Vento solare ed eliosfera
SOMMARIO: 1. Introduzione. 2. Inadeguatezza delle descrizioni fluidodinamica e termodinamica. 3. Configurazione del campo magnetico. 4. Parametri macroscopici del plasma. 5. Effetti dei brillamenti solari e altre componenti. 6. Considerazioni conclusive. □ Bibliografia.
1. Introduzione.
La possibilità di effettuare esperimenti di fisica mediante sonde spaziali in grado di analizzare notevoli porzioni del sistema solare ci ha indotto a considerare il sistema solare stesso alla stregua di uno straordinario laboratorio (v. Bonetti e altri, 1963) nel quale, per esempio, si possono mettere alla prova, a livello microscopico, le attuali teorie sui plasmi rarefatti (v. Coppi, 1981) e nel contempo scoprire nuovi fenomeni (v. Bridge e altri, 1979). In questa prospettiva illustreremo alcune delle osservazioni sperimentali più rappresentative effettuate recentemente (v. Belcher e altri, 1981) nel campo della fisica dello spazio ‛vicino' e il tipo di problemi che esse hanno suscitato.
L'eliosfera si può identificare con la regione del plasma galattico influenzata dal sistema solare. Ricordiamo, a questo proposito, che gli aspetti più ovvi dell'influenza che il Sole esercita sui pianeti sono dovuti all'interazione gravitazionale che li lega e alla tipica emissione solare di radiazioni elettromagnetiche (sotto forma, per esempio, di luce e di calore). Recentemente ci si è resi maggiormente conto dell'importante ruolo che il cosiddetto vento solare, ossia il flusso continuo ad alta velocità di plasma dal Sole, svolge nel sistema solare.
Allontanandosi dal Sole, il vento solare, a un certo punto, entra nella sfera di influenza delle particelle e dei campi del mezzo interstellare locale (v. Axford, 1973). Nelle vicinanze del sistema solare il mezzo interstellare ha quattro componenti principali (v. Holtzer, 1979): un campo magnetico di circa 3,5 μgauss; un plasma termico, di cui non conosciamo con precisione né la densità numerica delle molecole n (che è comunque compresa tra 0,02 e 0,07 cm3) né la temperatura T (che è compresa tra 103 e 104 K); un gas neutro, la cui densità ng è compresa tra 0,06 e 0,1 cm-3 e la cui temperatura è dello stesso ordine di grandezza di quella del plasma; infine i raggi cosmici, con una densità di energia di circa i eV cm-3. Il plasma interstellare tende a interagire con il plasma magnetizzato del vento solare in una regione di confine alquanto diffusa, mentre il gas interstellare neutro e i raggi cosmici possono penetrare in profondità all'interno di tale regione. La velocità relativa del Sole rispetto al mezzo interstellare è approssimativamente V⊙ ≃ 20 km s-1. Supponendo che i plasmi si possano trattare come fluidi (idea che contesteremo in seguito, sulla base di osservazioni sperimentali effettuate in Situ), si sostiene generalmente che la condizione generale per l'equilibrio della pressione ai confini dell'eliosfera, tra il vento solare e il plasma interstellare, richieda che ci sia un flusso di vento solare a velocità subsonica all'interno di tale regione e che più a monte vi sia una transizione d'urto. Si può immaginare che la regione del flusso subsonico abbia una configurazione simile alla coda di una cometa, come si vede nella fig. 1. La distanza dal Sole del punto di stagnazione al confine dell'eliosfera dovrebbe essere compresa fra 50 e 150 UA (unità astronomiche 1 UA = 1,5 × 108 km)
Le prime misurazioni dirette del vento solare furono effettuate da Bonetti e altri (v., 1963). Già da parecchio tempo si erano raccolti indizi indiretti dell'esistenza del vento solare (v. Parker, 1970), ma solo negli anni cinquanta Biermann (v., 1951) avanzò l'ipotesi secondo cui soltanto un flusso di particelle emesso dal Sole poteva dar ragione del fatto che, quando le comete entrano nel sistema solare, le loro code vengono spinte in direzione opposta rispetto alla posizione del Sole. Inoltre, egli suggerì che tale tipo di ‛radiazione' emessa dal Sole potesse giustificare la presenza di ioni eccitati nelle code delle comete e quindi la loro emissione nel visibile.
Come vedremo nei capitoli successivi, la configurazione magnetica (v. Parker, 1958) tipica del vento solare nel piano dell'eclittica è rappresentata approssimativamente da una spirale (v. fig. 2). In effetti, questa configurazione può essere considerata come la conseguenza del fatto che il campo magnetico solare è ‛trascinato' lungo il flusso delle particelle emesse dal Sole: essa è simile alla figura formata dalle goccioline d'acqua proiettate dagli irrigatori ruotanti nei giardini. In media, alla distanza di 1 UA, l'energia termica totale ammonta soltanto a circa l'uno per cento dell'energia cinetica nel vento solare. Il tasso di perdita di massa da parte del Sole a causa del vento solare è trascurabile, dato che corrisponde a una massa solare in un tempo di circa 5 × 1013 anni, ma il tasso di perdita di momento angolare è notevole: si è valutato che il tempo corrispondente alla perdita totale del momento angolare è all'incirca di 7× 109 anni (v. Holtzer, 1979). Questo periodo è paragonabile alla scala temporale attribuita all'evoluzione termonucleare del Sole e pertanto tale fatto può avere delle conseguenze importanti sull'evoluzione del sistema solare (ibid.).
Una grande regione dell'eliosfera, compresa tra 0,3 e oltre 20 UA, è stata esplorata direttamente in situ e analizzata dettagliatamente nelle vicinanze del piano dell'eclittica; tuttavia resta da determinare come i parametri del vento solare dipendano dalla latitudine eliografica (in particolare ad angoli superiori a 160 dal piano dell'eclittica) (v. Smith e altri, 1978). Si hanno anche scarse conoscenze della fisica dell'eliosfera più interna, ossia della regione che va dal centro della corona solare fino a una distanza di circa sessanta volte il raggio del Sole.
Come le proprietà della magnetosfera della Terra variano sostanzialmente con la latitudine geomagnetica, così si pensa che anche quelle dell'eliosfera cambino notevolmente man mano che ci si allontana in latitudine dal piano dell'eclittica. A sostegno di tale tesi c'è la sorprendente asimmetria che si nota nella corona solare in molte fotografie del Sole in eclissi. Altri esempi di fenomeni ancora sconosciuti nella fisica dell'eliosfera (v. anche cap. 5) sono i seguenti: a) i processi connessi con la propagazione di particelle solari energetiche nella corona e nello spazio interplanetario; b) la natura dei processi di trasporto dei raggi cosmici; c) le caratteristiche dinamiche e spaziali delle particelle di polvere interplanetaria nella parte più interna dell'eliosfera e la loro origine; d) la temperatura, la densità e la velocità media del gas interstellare neutro in prossimità del sistema solare.
Per l'esplorazione fisica del vento solare si sono usati due tipi diversi di veicoli spaziali: 1 ) satelliti terrestri, le cui orbite si estendono parecchio al di là del fronte d'urto prodotto dalla Terra (per esempio, i satelliti Explorer, Vela e IMP); 2) sonde spaziali profonde, la cui missione principale è l'incontro con uno o più pianeti del sistema solare (per esempio, le sonde Mariner, Pioneer, Helios 1 e 2, Voyager 1 e 2). In particolare, i veicoli del primo tipo hanno permesso di ottenere una grande quantità di informazioni sul comportamento temporale del vento solare entro 1 UA, su due cicli solari; i veicoli del secondo tipo hanno, invece, permesso di identificare i profili radiali dei parametri macroscopici del plasma, quali la densità delle particelle, le ‛temperature' degli elettroni e dei protoni, la velocità media, ecc. Inoltre, essi hanno permesso di misurare la dipendenza della distribuzione delle particelle dal modulo e dalla direzione delle velocità. Questo ha conseguenze importanti che saranno discusse nel prossimo capitolo.
Ancora prima che fossero disponibili le osservazioni da satellite si era pensato, sulla base delle variazioni osservate del campo magnetico terrestre (v. Akasofu e Chapman, 1972), che esistessero delle strutture su larga scala nel vento solare, chiamate ‛correnti'. In effetti le osservazioni recenti hanno mostrato che vi sono molti tipi di flussi ad alta velocità che potrebbero essere così denominati. Molti di questi flussi sembrano essere contigui o addirittura sovrapposti l'uno all'altro (v. Burlaga e Ogilvie, 1973). Nei casi più semplici la velocità del vento solare aumenta di molte centinaia di chilometri al secondo in un periodo di uno o due giorni, per poi decrescere monotonamente in un tempo variabile da due a sette giorni. Le correnti composte mostrano delle variazioni di velocità più complesse, che possono essere dovute all'interazione di due o più correnti semplici. Oggi si pensa (v. Harvey e Sheeley, 1979) che queste correnti periodiche abbiano origine da un numero relativamente piccolo di regioni localizzate del Sole a cui si dà il nome di ‛buche coronali'. Queste regioni, con densità e temperature relativamente basse, si vedono distintamente nelle immagini del Sole ottenute alla lunghezza d'onda dei raggi X (v. Krieger e altri, 1973; v. fig. 3). Le buche coronali furono osservate la prima volta in corrispondenza di un minimo delle macchie solari; quelle intorno ai poli apparivano semipermanenti, mentre quelle alle basse latitudini avevano delle vite medie di parecchie rotazioni solari. In anni più recenti, durante i quali le macchie solari stavano avvicinandosi al loro massimo, le buche polari sono diventate meno pronunciate, mentre la vita media di quelle equatoriali si è ridotta a una o due rotazioni.
L'identificazione dell'origine e quella del meccanismo generatore del vento solare sono i due problemi più importanti ancora insoluti. Per origine del vento solare intendiamo le zone del Sole da cui si origina il flusso di materia; questo problema è intimamente legato a quello di comprendere la natura della corona solare, della quale sappiamo ancora assai poco (v. Rosner e altri, 1978). L'identificazione del meccanismo generatore presuppone la presenza e il riscaldamento della corona solare e implica la comprensione dei processi capaci di mantenere il flusso di particelle osservato.
Un'indicazione importante al riguardo è stata la scoperta della stretta correlazione esistente fra le correnti ad alta velocità del vento solare e la topologia delle linee aperte del campo magnetico solare sopra le buche coronali. Non sono state fatte ancora misure dirette del campo magnetico nelle buche coronali, ma le osservazioni delle caratteristiche dell'emissione nelle loro vicinanze portano a pensare che il campo sia aperto e divergente (v. Hundhausen, 1977). Si ritiene comunemente che le linee di flusso delle particelle e quelle del campo divergano rapidamente sopra le buche e si estendano a grandi distanze nella corona (v. Levine e altri, 1977). Dalle immagini X del Sole, come quella mostrata nella fig. 3, e dalle fotografie prese durante le eclissi si deduce che esistono buche semipermanenti ai poli nord e sud in vicinanza del minimo delle macchie solari, quando i campi polari del Sole sono intensi.
Un altro elemento importante è rappresentato dalla scoperta di ‛code sopratermiche' persistenti nella distribuzione di velocità degli elettroni, associate alle caratteristiche delle distribuzioni dei protoni, delle particelle α e di altri nuclei, di cui parleremo nel prossimo capitolo.
2. Inadeguatezza delle descrizioni fluidodinamica e termodinamica.
Come suggeriscono alcune delle osservazioni fatte nel cap. 1, il modo più immediato ed elementare di descrivere l'eliosfera, e in particolare il vento solare, consiste nel trattarli come fluidi e nel caratterizzarli mediante grandezze, quali la pressione e la temperatura, derivate dalla termodinamica. La validità di questo tipo di descrizione è subordinata al fatto che le particelle abbiano una distribuzione di velocità che si avvicini a una maxwelliana, cioè sia della forma (v. Coppi, 1981)
dove v è la velocità delle particelle misurata nel riferimento che si muove alla velocità V del mezzo in considerazione (per esempio, il vento solare); n è la densità, T la temperatura ed m la massa delle particelle. Perciò, soltanto un parametro, ossia la temperatura, è sufficiente per identificare in questo caso la distribuzione.
In particolare, perché sia valida una descrizione di tipo fluidodinamico, occorre che il cammino libero medio delle particelle sia più corto delle distanze caratteristiche del problema; nel caso del vento solare, il cammino libero medio è approssimativamente dell'ordine di 1 UA.
In presenza di un campo magnetico considerevole, la distribuzione più semplice che tenga conto dell'anisotropia del plasma rispetto alla direzione del campo si può rappresentare nel modo seguente:
dove gli indici ⊥ e ∥ si riferiscono, rispettivamente, alle componenti ortogonale e parallela al campo magnetico. Nella fig. 4 sono rappresentate le curve di livello di questa funzione, corrispondenti a f = costante, per il caso in cui sia T ⊥ > T∥. Se T1 fosse uguale a T∥, il che corrisponderebbe all'eq. (1), le curve di livello sarebbero dei cerchi concentrici, anziché delle ellissi. Si noti che sia la distribuzione (1) sia la distribuzione (2) hanno una simmetria di rotazione attorno a un asse parallelo alla direzione del campo magnetico: questa proprietà si chiama ‛girotropia'.
Perciò uno dei risultati più importanti ottenuti con le tante sonde utilizzate per esplorare le caratteristiche del vento solare è stato la misura in situ della distribuzione delle particelle; per quel che riguarda le distribuzioni degli ioni, tutte le misure effettuate dalle sonde Voyager forniscono distribuzioni girotropiche rispetto alla direzione del campo magnetico al momento della misurazione (v. Olbert, 1981).
Tuttavia, come d'altronde ci si poteva aspettare per un plasma che, come il vento solare, è quasi del tutto privo di collisioni, è stata osservata un'ampia varietà di distribuzioni degli ioni: nella fig. 5 ne sono riportate alcune, ottenute dalle misure della sonda Helios 2 (v. Marsch e altri, 1982). Mentre le distribuzioni (1) e (2) hanno ciascuna un singolo picco, le distribuzioni illustrate nella fig. 5 hanno un picco doppio: per facilitare il paragone diamo nella fig. 6 una rappresentazione tridimensionale di una distribuzione dello stesso tipo, ricavata dai dati forniti dal veicolo Voyager (C.C. Goodrich, comunicazione privata, 1981).
Oltre ai precedenti casi tipici, ve ne sono altri che hanno delle caratteristiche intermedie, come quelli in cui la regione compresa tra i picchi è ‛riempita' in vario grado. In particolare, dalla fig. 5 appare evidente l'esistenza della girotropia, ossia della simmetria di distribuzione attorno alla direzione del campo magnetico (indicata dalla linea tratteggiata), e si può notare anche quanto T⊥ superi T∥ per le correnti ad alta velocità: queste distribuzioni, che vengono dette ‛estese lateralmente', si trovano per lo più nelle vicinanze del Sole e si possono ritenere come una dimostrazione dell'esistenza di un meccanismo specifico per l'aumento dell'energia media delle particelle perpendicolarmente al campo magnetico. In base a esperimenti effettuati su plasmi in laboratorio si può spiegare questo effetto ipotizzando processi specifici, come, ad esempio, l'eccitazione di certe onde di plasma che vengono chiamate ‛modi ibridi inferiori' (v. Coppi e altri, 1976). Non sono stati, finora, fatti tentativi seri per spiegare le distribuzioni a due picchi, come quelle illustrate nelle figg. 5 e 6.
Dopo i protoni le più importanti componenti della popolazione di ioni positivi sono le particelle z, ossia i nuclei di 4He, che corrispondono a una piccola percentuale del contenuto di carica positiva. Le distribuzioni di velocità di queste particelle hanno una grande varietà di caratteristiche, come nel caso dei protoni: in particolare le particelle α hanno, in genere, delle temperature più alte, un valore inferiore del rapporto T⊥/T∥ e a volte una velocità di deriva, rispetto a quella dei protoni, lungo il campo magnetico (v. Smith e altri, 1978).
È perciò chiaro che la descrizione di tipo fluidodinamico del vento solare è inadeguata. In effetti le riserve che avevamo avanzato sull'uso troppo esteso di tale descrizione e sul modello sferico per la configurazione geometrica del vento solare, prima ancora che venissero effettuati questi importanti esperimenti, si sono rivelate più che giustificate.
Passiamo ora a considerare le misure delle distribuzioni di velocità degli elettroni. Ci riferiamo in particolare alle distribuzioni misurate dai rivelatori a bordo del veicolo IMP-8, in condizioni stazionarie, alla distanza di I UA (v. Feldman e altri, 1975). Queste funzioni di distribuzione hanno una coda anteriore fortemente distorta in direzione opposta al Sole lungo le linee del campo magnetico interplanetario; è questa una caratteristica costante che si manifesta in una porzione considerevole del sistema solare finora esplorato. In altri termini, in un sistema di riferimento che si muove col vento solare vi sono molti più elettroni sopratermici che si muovono in direzione opposta al Sole che non verso il Sole.
La fig. 7 mostra una rappresentazione semplice di queste distribuzioni, ottenuta combinando una distribuzione di ‛nucleo' maxwelliana (v. eq. 1) caratterizzata da una densità nc e da una temperatura Tc, che si riferisce agli elettroni termici e subtermici, e una distribuzione ‛rapida' fF per gli elettroni sopratermici. Per v∥ > 0 e per valori relativamente grandi di v la funzione fF può essere rappresentata da una ‛bimaxwelliana'. In effetti la forma di fF generalmente usata (v. Olbert, 1981; v. Feldman e altri, 1975) per rappresentare gli elettroni sopratermici è isotropa e la sua derivata è discontinua nella regione in cui si congiunge con la distribuzione di nucleo. Si introduce cioè una distribuzione fH = nH/(2πTH/me)3/2 × exp(− mev2/TH), con la condizione che fH(v = vB) = vB), mentre fe = fc per v 〈 vB e fe = fH per v > vB. L'analisi dei risultati ottenuti in vari esperimenti mostra che 0,02 ≤ nH/nc ≤ 0,05, 4 ≤ TH/Tc ≤ 8 e TB = m²B/2 ≃ 7Tc.
Olbert (v., 1981) ha avanzato l'ipotesi che nella zona più interna della corona solare vi siano elettroni sopratermici in numero sufficiente per fornire il flusso di calore atto a spiegare l'intero flusso di energia osservato nel vento solare ‛lontano'. In più Scudder e Olbert (v., 1979) hanno suggerito che gli elettroni sopratermici osservati a r > 0,3 UA siano i residui della distribuzione elettronica maxwelliana esistente nella zona più interna della corona solare. La giustificazione di questa proposta sta nel fatto che gli elettroni sopratermici hanno cammini liberi medi molto lunghi, cosicché deviazioni dalla distribuzione maxwelliana persistono anche a grandi distanze, man mano che essi si allontanano lungo un tubo di flusso magnetico.
Recentemente la distribuzione degli elettroni nel vento solare è stata ricostruita sulla base di esperimenti che danno una risoluzione in velocità assai migliore di quella data dagli esperimenti citati sopra. In particolare sembra che vi possa essere una distribuzione con una notevole coda, simile a quella ipotizzata per spiegare il regime di ‛scivolamento' (v. Coppi e altri, 1976) osservato negli esperimenti in laboratorio (S. Olbert, comunicazione privata, 1982; v. flg. 8).
Sebbene queste osservazioni e queste conclusioni siano ancora preliminari, appare ormai chiaro che la concezione di un vento solare a simmetria sferica ‛azionato termicamente' (v. Carovillano e Siscoe, 1969) non può più essere accettata senza riserve. In tale modello il flusso di calore viene valutato in base alla formulazione classica (v. Coppi, 1981) della conducibilità termica degli elettroni in direzione del campo magnetico; questa formulazione presuppone che la distribuzione degli elettroni sia prossima a una maxwelliana, tiene conto solo degli effetti delle collisioni discrete fra particelle e non include quelli dovuti ai modi collettivi del plasma, come le microinstabilità (ibid.), le quali, come hanno mostrato esperimenti in laboratorio, sono spesso prevalenti. In particolare il flusso di calore valutato su questa base, a partire dalle temperature e dalle densità del plasma alla base della corona sopra le buche, che sono le sorgenti del vento solare osservato più lontano, è più basso, di circa un ordine di grandezza, di quello richiesto dal bilancio energetico (v. Olbert, 1981).
3. Configurazione del campo magnetico.
Oltre a una struttura radiale molto evidente, il vento solare presenta pronunciate caratteristiche azimutali in tutti i suoi parametri macroscopici. Per esempio, in condizioni stazionarie si possono riconoscere delle regioni in cui la velocità ‛asintotica' del vento (cioè la velocità valutata a una distanza di circa 1 UA) è tipicamente contenuta in tre intervalli ben definiti: a) ‛correnti ad alta velocità', con velocità superiori a 500 kms-1; b) ‛vento medio', con velocità comprese tra 400 e 500 km s-1 (la maggior parte dei dati attualmente a nostra disposizione riguarda questo regime); e) ‛vento lento', con velocità al di sotto di 400 kms-1. Generalmente si registra la variabilità azimutale dei parametri del plasma del vento in funzione del tempo, nel sistema di riferimento del veicolo spaziale, dato il moto del veicolo stesso rispetto al vento solare. Naturalmente l'eccezione a ciò è rappresentata dai fenomeni transienti e intrinsecamente dipendenti dal tempo, che sono assai comuni.
Gli attuali modelli analitici dei campi magnetici eliosferici (v. Carovillano e Siscoe, 1969) presuppongono una configurazione spiraliforme del campo, dovuta a un campo magnetico legato a un corpo rotante e ‛congelato' (v. Coppi, 1981) in un plasma che si espande radialmente. La cosiddetta ‛legge del congelamento' si esprime infatti con l'equazione
dove E è il campo elettrico, B è il campo magnetico e V la velocità media del plasma. Introduciamo le coordinate sferiche r, ϑ e ϕ, dove r è la distanza eliocentrica, ϑ la latitudine eliografica e ϕ la longitudine (azimut). Consideriamo la velocità V0 = ω0r cos ϑeϕ di corotazione col Sole e supponiamo che su una certa posizione della superficie solare B sia radiale e parallelo a
V′ ≡ V − V0; (4)
con ω0 abbiamo indicato la frequenza di rotazione del Sole (ω0 ≃ 2,9 × 10-6 s-1) Nello stato stazionario è ovunque
V′ ⋀ B = 0, (5)
poiché nel sistema corotante il campo elettrico è nullo. Perciò le linee del campo magnetico coincidono con le linee di corrente del plasma viste nel sistema corotante. Dalla conservazione della massa e del flusso magnetico segue
B = CnV′, (6)
dove C è costante lungo una data linea di flusso magnetico. In particolare si ha
dove
Se in più si suppone che Vϕ ≪ V0, si ha
dal che si deduce che: a) le linee del campo magnetico giacciono su coni con ϑ = costante; b) il campo magnetico B forma un angolo χ (il cosiddetto garden hose angie) con la direzione radiale, dato da
Se prendiamo per Vr la velocità del vento solare osservata in corrispondenza dell'orbita terrestre, cioè Vr ≃ 3,6 × 107 cm s-1, otteniamo χ = 50°.
Se questo modello è corretto, il campo dovrebbe diventare più radiale alle alte latitudini, dove il flusso del plasma è più veloce e gli effetti rotazionali sono più deboli: ciò in accordo con le osservazioni sui plasmi solari coronali. Le componenti del campo magnetico interplanetario (v. Olbert, 1981) sono rappresentate nella fig. 9, dove l'intensità del campo magnetico ∣ Β ∣ è normalizzata a 5 × 10-5 gauss a 1 UA. Per r > 2R⊙ (R⊙ = raggio del Sole), le curve sono state calcolate dal ‛modello a spirale' sopra citato e sono compatibili con le osservazioni dai satelliti per un Sole quiescente. Tale accordo si verifica soltanto per il campo medio e non per le fluttuazioni di ampiezza finita che spesso nascondono il profilo medio. È anche ben noto che il modello a spirale non vale nella regione R 〈 r 〈 2R⊙, dove il campo contiene anche una forte componente Bϑ oltre a Br e Bϕ. In particolare i profili del campo sopra le buche coronali sembrano decrescere molto più rapidamente di i 1r2. Si osservi che l'intervallo di distanza considerato va dalla base della corona, a r = 5 × 10-3 UA, fino a Urano, a 20 UA e oltre.
Un'importante caratteristica del campo interplanetario osservato sul piano dell'eclittica è la struttura ‛a settori' della polarità magnetica. Il campo spazzato dai satelliti vicini alla Terra è caratterizzato da due, quattro e talvolta persino da sei regioni che hanno alternativamente polarità positiva (fuoriuscente) e negativa (entrante) per ogni rotazione: è stato osservato che tale distribuzione persiste per molte rotazioni solari (v. Wilcox e Ness, 1965). Le regioni entro cui le linee di campo hanno direzioni uguali sono chiamate settori: il passaggio da un settore al successivo, ossia il confine tra i settori, precede spesso l'arrivo di una corrente rapida. I confini tra i settori corrispondono a uno ‛strato neutro' su larga scala (v. fig. 10), che ruota insieme al Sole e che separa le componenti entranti e uscenti di una configurazione del campo dovuta a un campo solare di dipolo. Le osservazioni sul piano dell'eclittica indicano che tale strato neutro è inclinato di circa 12° rispetto all'equatore solare. La fig. 11 rappresenta la più semplice configurazione di uno strato neutro nel quale il campo magnetico si annulla, insieme con la distribuzione della densità di corrente elettrica. Dalla Terra si vede l'una o l'altra polarità dominante a seconda che l'osservatore si trovi al di sopra o al di sotto dello strato neutro. Perciò, se questo è inclinato rispetto all'equatore solare, dalla Terra si dovrebbero vedere due settori mentre il Sole ruota; possono apparire quattro o sei settori quando nello strato neutro si producono delle deformazioni o delle ondulazioni su larga scala. Si è proposto che queste deformazioni non siano altro che onde di incurvamento a cui è soggetto un disco di corrente sul piano dell'eclittica, fenomeno in qualche senso analogo a quello osservato, su scala molto più grande, nelle galassie a disco (v. Bertin e Coppi, 1985). Probabilmente queste onde sono eccitate dal Sole stesso. Si osservi che nella coda magnetica della Terra esiste una configurazione del campo magnetico con uno strato neutro, dove il campo si annulla, ed è possibile che molti dei processi fisici già studiati nel caso dello strato neutro della Terra (v. Coppi e altri, 1966) possano verificarsi anche nello strato neutro del vento solare. Tra questi possiamo ricordare quelli che comportano una riconnessione magnetica (v. Coppi, 1981), ossia una violazione della legge del congelamento, di cui abbiamo parlato in precedenza.
La propagazione delle particelle solari energetiche nel mezzo interplanetario (v. cap. 5) è influenzata notevolmente dall'esistenza delle cosiddette ‛regioni corotanti di interazione', CIR (v. Conion e Simpson, 1977). Queste regioni sono ricorrenti e sono caratterizzate da intensità del campo magnetico relativamente alte (v. Smith e Wolfe, 1976), sono limitate ben chiaramente da discontinuità della velocità del vento solare che incominciano a svilupparsi al di là di 1,5 UA e sono frequentemente accompagnate da onde d'urto ai confini oltre 2,5 UA. Queste strutture si producono quando correnti ad alta velocità del vento solare sorpassano correnti a bassa velocità. Se le sorgenti delle correnti sono stazionarie nel tempo e associate a buche coronali diverse, queste regioni appaiono come strutture interplanetarie discrete e vaste, corotanti col Sole, come mostrato nella fig. 12. La zona fra due regioni corotanti successive ha probabilmente una distribuzione di campo stocastica e, come si è osservato, fornisce un ‛canale' di comunicazione fra le magnetosfere di pianeti diversi in essa immersi (v. fig. 12). Per esempio, si sono avute recentemente delle indicazioni che gli elettroni ad alta energia osservati nella magnetosfera della Terra sono particelle accelerate in origine nella magnetosfera di Giove (v. Conlon e Simpson, 1977). Giove e la Terra si trovano in congiunzione col Sole una volta ogni tredici mesi; quando si verifica il giusto allineamento, i flussi di elettroni ad alta energia nella nostra magnetosfera aumentano: in altre parole, elettroni accelerati nella magnetosfera di Giove sfuggono al sistema di Giove e, muovendosi lungo la zona fra successive regioni corotanti, raggiungono il campo magnetico della Terra.
Osservazioni della scintillazione interplanetaria dovuta a diffusione delle radiazioni elettromagnetiche di sorgenti radio indicano che la velocità media del vento solare cresce con l'aumentare della latitudine, man mano che ci si allontana dal piano dell'eclittica (v. Coles, 1980). Generalmente si ritiene che il vento veloce ad alta latitudine abbia origine nelle grandi buche coronali polari e che le interazioni della corrente siano quasi del tutto assenti in queste regioni ad alta latitudine. Se questa ipotesi fosse giusta, le sonde spaziali che esplorano le regioni ad alta latitudine dovrebbero osservare un vento solare ‛tranquillo', in contrasto con il vento solare osservato dai satelliti eclittici, caratterizzato, come abbiamo detto, dall'interazione fra correnti di diversa velocità. Notiamo, inoltre, che misure del campo magnetico interplanetario al di sopra delle regioni polari potrebbero permettere un'estrapolazione al campo fotosferico del Sole, senza necessità di fare misure dettagliate del campo alle basse latitudini. La conoscenza del campo polare alla superficie è importante per quanto riguarda le teorie della dinamo solare.
4. Parametri macroscopici del plasma.
La dipendenza radiale dei parametri macroscopici del vento, quali la densità delle particelle, la velocità del flusso e la ‛temperatura', può essere dedotta solo da una combinazione di misure, dirette e indirette, e da incerte ipotesi teoriche. In particolare, come abbiamo già accennato in precedenza, la distribuzione misurata delle velocità delle particelle non può essere sempre caratterizzata da un'unica temperatura. In effetti la fig. 13, che mostra il profilo della densità degli elettroni (v. Smith e altri, 1978), è stata ottenuta da misure dirette della densità, per r > 0,3 UA, effettuate dalle sonde Helios e Voyager, e da misure indirette della luce diffusa dagli elettroni coronali, della luce zodiacale, della dispersione dei segnali emessi dalle pulsar, ecc. La curva rappresentata dalla linea a tratto continuo si può costruire soltanto se si accetta un modello ‛sferico' stazionario del vento solare, con una velocità asintotica di 400 km s-1 e va considerata come una specie di ‛media'. Si noti che i profili di densità per la regione al di sopra della buca coronale polare e per le correnti ad alta velocità si trovano al di sotto della ‛media', mentre quello per il vento lento si trova al di sopra di essa.
La fig. 14 è stata ricavata dai profili delle figg. 9 e 13 per il ‛vento medio' (n = 7 cm-3 e V = 400 km-1 a 1 UA). La componente radiale della velocità del vento, Vr, è stata ottenuta dall'espressione
conseguenza del ‛modello a spirale' (v. eq. 1). La velocità di Alfvén VA ≡ B√-4-π-n-m-p (dove mp è la massa del protone) serve come riferimento per indicare che quando Vr > VA, per r ≿ 20r0, ci si può attendere di osservare delle onde d'urto magnetoidrodinamiche (v. Olbert, 1981). Infatti VA è la velocità caratteristica delle onde magnetoidrodinamiche in un plasma magnetizzato (v. Coppi, 1981).
Nella fig. 15 abbiamo rappresentato alcuni andamenti della temperatura del plasma, sempre che si possa parlare di una tale temperatura: si noti che disponiamo di scarsissime informazioni riguardo alla regione con r 〈 0,3 UA. Supponendo che la funzione di distribuzione della velocità dei protoni sia rappresentata da una maxwelliana a due temperature, la temperatura indicata è
e le curve I, Il, III (v. fig. 15) si riferiscono ai tre gruppi del vento che abbiamo definito precedentemente (v. cap. 3). In particolare, si osserva che la temperatura degli ioni cresce con l'aumentare della velocità del vento: le correnti a elevata velocità raggiungono temperature trasversali di addirittura 106 gradi per r ≃ 0,3 UA.
La distribuzione degli elettroni può essere considerata approssimativamente come la sovrapposizione di due maxwelliane, caratterizzate rispettivamente dalle temperature Tc e TH, come abbiamo indicato nel cap. 2. Le linee tratteggiate nella fig. 15 rappresentano i profili di Tc.
Infine osserviamo che, oltre che della struttura azimutale del vento solare, è importante tenere conto anche dell'esistenza di fenomeni intrinsecamente dipendenti dal tempo, come risulta, per es., dalla fig. 16, nella quale si possono notare tre discontinuità nella velocità del vento, che indicano il passaggio di tre onde d'urto. È piuttosto raro registrare tre onde d'urto nel corso di una sola rotazione solare, ma alle distanze oltre Marte la frequenza con cui si verificano onde d'urto aumenta con la distanza: la media tipica è di un'onda d'urto per ogni rotazione solare.
5. Effetti dei brillamenti solari e altre componenti.
Come abbiamo già osservato precedentemente, le particelle dei raggi cosmici che penetrano nell'eliosfera dallo spazio interstellare rappresentano, insieme con la polvere interstellare e il gas neutro, l'unico campione di materia accessibile che abbia origine al di fuori del sistema solare. Nel caso dei raggi cosmici, per determinarne, dalla composizione e dallo spettro, le origini e la storia, è assolutamente necessario conoscere la modulazione introdotta nel loro spettro dal plasma eliosferico circostante. Se la configurazione del campo magnetico alle maggiori altitudini è quasi radiale, è possibile che lo spettro dei raggi cosmici galattici sia poco o pochissimo modulato nell'eliosfera al di sopra dei poli. D'altra parte, però, i modelli più recenti suggeriscono (v. Jokipii e Kopriva, 1979) che il trascinamento delle particelle dovuto al campo magnetico eliosferico possa limitare notevolmente l'accesso alla regione al di sopra dei poli: questo effetto dipende dalla polarità dominante del campo magnetico locale.
L'esistenza di una componente di particelle neutre nell'eliosfera fu inizialmente ipotizzata per spiegare l'origine extraterrestre della radiazione ottica diffusa con lunghezza d'onda di 121,6 ×10-3 μm (la cosiddetta riga Lyman α. In seguito è stato dimostrato (v. Blum e Fahr, 1970) che, a causa del moto del sistema solare attraverso il mezzo interstellare locale, atomi neutri di idrogeno ed elio interstellari possono penetrare nell'eliosfera a una velocità di circa 20 km s-1 e diffondere in maniera risonante la radiazione solare a lunghezze d'onda di 121,6 × 10-3 μm e 58,4 × 10-3 μ m. Sebbene il gas interstellare abbia un ruolo importantissimo, per esempio, nella determinazione della posizione del confine dell'eliosfera, si sa tuttora molto poco al riguardo di parametri importanti del gas stesso in prossimità del sistema solare; le attuali conoscenze sono indirette, basate soltanto su misure delle radiazioni di risonanza, menzionate sopra; non sono ancora state fatte dirette osservazioni in situ degli atomi neutri. Un'altra componente importante dell'eliosfera è la polvere interplanetaria. Sebbene la massa totale della polvere interplanetaria sia trascurabile in confronto con quella dei maggiori corpi del sistema solare, l'identificazione delle sue origini e dei processi che limitano a circa 105 anni la vita media della nuvola di polvere nel sistema solare (v. Whipple, 1967) è essenziale per la comprensione del ruolo che la polvere svolge nei sistemi astrofisici.
Infine notiamo che un'importante classe di particelle cariche relativistiche che si trovano nell'eliosfera è quella prodotta dai brillamenti solari. I processi che determinano i comportamenti delle particelle che si osservano vicino alla Terra, ossia l'accelerazione, la propagazione nella corona e nella regione interplanetaria, non sono stati ancora adeguatamente identificati: si pensa che la misura in cui ciascuno di questi processi contribuisce al comportamento del vento solare ‛tranquillo' vari a seconda della latitudine eliografica, a causa delle mutevoli condizioni nella corona.
Particolare importanza assume la comprensione del meccanismo di propagazione coronale in seguito all'osservazione sul piano dell'eclittica di particelle solari proiettate fino a 180° di latitudine eliografica dal luogo di un brillamento osservato otticamente (v. McKibben, 1972). D'altra parte è molto più probabile che abbondanze chimiche e isotopiche relative siano caratteristiche del processo stesso di accelerazione del brillamento solare, misurato a latitudini medie in corrispondenza con le regioni attive del Sole, in quanto queste abbondanze non dovrebbero essere alterate significativamente durante la propagazione. Notiamo anche che la presenza di onde d'urto interplanetarie può svolgere un ruolo altrettanto importante nella propagazione e forse nell'accelerazione di particelle cariche ad alte energie.
Si è visto che i brillamenti solari producono correnti. In particolare un brillamento può dare origine a una grande emissione esplosiva di materiale coronale. Questo raggiunge la Terra dopo due o tre giorni sotto forma di un fronte d'urto, dietro il quale si osserva un guscio caratteristico, con un'abbondanza, maggiore del consueto, di particelle α (v. Fvans, 1982).
6. Considerazioni conclusive.
Come abbiamo già detto, le nostre conoscenze dell'eliosfera sono tuttora piuttosto scarse, ma stanno evolvendosi rapidamente, man mano che nuove misure in situ vengono programmate, portate a termine e quindi analizzate. Gran parte dei dati che abbiamo presentato in questo articolo è di natura più o meno morfologica e qualitativa, ma è caratteristico della scienza affrontare situazioni in cui ciò che si incomincia a vedere e contemplare è di gran lunga superiore a quello che si è in grado di descrivere e di ridurre a un'elegante formulazione matematica. Inoltre è chiaro che in questo articolo non abbiamo affrontato gli affascinanti fenomeni che nascono dall'interazione del vento solare con la magnetosfera dei pianeti finora esplorati (v. Belcher, 1981).
(Desidero ringraziare J. Belcher e S. Olbert per il loro generoso aiuto, G. Bertin e F. Pegoraro per le loro preziose osservazioni e G. Bernardini e L. A. Radicati per avermi indotto a superare la mia riluttanza a scrivere).
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