vestigio
Per la morfologia, accanto al plur. vestigi (solo in Cv IV VII 7), sono da ricordare i plur. vestigie, vestige e vestigge (solo in Pg XXXIII 108, per probabili ragioni di rima), neutri in -e (Parodi, Lingua 235-236, 249).
Nel Convivio, prevalentemente, è assunto secondo valori propri: " tracciato " di una strada, guida nel cammino (IV VII 6 Nevato è sì, che tutto cuopre la neve e rende una figura in ogni parte, sì che d'alcuno sentiero vestigio non si vede), ovvero " orma " di passi d'uomo (VII 7 non li è mestiere se non seguire li vestigi lasciati; cfr. poco prima, nello stesso paragrafo, la forma vestigie, come al § 12; inoltre Pd XXXI 81, in espressione che vale " metter piede ", " scendere ").
Interessante, e pur nella sua esiguità assai vario, l'uso traslato della voce, che trova riscontro quasi esclusivo negli esempi offerti dalla Commedia.
Ai valori generici di " indizio ", " segno " da cui si può scoprire qualcosa, si richiama Pg XXXIII 108 s'affisser, sì come s'affigge / chi va dinanzi a gente per iscorta / se trova novitate o sue vestigge: " tracce di novità " (altri legge, invece, con senso proprio, in sue vestigge; " ma pare lezione più facile... e sembra appropriato alla comparazione il distinguere tra una vera e propria cosa nuova che si pari dinanzi alla scorta, e la parvenza, il sospetto, la possibilità d'un fatto nuovo, come appunto una traccia, un'orma ", Petrocchi, ad l.).
V. è anche l'" impronta " che gli alti ingegni imprimono nel loro operare, o lasciano di sé dopo la morte, per le virtù di cui sono privilegiati: If XXIV 50 sanza la qual [fama] chi sua vita consuma, / cotal vestigio in terra di sé lascia, / qual fummo in aere e in acqua la schiuma; Pg XXVI 106 Tu lasci tal vestigio / ... in me, e tanto chiaro, / che Letè nol può tòrre né far bigio (parole di Guinizzelli a D.); qui, contestualmente, " signum amoris " (Benvenuto; così il Buti e altri).
" Forma " e quindi " modello esemplare ", è il valore del termine in Cv IV XXIV 15 naturalmente vedemo ciascuno figlio più mirare a le vestigie de li paterni piedi che a l'altre, dove l' " esempio " paterno s'impone quale norma operativa per la propria autorevolezza (cfr. Mn I IX 1).
Ai principi che informano la cosmologia dantesca si richiama, infine, Pd V 11 Io veggio ben sì come già resplende / ne l'intelletto tuo l'etterna luce, / che, vista, sola e sempre amore accende; / e s'altra cosa vostro amor seduce, / non è se non di quella alcun vestigio, / mal conosciuto, che quivi traluce: l' ‛ eterna luce ' di Dio, una volta conosciuta, accende per sempre il desiderio dell'uomo; se tuttavia l'uomo si lascia ‛ sedurre ' dai beni terreni, ciò avviene solo perché le creature partecipano della luce divina il cui ‛ raggiare ' è ‛ suggellato ' dalla virtù dei cieli nella materia (cfr. XIII 55 ss.); è la somiglianza fra il mondo archetipo e la parvenza di quello visibile, che di esso s'impronta, dunque, a trarre in inganno l'anima sensibile, facendole apparire valori intrinseci in ciò che è solo " pallida orma " (Porena) della perfezione (per tale concetto, cfr. Cv IV XII 14 ss., Mn I VIII 2, Pg XVI 85-96).