VENTAGLIO
. I tipi di ventaglio che compaiono in rappresentazioni figurate egizie, assiro-babilonesi, persiane, sono più affini a quelli che si denominano flabella (lat. flabellum; gr. ῥιπίς, ῥιπίςιον; v. flabello). Il ventaglio di piccole proporzioni nel senso moderno, sembra sia stato usato, tra le civiltà orientali, solo in quelle dell'Estremo Oriente.
In Cina e in Giappone si hanno principalmente due specie di ventagli (oltre a quelli fatti con foglie di palma, penne, ecc.): ventagli rotondi fissi (cin. t'uan shan; giapp. uchiva) e ventagli pieghevoli (cin. che shan; giapp. ogi, sensu). La celebre Pan Chieh-yü, favorita di un imperatore cinese, scrisse verso il 32 a. C. una poesia sopra un ventaglio di seta rotondo, in cui ella paragona sé stessa a un ventaglio messo da parte al giungere dell'autunno, di guisa che "ventaglio d'autunno" divenne un'immagine poetica per indicare una sposa abbandonata. In Giappone, nel 763 d. C., un cortigiano malato ebbe il permesso di portare a corte un bastone e un ventaglio. L'invenzione del ventaglio pieghevole è attribuita dai Giapponesi alla vedova di un eroe, Atsumori (1169-1184 d. C.), la quale avrebbe alleviato le sofferenze del superiore di un convento buddhista di Kyōto con un foglio ripiegato. Gli eruditi cinesi dicono di aver ricevuto ventagli pieghevoli giapponesi in un tributo coreano all'imperatore Yung-lo (1403 d. C.). In Cina e in Giappone il ventaglio divenne una nota caratteristica della moda, il ventaglio fisso per le donne, quello pieghevole per gli uomini. La forma e le dimensioni cambiano ogni anno; sono di seta quelli invernali, di penne gli estivi. Il manico intarsiato di avorio è piuttosto un oggetto di esportazione. Sono comuni quelli di bambù e di sandalo. Il numero delle stecche è di 16, 32 ovvero 36 nei ventagli cinesi, è dispari nei giapponesi. Sul ventaglio di carta spesso si trovano itinerarî, autografi di amici, pitture e poesie. Adoperare correttamente il ventaglio è frutto di un'educazione secolare.
Il flabello usato dagli Assiri e dai Babilonesi non passò in Grecia se non nel corso del sec. V a. C. e in Grecia divenne di uso comune nel sec. IV. Dal mondo elegante di Grecia il ventaglio - che era divenuto attributo di Afrodite - passò a costituire uno dei complementi del mondo muliebre etrusco e romano. Il ventaglio assume nell'antichità molteplici fogge; ma tutte si riportano allo schema di una foglia o di una piuma provvista di peduncolo: il ventaglio a elementi ripiegantisi uno sull'altro è venuto a noi più tardi, dalla Cina e dal Giappone. Per far vento si fece uso dapprima di una foglia di colocasia o di palma: ad andamento cuoriforme la prima, e fornita di punta più o meno ricurva; tagliata l'altra, e chiusa entro una lista vegetale, così da impedire all'orlo di lacerarsi. Ma con le foglie vegetali si usarono via via anche piccoli pannelli di legno sottile, variamente foggiati e dipinti, pezzi di stoffa o di lamina metallica chiusi dentro una bordura di legno, ventagli di paglia o di filamenti di papiro intrecciati; infine - preferiti dalle persone eleganti - ventagli di piume, specie di pavone (efficaci anche contro il malocchio), e di struzzo. Verso il sec. IV d. C. i ventagli assumono talora la forma di una piccola bandiera. I ventagli furono usati anche come cacciamosche, e come ventole.
Non è ben certo se il ventaglio, all'infuori della liturgia (v. flabello), fosse adoperato sul principio del Medioevo; ma certo esso fu poi in uso in Europa, come si vede da citazioni di inventarî specialmente francesi che risalgono almeno alla fine del sec. XIII, e da riferimenti di scrittori più tardi che ne affermano l'uso in Italia anche nel secolo precedente. I ventagli come elemento del costume femminile erano allora fatti di piume, avevano un manico d'avorio e di metallo prezioso e venivano portati appesi alla cintura mediante lunghe catenelle, o anche tenuti in mano. La diffusione del ventaglio fu estesa nel sec. XV soprattutto in Italia, come appare da molti dipinti specialmente di scuola veneziana, in Inghilterra dov'esso fu introdotto durante il regno di Enrico VIII, e in Francia nel sec. XVI, sotto Caterina de' Medici. Il ventaglio a banderuola fatta con un quadratino di stoffa (talvolta ornata con pietre preziose o con figurine) attaccato a un manico, è pure rappresentato in dipinti tizianeschi (ritratto femminile, Dresda, Pinacoteca); usato specialmente nel sec. XVI, si diffuse anche in Francia.
I ventagli del Rinascimento furono assai spesso un oggetto di lusso anche per la materia e per la lavorazione: non è raro trovare menzione di ventagli apprestati da orafi (inventario di Lucrezia Borgia, 1526: ventaglio di un maestro Alfonso). A Venezia in particolar modo si diffuse largamente l'uso dei ventagli di piuma che del resto ci appaiono come elemento del costume femminile anche di altre città in opere come quelle di Cesare Vecellio e di Giacomo Franco, e attraverso ritratti specialmente cinquecenteschi (cosiddetta Laura da Pola di L. Lotto a Milano, Brera; dipinti di Tiziano e di P. Veronese); vi si fecero pure ventagli di pizzo e imitazioni di questi in pergamena lavorata a traf0ro a simulare il punto in aria, e ventagli dipinti con paesaggi e figure alla cui decorazione sembra attendessero talvolta anche artisti di grido. Il lusso prodigato nei ventagli rese necessaria a Venezia un'apposita legge suntuaria nel 1592.
Verso la metà del sec. XVI le fogge fino allora in uso furono sostituite sempre più generalmente da quella del ventaglio pieghevole o costituito soltanto delle stecche legate da un nastro, decorate di carta o dipinte (ventaglio brisé), o consistente in una pagina di stoffa o di pergamena montata su stecche di legno, avorio, ecc.; forma nota certo anch'essa prima di allora, non è tuttavia rappresentata in miniature o dipinti anteriori al Rinascimento. La prima forma del ventaglio pieghevole dovette esser quella a ruota, analoga quindi a quella dei flabelli medievali; solo più tardi esso si ridusse alla forma poi sempre prevalsa di un semicerchio. Le stecche erano di legno o di metallo in lamina sottile, tenute insieme da un pernio o da un cordoncino di seta, o da un nastro. Questa forma, originaria probabilmente dall'Asia orientale (come provano le prime sue decorazioni di tipo cinese) ma diffusasi nel resto d'Europa dalla Francia, segnò specie in questa regione l'inizio di una produzione sempre più copiosa e raffinata che, iniziatasi sotto Enrico III, raggiunse il suo culmine nei secoli XVII e XVIII.
I ventagli francesi ebbero allora persino montature in oreficeria; le più frequenti, di notevoli dimensioni (da 18 a 20 stecche), furono di avorio o legno intagliato, di tartaruga, d'osso di balena, di canna d'India; la pagina decorata quasi sempre di pitture era di taffettà di velo o di altre stoffe leggiere, di pergamena o di pelle di volatili. Si mirava soprattutto alla leggerezza e all'eleganza delle montature, talvolta lavorate con figure a traforo o coperte d'incrostazioni di madreperla, di tartaruga, o di filo d'oro e d'argento, e alla bellezza e all'eleganza delle pitture per lo più di soggetto mitologico e biblico per cui si ricorreva a disegni di artisti come Charles Lebrun o si copiavano dipinti di Van Dyck e d'altri: Questo tipo di ventagli fu usato anche in Italia e divenne popolare specie a Venezia nel sec. XVII: in essi naturalmente si trovano di frequente e anche su ambedue i lati della pagina, di solito cartacea, raffigurazioni attinte ai poemi epici e bucolici dei secoli XVI e XVII oltre che ai classici latini; corredate di iscrizioni poetiche (dalle Metamorfosi di Ovidio, dal Pastor Fido del Guarini, dall'Adone del Marino, ecc.), mentre le vedute e i soggetti storici sono più consueti a quelli di fabbricazione romana; fra gli artisti che firmarono le loro composizioni è da menzionare G.F. Romanelli da Viterbo detto Raffaellino (ventaglio con il Ratto delle Sabine) e, in Spagna, Juan Cano de Arevalo. I soggetti si fanno meno pesanti e si volgono piuttosto alle scene campestri e pastorali, alle storie d'amore, alle raffigurazioni di Venere o di genietti volanti all'epoca di Luigi XV, nella quale prevalsero montature meno severe e più irregolari, di madreperla o d'avorio scolpito e intagliato, spesso incrostato di madreperla, e pagine di carta, di taffettà, o di pelle, con figure e versi; le dimensioni dei ventagli sono in genere più piccole che non nel periodo precedente; le montature stesse, traforate e dorate, tendono a seguire la forma degli ornamenti caratteristici di quello stile (conchiglie, fogliami, rocailles, ecc.), le pitture sono spesso a guazzo come già qualche volta sotto Luigi XIV, e talora nei ventagli bisés d'avorio, in quel pseudo-smalto che è la così detta "vernis Martin". Tra gli artisti che fornirono disegni per la decorazione dei ventagli, si annoverano Fr. Boucher, A. Watteau e J. A. Van Loo. Per un certo tempo furono diffusi in Francia anche ventagli fatti di pelle profumata, che si dicevano di Roma o di Spagna; ma caddero presto in disuso; si fecero anche ventagli di pizzo. I più comuni erano fatti di carta incisa e dorata (papier à la serpente) od ornati di pitture su pagina d'argento, e più raramente d'oro, altri avevano il fondo punteggiato d'oro e d'argento ed erano detti pluies. L'importanza della produzione e dell'esportazione francese è indicata anche dalla fondazione, nel 1678, della corporazione parigina dei ventaglisti, cui fu riservato il diritto di commerciare in tal materia, pur rimanendo il ventaglio prodotto della collaborazione di più artisti, pittori, doratori su cuoio, stipettai, mentre la piegatura e il montaggio era di spettanza dei ventaglisti, che importavano montature anche dalla Cina. Lo statuto del 1714 richiedeva quattro anni di pratica in una bottega conosciuta per l'ammissione alla corporazione. Nel tardo barocco e nel rococò, anche l'Inghilterra, dove il ventaglio pieghevole si era diffuso nella prima metà del sec. XVII, ebbe una notevole produzione di ventagli imitati da quelli cinesi, e apprezzati specialmente per la bontà delle montature. Non minore eleganza ebbero i ventagli nel periodo dello stile Luigi XVI, che assottigliò e attenuò le volute settecentesche: l'avorio o la madreperla erano intagliati od ornati di applicazioni d'oro e argento cesellato o smaltato; sempre più sottile lo spessore delle stecche, e sempre più larghi gl'intervalli fra l'una e l'altra quando il ventaglio era aperto; la pagina, essa pure assai fine, era di seta, di pelle di cigno, di velo o di carta dipinti a losanghe o a medaglioni con soggetti per lo più amorosi e sentimentali o comici, scene storiche, ritratti, copie di quadri, costumi; il campo rimanente era occupato da grottesche, festoni di fiori, o motivi di pagliuzze d'oro o d'argento cucite sul fondo. Celebre in quel periodo il ventaglio regalato nel 1785 dalla città di Dieppe a Maria Antonietta, tutto d'avorio lavorato a traforo con la scena del re Poro dinnanzi ad Alessandro, su disegno di Vien. Fra gli artisti che diedero disegni per ventagli furono allora anche Hubert Robert, Greuze, Lagrenée e Degault, e, in Italia, Rosalba Carriera. Anche in questo periodo la produzione italiana dei ventagli fu soprattutto veneziana: s'adattarono le fogge francesi, e sorsero fabbriche di ventagli specialmente di uso comune decorati con incisioni: celebri quelle dello Zucchi, del Bagazzi, del Finazzi e più tardi del Remondini di Bassano. La fine del sec. XVIII vide una fioritura di ventagli a soggetti comici, satirici o politici, che hanno però un valore artistico assai scarso e per cui viene impiegata l'incisione in nero o a colori, su seta o su carta, come già prima per quelli di tipo più comune. La produzione tedesca, artisticamente assai meno importante di quella francese, ebbe i suoi centri soprattutto ad Augusta, a Berlino e a Vienna. La rivoluzione vide naturalmente un allontanarsi sempre maggiore dai tipi raffinati dei ventagli settecenteschi, raro l'avorio nelle montature, e frequenti invece il legno e l'osso; la pagina di pergamena e poi più spesso di carta; di seta o di tulle, ricamati, dipinti o tempestati di pagliuzze (anche sotto l'impero) quelli di minori dimensioni. I soggetti si ridussero a vedute di città, di monumenti classici specialmente italiani, e poi ad allegorie o a scene di teatro. Il sec. XIX non ha che eccezionalmente veduto una produzione di ventagli artistici; pregevoli soltanto quelli di trina; tecnica nuova ma anch'essa non destinata a un successo esteso e durevole quella della decorazione in batik (stoffa coperta di uno strato di cera); più frequente sulla fine del secolo l'imitazione dei ventagli giapponesi.
V. tavv. XXXV e XXXVI.
Bibl.: Viollet-le-Duc, Dict. raisonné du mobilier français, II, Parigi 1871, pp. 103-105; S. Blondel, Histoire des éventails, ivi 1875; V. Gay, Glossaire archéalogique du Moyen âge et de la Renaissance, I, ivi 1887, s. v. Éventail; Ch. Schreiber, Foreign Fans and Fan Leaves: French, Italian and German, Londra 1893; I. B. Supino, I ventagli antichi all'esposizione di Belle arti in Firenze, in L'Arte, V (1902), pp. 66-68; Esposizione dell'ornamento femminile 1500-1800, a palazzo Rospigliosi, dic. 1907, L'évolution de l'art dans l'éventail aux XVIe, XVIIe et XVIIIe siècles; catalogue illustré de 93 pièces de la collection F. de B., Roma 1907; P. d'Achiardi, in L'Arte, XI (1908), Appendice, pp. 9-20. Per i ventagli orientali vedi: Mrs. Salwey, Fans of Japan, in Trans. of the Japan Soc., II, Tōkyō 1874; H. A. Giles, Historic China. On Chinese Fans, Londra 1882, pp. 294-314; M. Ricci, Opere storiche, I, Macerata 1911, p. 18; B. H. Chamberlain, Moeurs et coutumes du Japon, Parigi 1931, p. 180.