Vertigine
Con il termine vertigine (dal latino vertigo, "capogiro", derivato di vertere, "volgere") si intende una sensazione illusoria di rotazione dell'ambiente intorno a sé o, alternativamente, di sé stessi rispetto all'ambiente: il primo tipo viene definito vertigine oggettiva, il secondo vertigine soggettiva. È importante sottolineare il carattere illusorio della sensazione vertiginosa, in quanto il soggetto affetto dal disturbo è comunque cosciente della discordanza della sua sensazione rispetto alla realtà. Solitamente la vertigine è accompagnata da una serie di segni e sintomi specifici, come disequilibrio, nistagmo oculare e disorientamento spaziale, nonché da sintomi non specifici come confusione, disagio, insicurezza, debolezza, ansia, nausea e vomito. La sintomatologia vertiginosa può essere provocata da diverse cause, tra le quali si distinguono quelle di tipo organico e quelle di tipo psicologico. Elementi di fisiopatologia
Le cause organiche della vertigine sono dovute a uno sbilanciamento dell'apparato che regola l'equilibrio: gli organi vestibolari (in particolare i canali semicircolari), l'VIII paio di nervi cranici, i nuclei vestibolari bulbopontini e cerebellari, i recettori da stiramento dei muscoli nucali, le vie visive (diplopia) e quelle della sensibilità specifica. Le cause di tipo psicologico sono date principalmente da ansia, panico, agorafobia e isteria. Le vertigini possono manifestarsi pure in soggetti sani in condizioni fisiologiche o parafisiologiche, come nel cosiddetto mal di mare (v. chinetosi), mal di spazio o sindrome da disorientamento (comune nei piloti di aerei supersonici e nei sommozzatori), nella vertigine da altezza (acrofobia), nel male da sbarco e nell'iperventilazione. Possono inoltre essere manifestazioni secondarie di condizioni francamente patologiche come l'ipoglicemia, gli stati presincopali, l'intossicazione acuta da alcol, le insufficienze circolatorie vertebrobasilari, le epilessie parietotemporali, i traumi cranici, i tumori endocranici, le leucemie. La vertigine soggettiva costituisce l'elemento fondamentale di una sindrome legata a una condizione transitoria di sofferenza labirintica, detta sindrome di Menière (v. orecchio, Principali patologie).
L'origine delle vertigini di natura organica è legata ai meccanismi di funzionamento degli organi di senso e delle vie nervose che, partendo dai recettori periferici, giungono alla corteccia cerebrale. Gli organi vestibolari, che sono bilaterali e si trovano all'interno del cranio, concorrono alla generazione di movimenti oculari compensatori rispetto a perturbazioni rotatorie o traslatorie del capo e alla percezione del movimento dello stesso. I segnali provenienti dai vestiboli giungono, attraverso le fibre afferenti primarie, a una stazione di elaborazione, i nuclei vestibolari, presenti al livello del bulbo, dove esiste un importante incrocio di fibre (con carattere inibitorio) tra nuclei vestibolari controlaterali. A riposo, le fibre afferenti vestibolari primarie possiedono una scarica tonica di fondo e, dunque, l'immobilità del capo in posizione centrale corrisponde a una condizione di equilibrio tra la scarica afferente proveniente dal vestibolo destro e quella proveniente da sinistra. Durante la rotazione del capo, per es. verso sinistra, aumenta l'attività recettoriale del lato sinistro e si riduce nel lato destro dove viene, inoltre, ulteriormente inibita dall'attività controlaterale. Nel caso di lesione unilaterale di un organo vestibolare, il sintomo vertiginoso insorge a riposo per la mancata scarica di fondo e la conseguente disinibizione del lato controlaterale. Questo meccanismo è legato alla normale fisiologia del sistema e può essere evocato anche in soggetti sani: si pensi alla comune esperienza di una prolungata rotazione su noi stessi seguita da un arresto improvviso. In ragione dei ritardi meccanici degli organi vestibolari e dei ritardi neurofisiologici nella rete di elaborazione dell'informazione, dopo l'arresto permane per qualche secondo uno sbilanciamento nell'attività di un lato rispetto all'altro, che causa la sensazione vertiginosa. Lesioni lungo le vie vestibolari o nei centri che elaborano l'informazione sensoriale produrranno anch'esse sintomatologia vertiginosa anche se gli organi vestibolari sono integri. Il meccanismo delle vertigini causate da lesioni organiche non periferiche è riconducibile a quello descritto. Nelle vertigini di natura psicofisiologica e parafisiologica tale meccanismo non può essere chiamato in causa. Oggi si propone una spiegazione ancora basata su uno sbilanciamento tra attività neuronali, ma non più di natura unisensoriale, come nel caso precedente, bensì multisensoriale. La vertigine causa, come affermano T. Brandt e R.B. Darloff (1980), una spiacevole distorsione dell''orientamento statico gravitazionale' o un'erronea percezione di 'movimento di sé o dell'ambiente'. La perdita di un riferimento spaziale stazionario, necessario sia per il mantenimento della postura sia per l'orientamento spaziale, può dare ragione dell'ambivalenza soggettivo-oggettiva della vertigine. La vertigine fisiologica multisensoriale implica l'arrivo disordinato di informazioni conflittuali dai sistemi sensoriali vestibolare, somatosensoriale e visivo, che sono alla base del controllo statico e dinamico dell'orientamento spaziale e della postura. Questi sistemi sensoriali interagiscono tra loro, come dimostra l'ampia convergenza di vie sensoriali verso i nervi cranici vestibolari e verso la corteccia parietoinsulare (Grüsser-Pause-Schreiter 1990), nonché verso le aree del sistema limbico associate all'orientamento spaziale. L'interazione è anche dimostrata sperimentalmente: un esempio classico è l'aumento dei sintomi vertiginosi al momento della chiusura degli occhi in pazienti che hanno lesioni vestibolari. Un'altra spiegazione è data dalla teoria del 'conflitto intersensoriale', secondo la quale la vertigine nascerebbe dall'impossibilità di fondere informazioni provenienti dai tre diversi sistemi sensoriali in una percezione congruente. In condizioni perfettamente normali, le informazioni sono concordanti, ma l'immersione in ambienti con caratteristiche diverse da quelle usuali (un'imbarcazione, l'acqua, lo spazio o gli ambienti della realtà virtuale), movimenti della superficie di supporto, posture anomale, l'assenza della forza di gravità, movimenti degli oggetti contenuti nel campo visivo in assenza di congruenti movimenti della nostra base d'appoggio, non sono più interpretabili in modo univoco per la difficoltà di reperire un riferimento stazionario comune ai diversi sistemi sensoriali. Decidere che cosa sta fermo e che cosa si muove implica la selezione di un sistema di riferimento: se questa selezione non è possibile, la percezione non può organizzarsi coerentemente.
Come descritto precedentemente, le vertigini sono accompagnate da una combinazione di fenomeni che coinvolgono manifestazioni percettive, oculomotorie, posturali e vegetative, che riflettono l'interessamento di specifici siti nel sistema nervoso centrale e che possono guidare l'identificazione dell'eziologia specifica. Il primo passo da compiere è in generale quello di distinguere la sintomatologia vertiginosa di origine periferica (labirinto, nervi cranici) da quella di origine centrale (nuclei vestibolari e loro proiezioni nervose centrali). Oltre all'anamnesi clinica, il segno chiave nella diagnostica dei disturbi vertiginosi è il nistagmo oculare, che consiste nel movimento ritmico degli occhi composto da una fase lenta e una fase rapida in direzioni opposte; in assenza di nistagmo la probabilità che la vertigine sia di origine organica si riduce sensibilmente. Il nistagmo periferico, provocato da lesione degli organi vestibolari, orizzontale, è particolarmente visibile quando lo sguardo è diretto verso il lato sano e la direzione della fase lenta è concorde alla direzione del moto dell'endolinfa nei canali. Il nistagmo centrale (lesioni delle vie centrali) può essere orizzontale o verticale e può battere in ogni direzione dello sguardo. Il nistagmo da lesione periferica si accompagna anche a manifestazioni otologiche come la sordità e il tinnitus, mentre l'associazione con cefalea, diplopia, difficoltà di parola, incoordinazione motoria a un'estremità e deficit unilaterali di forza devono far pensare a una patologia centrale. Attualmente l'apparato vestibolare può essere fatto oggetto di indagini funzionali specifiche, quali: le classiche prove caloriche, basate sull'evidenza che un liquido, di temperatura superiore o inferiore a quella corporea, iniettato nell'orecchio provoca spostamenti dell'endolinfa nei canali semicircolari con conseguente evocazione di un nistagmo fisiologico; la nistagmografia durante stimolazione, in cui i pazienti vengono fatti ruotare da seduti intorno a un asse verticale, mentre al contempo si registrano i movimenti oculari tramite elettro-oculografia (la rotazione intorno ad assi inclinati rispetto alla verticale fornisce invece informazioni sulla funzionalità della componente extracanalicolare). La diagnosi di vertigine di origine psicofisiologica è possibile solo dopo l'esclusione di ogni possibile causa organica e richiede dunque un'indagine approfondita della funzione vestibolare. Sono in fase di sperimentazione metodi per lo studio delle interazioni multisensoriali, che potrebbero rivelarsi importanti in futuro per la diagnosi efficace dei disturbi vertiginosi di natura non organica. Aspetti psicologici Alla vertigine, come sintomo comune di situazioni molto diverse, di pura competenza otoiatrica o di schietta pertinenza neurologica e neurovascolare, si affiancano le molteplici sensazioni di tipo vertiginoso che si osservano in numerose condizioni nevrotiche, isteriche, fobiche, ipocondriache, ansiose, sia episodicamente sia in modo continuo. Questa 'esistenza nella vertigine' provoca angoscia ed è da questa provocata. In questo ambito il campo è oltremodo vasto, spesso mascherato, sempre multiforme; va dall'allarme acuto (oggi si preferisce parlare di panico; v.), con improvviso senso di capogiro e di instabilità, pallore e cardiopalmo, confusione uditiva, senso immediato di mancamento imminente e angoscia, alla somatizzazione dell'ansia, dal timore di perdere l'equilibrio da un momento all'altro al senso di vacillamento e di sbandamento. Quest'ipersensibilità del senso dell'equilibrio, con l'impressione di muoversi come nella nebbia o a 'mosca cieca', come un ubriaco o su un ponte sospeso o in barca, si estende fobicamente alle note paure dell'affacciarsi, delle altezze, degli spazi aperti. È evidente la pregnanza corporea di queste esperienze, attraversata dal filo rosso della precarietà della padronanza del proprio corpo nello spazio. La descrizione delle vertigini da parte dei nevrotici riguarda sia la sensazione sia il sentire. Questi capogiri e sbandamenti sono somatizzazioni dell'ansia oppure adombrano la precarietà dell'esistenza. A prescindere dalla regolazione centrale delle vie vestibolari e delle loro complesse interconnessioni, l'equilibrio è anche la storia della fatica di comporre tendenze e tensioni, per conseguire un armonico stare ben 'piantati' nella propria situazione, su una base salda, senza incertezze e con equilibrata scioltezza. Comunque, è il concetto di spazio vissuto, dunque non semplicemente metrico, di spazializzazione dell'esistenza (Räumlichung des Daseins), che consente di comprendere la 'vertigine delle altezze', il capogiro da piazza vuota, da emozione intensa, da allarme o panico, da stordimento passionale. È nell'inquadramento dell'antropologia comprensiva (Zutt 1963) che va individuato il punto di contatto tra i vari linguaggi (fisiologico, psicologico ecc.), in cui si situa l'ambiguità della vertigine.
bibl.: r.w. baloh, Dizziness, hearing loss and tinnitus, New York, Oxford University Press, 1997; t. brandt, Vertigo: its multisensory syndromes, Berlin, Springer, 19992; t. brandt, r.b. darloff, The multisensory physiological and pathological vertigo syndromes, "Annals of Neurology", 1980, 7, pp. 195-203; b. callieri, Dimensioni antropologiche della psicopatologia della corporeità, "Neurologia Psichiatrica Scienze Umane", 1987, 7, pp. 709-19; o.j. grüsser, m. pause, u. schreiter, Vestibular neurones in the parieto-insular cortex of monkeys (Macaca fascicularis), "Journal of Physiology", 1990, 430, pp. 559-83; y. zutt, Auf dem Wege zu einer anthropologischen Psychiatrie, Berlin, Springer, 1963.