vendetta) in luogo di punita, in VII 21; cfr. Petrocchi, Introduzione 34 e ad locum.
È usato in un'accezione più vicina a quella comune nella perifrasi usata per indicare il profeta Eliseo (If XXVI 34 colui che si vengiò con li orsi). Secondo il racconto biblico (IV Reg. 2, 23-24), il profeta, deriso da alcuni fanciulli, suscitò contro di loro con la sua maledizione due orsi, che sbranarono i piccoli rei; in questo caso sembra prevalere l'idea del danno inflitto in soddisfazione di un'offesa patita, anche se non è del tutto assente il concetto di punizione per una colpa commessa.