VERTUMNO (Vortumnus, Vertumnus)
La divinità principale degli Etruschi, venerata specialmente a Volsinii. Il suo culto fu introdotto ufficialmente a Roma nel 264 a. C., quando quella città fu distrutta dai Romani: ebbe allora un tempio sull'Aventino la cui dedicazione era festeggiata il 13 agosto; vi era raffigurato M. Fulvio Flacco, il trionfatore dei Volsiniesi. Ma già prima V. era conosciuto e onorato a Roma. Varrone lo ricorda fra le divinità il cui culto fu introdotto a Roma da Tito Tazio (De ling. lat., V, 74); ma più verosimile sarebbe supporre che sia penetrato in Roma all'epoca della dominazione etrusca. Una statua del dio situata nel Vico Tusco era incoronata dai piccoli bottegai con i fiori della stagione e gratificata con offerte di frutta mature o degli strumenti e vesti proprie del loro mestiere. Questo culto popolare ha ispirato a Properzio una bella elegia (IV, 2) e ad Ovidio (Metamorfosi, XIV, 623 segg.) la graziosa favola degli amori del dio con Pomona.
Gli antichi eruditi e poeti latini facevano derivare il suo nome da vertere, in conseguenza era il dio dell'anno vertens, aveva la facoltà di poter cambiare aspetto, di arrestare e respingere le acque del Tevere. Il suo vero carattere in età romana è ignoto, anche l'identificazione con Priapo è tarda; a maggior ragione è impossibile ricostruire gli attributi e l'essenza del V. etrusco. Le varie interpretazioni e identificazioni di statue o pitture proposte dagli studiosi sono arbitrarie. Anche l'origine del suo nome è incerta per i moderni; per alcuni è latina, per altri etrusca. Varî studiosi pongono V. in relazione con Voltumna, il cui santuario, il fanum Voltumnae, presso Volsinii, era il luogo di riunione della lega etrusca.
Bibl.: W. Schulze, Zur Geschichte d. latein. Eigennamen, Berlino 1904, p. 252; G. Wissowa, in Roscher, Lexik. d. Mythol., VI, coll. 219 segg., 369 seg., s. v. Vertumnus, Voltumna; C. Thulin, Die Götter des Martianus Capella, in Religionsgeschicht. Versuche u. Vorarb., III, i, Giessen 1906, p. 52; E. Benveniste, in Studi etruschi, VII (1932), p. 252 segg.; A. Merlin, L'Aventin dans l'antiquité, in Bibl. éc. fr. Ath. Rome, CXVII, Parigi 1906, p. 201 seg.; G. Bendinelli, V. del Museo archeologico di Firenze e una nuova interpretazione, in Rendiconti Lincei, XXIX (1910), p. 65 segg.
La ricordata immagine statuaria di Vertumno nel Vicus Tuscus, godeva una popolarità dimostrata dai frequenti richiami degli scrittori. Di essa si sa tuttavia soltanto che era di bronzo, forse in sostituzione di altra lignea, di arte primitiva (Properzio, IV, 2, 61), di fattura probabilmente etrusca. La molteplicità degli attributi assegnati dagli scrittori a Vertumno, e la conseguente incertezza nella determinazione della natura e delle funzioni del dio, hanno reso e rendono tuttora scientificamente insostenibile qualsiasi pratico riferimento iconografico. L'ipotesi che il tipo plastico di Vertumno sia da identificare con quello di Silvano non possiede altra base che quella di affinità di funzioni tra le due divinità agricole e rusticane, una di origine etrusca, l'altra di origine latina.