VERCELLI (A. T., 20-21)
Città del Piemonte, e capoluogo dell'omonima provincia, situata a 130 m. s. m.; sorge in piena Pianura Padana, presso la sponda destra del fiume Sesia, sorpassato, mediante grandiosi ponti in muratura, dalla ferrovia e dalla rotabile statale, che da Torino portano a Milano. Contava 32.172 ab. nel 1931.
Il nucleo antico della città presenta una forma tipicamente pentagonale, già circondato da poderose opere di fortificazione, costruite a più riprese, soprattutto nei secoli XV-XVII, distrutte dai Francesi nel 1704: in luogo dei bastioni sorsero quindi ampî viali alberati; cuore del centro abitato, la Piazza Cavour, dove già era il foro della città romana.
Al di là dei corsi alberati si è andata estendendo la città moderna.
Situata sulla linea Torino (km. 79)-Milano (km. 74), Vercelli è allacciata con ferrovie a Casale Monferrato (km. 23) e Mortara (km. 28).
Il comune misura una superficie di km. 79,90, di cui 70,76 costituiscono il terreno agrario-forestale, con larghissima diffusione dei seminativi (90%), costituiti in massima parte da risaie (3055 ha.) e da prati artificiali. Favorisce tale attività la magnifica irrigazione (88% della superficie agraria) mediante le acque del Canale Cavour e della Sesia. Le principali produzioni riguardano riso (160-170.000 quintali annui), granoturco, frumento e foraggi (120-125.000 q.): questi ultimi permettono un intenso allevamento (1146 equini, 3139 bovini, 1397 suini nel 1930). Il comune ha inoltre grande importanza industriale con 8652 addetti nel 1927, soprattutto nelle industrie tessili (3213 operai), meccaniche, chimiche, dell'abbigliamento: è grande mercato risicolo, al centro di una delle plaghe più intensamente coltivate d'Italia. La popolazione complessiva del comune è stata di 18.518 ah. nel 1838, di 25.193 nel 1861, di 31.154 nel 1901, di 39.546 nel 1931, di cui 3665 sparsi.
Monumenti. - Risalgono al periodo romanico: il campanile dell'antica basilica di S. Eusebio, risparmiato nella demolizione della chiesa, iniziata nel 1570 e condotta a termine nel '700; il portale scolpito e i musaici pavimentali di S. Maria Maggiore, un'altra grande importantissima basilica romanica demolita fino alle fondamenta e ricostruita dopo il 1777 (il primo è conservato oggi nel giardino di palazzo Gattinara, i secondi nel locale Milseo Leone); la facciata e le quattro campate anteriori di S. Bernardo, il campaniletto di S. Vittore, il campanile rimaneggiato di S. Michele, e un troncone della chiesa abbaziale di Muleggio. Del periodo gotico l'edificio più importante è la basilica di S. Andrea, con chiostro e convento annessi (quest'ultimo ormai profondamente alterato), fondata dal cardinale Guala Bicchieri e costruita di un solo getto fra il 1219 e il 1227. Essa è tuttora integralmente conservata; è a pianta cisterciense, presenta una struttura architettonica fondamentalmente francese, su cui s'innestano però, specie nella facciata, molti elementi emiliani antelamici. Altri monumenti gotici sono le tre basiliche di S. Francesco, S. Paolo e S. Marco (ora ridotta a mercato pubblico), e il porticato, e alcune sale ad esso retrostanti, dell'Ospedale Maggiore. Durante il periodo romanico e il periodo gotico sorsero a Vercelli numerose case con torri, dì cui alcune tuttora superstiti: la torre dell'Angelo, la torre di S. Marco, la torre dei Tizzoni, la torre dei Vialardi. Anche del Rinascimento la città annovera alcuni monumenti assai interessanti di architettura civile: la casa e il cortile dei Centori, di stile lombardo bramantesco; la casa e il cortile degli Alciati, con parecchie stanze decorate a fresco; il palazzo Gattinara, eretto da B. Gattinara, morto nel 1544; la facciata eretta all'estremità delle grandi corsie dell'Ospedale Maggiore.
Durante il '400 e il '500 inoltre fiorì a Vercelli la maggiore scuola pittorica che vanti il Piemonte: maestri principali ne furono Gian Martino Spanzotti, che ne è considerato il fondatore, e contemporaneamente e successivamente a lui, i Giovenoni e gli Oldoni, famiglie in cui l'arte della pittura era coltivata tradizionalmente di generazione in generazione. Dei varî Giovenone (Gerolamo, Giuseppe, Raffaele) esistono tuttora in molte chiese di Vercelli tavole e affreschi (in S. Giuliano, S. Francesco, S. Spirito, ecc.); non si può invece additare alcuna opera sicura degli Oldoni. Nel '500 la scuola vercellese è impersonata da Gaudenzio Ferrari, le cui pitture più importanti a Vercelli sono gli affreschi della chiesa di S. Cristoforo. Fra i suoi discepoli il migliore e il più attivo fu Bernardino Lanino, che lasciò a Vercelli numerose opere fra cui gli affreschi in S. Caterina, la Deposizione in S. Giuliano, la Natività e la Madonna delle Grazie in S. Paolo, ecc. Il Sodoma, vercellese, passò presto a Siena. A Vercelli fiorì nel periodo barocco l'arte dell'intaglio in legno e del ferro battuto: porte, mobili, balconi, roste, ecc., soprattutto del '700, si incontrano ancora oggi in sito, in gran numero. Da ricordare infine che la cattedrale di Vercelli possiede un tesoro di grandissimo pregio, un crocifisso in lamina d'argento sbalzata del sec. XI e un archivio capitolare, ricco di codici miniati di cui alcuni risalenti ai secoli IX, X, XI. I due musei, Leone e Borgogna, sono i maggiori del Piemonte dopo quelli di Torino e contano sculture romaniche, musaici pavimentali romanici, una ricca serie di affreschi quattrocenteschi, molti dipinti di scuola vercellese, nonché qualche pittura interessante di scuola veneziana, catalana, tedesca, ecc.
Storia. - Vercellae appartenne alla XI reg. augustea (Transpadana). Oppidum sorto fra i Libui o Libici, nella seconda metà del sec. II a. C. fu base di operazione dei Romani contro i Salassi della Val d'Aosta. Non lungi, l'anno 101 a. C. Mario distrusse i Cimbri ai Campi Raudii. Nell'alto Vercellese erano le miniere d'oro dei Victimuli. Ai tempi di Tacito era "firmissimum municipium", governato da IIIIviri iure dicundo, e attribuito alla tribù Aniense; fu notevole centro di vie fino dai tempi augustei, collegato con Novaria e Mediolanum, Ticinium, Eporedia e i passi alpini valdostani. Non risulta ancora chiara la topografia della città romana, la quale pare avesse una cinta rettangolare. Nel tardo impero fu sede di un praefectus Sarmatarum Geutilium. Ai tempi di san Girolamo Vercelli era "raro... habitatore semiruta".
Primo vescovo di Vercelli fu S. Eusebio, eletto probabilmente verso il 340, morto nel 370. Dopo la caduta dell'impero, Vercelli seguì la sorte del resto d'Italia. Il municipio di Vercelli diventò ducato longobardo, con zecca propria, delle cui monete si sono ritrovati recentemente alcuni esemplari. Fu capoluogo di contea nell'epoca carolingia, verso il termine della quale occupò la cattedra vescovile uno dei vescovi più insigni, Liutvardo, vittima col suo clero, molto probabilmente, della strage fatta in Vercelli dagli Ungheri il 13 dicembre 899; al quale succedette dopo pochi altri il più grande di tutti: Attone. Due vescovi alla fine del sec. X, Pietro e Leone, furono in aspra lotta con Arduino d'Ivrea, il primo per causa non ben nota, ìl secondo per la questione dell'immunità che l'imperatore Ottone III gli aveva concessa in Vercelli, se non addirittura dell'autorità di conte, in contrasto con l'autorità che prima vi esercitava il marchese Arduino. Il vescovo Pietro fu addirittura assalito a mano armata e il suo corpo dato alle fiamme, onde Arduino venne scomunicato dal papa, e i suoi beni, sottoposti a confisca, dati più tardi in gran parte a Leone. La potenza dei vescovi non tardò ad incontrare un nuovo ostacolo nel crescente sviluppo del comune, certamente già costituito con i suoi consoli nella seconda metà del sec. XI. Vercelli acquistò grande potenza estendendo la sua giurisdizione su un ampio territorio e sottomettendo anche potenti signori feudali. Nella lotta contro il Barbarossa stette con la Lega Lombarda; fu teatro anch'essa delle lotte tra guelfi e ghibellini svoltesi specialmente tra gli Avogadro guelfi e i Tizzoni ghibellini, che nel 1310 Enrico VII, come altrove, cercò invano di riconciliare. Riprese le lotte interne, avvicendatesi con temporanee signorie, il comune indipendente ebbe termine nel 1335 con Azzone Visconti, sotto la quale signoria rimase fino al 1427, quando Vercelli fu ceduta ad Amedeo VIII duca di Savoia da Filippo Maria, dopo la guerra scoppiata l'anno precedente. Nel sec. XVI fu una delle poche città del dominio sabaudo non occupate dai Francesi, che due volte tentarono invano di impadronirsene, nel 1353 e nel 1556. In quel triste periodo fu residenza preferita del duca Carlo II che vi morì nel 1553. Patì invece un'altra dominazione straniera un secolo dopo, quella degli Spagnoli, che durante la guerra civile scoppiata fra Madama Reale, vedova del duca Vittorio Amedeo I, e i cognati principe Tommaso e cardinale Maurizio, la occuparono nel 1638, dopo avere incontrato un'eroica resistenza, e la tennero fino al 1659.
Fu per breve tempo occupata dopo un altro assedio nel 1704, durante la guerra di successione di Spagna, dai Francesi, che ne smantellarono interamente le fortificazioni. Capoluogo del dipartimento della Sesia al tempo della seconda dominazione francese, nel 1814, con la restaurazione, ritornò a Casa Savoia.
Il codice di Vercelli.
È così chiamato un manoscritto che si conserva nella biblioteca capitolare di Vercelli, dove fu scoperto nel 1822 da F. Blume che ne diede una descrizione nel suo Iter Italicum (Berlino e Stettino 1824-26). La scrittura del codice risale all'inizio del sec. XI. Il cardinale Guala Bicchieri (v.), il quale fu per qualche temp9 legato papale in Inghilterra, fondò al suo ritorno in Vercelli (1219) un ospizio per i pellegrini inglesi. Secondo R. Wülcker potrebbe essere questa la spiegazione della presenza del codice a Vercelli, giacché il cardinale lasciò al monastero la sua ricca biblioteca, della quale poté fare parte anche il codice ehe contiene opere di poesia religiosa. Gli scritti in esso raccolti sono, in ordine progressivo: Omelie; Andreas (vita di S. Andrea); The Fates of the Apostles; Address of the Soul to the Body; Falseness of Men; Dream ol the Rood; Elene; Saint Guthlac.
Di questi poemetti, Elene e The Fates of the Apostles sembra siano sicuramente di Cynewulf, al quale sono stati attribuiti, senza sicurezza, anche il Saint Guthlac, l'Andreas e il Dream of the Rood. Per queste attribuzioni, v. cynewulf.
Il contenuto del codice fu parzialmente stampato a cura del Thorpe, dalla trascrizione del Blume, nell'Appendice B al Report of Rymerii Foedera per il 1836; poi da J. M. Kemble, Poetry of the Codex Vercellensis, with an English Translation, in 2 parti (Aelfric Society, 1843, 1856). Un testo basato direttamente sul manoscritto diede il Wülcker nell'edizione da lui curata della Bibliothek der angelsächsischen Poesie di C. W. M. Grein (2ª ed., II e III, Lipsia 1894 e 1897) e lo stesso Wülcker pubblicò il Codex Vercellensis in riproduzione eliotipica (ivi 1894). Altre edízioni: Il Codice Vercellese, in facsimile, con introd. di M. Fœrster, a cura della Biblioteca Vaticana, Roma 1913; Vercelli Book, a cura della Columbia University Press, 1932. Oltre alla citata traduzione del Kemble, altri singoli poemetti sono stati tradotti in inglese: Elene, da L. H. Holt (Yale Studies in English, 1904); Andreas, da R. K. Root (ibid., 1889), ecc.
La provincia di Vercelli.
La provincia fu costituita il 2 gennaio 1927, unendo gli ex circondarî di Vercelli, Biella, Varallo, nonché i comuni di Villata e Borgo Vercelli, staccati dalla provincia di Novara, cui fu invece ceduto quello di Campello Monti. Consta attualmente di 165 comuni, con una superficie di kmq. 2999,98, confina con le provincie di Novara, Pavia, Alessandria, Torino, Aosta e, per breve tratto, anche con la Svizzera. Morfologicamente e geologicamente la provincia è molto complessa, andandosi dalle dirupate altezze del Rosa e dei suoi poderosi contrafforti, attraverso le Prealpi Biellesi e Valsesiana, la zona morenica pedemontana, la coltre diluviale antica (baraggia), attualmente in via di completa bonifica, fino alle alluvioni recenti, ricche di irrigazione e di agricoltura: entro i limiti amministrativi sono quindi rinchiuse regioni naturali ben distinte, soprattutto il Biellese e la Valsesia. La popolazione complessiva del territorio fu di 322.451 individui nel 1871, saliti a 370.131 nel 1901, per poi scendere a 340.447 nel 1921 e risalire a 359.525 nel 1931. La densità è di 120 ab. per kmq., con forti differenze fra la parte montuosa (77 ab. per kmq.), quella pianeggiante (124) e la zona collinare biellese e valsesiana, ricchissima di vigneti e di industrie (178). Prevale la popolazione agglomerata in numerosi centri di modeste dimensioni: emergono Biella (21.298 abitanti nel 1931) e Vercelli (32.172); degna di nota la presenza di centri cospicui allo sbocco delle vallate o alla confluenza di valloni interni (Varallo).
La provincia ha grande importanza agricola: il 90,5% della superficie è agrario-forestale con netta prevalenza dei seminativi pari al 45,2% dell'area produttiva, costituiti principalmente da risaie, campi di frumento e di granoturco, prati artificiali, favoriti da una mirabile rete irrigatoria, che usufruisce delle acque del Po, della Dora Baltea, del Cervo-Elvo, della Sesia, mediante numerosi canali (Cavour, Farini, Depretis, Del Rotto), navigli (Naviglio di Ivrea), rogge, fontanili, e mediante impianti elevatori (a Cigliano e Villareggia), su una superficie di ben 1040 kmq. Seguono i prati e i pascoli (221, 1%) con assoluta prevalenza della regione di montagna, i boschi (16,3%), inclusi i castagneti da frutto, interamente compresi nella zona alpina e collinare: su quest'ultima si diffondono principalmente le colture legnose specializzate (2,5%), costituite principalmente da vigneti, con produzioni e qualità di larga fama. L'incolto produttivo è pari al 13,9% con i valori più alti nei comuni di montagna. Le produzioni principali riguardano riso (2.500.000 q.), granoturco (350-400.000 q.), frumento (250-300.000 q.), foraggi (2,6 milioni di q.); questi ultimi permettono un intenso allevamento di equini (14.169), bovini (94.198), suini (20.176); scarsi gli ovini e i caprini. Un lato fondamentale dell'economia vercellese è dato poi dalle industrie. Nel complesso nel 1927 si contavano 7760 esercizî con 75.371 operai: prevalgono le industrie tessili, forti di 378 stabilimenti e 41.431 addetti. Seguono a grande distanza tutte le altre attività, tra le quali sono da ricordare quella della carta (25 stabilimenti e 1915 addetti), le industrie meccaniche, la produzione di calce e cementi, le industrie alimentari (risifici, produzione di latticinî), ecc. Fiorente è l'attività turistica, soprattutto quella estiva, che nelle montagne del Biellese e sopra tutto in Valsesia (Alagna) ha centri di larga fama. Di poco interesse è l'industria idroelettrica.
Bibl.: D. Promis, Ricerche sopra alcune monete antiche scoperte nel Vercellese, in Atti d. R. Acc. d. scienze di Torino, I (1866), p. 159; L. Bruzza, Iscrizioni antiche vercellesi, Roma 1874; E. Ferrero, Supplemento alle iscrizioni antiche vercellesi, in Memorie d. R. Accademia d. scienze di Torino, s. 2ª, XLI, 1891; Corp. Inscr. Lat., V, pp. 6652-6757, 8939-41. Da accettare con cautela le notizie contenute in D. D. Arnoldi, Vercelli vecchia e antica, Vercelli 1929.
V. Mandelli, Il comune di Vercelli nel Medioevo, Vercelli 1857-61; L. Bruzza, Iscrizioni antiche vercellesi raccolte ed illustrate, Roma 1874; G. B. Adriani, Statuti e monumenti storici del comune di Vercelli dal 1241 al 1335, in Mon. Hist. Patr., Leges Munic., II (per il vero autore che invece è il Mandelli, cfr. I. Sacco, Unicuique suum, in Comunicazioni della Società per gli studi storici archeologici ed artistici per la provincia di Cuneo, VI, 1934, n. 2); F. Gabotto, Ricerche intorno alla invasione degli Ungheri in Vercelli ed al tempo della morte del vescovo Liutwardo, Vercelli 1899; id., Per la storia del novarese nell'Alto Medioevo, in Bollett. stor. per la prov. di Novara, 1917; G. C. Faccio, Vercelli antica, in Medioevo vercellese, Vercelli 1926.
M. A. Cusano, Discorsi Historiali, Vercelli 1676; G. De Gregory, Istoria della vercellese letteratura ed arti, voll. 4, Torino 1819-1824; G. Casalis, Dizionario... per gli stati del re di Sardegna, XXIV, ivi 1853-1854; C. Dionisotti, Memorie storiche della città di Vercelli, voll. 2, Biella 1861; G. Colombo, Documenti e notizie intorno agli artisti vercellesi, Vercelli 1883; R. Pastè-F. Arborio Mella, L'abbazia di S. Andrea di Vercelli, ivi 1907; R. Orsenigo, Vercelli sacra, Como 1909; G. C. Faccio, Vecchia Vercelli, voll. 3, Vercelli 1931-33; P. Verzone, L'architettura romanica nel Vercellese, ivi 1934; V. Viale, Guida ai musei di Vercelli, ivi 1935; A. M. Brizio, Vercelli, Roma 1935 (con bibl.).
Per la descrizione e la storia del codice di Vercelli: R. Wülker, Grundriss der angelsächsischen Litteratur, Lipsia 1885-86, pp. 237-42; id., in Anglia, V, Halle 1882; A. Napier, in Zeitschrift für deutsches Altertum (1889, XXI della n. s., XXXIII della v. s., p. 66).