VENETO
(lat. Venetus)
Regione dell'Italia nordorientale, parte centrale dell'area già abitata dagli antichi Veneti, dai quali avrebbe preso voce la Venetia romana e, più oltre nel tempo, la Rep. Veneta. Il V. propriamente detto si stende entro confini politico-amministrativi di recente definizione (secc. 19°-20°), in uno spazio compreso fra il mar Adriatico, il basso corso del Po, il bacino del lago di Garda e le foci del Tagliamento.Il territorio in cui si stanziò il popolo dei Veneti si affacciava sull'alto Adriatico, tra la Livenza e l'Adige, ove prese avvio una civiltà che costituì ben presto numerosi centri di notevole importanza culturale, quali Padova, Este, Vicenza, Asolo, Treviso, Oderzo, Altino e Adria.
Un processo di dilatazione della zona abitata dai Veneti avvenne con il riordinamento amministrativo augusteo e la costituzione della Regio Venetia et Histria, a E dell'Oglio, inglobando le pianure di Brescia e Verona, la pianura friulana e la penisola istriana di recente romanizzazione. Tale vasta area subì in seguito un frazionamento con l'arrivo dei Longobardi, nel 568, che determinò la formulazione di un linguaggio del tutto originale - creato dall'incontro di stilemi di cultura 'classica' con l'apporto barbarico - mutando i canoni artistici tradizionali anche in quelle città del V. ove, nel sec. 5°-6°, i monumenti sono esemplari della cultura tardoromana (Verona, Vicenza, Treviso, Belluno, Padova).Frammentarie sono le sopravvivenze monumentali di età longobarda, a eccezione di taluni esempi di rilievo, come il complesso di S. Giorgio in Valpolicella (v. Verona) con il suo ciborio, risalente al regno di Liutprando (712-744), la chiesa di S. Maria Maggiore a Gazzo Veronese, della metà del sec. 8°, e il primitivo impianto di S. Paolo a Monselice, del sec. 8°, nel padovano.Verona rimase al primo posto tra le città del V. sia politicamente sia culturalmente. Il suo sviluppo urbanistico è testimoniato dalle fonti, che ricordano chiese e palazzi di cui poco o nulla rimane; solo in provincia, a Bardolino (v.), si conserva un piccolo edificio di età carolingia, S. Zeno. Gli apparati decorativi delle chiese longobarde e carolinge si conservano solo in maniera frammentaria e sono difficilmente distinguibili tra loro dal punto di vista cronologico. Meno ardua è l'individuazione della produzione artistica ottoniana, più direttamente rapportabile a una matrice bizantina che in terra veneta, soprattutto in questa fase, ha radici profonde.Nell'ambito del panorama architettonico S. Michele a Pozzoveggiani, nei pressi di Padova, non esula dallo stile c.d. esarcale, diffuso nell'area adriatica tra il sec. 9° e il 12° (Bettini, 1966b). Nel sec. 12° le chiese del contado mantennero, anche se in forme più monumentali, questa tipologia 'tradizionale', come a S. Giustina (c.d. duomo vecchio) e a S. Stefano a Monselice. Un esempio di architettura romanica anteriore al sec. 11° è la chiesa di S. Stefano a Carrara Santo Stefano, nella cui abside un coronamento costituito da una galleria nana denuncia un 'atipico' accento lombardo. Nell'interno ad aula, inoltre, un brano pavimentale in tessellatum e sectile, del sec. 10°, attesta l'antica origine della chiesa (Dorigo, 1982-1983). Nei pressi, a Pernumia, nel duomo scavi ancora in corso hanno messo in evidenza una chiesa di età romanica di grandi dimensioni. Singolare esempio del perdurare della tipologia tardoantica su cui si innestano caratteri dell'architettura romanica, è il battistero di Concordia Sagittaria, nel veneziano, edificio dei primi anni del sec. 12°, di impianto cruciforme caratterizzato da tre absidi semicilindriche inserite su una base quadrangolare.Una lenta ma costante trasformazione dei nuclei urbani si registra a partire dal 10° secolo. Nella regione scarsa fortuna ebbe la struttura feudale, mentre il senso della città e la tradizione urbana furono l'elemento predominante sino alla formazione dell'istituzione comunale. L'età dei Comuni avviò la rinascita dei centri urbani con importanti interventi di riassetto urbanistico; in questa fase presero corpo i primi impianti architettonici della struttura comunale, che, tuttavia, solo nel sec. 13° assunsero una tipizzazione diffusa nelle città più importanti (Verona, Padova, Vicenza, Treviso).Nel Duecento il comune più rilevante del V. era Padova (v.), città che vide l'affermazione di nuovi principi sociali e la condanna dei privilegi feudali dei nobili e degli ecclesiastici. Il palazzo della Ragione, ove si amministrava la giustizia, si pone come polo di attrazione urbanistica nei confronti delle circostanti strutture monumentali. Il modello padovano non rimase caso a sé, ma fu adottato come prototipo nei maggiori centri della regione (Verona, Vicenza, Treviso).Il fenomeno degli insediamenti mendicanti interessò ugualmente tutto il V., con maggiore radicamento dei Francescani rispetto ai Domenicani, mentre la presenza dell'ordine di Cîteaux risulta particolarmente scarsa: si conosce solo l'abbazia di S. Maria di Follina, nel trevigiano, risalente ai primi anni del secolo, ove i monaci intrapresero l'erezione del chiostro e in seguito, nel sec. 14°, di una nuova chiesa, recuperando tipologie borgognone.Francescani e Domenicani e successivamente Servi di Maria e Carmelitani incisero in maniera considerevole sulla struttura delle città. Le prime grandi costruzioni sorsero grazie a donazioni comunali: esempio emblematico è la basilica francescana di Padova, dedicata a s. Antonio, simbolo della libertà comunale, ma vanno citate anche S. Fermo Maggiore a Verona, S. Lorenzo a Vicenza (v.), S. Francesco a Treviso (v.). Tra la seconda metà del Duecento e il secolo seguente sorsero altri grandi cantieri mendicanti, nei quali possono essere distinte due tipologie icnografiche precise: la prima comprende edifici ad aula unica, come la chiesa degli Eremitani, S. Maria del Carmine (ambedue della fine del sec. 13°) e S. Maria dei Servi (1370-1380) a Padova, S. Agostino a Vicenza e S. Francesco a Bassano del Grappa (ambedue del sec. 14°); la seconda include invece chiese a tre navate, riscontrabili soprattutto nei complessi domenicani, come S. Agostino a Padova, Ss. Giovanni e Paolo a Venezia, S. Nicolò a Treviso, S. Anastasia a Verona e S. Corona a Vicenza.Ancora nel sec. 13° un evento di particolare rilievo storicoartistico fu la presenza in terra veneta di Federico II di Svevia.A Monselice Ezzelino III da Romano (m. nel 1259), suo alleato, intraprese la ricostruzione della rocca, creando un baluardo fortificato che riprende tipologie di ascendenza meridionale. Lo stesso Ezzelino nella costruzione del castello di Monselice ai piedi della rocca riprodusse in scala maggiore una fortezza esemplata sul mastio soprastante.Il castello di S. Zeno a Montagnana, invece, è chiaramente il frutto dell'opera di maestranze locali e, in ambito veneto, è uno dei casi di spicco nel campo dell'architettura militare. Torri scudate, porte munite di rivellini e arciere a thólos sono elementi frequentemente adottati in V. nelle fortificazioni di età successiva. Presso Carrara San Giorgio e Carrara Santo Stefano vi sono resti di un'antica fortezza di probabile età carrarese, a breve distanza tra Padova e Monselice. Tracce di età carrarese si trovano ancora nella chiesa di S. Stefano a Carrara Santo Stefano, dove si conserva anche il sarcofago di Marsilio da Carrara (m. nel 1338), attribuito a un artista di formazione veneziana (Wolters, 1976), la cui fronte include la figura del defunto inginocchiato.Anche a Este, nel padovano, sussiste il castello carrarese, del 1339-1340, a pianta all'incirca quadrangolare con lunga cortina merlata e mastio che s'innalza nell'angolo nord-ovest; a N-E la rocca del Soccorso dava accesso alla fortezza. In età carrarese e scaligera l'adozione del circuito difensivo merlato, intervallato da torri e torresini e raccordato a un nucleo fortificato maggiore, è del tipo più diffuso nella regione. Ciò è quanto si trova a Cittadella (v. Città nuove), al limite tra bassa e alta pianura; a Marostica, a ridosso delle prime pendici prealpine, ove i due castelli, quello superiore e quello inferiore, si congiungono all'ampia cinta scaligera (1311-1387), munita di merli e torri scudate; a Soave, ove il nucleo urbano è racchiuso entro una turrita cortina muraria che risale il colle sino al castello scaligero.La cultura figurativa del V. longobardo continuò in parte la tradizione tardoantica, anche se forse in maniera più schematica e semplificativa, come attesta il mosaico pavimentale della rocca di Asolo (Mus. Civ.; Rosada, Nicoletti, 1988). Qualche cenno di novità figurative mostrano invece i mosaici pavimentali nella chiesa di S. Maria Maggiore a Gazzo Veronese, per le scelte cromatiche e il pesante impasto coloristico.Un mutamento non sostanziale subirono gli stessi centri urbani alla fine del sec. 8°, quando ai Longobardi si sostituirono i Franchi. Il ciclo pittorico di S. Giorgio, nei pressi di Velo d'Astico, ha indotto taluni a proporne un'origine carolingia (Dani, 1958); tuttavia la sensibilità spaziale, nonché le soluzioni pittoriche delle vesti riportano a un gusto più ottoniano (Marchetto, 1984). L'affresco che decora il portale della basilica dei Ss. Felice e Fortunato a Vicenza, datato al sec. 11°, e il ciclo di San Micheletto, nei pressi di Mizzole, nel veronese, del sec. 11°, mostrano invece un senso plastico e un linearismo meglio riferibili a composizioni bizantineggianti. Anche la decorazione pittorica del battistero di Concordia Sagittaria, della metà del sec. 12°, denuncia chiaramente la derivazione da manufatti che si elaboravano in terra bizantina tra il sec. 11° e il 12° (Drigo, 1992).Chiare connessioni di carattere iconografico e cromatico con il ciclo pittorico concordiese possono essere individuate nella decorazione ad affresco dell'antico sacello martyrium della vicina abbazia di Summaga. Esemplari delle due matrici, quella occidentale e quella orientale, sono gli affreschi frammentari della chiesa di S. Michele di Pozzoveggiani, nei pressi di Padova, in cui collaborarono due frescanti di culture nettamente differenti: il primo, di formazione bizantina, eseguì le pareti laterali dell'aula, il secondo, autore del gruppo degli apostoli e del Cristo Pantocratore nel catino absidale, volse invece l'attenzione a modi più schiettamente occidentali, riprendendo nel sec. 12° il caricato espressionismo e il marcato grafismo delle tipologie ottoniane (Lorenzoni, 1994, p. 110). Tale ciclo pittorico può essere considerato una sorta di 'prototipo locale' (Cozzi, 1998, p. 41), esemplare di quel sostrato di base che informa il panorama figurativo pregiottesco veneto, di cui resta testimonianza nelle pitture di S. Giustina a Monselice, del primo quarto del sec. 13°, e in quella con le figure di S. Francesco e di due santi, della metà del sec. 13° (Cozzi, 1994, pp. 520-521), della cripta della poco distante chiesa di S. Paolo. Apparentato per lo stile a quest'ultimo brano è anche il gruppo di affreschi poco più tardo, degli ultimi tre decenni del sec. 13°, della parete nord nell'antica chiesa di S. Tommaso (Cozzi, 1994, p. 523) nella stessa cittadina.Solo la presenza di Giotto (v.) a Padova provocò una 'virata' di un certo spessore stilistico. Ne è un chiaro esempio la decorazione della chiesetta di S. Nicolò a Piove di Sacco, a S-E di Padova, della prima metà del sec. 14° (Ericani, 1994). Appartengono al sec. 14° anche gli affreschi che decorano la cupola di un oratorio francescano del Duecento, a Curtarolo, a N di Padova, raffiguranti il Paradiso, forse di Giusto de' Menabuoi (v.).Nel Trecento in V. furono attivi importanti pittori, quali Tomaso Barisini (v.), Giuliano da Rimini (v.), Pietro da Rimini (v.), Guariento di Arpo (v.), Nicoletto Semitecolo (v.), Giusto de' Menabuoi, Jacopo Avanzi (v.), Altichiero (v.), Paolo Veneziano (v.) e, in ambito scultoreo, Andriolo de Santi (v.), Antonio da Mestre, Rainaldino di Francia.
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