VERBENA (Verbena)
Nome dato dai Romani a una pianta sacra, adoperata in molti usi rituali, corrispondenti, almeno in parte, all'iresione (v.) dei Greci.
La verbena, oltre ad essere di per sé un'offerta sacrificale, serviva ad ornare le are dinnanzi alle quali si dovessero compiere sacrifici; a coronare, intrecciata con strisce di lana, i sacrificatori, le vittime e le statue delle divinità, cui era destinata l'offerta; a inghirlandare i templi e le case private, nei giorni di cerimonia. In origine, è certo che più piante verdi si contesero questo nome, poi esso rimase assegnato definitivamente a quella che i Greci chiamavano ἱερὰ βοτάνη e i Romani verbenaca; cioè, alla nostra verbena (o berbena) Verbena officinalis (v. verbenacee). Un uso peculiare della verbena fu quello che, in Roma, facevano i feziali. Uno di questi, il verbenarius, portava con sé, quando essi si recavano a negoziare col nemico, delle verbene, in questo caso chiamate sagmina, che il console o il pretore aveva colto in una zona determinata del Campidoglio, detta auguraculum, strappandole insieme con la terra su cui erano cresciute.
Bibl.: A. De Gubernatis, Mythologie des plantes, Parigi 1878-82, III, p. 367; W. Mannhardt, Feld- und Waldkulte, 2ª ed., Berlino 1905, p. 214; A. Piganiol, in Daremberg e Saglio, Dict. des ant. gr. et rom., IX, p. 736.