vero/falso
Antinomia che in psicoanalisi esprime innanzi tutto la contrapposizione tra realtà esterna, oggettiva, e realtà interna, soggettiva, secondo la quale ciascuno deforma inconsciamente la percezione delle esperienze in senso difensivo e creativo. In tal senso la memoria (➔ memoria nella psicoanalisi) è il risultato di un mobile negoziato tra impulsi, angosce e meccanismi di difesa. In senso evolutivo, la bugia dei bambini può essere la conseguenza dell’immaturità dell’Io, ancora inadeguato a distinguere la realtà interna dalla realtà esterna. In momenti successivi dell’infanzia il mentire può essere invece il segno della capacità di costruire uno spazio mentale segreto, un confine del proprio Io inaccessibile agli altri. Sul versante del falso Sigmund Freud pone tutte le illusioni alle quali ricorrono gli umani per cercare consolazione: dalla magia alla superstizione, alle religioni, alle credenze irrazionali (L’avvenire di un’illusione, 1927). Nel campo della finzione artistica bisogna invece distinguere il gioco consapevole della fantasia dall’inganno. Non tutto ciò che è vero è reale, dice Freud ne Il poeta e la fantasia (1907). Freud sosteneva che la verità è il nostro mestiere, intendendo che la psicoanalisi dovrebbe innanzi tutto indurci a rinunciare all’autoinganno. Il falso è un problema al tempo stesso cognitivo, affettivo ed etico, che si declina nella dimensione sia intrapsichica, sia interpersonale. Il lavoro dell’analisi mira a integrare e a restaurare la capacità di discriminazione e di giudizio.
I contributi teorico-clinici più significativi della psicoanalisi sul tema riguardano le patologie nelle quali la falsità si è organizzata in specifiche sindromi (➔ identità, Falso Sé; imitazione) e impronta l’intera personalità. Karl Abraham si interessa dell’impostura al di là degli aspetti base clinici, affrontando il caso di un impostore con il quale si confronta durante una perizia psichiatrica. Helen Deutsch, sulla base invece di una diretta esperienza clinica, conia il termine di personalità ‘come se’ e segnala l’importanza del controtransfert per la comprensione di questi pazienti. Edith Jacobson esplora secondo il modello kleiniano l’agire e il bisogno di tradire delle personalità paranoidi. Phyllis Greenacre scrive su impostori e traditori e si interroga sulla loro analizzabilità. Donald Winnicott mette in contrapposizione un ‘vero sé’ con un ‘falso sé’ che talora si sviluppa difensivamente in ragione di un ambiente relazionale sfavorevole. In tempi più recenti si può segnalare il concetto di malafede di Madeleine Baranger; quello di fraintendimento individuato da Roger M. Kyrle, quello di imitazione coniato da Eugenio Gaddini. Inoltre, ci sono autori nei quali la dimensione del falso impronta l’intero modello teorico: come il concetto di ambiguità (➔) formulato da José Bleger, oppure come quello di Wilfred R. Bion, secondo il quale la menzogna è uno specifico attacco ai processi della conoscenza.