verace
È presente in tutte le opere, compreso il Fiore, in una gamma di accezioni più ampia di quella ricoperta nell'italiano moderno.
In un primo gruppo di esempi è riferito a Dio, ai suoi attributi, alla sua dottrina, alla rivelazione, in quanto Dio " ha in sé verità ", è, anzi, egli stesso verità e fonte di essa. Per le anime del Paradiso Dio è verace luce (Pd III 32); poiché egli giudica secondo verità e provvede, punendo e premiando, secondo giustizia, Virgilio augura a Stazio che nel beato concilio / ti ponga in pace la verace corte [cioè Dio giudice infallibile] / che me rilega ne l'etterno essilio (Pg XXI 17); in Dio, come in un verace speglio (Pd XXVI 106), è possibile ad Adamo veder riflesso il pensiero di Dante. Analogamente l'Empireo è regno verace (XXX 98), e per antonomasia verace la fede cristiana (XXIV 44), e verace, perché rivolto alla verità assoluta, l'amore verso Dio (X 84).
Un più diretto riferimento al dogma cristologico si ha nella definizione di Iesù Cristo come Dio verace (Pd XXXI 107); un immediato richiamo al testo evangelico (Ioann. 1, 9 " Erat lux vera, quae illuminat omnem hominem ") spiega l'accenno a Giovanni Battista in Vn XXIV 4 quello Giovanni lo quale precedette la verace luce; l'uso del superlativo dà maggior vigore al convincimento di D., in Cv II VIII 14 n'accerta la dottrina veracissima di Cristo.
Autore, anzi verace autore (Pd XXVI 40) dei testi sacri è Dio stesso; perciò la Bibbia è la verace Scrittura divina (Cv IV XII 8), i ventiquattro seniori che nella mistica processione nel Paradiso terrestre simboleggiano i libri del Vecchio Testamento sono la gente verace (Pg XXX 7), e verace stilo. (Pd XXIV 61) è quello di s. Paolo. E così la teologia è la verace manna (XII 84) dell'anima in quanto nutre l'uomo di una verità assoluta.
Il ricco contenuto dottrinario di tutta la canzone e l'evidente richiamo alle parole della Vergine al momento dell'annunciazione (cfr. Luc. 1, 38) consentono di porre qui l'esempio di Cv II Voi che 'ntendendo 51 Amor, segnor verace, / ecco l'ancella tua; fa che ti piace; qui, infatti, Amore è " signore della verità " proprio perché è l'amore allegorico per la Filosofia. A tutt'altro ambito ci richiama la stessa locuzione quando, sempre riferendola ad Amore, l'Amante la usa rivolgendosi alla Ragione: non ch'i' lasci il mi' signor verace: / ched i' son su' fedel (Fiore XXXVI 6): qui v. vale piuttosto " non ingannevole " .
Due esempi si collegano al mondo della vita morale e del comportamento. Esaminando il naturale impulso dell'uomo a desiderare qualunque cosa gli appaia un bene, D. osserva che ne la vita umana sono diversi cammini, de li quali uno è veracissimo e un altro è fallacissimo, e certi meno fallaci e certi meno veraci (Cv IV XII 18); il " giusto " cammino è quello che conduce a Dio, bene assoluto; nello stesso modo, per alludere allo smarrimento morale in cui era caduto dopo la morte di Beatrice, in apertura della Commedia D. ricorda quel punto / che la verace via abbandonai (If I 12), riprendendo un motivo espressivo già presente nel v. 3 (la diritta via era smarrita) e che tornerà poi con più puntuale consonanza lessicale e tematica, anche rispetto al testo del Convivio, nel rimprovero di Beatrice: volse i passi suoi per via non vera, / imagini di ben seguendo false (Pg XXX 130-131).
L'aggettivo è anche disponibile a esprimere il possesso di rette capacità di valutazione e di giudizio o la sincerità nel sentire e nel pensare. In Cv IV Le dolci rime si afferma che l'animo ch'è dritto e verace / per lor discorrimento non si sface (v. 59), non perde cioè la sua buona natura per effetto di una perdita di ricchezze; il valore di v. è chiarito in XIII 16 l'animo che è diritto, cioè d'appetito, e verace, cioè di conoscenza, chiaramente allusivo a una capacità intellettuale a giungere alla scoperta del vero. Un riferimento alla schiettezza e sincerità di un animo incapace d'infingimenti si ha invece in Pg XXI 108 riso e pianto sono tanto seguaci / a la passion di che ciascun si spicca, che men seguon voler ne' più veraci. E si veda inoltre Fiore CLXXXII 2.
Secondo gli scolastici, il reale è obbiettivamente dato ed esistente e condiziona il conoscere; il reale o esistente è quindi " il vero ", e il " vero " di un pensiero o di una sensazione è nella sua rispondenza con il reale. Di questa dottrina, sinteticamente espressa in Pg XVIII 22 Vostra apprensiva da esser verace / tragge intenzione (la vostra capacità di giudizio trae la rappresentazione dell'oggetto " da ciò che è reale ed esistente ") si ha un'esemplificazione in Cv III IX 9 acciò che la visione sia verace, cioè cotale qual è la cosa visibile in sé, conviene che lo mezzo per lo quale a l'occhio viene la forma sia santa colore, dove la " sincerità ", la " non erroneità " della visione è appunto commisurata con la sua corrispondenza alla realtà dell'oggetto osservato. Di qua il frequente ricorso dell'aggettivo per qualificare tutto ciò che è " non falso ", " non immaginario ": in D., il turbamento provocato dalla visione della morte di Beatrice è talmente intenso che egli, benché addormentato, parla con verace voce (Vn XXIII 10), come prima, sempre in sogno, aveva pianto con li occhi, bagnandoli di vere lagrime (§ 6); e così, quando, cessata la fantasia, riacquista consapevolezza della realtà esteriore, egli dice di esser tornato in verace condizione (§ 30). Tra i bassorilievi che adornano la cornice dei superbi in Purgatorio, l'angelo Gabriele pareva sì verace /... intagliato... / che non sembiava imagine che tace (Pg X 37): pareva " reale ", " corporeo ", non raffigurato in una scultura. La stessa contrapposizione fra " reale " e " immaginario " si ha in Rime dubbie XVI 21, dove 'l verace colore di Madonna, cioè il suo aspetto veritiero, viene idealmente opposto alla membranza (v. 15), al ricordo, di lei.
Specie quando è attribuito a un sostantivo astratto, v. assume funzione asseverativa, indica cioè che una cosa è veramente tale quale dice il suo nome, che si esplica e sussiste in tutta la sua pienezza; si può così parlare di verace nobilitade (Cv IV I 9 e 11), di umilità verace (Vn XXIII 26 69), di verace loda (Rime LXXXIII 73), di un disio verace (XL 5), cioè " sincero ", di un verace amor (XCI 33), " pieno ", " intenso ", " profondo " .
Altre volte si accosta al significato di " veritiero ", " veridico ", ed è perciò riferito a persona che " dice il vero ", " che non mente ", qual è Virgilio, verace duca (If XVI 62) e padre verace (Pg XVIII 7). Ma può riferirsi anche a cosa: il commento di un testo secondo il senso allegorico ne costituisce la verace esposizione (Cv IV I 3) in quanto ne rivela il significato reale e più profondo, nascosto dal velo del senso letterale; la leggiadria è verace insegna / la qual dimostra u' la vertù dimora (Rime LXXXIII 15), è segno " infallibile " e " veritiero " della presenza della virtù. E così, anche di un'opinione che " corrisponde a verità " (Cv IV IX 17, XXII 4); o per dire che nessuno interpretò un sogno di D. per quello che esso realmente significava (Lo verace giudicio del detto sogno non fue veduto allora per alcuno, Vn III 15). Anche più estensivamente, passando dall'oggetto del giudizio alla facoltà del giudicare, si parla di un verace intendimento (XXV 10) e di una verace conoscenza (Fiore LXXXVII 13), cioè, appunto, di un'interpretazione " aderente al vero " di una figura rettorica nel primo caso e della capacità di conoscere alcunché per quel che esso è nel secondo esempio. Ha un significato anche più ampio nella citazione dell'ammonimento dato da Cristo agli Apostoli: Pd XXIX 111 Non disse Cristo al suo primo convento: / ‛ Andate, e predicate al mondo ciance '; / ma diede lor verace fondamento; diede cioè loro il fondamento della sua dottrina unicamente verace.
Per la var. verace, accolta in luogo di ferace in Pd XI 82 dall'Aldina, Crusca e, più tardi, Foscolo, '37, ecc., v. Petrocchi, Introduzione 233.