ventitrè
Numerale cardinale usato due volte nel Convivio e una nella Quaestio, sempre in riferimento a computi astronomici, allo scopo di determinare le ore o i gradi.
In Cv II III 5 il termine ricorre in un'integrazione del Witte, accolta poi da tutti gli editori, con riferimento alla revoluzione da oriente in occidente (cioè il moto diurno) del Primo Mobile, la quale dico che si compie quasi in ventiquattro ore, [cioè in ventitrè ore] e quattordici parti de le quindici d'un'altra, grossamente assegnando. La rivoluzione della nona sfera, infatti, non corrisponde a quella del giorno solare medio di 24 ore, bensì, calcolata in modo approssimato (quasi, grossamente assegnando) corrisponde a una durata di 23 ore e 14/15 di ora, equivalenti questi ultimi a 56' (infatti 60': 15 X 14 = 56'). Tale computo di D. è pressoché identico a quello moderno (cfr. F. Angelitti, in " Bull. " XVIII [1911] 40, e Busnelli-Vandelli, ad l.).
In Cv III V 14, per indicare il grado di obliquità dell'eclittica rispetto al piano dell'equatore celeste (e che oggi è calcolato mediamente in 23°27'), D. sceglie i punti solstiziali di estate (inizio del Cancro) e d'inverno (inizio del Capricorno), cioè i due punti zodiacali che presentano la massima declinazione rispetto all'equatore celeste. Anche in questo caso il calcolo di D. è approssimato; egli, infatti, per determinare quanto tali punti si dilungano... dal primo cerchio (cioè l'equatore celeste) parla, genericamente, di ventitrè gradi e uno punto più. Anche in Quaestio 55 detta declinazione (" latitudo ") viene arrotondata a circiter xxiij gradus. Ciò è probabilmente dovuto all'oscillazione dei valori, presente nelle tavole astronomiche del tempo (v. CANCRO, e inoltre F. Angelitti, in " Bull. " VII [1899-1900] 137, X [1902-1903] 341, XIII [1906] 238, e Busnelli-Vandelli I 312-313).