verbo
Il termine ha più valori. In primo luogo, designa la " parola " in quanto voce significativa, segno convenzionale che fa parte di un sistema linguistico; designa, inoltre, il " concetto ", ciò che la mente concepisce e per così dire ‛ esprime ' in sé stessa; ancora, indica la seconda persona della Trinità, il Figlio v. del Padre; infine, è termine tecnico della grammatica e denota una parte del discorso.
L'equivalente latino ritiene, nel linguaggio scolastico, tutti questi valori, il più comune dei quali è quello per cui il termine denota la " vox significativa ", cioè un suono articolato che significa qualcosa; ma valore primo e fondamentale si pensa sia quello per cui il termine designa il concetto inteso come prodotto della mente o ‛ dato interiore ' cui è correlata la voce significativa. Tali usi sono indicati con chiarezza da Agostino (cfr. Trin. XV X 19 " Necesse est... cum verum loquimur, id est quod scimus loquimur, ex ipsa scientia quam memoria tenemus nascatur verbum quod eiusmodi sit omnino cuiusmodi est illa scientia de qua nascitur. Formata quippe cogitatio ab ea re quam scimus verbum est quod in corde dicimus, quod nec graecum est nec latinum nec linguae alicuius alterius, sed cum id opus est in eorum quibus loquimur perferre notitiam aliquod signum quo significetur assumitur ", e § 20 " verbum quod foris sonat signum est verbi quod intus lucet cui magis verbi competit nomen. Nam illud quod profertur carnis ore vox verbi est, verbumque et ipsum dicitur propter illud a quo ut foris appareret assumptum est "). Ad Agostino fa esplicito riferimento Tommaso d'Aquino, il quale identifica nel " procedere ab aliquo ", nell'essere generato ed espresso, la ‛ ragione ' ultima che giustifica l'assunzione di v., in quanto ‛ voce ', alla sua funzione significativa; ciò permette d'intendere come l'estensione del termine a designare il V. divino, ‛ generato ' dal Padre, trovi fondamento nella stessa " ratio a qua nomen imponitur " (Sum. theol. I 34 1c " Manifestius... et communius in nobis dicitur verbum quod voce profertur. Quod quidem ab interiori procedit quantum ad duo quae in verbo exteriori inveniuntur, scilicet vox ipsa, et significatio vocis... Ex hoc ergo dicitur verbum vox exterior, quia significat interiorem mentis conceptum. Sic igitur primo et principaliter interior mentis conceptus verbum dicitur; secundario vero, ipsa vox interioris conceptus significativa... Dicitur autem proprie verbum in Deo, secundum quod verbum significat conceptum intellectus... Ipse autem conceptus cordis de ratione sua habet quod ab alio procedat, scilicet a notitia concipientis. Unde verbum, secundum quod proprie dicitur in divinis, significat aliquid ab allo procedens... ").
Per tal via viene a precisarsi l'uso teologico, di origine neotestamentaria (Iohann. 1, 1 " In principio erat verbum [ὁ λόγος], et verbum erat apud Deum, et Deus erat verbum "), per cui v. è il Figlio del Padre e luogo delle idee o modelli ideali su cui è esemplato il mondo sensibile, e quindi presenti ab aeterno nella mente di Dio.
Come calco del latino verbum, e quindi con il significato di " parola ", v. compare solo in If XXV 16 El si fuggì che non parlò più verbo.
Designa l'oggetto della mente in Pd XVIII 1 Già si godeva solo del suo verbo / quello specchio beato, e io gustava / lo mio. L'uso del vocabolo per indicare l'idea divina su cui l'universo si modella e la seconda persona della Trinità è presente in Pd XIX 44 non poté suo valor sì fare impresso / in tutto l'universo, che 'l suo verbo / non rimanesse in infinito eccesso, dove sono accostati due attributi divini cospiranti nella creazione dell'universo: la potenza creativa (valor) propria del Padre, e la sapienza (verbo), producente i modelli ideali delle cose, propria del Figlio. Il riferimento alla seconda persona della Trinità cade in connessione con il ricordo della sua incarnazione, in VII 30 l'umana specie inferma giacque / giù per secoli molti in grande errore, / fin ch'al verbo di Dio discender piacque, e XXIII 73 Quivi è la rosa [Maria] in che 'l verbo divino / carne si fece. Al Figlio si fa riferimento ancora in VE I I 1 ed Ep V 22.
In tutti gli altri esempi compare sempre come termine tecnico della grammatica, per indicare la parte del discorso: ‛ diligite iustitiam ', primai / fur verbo e nome di tutto 'l dipinto (Pd XVIII 92); questo ‛ adorna ' è verbo e non nome: verbo, dico, indicativo del tempo presente in terza persona (Cv IV XXV 11); e così in VI 3 e 4, XVI 6. Per l'uso del v. nel volgare di D., vedi l'Appendice.